Il lavoro di un medico è pieno di emozioni, come lo è quello di uno psicologo. Nella vita di tutti i giorni, nei centri di accoglienza, io mi lascio prendere da esse senza paura perché mi accorgo che nella relazione medico-paziente l’empatia gioca un ruolo importante.
Il modo di accogliere il profugo, di prendersi cura dei suoi problemi fisici, di ascoltarlo e di sapergli parlare nella sua lingua, lo fanno già sentire a suo agio. E poi arriva la terapia farmacologica.
Questo non avviene quando il mio ruolo è quello di psicologo in quanto le emozioni che contano di più sono quelle del paziente.
Non sottovaluto l’aspetto empatico, ma tutto rimane dentro di me. Ho visto psicologi con le lacrime agli occhi, altri che non riescono a restare tranquilli ad ascoltare il paziente e si danno da fare in modo compulsivo per risolvere con immediatezza i suoi problemi.