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Saman Mauro Rostagno

saman mauro rostagnoIl numero n. 4 di Micromega del 1988 ospita un intervento di Mauro Rostagno in cui l’autore evidenzia, in formato dialogante, i presupposti teoretici, epistemologici della Comunità Terapeutica Saman partendo da tre ordinatori: Comunità Terapeutica (CT) Saman, Ospite (O) e Animatore (A).

L’analisi svolta da Mauro Rostagno è interessante e innovativa per quel periodo storico creativo e turbolento.

Tra la fine degli anni settanta e ottanta del secolo scorso nascono molte comunità terapeutiche per rispondere a un’disagio sociale’ caratterizzato da due evenienze: eroina e Aids. Le comunità di quel periodo si fondano su criteri ‘classici’ di allora: recupero, riabilitazione, cura e inserimento sociale del paziente.

La metodologia adottata negli anni ottanta, in linea di massima, si sviluppa e si modula con l’ergoterapia, la condivisione del quotidiano, l’ascolto di gruppo, il sostegno all’individuo; solo negli anni novanta e post si introducono laboratori di arte terapia, laboratori creativi vari e psicoterapia.

Queste comunità terapeutiche ‘classiche’ si costituiscono e si reggono sulla leadership del fondatore (concezione patriarcale) e su regole/direttive comportamentali di tipo binario (giusto/sbagliato, bene/male, accettazione/rifiuto) intransigenti e su presupposti etici/religiosi.

La comunità terapeutica Saman di Mauro Rostagno invece introduce un modello sistemico, ecologico che richiama Gregory Bateson, non solo e c’è una riflessione epistemologica riguardante il passaggio a un pensiero lineare a circolare, ma dietro ancora si sente la Teoria del Campo di Kurt Lewin.

Questi presupposti e altri del pensiero sistemico sono alla base della comunità terapeutica (CT): «In un contesto ecologico CT, in una fluttuazione di mente collettiva molto caratteristica, inabituale». Un sistema e un campo fatto di forze (K.Lewin) sono contesti complessi, che evidenziano la fluttuazione permanente tra sistemi stabili o instabili. Anche per questo passaggio, per rilevare il concetto di “fluttuazione”, bisogna rifarsi al concetto entropico del secondo principio della termodinamica (Bohr, Heisenberg, Born, ecc…) . Un sistema cambia di stato quando interviene un evento esterno, in questo caso, l’ospite (O), che è entrato in una «oscillazione eccessiva o in fuga rispetto al suo equilibrio ordinario», produce un movimento fluttuante nel sistema.

Quando l’ospite entra in CT, per definizione e condizione, è già in uno stato di “squilibrio”, in CT trova un contesto che, interagendo con l’ospite, fluttua. L’animatore (A), essendo parte del sistema CT, può essere stabile/instabile. In sostanza già la presenza dell’animatore (A) muta e per l’ospite perché è un turbamento altro da sé.

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L’animatore (A) è lo «specchio paradossale». In questo passaggio, si inserisce di lato, la teoria dello specchio di Jacques Lacan, che afferma che la costruzione della nostra identità personale si produce tramite la ricezione di noi stessi negli altri. In questo modo, i rapporti che manteniamo con gli altri sono riflessi o proiezioni di aspetti della nostra personalità che ci piacciono o meno.

L’animatore è il soggetto riflettente, colui che, nell’interazione con l’ospite, ’offre’ un’identità altra: «oscillazione eccessiva o in fuga rispetto al suo equilibrio ordinario». Banalmente, la funzione dell’animatore (A), non è regolativa, ma è mimetica. E’ in questo senso che va inteso il concetto di hybris per comprendere la funzione dell’animatore terapeutico: hybris è un topos ricorrente della tragedia greca che significa letteralmente "tracotanza", "eccesso", "superbia", “orgoglio” o "prevaricazione". L’animatore (A) non si impone, non si colloca come indicatore e interprete di come agire. Indirettamente è una critica sostanziale al modello psicodinamico, psicoanalitico.

La regola è una non regola, infatti, anche la trasgressione è una regola che fa parte del campo, del contesto della CT. Sta all’animatore (A) ridefinire, rimettere in gioco la trasgressione con altre regole non verbali, paradossali, metaforiche e altre.

E’ nella disponibilità dell’ascolto, dell’attenzione dell’animatore (A) che si sviluppa l’interazione in chiave eriksoniana: «Un ecosistema, se non lo si tocca, si risana da solo… E’ uno spazio “esistenziale collettivo” caratteristico e  caratterizzato, una struttura delle relazioni, una presenza “attiva” di connessioni sistemiche tra gli uomini che la abitano e tra loro e l’ambientale che è “di per sé”, sanante, fonte di guarigione».

In questo passaggio si intrecciano due approccio teoretici: uno sistemico e l’altro fenomenologico esistenziale.

L’altro elemento introdotto è il concetto di guarigione distinto dalla cura. La guarigione coinvolge l’ecosistema. L’ospite (O) è parte di «qualche situazione invivibile», che porta dentro la situazione (CT): la comunità terapeutica è per definizione terapeutica (pensiero circolare). Invece il concetto di cura si ferma al sintomo, al disturbo, all’essere (O) portatore di una causa malefica (pensiero lineare).

L’ospite (O) è un sistema che interagisce con il sistema animatore (A) e CT. I comportamenti dell’ospite sono componenti di un sistema. E’ quello che Mara Selvini, Boscolo e altri sistemici fanno quando osservano le dinamiche relazionali di un sistema familiare: la patologia di un comportamento è patologica solo perché si sviluppa in uno spazio e contesto patologico.

La funzione dell’animatore (A) è ‘mimetica’. Infatti, Mauro Rostagno porta come esempio il suo modo di stare e di fare all’interno della CT: «Io faccio la mia vita, bello, comodo, contento tutti i giorni tutti i momenti».

La CT è un contesto dove l’ospite (O) può immergersi, fluttuare nella dissonanza e assonanza di una mente collettiva. Le provocazioni dell’ospite (O) vanno lette come eventi provocanti che alterano il sistema autoregolante per metterlo in difficoltà. Sta alla CT, all’ecosistema autoregolante a riequilibrarsi a riposizionarsi.

«Allenarsi al pensiero sistemico, all’agire sistemico è spesso disciplina ardua, difficile, trasformante, con terminologia un po’datata direi un “bel viaggio”».

In questo scritto del 1988 il metodo colloquiale è servito a Mauro Rostagno per descrivere il modello della Comunità terapeutica Saman.  I presupposti teorici che costituiscono la comunità terapeutica Saman evidenziano il passaggio da un pensiero lineare causalistico, sintomatico, cartesiano, humiano a un pensiero circolare di tipo ecologico.

Questa concezione è stata veramente innovativa per quegli anni e lo è ancora. E’ difficile pensare sistemico. E’ un modello di pensiero che coinvolge la dimensione del sapere ‘scientifico’. Il concetto di complessità, circolarità, entropia è per sé rivoluzionario per la mente.

Ancora oggi, in psichiatria, in psicologia prevalgono i modelli lineari positivistici. Non è un caso che siano sempre in amento psicofarmaci e sostanze psicotropiche. Mancano contesti (CT) dentro i quali immergersi per fluttuare in una ‘terapia autorizzativa’.

 

 

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