Personalmente sono sempre stato dell'opinione che l'ambito più intrigante della vita professionale dello psicologo fosse l'intera realtà. Andare a migliorare situazioni e dinamiche, usando le conoscenze di oltre un secolo di studi psicologici, è un'azione attiva per il benessere sociale. In questo quadro vi racconto, come testimonianza, la mia esperienza in una scuola elementare.
I blog di Psiconline
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TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO
“Sogno di essere in ufficio, ma la "scrivania" in realtà è un tavolone che accoglie nei due lati almeno 6-8 persone.
Tutte le postazioni, e non solo quelle del tavolone, sono prive di computer e la cosa mi stupisce non poco.
Vedo che il computer è sotto il tavolo, lo metto nella mia postazione, ma è un computer antiquato con pochissime funzioni e inadatto a finire il lavoro che devo fare.
Cerco negli altri uffici che sono dislocati in una grande costruzione con particolari di bel design inusuale per un luogo dove si girano scartoffie!
Girando per questi spazi incontro un collega al quale nella realtà non rivolgo la parola da più di 16 anni; lui mi segue, io scappo, corro, lui mi rincorre ridendo e io faccio di tutto per sfuggirgli, ma fatico a distaccarlo.... nella corsa mi trovo in uno spazio aperto tra piante e rocce e quel luogo è pieno di animali che nel mio territorio non esistono: scimmie di cui una più grande di un uomo e tutta nera.... lucertole mai viste...”
“Scrivimi, quando il vento avrà spogliato gli alberi…” – così cantava Nino Buonocore nell’ormai lontano 1990 e di certo con “scrivimi” intendeva davvero il tracciare parole con una penna in mano, in nero o magari blu su bianco, sopra un foglio di carta da lettere.
WhatsApp non era ancora nato. Messenger neppure. L’accesso al web non era ancora di massa, non era per tutti.
“Un incontro a due:
occhi negli occhi volto nel volto,
E quando tu sarai vicino
io coglierò i tuoi occhi
e li metterò al posto dei miei
e tu coglierai i miei occhi
e li metterai al posto dei tuoi
allora io ti guarderò coi tuoi occhi
e tu mi guarderai coi miei”
Jacob Levi Moreno (Invito ad un incontro – 1914)
Seduzione origina da “se ducere “ condurre fuori di se, andare oltre qualcosa che si pone fuori dal seminato, dal tracciato e portare a sé. Nel senso comune sedurre significa indurre l'Altro a lasciare le sue difese, le sue convinzioni per essere condotto verso una meta, un oggetto, un desiderio.
Il potere è un sostantivo che significa dominio: da dominĭu(m), deriv. di domĭnus ‘signore, padrone’ Il dominio ha la facoltà legittima di esercitare il pubblico potere da una persona su un’altra in virtù del ruolo, della funzione che riveste come l’autorità del padre sui figli; l’autorità del governo, dei ministri o abusare, approfittare della propria autorità.
Il livello sul quale voglio soffermarmi in questo articolo per il Blog, perché spunto di riflessione particolarmente significativo, è relativo alle modificazioni corporee cosiddette “estreme”.
Il mondo contemporaneo ci offre molti spunti di discussione sul tema “segno versus simbolo”. Tempo fa avevo scritto una piccola raccolta di articoli1 sul mondo delle modificazioni corporee, dal semplice tatuaggio alle Extreme Body Modifications, e sui riti di passaggio. Questi ultimi sono momenti trasformativi che hanno avuto in passato e ancora oggi mantengono un senso profondo e radicato nelle società tribali; sono condivisioni di cambiamento, la cui eco raggiunge l’occidente senza per forza condurne con sé i presupposti.
Qualche tempo fa, in uno dei gruppi di psicologia su Facebook, si discuteva sul fatto che la presenza degli psicologi/psicoterapeuti (abbr. psy) sul web pendesse dal lato del marketing. Sui social vengono riversate tonnellate di "saggezza psicologica", offerte di corsi/training, incontri civetta, proteste contro chi ci "ruba" il lavoro. Data la mia storia personale (psicologo clinico di laurea ma lavoro su territori "altri", come audiovisivi e informazione), osservo sempre questi fenomeni che delineano la nostra immagine. Soprattutto sui social.
La trattazione di ciascuna delle metodologie presentate, in questo e nei post successivi, lungi dall’essere esaustiva, rappresenta una riflessione che ha risvolti molto ampi. Rappresenta infatti un’opportunità di lavoro per gli psicologi che si occupano di ambienti educativi, ma anche una possibilità di riscatto e sviluppo per la scuola e (ambiziosamente) per la società. In questa prospettiva le riflessioni condivise si propongono come l’apertura su una strumenti e possibilità di intervento da approfondire autonomamente.
Questo è supportato dallo sviluppo tecnologico che facilita lo sviluppo di una mentalità,
senza la quale la tecnologia non avrebbe senso: è la mentalità che consente di aprirsi all’altro, superando anche i limiti del territorio
(Isabel Manzione, Annamaria improta & coll.)
Sempre più spesso riferendosi agli adolescenti si parla di nativi digitali, multitasking, capaci di svolgere contemporaneamente più attività nell’universo del virtuale usando contemporaneamente computer, tv e cellulare. Tale uso è sotteso dal bisogno di essere iperconnessi con il mondo esterno ma il rischio è quello di confondere il reale con il virtuale. Inoltre da indagini effettuate all’inizio di ogni anno scolastico da docenti che usiano le TIC da anni, emerge che l’uso di tali tecnologie è spesso “passivo”: giocano, vanno su facebook, partecipano a forum e blog ma poi non sanno svolgere operazioni elementari come salvare un file o ritrovarlo una volta salvato etc…
TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO
“Procedevo in macchina a una velocità moderata.
Nel percorso vedevo un paio di passaggi a livello aperti.
Poco prima del primo ho bruscamente frenato perché sulle strisce pedonali un gruppetto di donne e di bambini erano a lato della strada e attendevano di attraversare.
Mi sono fermata proprio a filo.”
Questo sogno porta la firma Marina.
Per decenni singole persone, gruppi, popolazioni sono state inghiottite da un silenzio indicibile per quanto riguarda la storia dei campi di sterminio.
Dopo un lungo silenzio qualcuno si è ricordato del sogno di Giacobbe, l'ingannatore: «In sogno, Giacobbe vede una scala, la cui sommità arriva fino al cielo. C'è ancora. Alcuni l'hanno vista, anni fa, in una parte della Polonia, vicino a una stazione sperduta. E tutto un popolo saliva, saliva verso le nuvole infiammate. Ecco lo spavento che ha dovuto provare il nostro antenato Giacobbe – Elie Wiesel-».
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