Videogiochi e riduzione dell’empatia verso le donne vittime di violenza
Identificazione con le caratteristiche del giocatore e formazione di credenze violente e discriminatorie
Da un nuovo studio che è stato condotto presso l’Università di Milano-Bicocca, in Italia, si è osservato che i giovani giocatori di sesso maschile che si identificano fortemente con i personaggi maschili di videogiochi violenti mostrano meno empatia di altri verso le donne vittime di violenza
Dopo aver giocato ad un gioco violento e sessista, questi ragazzi mostravano livelli più bassi di empatia e compassione quando veniva mostrata loro una foto raffigurante una giovane adolescente che aveva subito abusi fisici da parte di un coetaneo.
Brad Bushman, co-autore dello studio e professore di comunicazione e psicologia presso la Ohio State University, ha dichiarato che “le persone che visionano un’immagine di questo tipo solitamente affermano che la ragazza in foto appare terrorizzata. I maschi che invece si identificano realmente con i personaggi sessisti dei giochi violenti, non mostrano tanto empatia per la vittima”.
Anche se molti studi hanno dimostrato che videogiochi violenti possono aumentare l’aggressività, questa ricerca – fatta con studenti delle scuole superiori italiane – dimostra che i giochi che elicitano un’oggettivazione della donna creano ulteriori problemi, in quanto aumentano la probabilità di sviluppare in tali soggetti quelle che vengono chiamate “credenze maschili”.
“Questo risultato fornisce una base migliore per capire esattamente come una combinazione di violenza e sessismo nei videogiochi faccia male ai giocatori di sesso maschile”, ha dichiarato Alessandro Gabbiadini, autore principale dello studio.
I partecipanti allo studio sono stati 154 studenti volontari italiani delle scuole superiori, con un’età compresa tra i 15-20 anni. Alcuni dei partecipanti hanno giocato a Grand Theft Auto, aventi caratteristiche sia di violenza che discriminazione sessuale, come GTA San Adreas o GTA Vice City.
A tal proposito, Bushman ha notato che in questi giochi, le donne sono personaggi secondari e la maggior parte sono prostitute o spogliarelliste che vengono utilizzate come oggetti sessuali dai giocatori.
Altri partecipanti hanno giocato ad Half Life 1 e 2, che presentano caratteristiche di violenza, ma non ritraggono donne in maniera sessuale, infatti il personaggio femminile in questi giochi svolge un ruolo attivo.
E infine, un terzo gruppo ha giocato a Pinball 3D o Q.U.B.E. 2, ossia giochi in cui non è presente né la violenza, né il sessismo.
Successivamente, sono state mostrate a tutti i giocatori due foto raffiguranti una giovane ragazza che è stata vittima di violenza. Nella prima compariva un giovane uomo che con una mano tiene il volto della donna e con l’altra si prepara a scagliarle un pugno. Nella seconda compare una donna con un occhio nero che piange e un uomo posto sullo sfondo della foto.
I partecipanti sono stati invitati a esprimere un voto da 1(per niente) a 7(molto) rispetto a come si sono sentiti verso la ragazza in foto.
I risultati hanno mostrato che i giocatori di sesso maschile che si identificavano a stretto contatto con i personaggi violenti-sessisti del videogioco sono stati quelli che hanno mostrato la minima empatia. Erano infatti coloro i quali si sentivano in maggiore accordo con dichiarazioni come “Quando sto giocando, sento come se fossi il mio personaggio”, oppure “ I ragazzi devono essere incoraggiati a trovare un mezzo per dimostrare la prestanza fisica”.
Bushman ha specificato che è significativo il fatto che i maschi che hanno giocato ad Half Life - che erano violenti, ma senza componenti sessiste- non hanno mostrato la stessa mancanza di empatia, come coloro che hanno giocato a GTA che combinava invece sessismo e violenza.
Sempre secondo Bushman, l’identificazione con i personaggi è una componente chiave in ciò che rende questi giochi così preoccupanti. Questi risultati dovrebbero quindi portare i genitori a rivedere i giochi che lasciano praticare ai loro figli e conclude sottolineando che: “Si potrebbe pensare che i giochi sono divertenti e innocui, ma quando i ragazzi si identificano con i personaggi maschili del gioco, questo può determinare la formazioni di credenze e convinzioni piuttosto preoccupanti circa la mascolinità e il modo in cui trattare le donne”.
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