Natale a 30°: così lontani così vicini!
Continuando la riflessione intrapresa nei due post precedenti voglio condividere con voi l’inizio di questa avventura …
L’incontro con la cultura argentina è, infatti, una storia di casualità, ma anche di opportunità che, se vengono colte, possono dare luogo a esperienze bellissime e inaspettate.
Quasi per caso quattro anni ebbi l’occasione di partecipare come autore alla stesura di una relazione sull’alimentazione1 tra continuità e discontinuità culturali tra Italia e America Latina. Perché l’alimentazione? “Perché il cibo ha una forte connotazione culturale che implica una progressiva differenziazione sociale, economica, politica e religiosa”2. Per dirla con De Garine “è inconfutabile che l’uomo è obbligato a soddisfare i propri bisogni nutrizionali, ma è altresì vero che le sue caratteristiche di animale onnivoro gli permettono di compiere scelte in merito alla varietà degli alimenti possibili e quindi di manifestare quelle preferenze che non necessariamente devono essere determinate da un criterio di economia nutrizionale… Storicamente le società umane, per garantirsi la sopravvivenza, non si sono limitate allo sfruttamento delle risorse nella propria nicchia ecologica: gli alimenti infatti circolano, e sono, spesso, all’origine di scambi tra culture diverse” 3-4.
Attraverso il cibo i migranti portano quindi con sé un pezzettino della propria terra, in quanto caratterizzati da un’emozione fondamentale: la nostalgia! Attraverso il cibo essi perpetuano quindi la nostalgia del loro paese dopo esserne fuggiti. La nostalgia di un mondo vivo nei latticini, nel vino, nelle salsicce del paese natale5. La provenienza, l'appartenenza, l'identità delle persone in viaggio sono riconoscibili da ciò che mangiano, da come mangiano6.
L’alimentazione diviene quindi luogo di definizione della propria identità, laddove le tradizioni definiscono il proprio senso di appartenenza culturale … anche a distanza di tempi più o meno lunghi!
Ed ecco che anche a 30°, a dispetto delle temperature non favorevoli all’utilizzo di cibi pensati per il freddo. Afferma infatti Mario Paolini (Piquillo) Presidente della Società Unione Italiana di Lobos (provincia di Buenos Aires): “sebbene durante le festività natalizie da noi fa molto caldo, giacché è piena estate, anche noi a Natale facciamo l’albero (di platica, perché un abete vero non resisterebbe alle nostre temperature) e il presepe. Per quanto riguarda il cibo abbiamo conservato le tradizioni alimentari dei nostri nonni e anche noi mangiamo il panettone, la frutta secca etc… nonostante con questo caldo non siano proprio gli alimenti più indicati. Tutto nostro è invece l’asado, immancabile sulle nostre tavole!”.
Quest’ultima affermazione mostra come sul cibo si giochi la partita tra appartenenza e differenziazione che rappresentano due facce della stessa medaglia: la propria cultura è tale perché in opposizione ad un’altra, perché differente. Non esiste identità senza alterità. Il cibo, contemporaneamente soggetto e oggetto del divenire culturale, assurge a elemento di forte identità accanto alla lingua, alla religione, ai costumi, garantendosi uno status indipendente da altre categorie culturali…. Allo stesso modo in cui si è formata, seguendo i lenti cambiamenti della storia delle popolazioni, la cultura alimentare subisce ulteriori modificazioni. Le contaminazioni modificano il gusto degli individui attraverso influenze bidirezionali. Il cibo, inoltre, al di là della sua importanza in quanto elemento di affermazione identitaria, è anche un mezzo di scambio culturale, è la prima forma di contatto tra due civiltà7.
Quali sono le implicazioni per gli psicologi a scuola? Il rispetto e la valorizzazione delle differenze che passa anche attraverso il cibo.
Colgo l’occasione per augurare a chi mi segue un Buon Natale e uno splendido 2018 e … la riflessione continua nel prossimo post…
Note
1 Improta, Annamaria & Improta, Antonio (2014). Dimmi come mangi e ti dirò chi sei. Il cibo come momento di convivialità tra cultura di appartenenza e cultura locale. Nell’ambito del PROGETTO TANOS: MEMORIA DI MIGRAZIONI TRA FEDE E TRADIZIONI. Serie di conferenze in America Latina.
2 Improta, A. (2014). Percezione di sé e rapporto con il cibo tra cultura di appartenenza e cultura locale. In Improta, Annamaria & Improta, Antonio (2014). Dimmi come mangi e ti dirò chi sei. Il cibo come momento di convivialità tra cultura di appartenenza e cultura locale. Nell’ambito del PROGETTO TANOS: MEMORIA DI MIGRAZIONI TRA FEDE E TRADIZIONI. Serie di conferenze in America Latina.
3 De Garine, I. (2007). Prefazione. In Teti, V. Il colore del cibo. Geografia, mito e realtà dell’alimentazione mediterranea. Roma: Maltemi.
4 Scrive a tal proposito Corrado Alvaro: «Il Calabrese, anche quando parte per l'America, anche se va soldato, si porta il suo pane e il suo companatico; li porta nella manica della giacchetta che si mette a tracolla, e lega la manica in fondo come un sacchetto. Per lui non esistono ancora le osterie e gli alberghi. La sua diffidenza è antichissima». (Alvaro, C. (1931). Calabria. Nuova edizione (1990). Vibo Valentia: Qualecultura Jaka Book).
5 Alvaro, C. (1961). Tutto è accaduto. Milano: Bompiani.
6 Teti, V. (1998). Territorio e identità culturale. In Atti del Convegno Cucina globale e cucina del territorio. Forlimpopoli: Festa Artusiana. cultura, gastronomia, mostre mercato, spettacolo.
7 Improta, A. (2014). Op. cit.
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