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Le fasi del sonno e il ciclo sonno-veglia

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Il sonno, come abbiamo già accennato, non è uno stato uniforme ma  varia costantemente nel corso della notte con modificazioni, che avvengono in intervalli di tempo molto variabili.

fasi sonnoIl sonno è un processo, quindi, dinamico, che dal punto di vista comportamentale e fisiologico si distingue in due componenti principali, che si succedono con una ciclicità di circa 70-120 minuti:

Sonno REM:  nel 1953 Eugene Aserinsky e Nathaniel Kleitman  scoprirono la presenza di movimenti oculari rapidi durante il sonno, e da questa caratteristica lo denominarono REM, cioè  Rapid Eye Movements: movimenti oculari rapidi.

Sonno non REM (o NREM)

Alla fine degli anni sessanta, dopo la scoperta del sonno REM e NREM e del concetto di ciclicità di queste due fasi all'interno del sonno è nata la necessità di classificare in maniera standard le variazioni elettroencefalografiche che si verificavano durante il sonno in maniera macroscopica. Queste variazioni elettroencefalografiche furono identificate con il concetto di architettura del sonno.

Nel 1968 Rechtschaffen e Kales basandosi sull'analisi dei parametri elettroencefalografici, elettromiografici ed elettrooculografici classificarono il sonno in 5 stadi:

  • 4 stadi NREM (stadio 1; stadio 2; stadio 3; stadio 4)
  • 1 stadio REM.

La presenza di questa alternanza regolare di fasi non-REM e REM è costituita da cicli di durata simile tra loro.

Dopo l'addormentamento il soggetto passa progressivamente dallo stadio 1 del sonno non-REM allo stadio 4, dopodiché ritorna fino allo stadio 3 o allo stadio 2 e quindi, tra i 70 e i 90 minuti dopo l'addormentamento, si verifica la prima fase di sonno REM che dura circa 15 minuti. Alla fine della prima fase di sonno REM si conclude il primo ciclo che dura all'incirca dagli 80 ai 100 minuti. Dopo il primo ciclo  ne susseguono altri di durata piuttosto costante ma dove il sonno REM tende ad aumentare in durata a discapito del sonno non-REM, in particolare gli stadi 3 e 4 (sonno profondo) si fanno più brevi. Durante la notte, alla fine, il sonno REM costituisce circa il 25% della durata totale del sonno. E' possibile che tra i vari cicli vi siano momenti di veglia.

La struttura ciclica del sonno tende a rimane stabile col passare degli anni e la durata dei cicli è simile quasi per tutta la vita , tuttavia, nell’ambito delle singole fasi si verificano delle modificazioni correlate all’età, in particolare il sonno REM tende a ridursi con l'avanzare dell'età:  raggiunge il suo picco all'età di 1 anno per poi diminuire in favore del sonno non-REM.

Il Sonno Rem

Il sonno REM presenta tre caratteristiche principali: un tracciato a frequenze miste ed a basso voltaggio, simile quello della veglia;  movimenti oculari rapidi (da cui il nome dello stadio), che  riflettono i livelli di maggiore attivazione cerebrale che lo caratterizzano; una riduzione drastica del tono muscolare.

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Ritroviamo nel tracciato EEG anche piccole quantità di onde theta (attività EEG di 3,5-7,5 Hz, che si verifica in modo intermittente durante i primi stadi del sonno NREM e il REM) e spesso, anche,  onde a dente di sega, che sono un grafo-elemento tipico del REM.

Lo stadio, come accennato, prende il nome dai i movimenti oculari rapidi;  in oltre questa fase è caratteristica per la paralisi dei muscoli , questo per evitare che il soggetto possa trasformare i sogni in agiti.
Il cervello consuma ossigeno e glucosio come se il soggetto fosse sveglio e stesse svolgendo un'attività intellettuale.

Se ci si sveglia in questa fase si è perfettamente orientati. Questo stadio è caratterizzato anche da un controllo più impreciso delle funzioni vegetative dell'organismo, infatti la pressione arteriosa aumenta e subisce sbalzi, la frequenza cardiaca aumenta e possono comparire extrasistoli, aumenta, anche, la frequenza respiratoria, la quali si fa più irregolare,  inoltre è in parte compromessa la termoregolazione. Si possono verificare, infine, erezione del pene nell'uomo e modificazioni genitali nella donna.

Il Sonno Nrem

Viceversa, il sonno NREM, rivisto nel 2007 nella sua classificazione dall’American Accademy of Sleep Medicine, è a sua volta suddiviso in un sonno leggero, che comprende le fasi N1 e N2 (fase 1 e 2) ed in un sonno profondo che comprende la fase N3 (fase 3; inoltre nella vecchia classificazione esiste anche la fase 4).
Nel dettaglio :

  • l’attività EEG tipica della fase 1 è caratterizzata da frequenze miste con ritmo theta a 3-7 Hz; questo stadio è contraddistinto dalla transizione tra il sonno e la veglia.

Il sonno viene studiato come fase 2 quando è irregolare, ma contiene periodi di attività theta e  figure tipiche come i complessi K ed i fusi del sonno.
I complessi K consistono in rapide ed improvvise deflessioni verso l’alto e verso il basso, che si rivelano quasi esclusivamente durante lo stadio 2.
I fusi del sonno, invece, consistono in brevi salve di onde di 12-14 Hz , che si verificano da due a cinque volte durante il sonno NREM; i fusi del sonno (detti anche spindle) si susseguono con una ampiezza progressivamente crescente nella prima parte e progressivamente decrescente nella seconda; sono rilevabili nelle regioni centrali, sono espressione di connessioni talamo-corticali e hanno la funzione di preservare fasicamente lo stato di sonno mediante l’inibizione dei processi attivatori.

La fase 3 (detta sonno ad onde lente o sonno profondo) è caratterizzata da onde delta, cioè l’attività elettrica cerebrale è regolare, sincronizzata ed inferiore a 4Hz, quindi appunto molto lenta . Il termine “profondo” sta ad indicare la necessità di una maggiore intensità di stimolo per ottenere un risveglio da questa fase, rispetto alle fasi 1 e 2.
E’ stato ipotizzato che, il sonno profondo sia essenziale per consentire quelle funzioni anaboliche e riparative del sistema nervoso centrale necessarie per un adeguato funzionamento durante il giorno: di qui l’importanza di una corretta architettura del sonno, che preveda, oltre ad un 50% di sonno leggero e ad un 25% di sonno REM, anche, una sufficiente quota di sonno profondo, ossia circa il 25%.

Quindi, l'architettura classica del sonno NREM si delinea con un profilo continuo di costruzione (branca discendente), consolidamento (plateau) e distruzione (branca ascendente) della sincronizzazione EEG.

fasi del sonno

Nell'organizzazione degli stadi in cicli del sonno sono presenti una serie di eventi transitori di breve durata ma di grosso significato dinamico, che riflettono attributi particolari della qualità del sonno: i microrisvegli.

Dall’American Sleep Disorder Association (ASDA) nel 1992 sono proposte delle regole ( confermate in seguito nel Nuovo Manuale per lo Scoring del Sonno nel 2007 ) per definire i microrisvegli: vengono definiti come una brusca variazione nel pattern EEG, che può includere frequenza teta (4-7 Hz), alfa (8-13 Hz) e/o frequenze più alte, ma non fusi del sonno. I microrisvegli devono essere preceduti da almeno dieci secondi di sonno continuo. Nell’accezione ASDA, i microrisvegli sono considerati solo in associazione con l’invecchiamento e con i disturbi del sonno.

Il sonno e la veglia hanno un andamento circadiano(dal latino circa diem = circa un giorno), di circa 24 ore ed essendo meccanismi endogeni non richiedono la presenza di stimoli ambientali; infatti,  il ciclo circadiano regola, attraverso l'azione di messaggeri chimici e nervosi, i processi organici che avvengono ogni giorno nel nostro corpo; la digestione, la minzione, l'evacuazione, la crescita e il ricambio cellulare sono alcuni esempi.

Il nostro orologio biologico determina anche l'alternanza dei periodi di sonno e di veglia. In condizioni normali questi ritmi, i quali si adattano agli eventi ambientali, sono modulati  da indicatori del tempo, detti zeitberg.
Un esempio di zeitberg è la luce solare, che influenza i ritmi attraverso la tratta retino-ipotalamica, la quale si porta dalla retina fino al nucleo sovra chiasmatico, che, in caso di  lesione, sono attenuati i cicli sonno-veglia.

I ritmi circadiani, però, possono essere risistemati, come, per esempio, quelli provocati dal cambiamento del fuso orario o dalle modificazioni imposte dalla vita giornaliera, influenzando, così, i ritmi sonno-veglia.

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Da ciò ne scaturirebbe una disfunzione ormonale, che andrebbe ad influire negativamente  sulla condizione di vigilanza diurna e su un riposo notturno non soddisfacente.
In un soggetto sano, durante il sonno, i livelli bassi di adrenalina e di corticosteroidi, che sono gli ormoni associati alla condizione di veglia, danno la possibilità all'organismo di sfruttare livelli più elevati di ormone della crescita, prodotto dall'ipofisi nelle ore notturne. Dormendo diminuisce lentamente la temperatura corporea fino a raggiungere circa un grado meno del valore serale. Quando la temperatura si abbassa e raggiunge il livello minimo, e questo coincide con bassi valori di adrenalina, noi ci sentiamo stanchi. Verso il finire della notte, con le prime luci dell'alba, è più difficoltoso dormire o rimanere addormentati, perché verso le 5 del mattino i livelli ormonali incominciano a crescere ed aumenta anche la temperatura corporea.

Il ciclo di sonno e di veglia è regolato da un altro ormone, la melatonina, prodotto dall'epifisi, piccola ghiandola situata nel cervello. La luce, penetrando nell'occhio attraverso i nervi, manda un messaggio all'epifisi che, in base alla quantità di luce in arrivo, blocca o stimola la produzione di melatonina. Il buio determina la produzione di questo ormone che dà il segnale all'organismo il quale rallenta lentamente le sue attività e si prepara al sonno.

Attivazione di aree cerebrali durante il sonno la veglia

Il ciclico alternato di veglia e sonno è controllato da diversi  sistemi neuronali, che promuovono e mantengono la veglia mentre altri promuovono e mantengono il sonno.

Sistemi che controllano il sonno.

  • Il nucleo preottico ventrolaterale dell'ipotalamo anteriore ed altre aree ipotalamiche e del prosencefalo basale contengono neuroni GABAergici e neuroni rilascianti galanina, che proiettano alle strutture coinvolte nel mantenimento della veglia e le inibiscono, favorendo il sonno, fase nella quale presentano la massima frequenza di scarica.
  • Il rilascio di adenosina da parte del metabolismo cerebrale si accompagna ai periodi di veglia. Questa sostanza, interagendo con i suoi recettori, inibisce i circuiti che promuovono la veglia ed attiva quelli che promuovono il sonno, principalmente disinibendo i neuroni GABAergici del nucleo preottico ventrolaterale dell'ipotalamo anteriore.

Sostanze come la caffeina e stimolanti correlati, invece, contrastano l'effetto dell'adenosina, poiché le impediscono di legarsi ad i suoi recettori.

  • Le citochine possono promuovere il sonno in condizioni fisiologiche o patologiche.

Nel dettaglio, per quanto riguarda il sonno non-REM, caratterizzato, come abbiamo precedentemente accennato, da fusi del sonno e onde lente (bloccate durante la veglia ed il sonno REM), l’induzione del sonno avviene  ad opera del l’ipotalamo anteriore e l’adiacente regione pro-encefalica basale che, induce rapidamente  il sonno; viceversa una lesione a queste due ultime aree produce  una riduzione della durata del sonno.

Queste aree sono mediate da neuroni inibitori GABAergici, detti cellule attivanti il sonno non-REM, che inibiscono le cellule istaminergiche dell’ipotalamo posteriore e del nucleo reticolare rostrale del ponte, che media lo stato di vigilanza.

Le cellule attivanti il sonno non-REM  vengono attivate in maniera massimale durante il sonno non-REM e inattivate durante la veglia e il sonno REM.
Invece, durante il sonno REM sono presenti le onde PGO (ponto-genicolo-occipitali), prodotte da neuroni situati a livello del ponte, del corpo genicolato laterale e della corteccia occipitale, che scaricano ad intensità più  elevate, i quali generano, nell’EEG, potenziali a punta di elevato voltaggio (detti, appunto, punte ponto-genicolo-corticali o spike PGO), attività motorie fasiche e atonia muscolare.

Alcuni neuroni del sonno REM sono situati nel nucleo rostrale del ponte, che si estende fino alla parte caudale del mesencefalo; la sua distruzione bilaterale elimina il sonno REM per un lungo periodo di tempo.

Nella regolazione del sonno REM intervengono diverse classi di neuroni del nucleo reticolare rostrale del ponte:  

  • Cellule colinergiche, che generano l’attività PGO scaricano e generano spike PGO a livello delle cellule del corpo genicolato laterale; la distruzione di queste cellule blocca la formazione di spike PGO, ma non interferisce con altre componenti del REM;  al contrario, la stimolazione di questa regione genera spike PGO anche oltre i periodi di sonno REM.
    Le cellule, che generano attività PGO, sono controllate da cellule serotoninergiche, che inducono la fine del REM dei nuclei del rafe del tronco dell’encefalo.
  • Le cellule attivanti il sonno REM e lo stato di veglia, situate nel  nucleo reticolare rostrale del ponte,  scaricano durante  la veglia e il REM, e riducono la frequenza di scarica del sonno NREM.
  • Le cellule attivanti il sonno REM, nel nucleo reticolare rostrale del ponte, non sono attive, o lo sono in parte durante la veglia e il sonno NREM, ma scaricano durante il sonno REM.

Esistono anche delle sottoclassi di queste cellule:

  • costituita da neuroni gabaergici, responsabili dell’inibizione dell’attività serotoninergica e noradrenergiche durante il REM;
  • l’altra sottoclesse è costituita, invece, da cellule glutammatergiche, responsabili dell’atonia durante il REM.

Sistemi che controllano la veglia

  • Un primo sistema che controlla e mantiene lo stato di veglia è rappresentato dai nuclei aminergici del tronco encefalico, in particolare dai neuroni noradrenergici del locus coeruleus e dai neuroni serotoninergici dei nuclei del rafe; si presume però che abbiano un ruolo anche i neuroni dopaminergici della sostanza nera.
    Questi neuroni proiettano diffusamente alla corteccia, al talamo, all'ipotalamo e all'ippocampo. Quando il soggetto è vigile, la frequenza di scarica dei neuroni di questi sistemi è massima, si riduce notevolmente durante il sonno non-REM e quasi del tutto durante il sonno REM, ciò fa pensare che siano sistemi coinvolti nel mantenimento della veglia.
    Questi neuroni possono anche andare incontro a fenomeni di auto inibizione, i quali favoriscono il sonno. Condizioni che ne stimolano l'attività promuovono la veglia, se invece questi sistemi vengono inibiti viene promosso il sonno. Se però sembra vero che la stimolazione del sistema noradrenergico stimoli e mantenga la veglia, la serotonina, pur stimolando anch'essa la veglia, favorisce, nel tempo, il rilascio di sostanze che promuovono il sonno ed inibisce i neuroni colinergici del prosencefalo basale, coinvolti nel mantenimento della veglia, svolgendo quindi un ruolo poco chiaro.
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  • Un secondo sistema che promuove la veglia è costituito dai neuroni colinergici del prosencefalo basale. Questi neuroni proiettano alla corteccia, attivandola, all'ippocampo e all'amigdala, e, oltre che durante la veglia, sono attivi durante la fase REM, poco attivi in quella non-REM. Sono inibiti da terminazioni serotoninergiche provenienti dai nuclei del rafe.
  • I nuclei colinergici del tronco encefalico comprendono il nucleo laterodorsale del tegmento pontino e il nucleo del tegmento peduncolopontino, che sono costituiti da due popolazioni di neuroni. Una prima popolazione è caratterizzata da neuroni attivi durante il sonno REM, che scaricano a bassissima frequenza durante la veglia e il sonno non-REM e che proiettano ai nuclei aminergici del tronco encefalico. La seconda popolazione è costituita da neuroni la cui frequenza di scarica è massima durante la veglia e durante il sonno REM e che proiettano al talamo e all'ipotalamo, attivandoli.
  • Il nucleo tuberomammillare contiene i neuroni istaminergici ipotalamici che proiettano diffusamente a quasi tutto il sistema nervoso centrale promuovendo il mantenimento della veglia e sono massimamente attivi in questa fase. L'inibizione di questi neuroni con antistaminici induce sonnolenza.
  • L'ipotalamo postero-laterale comprende un piccolo gruppo di neuroni orexinergici che mantengono la veglia e sono coinvolti anche nella regolazione dell'assunzione di cibo. Proiettano diffusamente alle strutture coinvolte nella regolazione del ciclo sonno-veglia nel sistema nervoso centrale.

 

Bibliografia:

  • Achermann P., Borbély A.A.; Combining different models of sleep regulation; 1992.
  • Alóe F., Pinto de Azevedo A.,Hasan R; Sleep-wake cycle mechanisms Mecanismos do ciclo sono-vigília. 2005
  • Balestrieri M., Bellantuono C., Berardi D., Giannantonio M., Rigatelli M., Siacusano A., Zoccali R.A.; Manuale di psichiatria; Editore Il Pensiero Scientifico; 2010.
  • Carlson Neil R.; Fisiologia del comportamento Edizione Piccini 2002.
  • Coccagna G.; il sonno e i suoi disturbi; Edizione Seconda Piccin; 2000
  • España R. A., Scammell T. E.; Sleep Neurobiology from a Clinical Perspective, 2011
  • Kandel E. R.; Principi di neuroscienze. Terza edizione Casa editrice Ambrisiana
  • Leu-Semenescu L.; Arnulf I.; Decaix C.; Moussa F., Clot F., Boniol C., Touitou Y., Levy R., Vidailhet M., Roze E.; Sleep and Rhythm Consequences of a Genetically Induced Loss of Serotonin; 2009
  • Mong J. A. , Baker F. C., Mahoney M. M., Paul Ketema P., Schwartz M D., Semba K. and Silver R. ; Sleep, Rhythms, and the Endocrine Brain: Influence of Sex and Gonadal Hormones; 2011
  • Parrino L, Boselli M, Spaggiari MC, Smerieri A, Terzano MG;Cyclic alternating pattern (CAP) in normal sleep: polysomnographic parameters in different age groups.1998 

 

 

Articolo a cura della Dottoressa Virginia Quaranta

 

Questo articolo è parte di un elaborato che, per motivi di spazio, è stato suddiviso in varie parti:

  1. Dinamiche psicologiche durante la gravidanza e nel post partum ed i diversi livelli di gravita' degli stati depressivi nel post-partum.
    Le variazioni fisiologiche durante la gravidanza e nel post-parto e la loro influenza sull’esordio della depressione post-partum.
    Fattori di rischio della depressione post-partum.
  2. Il sonno e i suoi disturbi.
    Le fasi del sonno e il  ciclo sonno-veglia.
  3. Alterazioni del sonno nella depressione post-partum.

 

 


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