Abusi sessuali (23631)
Eva1 36
Dopo sedute di pscicoanalisi ed ipnosi ho scoperto (6 anni fa) d'essere stata oggetto di abusi sessuali all'età di 3/4 anni. Poco dopo il mio terapeuta è morto senza riuscire a determinare chi avesse abusato di me. Sono trascorsi circa 6 anni da quelle sedute, tutto sommato vivo in una sorta di equilibrio ma sempre con una latente senso di rabbia pronto a fuoriuscire ad ogni buona occasione. mi sento ingiustamente colpita e privata di qualcosa che non tornerà più. non vorrei tornare in psicoterapia. Non basta la consapevolezza di ciò che mi è successo per recuperare da sola la mia serenità?
Cara Eva, mi dispiace molto per quello che le è capitato, avverto sinceramente la sua sofferenza e la sua rabbia, nonché il bisogno di “recuperare” un pezzo della sua vita che sente di aver perduto per sempre. Leggendo la sua richiesta , ho l’impressione che, nonostante la sua “sorta di equilibrio”, sia rimasta prigioniera di una memoria infantile che non ha avuto il tempo di evolversi e completarsi, perché tale memoria è morta sei anni fa assieme al suo terapeuta, unico custode di un segreto impenetrabile. Di solito, i ricordi che si collocano prima dei 4/5 anni sono difficilmente accessibili, almeno attraverso il canale verbale, visto che la maggior parte delle esperienze che risalgono alla prima infanzia si organizzano attorno a diverse “sensazioni”, per cui è soprattutto il “corpo che ricorda”, più che la nostra mente. Basandomi sulle sue parole, posso percepire come il suo corpo continui a ricordare una rabbia, mentre la sua mente non sa contro chi dirigere questa rabbia, per cui ogni occasione è buona. Si tratta di una rabbia cieca, senza una persona su cui poterla scaricare. Quando lei mi dice di sentirsi ingiustamente colpita e privata di qualcosa che non tornerà mai più, presumo mi stia dicendo che si sente ingiustamente colpita dalla persona che, presumibilmente, ha abusato di lei e che ora sente di aver perduto per sempre. Oltre a ciò lei ha perso anche la persona, che, al contrario, stava indagando sull’esperienza di abuso sessuale, cioè il suo terapeuta. Mi sembra che questa condizione di impotenza l’abbia trascinata, comprensibilmente, negli ultimi sei anni, verso una ricerca di estraneità per tutto ciò che le è accaduto, ponendosi soprattutto come oggetto-vittima sia della persona che ha commesso un abuso su di lei, sia del suo terapeuta che stava indagando su questa persona. Lei mi chiede se non basta la consapevolezza di ciò che è successo per recuperare da sola la sua serenità: purtroppo le devo rispondere che se continua a porsi questa domanda dopo sei anni che ha scoperto di essere stata “oggetto di abuso sessuale”, significa, evidentemente, che continua a sentirsi, almeno in parte, oggetto di abuso sessuale, piuttosto che una donna libera. E’ come se dietro si portasse un’etichetta invisibile, ma percepibile da tutti: “Attenzione: vittima di abuso sessuale”, che fatica a sparire definitivamente.Per cui la mia risposta è si, forse è il caso di tornare in psicoterapia, altrimenti, come dice Freud, “siamo costretti a ripetere tutto ciò che non possiamo ricordare”. Nella sua vita sono capitati due eventi che hanno interrotto il flusso continuo della vita: prima l’abuso sessuale e poi la morte del terapeuta. Non è sufficiente sapere che queste cose siano successe per sentirsi sereni, ma è necessario rielaborare e metabolizzare queste esperienze, sia nella mente che nel corpo, ovvero sentirle proprie, e sentire che lei è parte integrante di queste esperienze. Comprendo benissimo il suo timore nell’intraprendere di nuovo una psicoterapia, ma non è necessario che la psicoterapia sia rigorosamente di tipo analitico, né conviene, in questo momento, ricorrere all’ipnosi, che potrebbe accentuare il suo bisogno di staccarsi o di estraniarsi dagli eventi. L’ideale sarebbe rivolgersi ad un terapeuta molto “flessibile” che sappia abbracciare un approccio integrato, utilizzando sia tecniche di tipo cognitivo-comportamentale che metodologie di tipo dinamico, a seconda delle necessità. Una possibile soluzione potrebbe essere, per esempio, l’ormai noto “metodo Bert Hellinger”, basato sulle “costellazioni familiari”, il cui obiettivo è quello di suscitare determinati “movimenti dell’anima” da parte di un gruppo di persone che partecipando ad alcune rappresentazioni ideate dal terapeuta, in modo da trovare la giusta soluzione ai propri disagi. Spero di esserle venuta incontro anche se, forse, non è proprio quello che voleva sentirsi rispondere. Comunque mi faccia sapere altre notizie, sperando di continuare ad esserle utile.
(risponde la dott.ssa Aurora Capogna)
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