È persuasione o giornalismo?
Facciamo finta. Facciamo finta di realizzare un'intervista impossibile e andiamo negli Stati Uniti perché stanno per introdurre una nuova invenzione. L'estate del 1889 si sta avvicinando ed un inventore vuole togliere buoi ed aratro tra i campi per sostituirli con una macchina a vapore.
C'è perplessità, scetticismo ed anche aperta ribellione tra i contadini. Alcuni dicono che quella macchina distruggerà il silenzio dei campi, altri che il mezzo non riuscirà a fare il compito a cui è destinata e, altri ancora, dicono che costerà più di quello che riuscirà a far guadagnare. Ma non finisce qui.
Alcuni medici sottolineano che quell'invenzione farà male alle persone che la useranno perché il rumore arriverà a perforare i timpani e che chi ci sale sopra rischia di cadere, cosa che non potrebbe mai accadere al traino di una buona pariglia di buoi. I giornali si fanno portatori di questa ondata di sdegno e preoccupazione per il nuovo mondo meccanico nell'agricoltura. Beh, sappiamo come è andata a finire.
Nel servizio giornalistico del programma Presa Diretta, a cura di Riccardo Iacona, andato in onda su Rai3 il 15 ottobre scorso, si affronta il tema delle nuove tecnologie e, soprattutto, di smartphone. Senza entrare nel merito dell'esattezza delle affermazioni dei vari personaggi intervistati, voglio farvi notare una delle pratiche più diffuse da parte dei giornalisti che finisce per avere molto peso sulla nostra idea del mondo che ci circonda.
Mentre si sviluppa l'approfondimento, ci accorgiamo che l'autrice dell'inchiesta sta portando avanti una tesi ben precisa: "gli smartphone e la tecnologia di connessione informatica ci sta danneggiando". Ma appare evidente anche la morale implicita: "dovremmo farne meno uso". Alla fine dell'inchiesta ci accorgiamo che non c'è stata nessuna voce, nessuna presa in considerazione, a favore dell'uso di questa tecnologia. Non solo. Non è stato offerto neanche il parere di qualcuno che avesse semplicemente dei dubbi sulla pericolosità paventata.
Questo modo di fare giornalismo è esattamente quello che si avvicina più alla persuasione che alla conoscenza. Gran parte dell'attuale offerta di informazione è portatrice di una tesi e non consente allo spettatore, all'utente, di formarsi un'opinione propria. Questa è manipolazione dell'informazione. Ma anche manipolazione della coscienza collettiva.
Ecco che appare evidente come ormai manchi una diffusa correttezza dell'informazione che l'attuale prassi giornalistica fatica ad offrire. Più volte ho immaginato che possa esserci spazio all'azione informativa di altre figure professionali. Gli psicologi di solida formazione sono una delle più adatte a questo ruolo sociale. D'altra parte, è proprio la costituzione, all'articolo 21, che afferma: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".
Forse potrebbe essere utile rimboccarci le maniche, perché il benessere della persona, il benessere della collettività, non passa solo dai setting di psicoterapia, ma anche attraverso un ruolo attivo nella società.
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