Schiavi d’amore
In questo caso parliamo di violenze particolari, quelle delle donne sugli uomini e quelle di gruppo attuate sui singoli migranti. Mentre l’Italia sta portando avanti i suoi assurdi patti con la Libia, noi continuiamo ad ascoltare i racconti dei profughi che sono riusciti ad arrivare nei nostri centri di accoglienza.
E dobbiamo riconoscere che le cose in Libia vanno sempre peggio.
Non ci si abitua mai alla violenza e tante volte, quando ascolto i racconti dei ragazzi che sono stati torturati in Libia, sento che mi vengono le lacrime agli occhi. A volte me le asciugo, senza vergogna, a volte faccio finta di guardare da un’altra parte, fino a che il momento più brutto è passato. E poi torno a guardare il viso tragicamente immobile del ragazzo che ho di fronte. Sì perché le violenze subite hanno scavato solchi così profondi nell’anima da rendere quasi inespressivo quel viso e quel corpo.
E in tre occasioni non erano gli uomini gli autori delle violenze, ma le donne. Oppure, in alternativa, donne e uomini insieme.
La prima volta ho fatto fatica a crederci. Mi dicevo che forse il paziente si sbagliava o, peggio, forse stava inventandosi tutta la storia.
Ma gli stupri erano avvenuti in città diverse, in momenti diversi, con persone diverse.
Gli uomini che li avevano subiti erano stati invogliati in qualche modo ad andare nella casa di donne che si erano offerte di aiutarli dando loro un po’ di cibo o di riposo. Ma tutti e tre hanno detto che fin dall’inizio avevano avuto paura.
Le donne erano benestanti guidavano le loro auto e li invitavano a salire. E loro comunque alla fine avevano accettato.
Ma una volta arrivati nelle case tutto era cambiato. Erano intervenuti anche gli uomini che, sotto minaccia di morte, o con violenze vere e proprie, avevano obbligato i profughi ad avere rapporti sessuali con donne che erano nella casa, mentre loro stavano a guardare. Oppure loro stessi partecipavano agli stupri.
Dai racconti mi è sembrato ogni volta di assistere a dei film porno, che andavano avanti per giorni interi e lasciavano spazio a tutte le fantasie possibili, ma la base era sempre la violenza sessuale.
Non è facile intercettare questo tipo di violenze. Se le donne fanno fatica a parlarne, figuriamoci gli uomini!
E’ vero però che dedicando molto tempo ai primi colloqui nei centri di accoglienza si è facilitati. Nel compilare le cartelle mediche, infatti, anche i vari disturbi fisici che riguardano gli organi genitali vengono segnalati, seppur con molta reticenza.
Esami ulteriori, effettuati dall’andrologo, non hanno rivelato in realtà nessuna “malattia” organica. Questa è la prima rassicurazione che è stata data al paziente.
Ma questa prima rassicurazione non è stata sufficiente.
I ragazzi sono stati distrutti nella loro identità di maschi a causa delle torture sessuali subite e direi che dopo un anno e mezzo stanno ancora cercando di ricostruirla.
Si vergognano talmente tanto che non ne parlano neanche alla Commissione che deve decidere sul loro diritto di asilo.
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