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frankfrank

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messaggi di frankfrank

  1. Introduzione

    Negli ultimi decenni è emersa, su conoscenza, informazione, competenza, saggezza, risorse, capacità, talento e apprendimento nelle organizzazioni, una copiosa letteratura nella quale c'è un comune assunto di 'acume' [orig: smartness] . Sebbene questo termine non sia stato utilizzato sistematicamente nello studio delle organizzazioni, esso coglie l'assunto sottostante secondo il quale un punto vitale per le organizzazioni contemporanee è la loro abilità nel mobilitare intelligentemente le capacità cognitive. Questo assunto è evidente in affermazioni come che 'al crescere della velocità del cambiamento, lo sviluppo di conoscenza tra i membri dell'azienda diventa una chiave per la competitività, per rimanere in prima linea... Banalmente, in tutte le aziende il business è diventato a maggior intensità di conoscenza, e l'investimento societario in educazione e addestramento è maggiore di quanto sia mai stato prima' (Wikström and Normann, 1994, pp. 1-2). Alcuni autori indicano che 'le capacità sociali e cognitive dei lavoratori sono elementi delle forze di produzione e, nel lungo termine e in ampi aggregati, la pressione della competizione costringe ditte e società ad aggiornare tali capacità. Lo sviluppo del capitalismo tende pertanto a creare una classe lavoratrice sempre più sofisticata' (Adler, 2002, p.392). Similmente, due guru del management (Davenport e Prusak, 1998, p. 88) hanno suggerito che il modo più efficace per le aziende per rimanere competitive è quello di 'assumere persone in gamba e lasciare che si parlino'.

    Queste affermazioni diffuse si rispecchiano in uno dei leitmotif centrali dell'odierna teoria delle organizzazioni: le aziende prosperano sulla base della loro conoscenza (Grant, 1996; Nelson e Winter, 1982;Nomaka e Takeuchi, 1995; Spender, 1996). La conoscenza è raramente definita in modo chiaro, ma è considerata 'la più strategicamente importante tra le risorse dell'azienda' (Grant, 1996, p. 110) e 'la dimensione competitiva centrale di ciò che le aziende sanno come fare è il creare conoscenza e trasferirla efficientemente all'interno del contesto organizzativo' (Kogue e Zander, 1992, p. 384). I ricercatori danno per scontato che 'le fondamenta delle economie industriali si sono spostate dalle risorse naturali ai beni intellettuali' (Hansen et al., 1999, p. 106) e che 'molti settori sono animati da una nuova economia, dove in modo accorto è stata sensibilmente amplificata la remunerazione della gestione della conoscenza' (Teece, 1998, p. 55). Per alcuni, è apparso un 'nuovo paradigma' di management che significa che 'la conoscenza tacita e locale in possesso di tutti i membri dell'organizzazione è il fattore più importante per il successo, e la creatività crea da sè le sue prerogative' (Clegg et al., 1996, p. 205). A supporto di tutto ciò c'è l'assunto che la mobilitazione intelligente delle capacità cognitive svolge un ruolo centrale nell'operato delle organizzazioni (di successo).

    Naturalmente sono in corso controversie su cosa esattamente costituisce conoscenza nelle organizzazioni contemporanee (e.g. Blacler, 1995; Scherer e Spender, 2007; Schultze r Stabell, 2004; Spender, 1998, Tsoukas e Vladimirou, 2001). Molti riferimenti alla 'conoscenza' sono vaghi e omni-comprensivi (Schreyögg e Geiger, 2007). Ciò nonostante , l'idea che la conoscenza valida, rara ed inimitabile sia importante per la performance dell'organizzazione ha un forte valore retorico. Anziché entrare in questi dibattiti su cosa 'è' conoscenza, vogliamo contestare l'assunto in questo campo che il pensare sofisticato e l'uso di conoscenza avanzata sia una caratteristica centrale di molte organizzazioni contemporanee. Riteniamo che ci sia il bisogno di sfidare questo 'insieme di assunzioni più ampie ... condivise da molte scuole di pensiero diverse' (Alvesson e Sandberg, 2011, p.225). Esso crea un ritratto unilaterale, ampiamente condiviso e alquanto pomposo dell'azienda brillante basata sulla conoscenza e dei suoi dipendenti. Questo ritratto può essere seducente, ma non coglie come il funzionamento efficace dell'organizzazione richieda anche qualità che non si inquadrano facilmente in ques'idea di acume.

    Vi è una copiosa letteratura riguardo alla non-razionalità nelle organizzazioni, che ci ricorda i limiti della mobilitazione intelligente delle capacità cognitive. Alcuni ricercatori documentano come i limiti cognitivi conducano a pratiche che potrebbero essere etichettate come 'semi-razionali' (e.g. Brunsson, 1985; March e Simon, 1958). Altri evidenziano forme di irrazionalità più gravi, prodotte da elementi inconsci, dal pensare di gruppo, e dall'aderire rigidamente all'ottimismo [orig.: wishful thinking] (e.g. Schwartz, 1990; Wagner, 2002). A nostro parere, questi studi non colgono una serie di deviazioni dall'acume che non sono né semi-razionali né puramente stupide. Per inquadrare questi processi, proponiamo il concetto di stupidità funzionale.

    La stupidità funzionale è la carenza, incoraggiata dall'organizzazione, di riflessività, di ragionamento effettivo e di argomentazioni. Essa implica un rifiuto di usare risorse intellettuali al di fuori di un terreno ristretto e 'sicuro'. Può fornire un senso di sicurezza che permette all'organizzazione di funzionare agevolmente. Ciò può risparmiare all'organizzazione ed ai suoi membri le frizioni provocate dal dubbio e dalla riflessione. La stupidità funzionale contribuisce a mantenere e a rinforzare l'ordine organizzativo. Può anche motivare le persone, aiutarle nel coltivare le loro carriere, e subordinarle a forme accettabili di management e leadership. Questi effetti positivi possono rinforzare ulteriormente la stupidità funzionale. Tuttavia, la stupidità funzionale può anche avere conseguenze negative come l'intrappolare individui e organizzazioni in pattern di pensiero problematici, che producono le condizioni per dissonanze individuali ed organizzative. Questi effetti negativi possono indurre riflessività individuale e collettiva che può minare la stupidità funzionale.

    Proponendo il concetto di stupidità funzionale diamo tre contributi che si sovrappongono tra di loro. Innanzitutto, disturbiamo l'assunto comune nel campo secondo il quale le organizzazioni contemporanee operano principalmente attraverso la mobilitazione di capacità cognitive (e.g. Grant, 1996; Spender, 1996). Lo facciamo indicando come il rifiuto di capacità cognitive possa di fatto facilitare il funzionamento organizzativo. In secondo luogo, proviamo ad estendere i resoconti esistenti riguardo ai limiti alla razionalità e al pensiero accorto nelle organizzazioni (e.g. Ashforth e Fried, 1988; Cohen et al. 1972; March, 1996; March e Simon, 1958), fornendo un concetto che ci permette di tenere conto di come l'uso delle capacità cognitive può essere limitato da relazioni di potere e di dominazione invece che da assenza di tempo o risorse, o fissazioni cognitive. Infine, proponiamo un concetto e una spiegazione teorica di ciò che riteniamo essere un aspetto pervasivo ma molto poco riconosciuto della vita organizzativa. Riteniamo che l'espressione 'stupidità funzionale' possa essere evocativa e possa risonare con le esperienze di ricercatori, professionisti, cittadini e consumatori. Pertanto, il nostro approccio potrebbe aiutare ad illuminare esperienze chiave delle persone nelle organizzazioni, che spesso sono mascherate dai modi di teorizzare dominanti che enfatizzano temi 'positivi', come leadership, identità, cultura, apprendimento, competenze centrali, innovazioni e reti. Ciò dovrebbe aprire il terreno per ulteriori approfondite indagini empiriche su questo argomento. Per mezzo di questi tre contributi speriamo di offrire una 'teoria interessante' (Davis, 1971) che sviluppi alcuni contro-assunti e incoraggi nuove direzioni di indagine (Alvesson e Sandberg, 2011).

    Per sostenere la nostra tesi, iniziamo con l'andare a vedere i concetti esistenti mobilitati dai teorici dell'organizzazione per esplorare l'aspetto opposto rispetto all'acume, e poi introduciamo il concetto di stupidità funzionale. Sviluppiamo un modello generale di stupidità funzionale identificando i contesti, le condizioni scatenanti. i processi, gli effetti e gli anelli di retroazione. Concludiamo l'articolo tracciando direzioni di ricerca futura e implicazioni pratiche.

    (continua...)

    Spett. gradire sapere se esistono università per la laurea in psicologia dove si possono effettuare anche gli esami on-line senza la presenza in aula. Grazie

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