La beatificazione della meglio gioventù in memoria di Antonio
Da pochi minuti si è chiusa, nel duomo di Trento, la cerimonia dei funerali di Antonio Megalizzi, il giovane rimasto vittima dell'attentatore di Strasburgo. Scrivere a caldo non consente sempre una puntuale analisi degli avvenimenti, ma qualche impressione la possiamo già registrare. Perché, a sei giorni dalla sua morte ed a nove dall'attentato, abbiamo potuto assistere alla consueta foga mediatica.
Giornali, televisioni, radio e siti web hanno cominciato ad appropriarsi della figura del giovane italiano che, emigrato dalla Calabria al Trentino con la famiglia, era a Strasburgo "a curare con due colleghe la diretta radio della seduta plenaria sulla Brexit" per Euphonia, il network di radio universitarie.
Voleva fare il giornalista e si dava da fare con passione per diventarlo. Soprattutto per il senso di fine ingiusta e di tragica fatalità, ecco che qualcuno pensa bene di appropriarsi del valore simbolico della sua tragica morte.
Il giovane aspirante giornalista diventa, per i giornalisti che fanno la narrazione dell'evento, il giovane "collega" come a sottolineare che "è l'ennesimo ucciso tra le nostre fila".
Forse non è superfluo ricordare che l'attentatore non aveva minimamente l'idea dell'identità e delle occupazioni delle persone a cui sparava, quindi non ha sparato ad un giornalista ma a una persona inerme.
Non contenti di questa appropriazione de facto, l'Ordine dei Giornalisti gli conferisce l'iscrizione alla memoria all'Albo, con tanto di data simbolica che prosegue lo storytelling opportunista sulla tragica storia. Ma questa corsa all'appropriazione del simbolo non si limita ai giornalisti. A Reggio Calabria, città da cui la famiglia Megalizzi era andata via, si annuncia che verrà istituito un premio giornalistico alla memoria di Antonio; il Rettore dell'Università di Trento (che prima dell'attentato probabilmente non sapeva neanche chi fosse Megalizzi) annuncia che si farà promotore dell'idea di una "Radio Erasmus" che, poi, era un'idea dell'attivissimo Antonio.
Anche lo Stato diventa interprete della catarsi collettiva e mediatica e, oltre i funerali con la presenza delle massime cariche dello Stato, dal presidente Mattarella al premier Conte, ecco che sugli edifici pubblici si impongono le bandiere a mezz'asta.
Povero Antonio, ti stanno tirando da tutte le parti. Sei stato sfortunato due volte. Speriamo che tutti quelli che si sono appropriati della tua figura, delle tue speranze, delle tue idee, non spariscano appena saranno spente le luci dei media, perché un altro fatto sconvolgente di cronaca avrà preso il tuo posto nel frullatore giornalistico.
Intanto, nel sostanziale silenzio assordante proprio degli stessi narratori della tua vicenda, un'intera generazione è costretta a rinunciare ad una prospettiva, un lavoro, a mettere su famiglia e, spesso, è costretta ad andare via proprio nell'Europa che tu amavi perché in Italia farebbero la fame o sarebbero costretti a rimanere a casa dei genitori per sentirsi dare, poi, dei bamboccioni.
Via, dunque, con la beatificazione della meglio gioventù, ma solo sui media.
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