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Psicologi a scuola

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La #buonascuola (1)

labuonascuola1La legge 107 del 2015 denominata “la buona scuola” è balzata agli onori della cronaca negli ultimi mesi.

Le semplici parole con cui è stata designata la legge sono state scelte con cura, in quanto sono di facile comprensione per tutti ma racchiudono una realtà molto articolata.

La scuola, infatti, non è un’istituzione astratta ma è un sistema complesso  e, “come tutti i sistemi complessi, … è costituita da un grande numero di elementi semplici, interconnessi fra loro, in molteplici modi e con dinamiche non lineari; il comportamento dei singoli elementi risulta generalmente ben definito, prevedibile, ma dalla loro interazione può emergere un comportamento globale diverso, difficile da interpretare. Un sistema complesso opera in modo che non si può spiegare come somma delle sue parti, e quindi neanche scomponendo le parti per un’analisi delle varie componenti, ma richiede un approccio sintetico globale. L’esperienza di tutti gli operatori, personale Ata, docenti e di tutti i dirigenti ci dice che la scuola è una somma di variabili fortemente dipendenti ed interconnesse, che interagiscono fra loro, cambiando il peso, l’influenza effettiva dei vari fattori” (Ferretti, L., Chiappa, I., 2013).

Molto si è parlato delle disarmonie di tale legge con il tessuto reale in quanto non risponde e non risolve le molteplici problematiche di questo sfaccettato mondo, giacché, nonostante le indubbie “aperture” alla sollecitazioni del mondo contemporaneo (enfasi sulle lingue straniere, competenze chiave, etc…) tale legge propone una lettura lineare di un fenomeno complesso. Ferretti e Chiappa sottolineano infatti come strutture lineari in sistemi complessi sono alla lunga inefficaci, e portano malessere organizzativo. Qual è il risvolto di tutto ciò? Un’inasprirsi delle dinamiche entro le mura scolastiche che portano le varie componenti coinvolte, in primis docenti e studenti, a vivere in una scuola “non buona”.

Un errore metodologico in tale lettura sta nel vedere la scuola esclusivamente come un’istituzione “razionale”, tralasciano l’aspetto emotivo che ha invece un gran peso. Tale errore metodologico porta a confondere l’aspetto organizzativo con quello “sostanziale”, con quello che effettivamente incarna cioè il vissuto scolastico nella vita di tante persone. Un’istituzione basata sulle relazioni non può non tener conto delle dinamiche emotive che sottendono le dinamiche che vengono a realizzarsi in classe.

La tanto discussa scuola italiana fa notizia quando non funziona e quando i mal servizi pesano sulla vita di tante famiglie, ma spesso tralascia l’esercito di docenti che amano il proprio lavoro e tengono alla crescita dei propri studenti, che talvolta stupiscono i loro allievi con la loro voglia di capire, ascoltare, stare insieme, dando l’opportunità a tutti di crescere con le proprie difficoltà, rispettando i propri ritmi di apprendimento.

La riflessione continua … la prossima settimana.

 

 

Un pò di chiarezza sul linguaggio del corpo
Il quotidiano e il sacro
 

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