Vai al contenuto

Luca Argento Pseudonimo

Membri
  • Numero di messaggi

    1
  • Registrato dal

  • Ultima visita

messaggi di Luca Argento Pseudonimo

  1. Quello che vi chiedo disperatamente è di darmi qualche indicazione su ciò di cui sto soffrendo, di quale disturbo riuscite anche solo a scrutare dei tratti.

    Premetto che il tempo di lettura è di circa 25m, essendo una specie di autobiografia. In realtà tutto ciò che ho scritto è un'accozzaglia di ricordi di esperienze finalizzata a fornire una specie di quadratura della mia personalità (eventi che mostrano direttamente tratti della mia persona ed eventi che possono essere l'origine di questi stessi tratti), o comunque a dare i presupposti per trovarne una.

    Sin dall'infanzia sono sempre stato un ragazzo particolare: Estremamente introverso e timido, bastava anche solo la critica più costruttiva e velata per farmi scoppiare in un pianto incontrollato. Paradossalmente avevo sempre fatto di tutto per integrarmi con i miei coetanei, cercando di impressionare - anche in modo bizzarro, cercando di distinguermi - i compagni che ritenevo i collanti della classe, i più fighi e spesso i più estroversi. Ricordo di non aver mai voluto molto bene ai miei genitori (in realtà quando avevo 4-5 anni ero molto affettuoso nei loro confronti, ma mi sono sempre sentito quello che "dava" in quel rapporto): Mi viene in mente infatti il primo giorno di elementari quando molti miei compagni scoppiarono in lacrime perché "volevano la mamma", con io che rimasi lì a guardarli stupito dato che non mi interessava affatto, né allora né adesso.  Non dimenticherò mai come non mi venisse mai data ragione su niente: quando discutevo con mio fratello lui finiva sempre per mettersi a piangere, così da portarsi, per i miei genitori, sempre dalla parte della ragione; Ciò feci si che non cercai mai un aiuto nelle situazioni di disagio, ma che preferii ogni volta sbrigarsela da solo, non potevo contare su di loro. Già: smisi di usare il ciuccio all'età di 4 anni, e smisi di fare la pipì a letto tra i 6-7 anni, tra gli insulti dei miei genitori che mi mandavano a scuola permeato dal puzzo di piscio, scaturendo prese in giro da parte dei miei coetanei (ho scritto questi 2 punti perché immagino possano aver avuto un'influenza sullo sviluppo della mia psiche). Le elementari andarono più o meno sulla falsa riga della scuola per l'infanzia: timidezza ed introversione, ma allo stesso tempo desiderio di ricevere riconoscimento dalla classe, che cercai di ottenere provando ad essere migliore dei miei compagni, senza particolare aggressività o violenza (nelle classiche competizioni tra bambini). Dopo 2 anni cambiai scuola, perché in quella in cui sarei andato si facevano meno ore, e l'idea mi piaceva visto che odiavo fare i compiti (che infatti non svolgevo praticamente mai, prendendomi di conseguenza note e rimproveri che mi facevano puntualmente implodere in pianti davanti a tutta la classe per l'umiliazione pubblica). Con il cambio di istituto mi ritrovai in una sezione piuttosto adatta al mio temperamento, una specie di Signore Delle Mosche: molti ragazzi, tanto casino e poco studio. Non che abbia mai avuto un disprezzo per le ragazze, ma ero timido con i maschi, figuriamoci con l'altro sesso, che infatti guardavo con totale disinteresse (forse a causa di qualche delusione che avevo avuto negli anni precedenti, un paio di rifiuti da parte di qualche coetanea). Ci passai dalla 3° alla 5° elementare e lo feci in modo piuttosto sereno, seppur ebbi le mie solite umiliazioni e i miei pianti, soprattutto legato alla mancanza di studio e quindi ai rimproveri degli insegnanti. Durante quei 5 anni strinsi una sola vera amicizia che durò qualche mese, per il resto solo uscite sporadiche. Mi ricordo che i miei migliori amici erano i videogiochi, con cui ero capace di giocare 12 ore in una giornata, tra gli insulti dei miei genitori (come se non fossero loro i responsabili del fatto che passassi le mie giornate in quel modo). Sono sempre stato anche un ragazzo che alterna momenti di forte indolenza a momenti in cui necessito di sfogare la mia energia, cosa che ho sempre fatto attraverso sport, ma che spesso mi ha portato ad agire in maniera piuttosto asociale e che mi ha portato quindi ad essere, a volte, alienato dagli altri. I primi due anni delle medie furono molto pesanti: Durante il primo anno non riuscii a legare con alcun compagno in particolare, tanto che non uscii quasi mai di casa - non che volessi particolarmente avere amici, vista la mia mania per giochi\videogiochi, spesso o sempre individuali -; Ebbi molte note (e quindi molti pianti) sempre perché non studiavo praticamente mai. A fine anno passai con una pessima pagella, ricordo ancora mia madre che dopo averla vista mi disse "complimenti per questo schifo"; almeno era coerente, disse le stesse cose per tutto l'anno del resto. Il secondo andò anche peggio : fui emarginato perché, oltre ai miei soliti comportamenti strambi (comportamenti assurdi, non dovuti a cambi di umore (seppur avessi dei momenti di energia estrema), ma qualcosa che deputerei più alla mia persona; comportamenti che volevano creare disagio negli altri, immagino per impressionarli), cercavo di difendere un ragazzo bullizzato che, seppur non molto simpatico, mi faceva un po' tenerezza (mi ci rispecchiavo forse?). Quell'anno bocciai poiché non feci mai i compiti; A fine anno mia madre me lo comunicò facendomi, in modo sarcastico e sprezzante, i complimenti; Ricordo che quella mattina la passai in camera mia ,fissando la finestra chiusa, prestando attenzione al suono della pioggia che si sfrangeva lungo la serranda, paralizzato dalla delusione e dall'ansia (dovute alle aspettative scolastiche dei miei genitori che non riuscivo mai a soddisfare a causa del mio astio verso lo studio e, in generale, la mia incapacità di trovare la forza per fare ciò che non mi piace, anche se ho l'obbligo di farla). Ricordo che durante quell'anno mi capitava di svegliarmi con il desiderio di voler piangere, conscio del fatto di dover vivere un'altra giornata di stress e ansia. I miei genitori, insieme a mio fratello (1 e 1/2 più piccolo) e mia sorella (1 anno e 1/2 più grande), passarono l'estate a mortificarmi per essere bocciato, alimentando quell'angoscia che definiva le mie giornate. Cambiata nuovamente scuola ritrovai un po' di serenità in una classe che secondo voci di corridoio era considerata "la peggiore di tutto l'istituto". In quella sezione erano presenti ragazzi di etnie diverse (dai brasiliani ai romeni passando per portoghesi ed albanesi), bocciati, handicappati, inquietanti se non disturbati... Ragion per cui uno stramboide purosangue come me non faceva neanche testo. Il primo anno passai bene continuando a non studiare (in quella classe era facile trovare il modo di farlo durante le lezioni, cosa in cui riuscivo facilmente, anche perché stimolato dall'ansia di un imminente interrogazione). I miei furono infatti meno stressanti rispetto agli altri anni estremamente ansiogeni e deleteri. Devo precisare che, nonostante non abbia mai studiato, sono sempre stato riconosciuto come uno dei ragazzi più intelligenti di ogni classe in cui sono stato, per il mio spirito critico e la mia caratterizzante croce e delizia, che alimenta essa stessa il mio essere "profondo": la mia ipersensibilità, che in passato, ma soprattutto ora, mi permette di comprendere facilmente ciò che gli altri provano e pensano (credo sia attraverso le microespressioni, il linguaggio del corpo, la scelta dei termini.... Come detto non è niente di studiato, è qualcosa che mi viene naturale, più o meno inconsciamente, e difficilmente è fallace, avendo avuto moltissime conferme di ciò), spesso però le interiorizzo in maniera estremamente viscerale ed intensa, sovraccaricandomi di emozioni e corrodendomi dentro. La terza media è da dividere in 2 parti: i primi mesi furono forse il periodo più bello della mia vita, poiché era tutto più o meno affine (o più precisamente sopportabile) al mio temperamento, tant'è vero che per la prima volta nella mia vita volevo andare a scuola; La seconda parte fu uno dei periodi più brutti della mia vita: A circa 3 mesi dalla fine dell'anno, in un momento di forte impulsività, tirai giù i pantaloni di un mio ottimo amico davanti a tutta la classe (in realtà non avevo intenzione di tirarglieli giù, volevo fargli una " finta" per spaventarlo, ma sbagliai a dosare la forza e caddero. Sembra una scusa ma andò esattamente così, sfortunatamente lo ricordo come se fosse ieri).  Incredibilmente non lo vide nessuno se non una professoressa che, in un impeto di rabbia, mi sgridò davanti alla classe. Mi ricordo che piansi, e che mentre uscivo dalla scuola (era l'ultima ora) diversi miei compagni mi diedero dello str**** , seppur in modo ironico mi ferirono molto. Mi impressiona ancora pensare alla sensazione che mi procurò una lacrima che scivolò lentamente sulla mia guancia...mi sentivo sanguinare, come se mi avessero trafitto. Ricordo anche che prima di uscire quella stessa prof mi disse che ci sarebbero state conseguenze e che "me l'avrebbe fatta pagare". Appena fuori corsi in un bar a mangiare qualcosa in attesa che mi venissero a prendere i miei genitori; Stava diluviando, e mentre ripetevo mille volte a me stesso " andrà tutto bene " ero ancora una volta stregato dalla pioggia, che stava picchiando come proiettili l'asfalto. Al rientro in aula fui sgridato davanti a tutti i miei compagni dalla vicepreside, e all'ultima ora dalla coordinatrice di classe che, per traumatizzarmi, parlò anche di una possibile denuncia. Quando ritornai di nuovo a scuola molti pensarono che mi avessero sospeso perché ero rientrato dopo 4 giorno di assenza; In realtà non riuscivo ad alzarmi dal letto per l'angoscia e soprattutto per la tristezza e l'odio verso me stesso, capace di rovinare ciò che non avevo mai avuto prima: un ambiente in cui riuscivo, almeno in parte, ad esprimere me stesso.... Da quel giorno in poi un paio di professori mi punzecchiarono costantemente, rovinando il mio umore e spengendo gran parte della mia energia. Quel ragazzo a cui tirai giù i pantaloni non mi parlò più, cosa che mi dispiacque solo in parte poiché, per rancore, raccontò delle frottole ai professori per farli credere che lo stessi bullizzando da tempo, cosa ridicola visto che lui stesso mi chiedeva spesso di uscire ed eravamo sempre stati buoni amici. I miei non seppero mai di quel giorno, e furono felici di sapere che passai con la media del 7 all'esame. Io di quel periodo ricordo solo come fossi passato dall'aver trovato eccitazione a passare le mie giornate in quel posto, a trovarmici a disagio e quasi spaventato (mi ci ero veramente affezionato...sono sicuro che se fosse accaduto mentre ero in una delle precedenti classi non avrei sofferto così tanto). Scelsi il liceo delle scienze umane sotto consiglio di professori, vista la mia "tendenza all'introspezione e all'analisi critica". Mi assegnarono in una sezione orribile: 1 perché non c'era nessuno che conoscessi (non mi piace fare nuove conoscenze...); 2 C'erano soltanto ragazze, ed erano più di 20. Feci di tutto per cambiare sezione prima di iniziare l'anno, non ci riuscii. Fu un periodo traboccante di ansia, disagio, e odio verso la scuola. Mi ricordo che facevo una gran fatica ad alzarmi dal letto e a stare in quel posto (sfortunatamente i miei erano capaci di andare su tutte le furie se la mattina mi svegliavo con il "mal di testa"). L'unica nota positiva fu il rapporto che ebbi con una compagna: ci divertivamo come matti a dare fuoco ai nostri banchi, a ridere delle stranezze dei professori, e a far gli stupidi....Era una stramboide come me, simpatica tanto quanto lunatica, una delle poche persone a cui volevo bene. Mi ricordo ancora una volta una notte in cui le scrissi che non ci sarei stato il giorno dopo, lei era quasi spaventata, mi disse che aveva bisogno di me... Io non mi presentai quel giorno e poco dopo ci cambiarono di posto (ripensando oggi a quest'evento sento come di averla tradita,di averla abbandonata). La nostra amicizia si allentò e lei boccio a fine anno mentre io passai senza problemi (e senza studiare, come al solito). Qualche anno dopo scoprii che quella ragazza era finita in comunità.... Ancora oggi mi si spezza il cuore a pensarci...tra l'altro è stata forse la persona più affine a me, da un punto di vista emotivo. Finito l'anno scolastico avvertii subito i miei genitori che volevo a tutti i costi cambiare sezione; Loro mi dissero che era tardi e che l'avrebbero fatto ad inizio anno. Un mese prima dell'inizio della scuola glielo ricordai e loro mi dissero che avevano già ordinato i libri per la mia sezione di appartenenza (avevano questa convinzione che l'essere in una classe di tutte ragazze mi avesse fatto prendere voti più alti, stron****). Io mi sentii pugnalato alle spalle visto che quei due sapevano benissimo quanto fosse terribile per me andarci, ma non ebbi la forza di oppormi con fermezza (li urlai contro furibondo ma la cosa finì lì... oggi avrei detto che non sarei mai andato).  Il secondo anno fu ancora più orrendo: Il disagio si amplificò insieme all'ansia (due amiche a cui piace andare a braccetto con me....),  tanto che feci 50 assenze, tra cui molte forche a bighellonare per strada, rischiando perfino di bocciare. Mi ricordo ancora che in quell'anno inizia a bere.... Partii a 16 anni con un pacco di Guinness che i miei mi comprarono ogni settimana, poi tramite dei miei amici aggiunsi whisky e vodka (sfortunatamente ho un amore profondo per i superalcolici lisci e dal 40%+, a parte qualche birra detesto alcolici più leggeri). Verso primavera arrivò anche il mio primo tentativo di suicidio: dissi di star male, aspettai che tutti fossero fuori casa, chiusi la porta con la catenella e bevetti un paio di birre e mezza bottiglia di whisky scadente (una schifezza da discount che a mio parere infrange la normativa internazionale sui diritti dell'uomo). Mi ricordo che mi sentii leggero come una piuma, inconsistente.... Tutto ciò che avevo davanti era distorto dall'effetto dell'alcol, andai in bagno in preda al bisogno di vomitare, che con difficoltà riuscii a non soddisfare. Arrivai quindi in camera e mi misi sotto le coperto travolto da strani brividi, convinto di star per morire... In realtà vomitai due volte e svenii. Mi ritrovò mio padre, dopo aver spaccato il catenaccio per entrare, senza pantaloni e semicosciente, con 2 coltelli accanto al letto. Mi ricordo che più tardi mia madre mi torchiò infuriata, mentre mio padre la rimproverava poiché "non era il modo di comportarsi in queste situazioni". Mio padre mi disse anche che non voleva ci fossero segreti tra noi, e si atteggiò da padre amorevole e comprensivo... Volevo ammazzarlo; mia madre almeno era coerente nell'essere un mostro, mentre quel cane pretendeva che lo amassi (mi ribolle il sangue solo a ripensarci). Infatti, ciò che quel sadico bastardo dimenticava, era che lui e mia madre sì vivevano insieme sotto lo stesso tetto, ma era un matrimonio esclusivamente economico; Non a caso quei due nevrotici si sfogavano su di me e i miei fratelli ogni maledetto giorno (urla, insulti, lamentele ogni maledetto minuto....Era come essere sotto una pioggia di proiettili, non c'era scampo). Dopo quel giorno feci finta che non fosse successo niente (come fecero più o meno i miei genitori.... Anche se una soluzione la proposero dopo il tentato suicidio del loro figlio 16enne: iscriverlo in palestra per socializzare... Rimango senza parole ogni volta che ci ripenso) anche se ciò, immagino, alimentò esponenzialmente lo stress nervoso che stavo accumulando. Finii l'anno scolastico con una media del 7-. Quell'estate iniziò ufficialmente il mio processo di autodistruzione; Le miei giornate consistegano in: un po' di videogiochi, tanti libri, serie TV.... ubriacarmi e mutilarmi il corpo con un coltello un giorno sì e uno no. Ricordo bene la sensazione mistica, quasi metafisica, dei primi tagli... Molti pensano che lo si faccia perché riempie momentaneamente il vuoto interiore che ci tormenta....in parte è vero però io l'ho sempre letta in due modi: come un modo per sfogare attacchi di rabbia, legati anche a ricordi o addirittura a delle banalità (una porta non chiusa e dalla quale proviene un rumore fastidioso); come una distrazione, per farti focalizzare su un dolore più superficiale, semplice ma reale e consistente, rispetto ad uno che affonda le radici nell'essenza di te stesso, riversandoti contro le tue più grandi paure, tormentandoti ad ogni respiro... facendoti sentire quasi irreale, come un fantasma o uno spirito. Come detto passai l'estate ad ubriacarmi (da solo, non avevo sostanzialmente amici) e a tagliarmi furono loro la costante di quel periodo (il cutting più nella seconda parte della parentesi estiva) . Ricordo comunque 3 eventi importanti risalenti a quei mesi: Il 1° Mia madre che in macchina, mentre mi portava a mangiare una pizza, mi disse che lei e mio padre erano separati da 3 anni (non lo ammisero mai prima, seppur fosse evidente), che stavano per divorziare e, soprattutto, che mio padre aveva una compagna proprio da 3 anni e lei da 1. Mi fece ancora più rabbia il fatto che me lo stesse dicendo mentre era alla guida, così che non dovesse guardarmi negli occhi e io non mi potessi muovere; Mi aveva ingabbiato nella sua viscida ragnatela. Il 2° fu che neanche 2-3 settimane dopo che me lo avevano detto i miei pretesero di festeggiare tutti insieme Ferragosto, i loro compagni inclusi. Subito dopo che me lo comunicarono andai in camera mia e mi tagliai le cosce. Mio padre non ci mise molto a chiedermi che ci facessi con un cardigan a maniche lunghe quando facevano 32° all'ombra; Mi disse,davanti a mio fratello, di fargli vedere le braccia per controllare che "non mi drogassi o tagliassi", lo mandai a quel paese ovviamente. Lui mi rispose, sempre davanti a mio fratello: "si si, continua a fare il fenomeno, come l'altra volta" riferendosi al tentato suicidio. Io gli ricordai che non avrei più dovuto vedere la sua faccia da mostro in casa visto che si sarebbe trasferito poche settimane dopo. Il 3° evento fu la morte di mia nonna, una delle poche persone che mi erano care; Nonostante fossi sicuramente quello che aveva un rapporto migliore con lei, apparte mio nonno ovviamente, fui l'unico a non piangere neanche una lacrima. Tutti gli altri erano a frignare come in una soap opera, mentre quando era in vita erano sempre a darla, bene o male, per scontata: un sacco di carne con il quale lamentarsi e raccontare di te, mentre ti mangiavi il pranzo da lei preparato, ignorando qualunque cosa non fosse concerne proprio te stesso. Ero solito andare dai mie nonni diverse volte alla settimana, ma quando leibfu ricoverata in ospedale non andai praticamente mai a trovarla; Ripensandoci non fu tanto vederla in quelle condizioni che mi dava fastidio, ma fu vedere mio nonno in difficoltà a darmi noia. Con l'arrivo dell'autunno ovviamente non era più strano indossare vestiti a maniche lunghe, e infatti in quel periodo iniziò il mio calvario più nero. Già, riuscii a farmi cambiare sezione, ma sin dal primo giorno di scuola avevo le braccia ormai scarlatte e della vodka nella borraccia che sorseggiavo durante le lezioni. Durai 2 mesi poi feci forca senza dirlo a nessuno, fino a che il coordinatore non chiamò a casa per fissare un colloquio. Il giorno del colloquio, con la psiche in frantumi, chiesi a mio padre di portarmi dal mio medico per parlare tra me e lui della mia salute mentale (lo feci in realtà dopo aver fatto test online riguardanti disturbi mentali, in cui conseguii punteggi molto alti nelle categorie depressione maggiore e disturbo borderline). Il dottore, dopo avergli accennato il mio autolesionismo, mi diede subito il numero di uno psichiatra; grazie a ciò i miei mi stressarono un po' meno. Dissi che sarei tornato a scuola, cosa che non feci assolutamente dato che passavo tutte le giornate successive nei parchi ad ammazzare il tempo. Le prime sedute dallo psichiatra (cadenza di una al mese) mi parevano piuttosto inutili visto che sembrava soffrisse di mutismo selettivo verso il mio, direi fisiologico, imbarazzo (un'atra cosa che non mi piacque fu che voleva mandarmi dalla alcolisti; Non mi convinceva sia perché lo trovavo ridicolo per un ragazzo della mia età, e sia perché non credevo di avere una dipendenza... Dipendenza che invece, detto a distanza di 2 anni caratterizzati da un continuo abuso di alcol, probabilmente ho e avevo già allora). Mi prescrisse degli antidepressivi e degli stabilizzatori dell'umore da assumere ogni giorno (zoloft e depachin crono). Nei primi mesi li presi una sola volta per tentare di uccidermi di nuovo: solita scusa di star male, una 60ina di pillole + 3 birre, il tutto mescolato in un boccale, regalando alla mia vista una sostanza dall'aspetto fangoso e al palato un gusto di sapone per lavastoviglie scaduto. Ne bevetti la metà perché quella schifezza color sterco era vomitevole ad ogni sorso, tant'è che ne vomitai un po' per poi cacciarmi sotto le coperte. Ho come l'impressione che più che addormentarmi svenii, ma la peculiarità fu che mi svegliai con dei brividi assurdi, ero come una una trottola. Credo che fu per quel tentativo di overdose che passai tutta la settimana dormendo per più di metà giornata. Dissi ai miei che non andavo più a scuola quando mia madre trovò tracce di sangue nel corridoio (sapevano con certezza del mio autolesionismo grazie a chiazze di sangue nei vestiti e sul letto). Mi ricordo che dopo una discussione con mia madre in cui me ne andai in camera mia irritato lei entrò in camera e mi sgridò dicendo: "guarda che sto spendendo tanti soldi per far guarire la tua testa e questi comportamenti non mi piacciono! Guarda che chiamo lo psichiatra!" non riesco a togliermi dalla testa quella minaccia. Ma sopratutto non riesco a togliermi dalla testa il momento in cui, qualche settimana dopo, mia madre mi disse, dopo una situazione che non ricordo precisamente: "Visto? Io mi comporto bene con te solo se tu ti comporti bene con me, o mi dai tu qualcosa in cambio o sennò mi comporto come una strega"; Mi aveva appena detto che non mi amava, era palese da un'infinità di punti che non mi amasse, ma quella put*ana me lo aveva appena detto in faccia.... O forse è talmente stupida da non capire neanche il significato di quello che dice?


    - I genitori non dovrebbero farti sentire al sicuro, insegnarti a credere in te stesso, farti accettare per quello che sei, insegnarti ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, farti capire come affrontare i problemi nel modo corretto, farti avere una mente aperta, insegnarti ad apprezzare i sentimenti e la spontaneità, farti avere riguardo e fiducia verso il prossimo.........
    Perché i genitori non dovrebbero amare i propri figli? Perché arrivano a disprezzarli? Perché ci guardano come se fossimo sbagliati? Non siamo come avevate immaginato? Pensavate che la vostra vita sarebbe andata diversamente? Credevate che saremmo rimasti bambini per sempre? Immaginavate fosse più semplice crescere dei figli? Cosa possiamo farci se siamo fatti così, non è colpa nostra, perché volete farci credere il contrario? Perché invece di amarci amate farci del male? Perché mostrarci mezzi morti e stricianti, implorando aiuto vi va sentire genitori migliori? Pensate che arrivati a quel punto lo facciamo perché crediamo in voi? Perché vi amiamo? No, lo facciamo perché non ci sono vie di fuga... Di voi avevamo bisogno prima. -


    Lasciai quella scuola e, dopo un asfissiante pressione da parte di mia madre per farmi scegliere in fretta un altro istituto, ero finito ad un commerciale. Mi ero dettp che alla fine, volendo fare il poliziotto, andava bene qualsiasi diploma (oggi mi rendo conto che non potrei mai entrare in polizia, a meno che non assumano persone che hanno tentato il suicidio disparate volte e che non possono neanche indossare maglie a maniche corte e pantaloncini). Neanche un mese dopo smisi di frequentarla, ma soprattutto accadde l'evento in cui raschiai il fondo del barile: Dissi che avevo l'ingresso a scuola per le 10, rimasi da solo, feci un cappio con una corda che appesi ad una tubatura rinforzata presente sul terrazzo (invisibile dalla strada), bevetti un bicchiere di vodka, e provai con tutta l'energia che avevo in corpo di uccidermi. Ricordo come ero in equilibrio su una sedia traballante, con un piede nel vuoto, cercando per più di un'ora di far scivolare l'altro dallo spigolo del sedile; ne ero uscito con un forte dolore ai polmoni e il collo arrossato. Fallito quel disperato tentativo di farla finita mi ero diretto verso un parco vicino casa in attesa che qualcuno rincasasse per mantenere salda la mia copertura (avendo marinato la scuola). Era una mattina nebbiosa e fangosa e me ne stavo sotto uno scivolo per bambini nell'intento di ripararmi dalla pioggia. Passai quelle 2 ore leggendo storie di ragazzi ricoverati in reparti psichiatrici, che consideravo ormai la mia unica ancora di salvezza. Quando notai che era giunta l'ora di andarmene uscii dal parco; Appena lo feci tirai uno sguardo nella direzione che portava dritto verso quel posto dal quale pensavo sarei uscito dentro un sacco o coperto da un telo; poi posai lo sguardo quello scivolo circondato da fango e foglie morte... ripensai a quei racconti sui reparti psichiatrici, di quella gente che stava come me, che forse riusciva a capirmi. Riguardai nell'altra direzione, e dopo aver pensato al significato del termine "casa" sentii i miei muscoli atrofizzarsi e la mia testa farsi pesante come se un buco nero mi stesse divorando la psiche. Fissai nuovamente l'orizzonte della strada che portava verso "casa" e, nel buco nero che era diventata la mia mente si schiarì un pensiero: "inizia a strisciare, striscia verso "casa".....non ho mai provato una sensazione di dolore paragonabile a quel momento, ho pesanti difficoltà a ripensarci. Qualche giorno dopo ebbi la visita mensile dallo psichiatra, al quale prima di tutto dissi che avevo ricominciato di nuovo a bere, e che non stavo prendendo le mie medicine. Lui non si arrabbiò, anzi era più incuriosito che altro, la sua indulgenza mi convinse a dirgli che ero veramente distrutto. Dopo avergli raccontatodel tentato suicidio gli dissi che volevo essere ricoverato, per sfuggire disperatamente all'ambiente tossico cui la mia vita era relegata, e con il quale dovevo confrontarmi ogni giorno. Incredibilmente non era convinto, ciò mi spinse allora a rispondergli che la visita del mese dopo non ci sarebbe stata perché probabilmente mi sarei ucciso..... A quel punto Einstein, scelse come soluzione di fissare la visita per la settimana successiva, dicendo che se le cose non fossero migliorate avrebbe acconsentito a farmi ricoverare. Arrivata quella sessione gli dissi ( con la solita recitazione che mi ha permesso di mentirgli su alcuni punti, sull'alcol in particolare, ad ogni incontro precedente) di sentirmi decisamente meglio, di aver smesso di bere e di aver ricominciato a prendere le sue droghe. Avevo mentito perché la volta precedente disse una frase che mi sconvolse: "Continuando così non ci entri in polizia"; non potevo rischiare di veder distrutto il mio sogno più importante e che credevo ancora raggiungibile (seppur oggi sia consapevole di come il mio vissuto, anche solo di allora, lo avesse già ampiamente infranto). 1 settimana dopo  era stato approvato il lockdown nazionale; ciò mi aveva permesso di salvare l'anno scolastico e anche di iniziare ad assumere i farmaci in un periodo in cui facevo lezione senza dovermi necessariamente alzare dal letto, ragion per cui non mi pesava particolarmente seguire la didattica. Le cose andarono finalmente piuttosto bene: il mio umore migliorò fortemente e smisi anche di tagliarmi (il mio alcolismo, seppur sia sempre variato di intensità, è sempre stata la costante, da ormai 2 anni). La cosa più scandalosa che mi era accaduta in quel periodo fu che il mio pusher/strizzacervelli, con il quale avevo terminato l'ultimo incontro con la decisione congiunta di non farmi ricoverare, si dimenticò di fissarmi l'appuntamento successivo (Tramite la sua segretaria mi mandava sul cellulare una specie di link con le informazioni dell'incontro successivo: data, ufficio, etc.. ), e si dimenticò di ricontattarmi, spezzando la nostra relazione. Sono convinto che sia andata così perché nonostante tutto il suo costo non era così gravante, anche se sono convinto che mia madre non parlò più dello psichiatra, quando si accorse che non facevo più incontri e non le chiedevo più i soldi, perché comunque la sua avidità non le faceva certo dispiacere avere qualche soldo in più in tasca (spero almeno che sia andata così, e che non l'abbia interrotta lei per andare al ristorante qualche volta di più). In ogni caso quel bastardo mi ha drogato per mesi per poi liquidarmi, in un momento che, nonostante la leggera ripresa, era ancora molto buio; e lo fece senza degnarmi né di un saluto, e né di uno stramaledetto consiglio. L'estate l'avevo iniziata promettendo a me stesso di recuperare le materie di indirizzo che non avevo fatto nell'altra scuola (commercio e francese), e di iniziare a studiare criminologia. In quello stesso periodo ero riuscito ad applicare con successo una dieta di definizione muscolare, che mi fece perdere 9kg in 4 mesi. La cosa forse più interessante è che avevo schematizztao le mie giornate, avendo così un'azione prefissata in ogni momento della giornata (anche per quanto riguarda i passatempi). Ricordo che ero arrivato a studiare nel tempo libero anatomia,geometria analitica, criminologia e altre materie, per passione o per colmare dei punti da me stesso definiti come lacune. In ogni caso ero riuscito a mantenere questo stile di vita solo per un mese scarso, poi mollai e tornai alla mia solita indolenza unita a quakche allenamento (che divennero però aerobici); non studiai più francese e commercio, idem per le altre materie (colmai il mio tempo libero principalmente con i libri). Ricominciai a bere in modo più intenso, non erano infatti rare le volte in cui finivo per di vomitare sul pavimento di camera mia. Le ore di sole diminuirono anche di durata poiché passavo diverso tempo a dormire la mattina, e a divertirmi la notte (parte del giorno che ho sempre preferito, il momento in cui mi sento più emotivo ma anche riflessivo. Per rimanere in questa parentesi un po' bizzarra: ho sempre amato il freddo, tanto che il mio periodo preferito dell'anno è l'inverno,con quella freddezza che intorpidisce la pelle e le sue notti profonde e infinite.. ). Tutte queste cose possono esser state causate non solo dalla mia personalità, ma anche dal minus calorico al quale mi ero sottoposto. Tornai a scuola con più fiducia rispetto all'anno passato, ma ben presto mi resi conto che non potevo,e non volevo, legare con i miei compagni, che ritenevo piuttosto squallidi, superficiali, e troppo estroversi..seppur non particolarmente malvagi. In ogni caso non mi importava: volevo finire la scuola, non pensarci più, e tagliare con il mio passato facendo l'accademia a Nettuno per diventare Vice Ispettore di Polizia, nonostante ero solo in 4°. Verso fine ottobre decisi di fare diversi giorni di forca consecutivi con lo scopo di recuperare un po' di studio per francese, cosa che non solo non mi riuscii, ma che fece si che non potessi più rientrare a scuola senza un certificato medico; indovinate allora cosa avevo deciso di fare:  Falsificare la firma? Far finta di star male per farmi rilasciare un certificato? No, avevo deciso di non andare più a scuola, marinandola senza che nessuno lo sapesse, e, nell'arco di un paio di settimane, di uccidermi. Non potevo sopportare l'idea di sentire le sfuriate dei miei genitori o le prese in giro dei miei fratelli (mi viene da vomitare a pensare al valore che viene dato a certe figure: "Madre", "Padre", "Fratello", "Sorella", per molti la sacra famiglia, per me i miei stupratori personali). Nell'arco di un mese ero riuscito a progettare un suicidio, una tecnica piuttosto conosciuta perché indolore: il "suicide bag"; Solita routine da tentato suicidio:  Aspetto che la mattina non ci sia più nessuno in casa, mi metto sulla sedia della mia scrivania, attacco la bombola di elio attraverso un cavo di gomma ad un sacchetto di plastica stretto intorno al collo e che avvolge la mia testa, per poi far partire l'elio. Non dimenticherò mai la sensazione che ho percepito nel momento in cui smisi di respirare l'ossigeno: una totale assenza di rumori, solo l'elio rilasciato dalla bombola, il mio battito cardiaco ed il mio respiro; Le candide mura di camera mia che accentuavano quella sensazione di vuoto che inondava la mia mente, il mio corpo, gli strati più visibili e quelli più profondi di me stesso; La mia consistenza stava svanendo, sentivo come se mi stessi dissolvendo, diventando un tutt'uno con l'aria... ricordo che pensai di star fluttuando. Mi risveglio dopo essere svenuto qualche secondo dopo sul pavimento di camera mia, con un dolore alla testa; vedo la sedia e la bombola a terra, mi accorgo di avere il sacchetto allentato intorno al mio collo che continuava a soffocarmi per la pochezza di ossigeno che riusciva a filtrare. Strappo la busta, capisco che al momento in cui persi i sensi ero caduto all'indietro sbilanciando la sedia, sbattendo la testa contro il muro, allentando molto la stretta del sacco e vanificando quindi il tentativo. Nei mesi successivi ho continuato a marinare la scuola, senza che nessuno lo sapesse, ed ho ricominciato a bere intensamente e a tagliarmi. Ricordo che a dicembre avevo tenuto conto della quantità di alcol che assumevo quotidianamente: erano 5 drink al giorno per 3 settimane. Mi ricordo che molte di quelle giornate le passavo per metà (tutta la mattina) a letto dato che facevo molta fatica ad alzarmi. Ricordo che avevo smesso di bere a quel ritmo quando un giorno, dopo una sbronza piuttosto pesante, mi ero svegliato sentondomi mezzo morto; avevo difficoltà anche solo a formulare pensieri, ma soprattutto sentivo il mio corpo distrutto, come se le mie ossa fossero diventate stuzzicadenti, sentivo una fragilità fisica che rifletteva a pieno la mia interiorità, una leggiadria del negativo. La cosa più orribile di quel periodo però è un'altra: non ero depresso; Sicuramente anche in quel periodo, come nel resto della mia vita, il mio desiderio più grande era quello di essere stroncato nel sonno da un aneurisma, ma quando mi svegliavo non ero triste come quanto lo ero un anno prima, mi sentivo più normale; Ed è questo che mi spaventa: è questa la mia normalità? Un ciclo interminabile di autodistruzione e calvari? una cronica incapacità di sapermi rispettare?  una sistematica distruzione di ogni progetto a medio-lungo termine che mi impongo?

    Un'altra cosa estremamente particolare che fo è di immaginare un mondo alternativo in cui ho una relazione con una ragazza che anche lei ha sofferto di autolesionismo; la cosa ancora più bizzarra è che per la maggior parte del tempo immagino di deluderla, di vederla piangere per me, perché magari ricomincio a tagliarmi o perché voglio uccidermi. Allo stesso tempo, seppur dia un valore emotivo minore alla faccenda, mi immagino insieme a lei e ad un paio di bambini; mi immagino come un ottimo padre ed un ottimo marito. Forse riflette un po' l'opinione che ho di mi stesso: Sono una persona fragilissima, con un equilibrio pessimo, capace di esplodere in lacrime e in comportamenti autolesionisti per una parola fuori posto; ma allo stesso tempo mi ritengo estremamente empatico e capace di amare, riesco sempre a piacere a chi voglio (la mia famiglia non fa e non farà mai più parte di loro) proprio perché so di essere una persona di rara sensibilità ed umanità.


    Oggi è il 26 febbraio 2021
    Continuo a marinare la scuola, a bere e a tagliarmi.



    Odio la mia famiglia, con la quale tendo ad essere molto freddo e distaccato, discutendo con loro solo con argomentazioni logiche e senza alcun approccio emotivo (o quasi). Evito costantemente di parlare della mia sfera privata per evitare i loro giudizi che sono come acido caustico, che naturalmente arrivano proprio sul fatto che non parlo della mia sfera privata. Odio i miei genitori meschini e bugiardi, che mi hanno detto in faccia che non mi amano, e che inveiscono contro di me, urlando e insultando, per sfogare le loro frustrazioni e, consapevoli della mia storia clinica, si divertono a chiamarmi "psicopatico", facendomi sentire inedaguato, facendomi sentire sbagliato. Odio mia sorella, che davanti a me si dimostra tendenzialmente gentile, quando non mi chiama malato di mente o autolesionista di m*rda, solo per scucirmi qualche parola da riportare ai miei altri familiari per giudicarmi, insultarmi e controllarmi come una bestia, sempre per farmi sentire male con me stesso; una persona di una aggressività estremamente subdola e crudele. Odio mio fratello che, parole sue, si diverte a darmi fastidio poiché non ha rispetto per me; Non sopporto il suo comportamento da approfittatore e le sue idee reazionarie nonché disumane; Sopratutto non sopporto come sia un lecchino nei confronti dei nostri genitori, come sia squallidamente superficiale e allo stesso tempo pieno di sé..... La cosa spaventosa è che il suo squallido, falso, superficiale e ridicolmente lezioso approccio nei loro confronti viene sempre premiato, risparmiandogli ogni sforzo, che viene automaticamente deputato a me, e rendendolo anche semi-intoccabile.

    Ma Odio sopratutto me stesso, che non riesco ad essere felice,  annaspando e cercando appiglio nelle sostanze e nell'autolesionismo; Odio non riuscire a non stroncare ogni obbiettivo che mi pongo; Odio finire sempre per rompere ogni amicizia, facendomi allontare o allontanando; Odio non farcela ad uccidermi, confinandomi in un inferno dal quale non credo riuscirò mai ad uscire; Odio non riuscire ad adattarmi alle persone, almeno quel che basta per sopportarle; Odio essere schiavo del giudizio delle persone, che tendo ad idealizzare e, nonostante ne sia consapevole, non riesca a normalizzare (mi capita spesso con delle persone conosciute su internet o sconosciuti con i quali scambio un paio di battute di immaginarli come persone straordinarie e addirittura immagino di vivere a stretto contatto insieme a loro in un mondo immaginario); Odio non riuscire ad accettare vie di mezzo, preferendo spesso soffrire piuttosto che scendere a patti (aspetto che ho sempre avuto, fin da bambino); Odio dover è non poter fare a meno di discutere 5 ore per far cambiare idea ad una persona su un concetto per me fattuale; Odio non riuscire a vivere, sia vivendo che morendo,.


    Tutto ciò che avete letto mi ha spinto a scrivere questo messaggio, spero sia riuscito a dare un idea di ciò che sono. Come ho scritto all'inizio vi chiedo disperatamente di rispondere alla domanda: Cosa c'è che non va in me? Lo so che una diagnosi basata su un questo genere di scritto non è certa (che comunque è abbastanza esaustivo) , ma per favore,se riscontrare qualcosa che sia associabile ad un disturbo preciso vi prego di dirmi di quale disturbo si tratta; Non ho intenzione di tornare in terapia senza prima essermi fatto un'idea di cosa possa avere, non dopo il modo in cui mi ha trattato quando ci sono stato. Facendo delle ricerche ho trovato dei riscontri con il disturbo ADHD e, soprattutto, il disturbo borderline di personalità.

    Grazie a tutti quelli che sono arrivati fino in fondo a questa scialbo e mal scritto messaggio, spero possiate darmi dei consigli.


     
     
×
×
  • Crea nuovo/a...

Informazione importante

Navigando questo sito accetti le nostre politiche di Politica sulla Privacy.