Vai al contenuto

esplo

Membri
  • Numero di messaggi

    12
  • Registrato dal

  • Ultima visita

Profile Information

  • Location
    sardegna
  • Interests
    cinema

esplo's Achievements

Newbie

Newbie (1/14)

0

Reputazione comunità

  1. regressione è un concetto psicoanalitico e presuppone la visione della vita mentale come una evoluzione verso la maturità. La crescita, però, è una metafora fuorviante in quanto sembra che il cambiamento abbia una direzione, mentre spesso non ce l'ha. La nostra possibilità di cambiare è molto più ampia di una presunta direzione di crescita: la crescita, infatti, va solo verso una direzione, mentre la personalità può andare in tutte (o quasi) le direzioni. Per quanto riguarda invece la staticità, con questo termine intendo l'incapacità di cambiare, cioè l'irrigidimento in vecchi schemi che non funzionano più perché magari nel frattempo il contesto è cambiato.
  2. Certo che è possibile, ma la 'regressione' non è sempre patologica. A volte si torna 'indietro' dopo un esperimento con la vita che non ha dato l'esito sperato. Ricordo un amico che dopo una storia di anni finita male si chiese 'dove eravamo rimasti'? E' quando non si cambia affatto - quando cioè non si va né avanti né indietro - che sorgono i problemi.
  3. esplo

    Tipi di terapie!!

    Eliotropos, anche io ho ricevuto dei complimenti da Pollicino, ma poi ho capito che mi aveva scambiato per Chiara per via dell'avatar: avevamo scelto lo stesso pianoforte! Così ora me ne vado in giro senza avatar, nonostante certi interventi di Chiara li condivida non mi piacciono gli equivoci.
  4. esplo

    Tipi di terapie!!

    scusa Leftfield, sono nuovo, forse questo è il forum sbagliato per trattare argomenti teorici... volevo semplicemente dirti di guardare al terapeuta, non alla scuola di appartenenza (reichiana, transazionale, cognitivo-comportamentale...). Per Emiliano, ora ti rispondo ma che ne dici se cambiamo spiaggia? Ti aspetto in yahoo psicologi-psicoterapeuti, va bene? "infatti il paziente/ciente/aspirante terapeuta di se stesso/ porta le sue teorie sui dei sintomi e li vuole confrontare con altre teorie sui sintomi e forse è il caso che si faccia chiarezza sul concetto di 'sintomo'.... " no, a mio avviso non le vuole confrontare, le vuole solo approfondire. Io lo aiuto a sviluppare la sua personale teoria sul sintomo, ad estrapolarne le implicazioni ('luddering up'). "Facciamo un esempio: tizio sogna di spararsi un colpo in testa... Cosa possiamo dire come ascoltatori? Vai dallo spicologo???" io gli chiederei semplicemente ha qualche motivo per farlo nella vita reale... Clemente: "io ho la mia idea di cosa sia un sogno" Emiliano: "me la dici??" no, caro, ora tocca a te esplicitare il tuo modello;-) "indottrinare??" sì, non intendo insegnare al cliente ciò che so ma aiutarlo a elaborare meglio ciò che sa. "Ci sono allora due teorie sul sogno che non si debbono incontrare, forse?" non è necessario che si incontrino: lo aiuto a riflettere sul suo sogno, in base a ciò che lui crede sia un sogno. Semmai sono io che devo imparare da lui la sua teoria implicita sul sogno in modo da capire cosa mi sta dicendo. "E' la differenza che deve essere valutata....chissà se la mai teoria può servire all'altro....per saperlo ci dobbiamo confrontare, dunque perchè il sogno del colpo in testa (o qualsiasi altra cosa??)" io gli chiedo perché secondo lui ha fatto ora quel sogno, se può avere qualche rapporto con la sua vita di veglia. Cerco di far trovare a lui le connessioni tra il sogno e il resto, piuttosto che dirgliele io. "L'unica relazione cooperativa è il confronto e io cerco di segnalarti che il confronto fra due teorie (del terapeuta e aspirante tale) non deve mancare............... " no Emiliano, non sono d'accordo, il confronto tra teorie può servire a noi ma non è indispensabile in seduta. Io cerco di comprendere le teorie del cliente, sul sogno come sul resto, e mentre lui le spiega a me comincia a vederle con altri occhi per il solo fatto che ne parla ad un altro e questo è il principio del cambiamento. Non occorre insegnare nulla, ma semmai fare domande, domande, domande e cercare di capire. Tutto qui.
  5. esplo

    Tipi di terapie!!

    "Qui ed ora c'è del materiale che deve essere decodificato e se non si possiede un modello si fa salotto...non siamo al bar, siamo uno di fronte all'altro:" il modello c'è, costruttivista-maieutico. "terapeuta-aspirante terapeuta" chi sarebbe l'aspirante terapeuta? Se intendi il cliente sono d'accordo con te (Oppure ti riferisci ad un'analisi didattica?) "nel processo di conoscenza attraverso, si spera, l'applicazione di un modello.... " certo, un modello consapevole dei limiti attuali della conoscenza della mente. "neanche con l'esempio?" lo psicoterapeuta porta inevitabilmente in seduta il suo modo di essere (giustamente S. ha parlato di 'equazione personale'), anche se non possiamo certo porci come esempi di vita per i nostri clienti. [Emiliano: "infatti il significato lo conosce solo il sognatore." Clemente: "sono d'accordo, anche se spesso parlarne ad un altro può essere utile per capirlo"] "un altro? Il terapeuta è l'altro?? Si spera che il terapeuta sappia quale è la differenza fra paranoia, sogno, fantasia" certo, il terapeuta può ben essere l'altro a cui raccontare un sogno [non capisco cosa c'entri qui la seconda parte del tuo intervento, da "Si spera..." a "fantasia", perciò ho riportato anche lo scambio precedente] "condivido ma i simboli utilizzati dal sognatore non sono importanti?" sì, sono importanti, ma non sono universali; fanno parte del suo 'idioletto' e dunque valgono solo per i sogni dei quel particolare sognatore. "Bene allora ci dici cosa è per te un sogno? La realizzazione di un desiderio rimosso?" io ho la mia idea di cosa sia un sogno, così come tu hai la tua, ma non intendo indottrinare il cliente. Gli lascio la sua concezione ingenua del sogno, perché dovrebbe cambiarla? La mia concezione 'dotta' del sogno vale quanto la sua. "Per molti praticare la relazione preda-predatore è proporre una relazione equilibrata....leggi un pò un giro e vedrai... " hai ragione, purtroppo è ciò che passa il convento, ma io preferisco le relazioni simmetriche, cooperative... come quella che ho trovato in questo forum, anche se sono nato ieri;-)
  6. esplo

    Tipi di terapie!!

    "Volevi dire di ricordare, perchè per ricordare occorre prima dimenticare..." No, volevo proprio dire dimenticare. Svuotare la propria mente, lasciare perdere tutto ciò che è tipico per vedere ciò che è qui ed ora. "il nuovo che lo rappresenta è l'interpretazione che non spetta al terapeuta am al sognatore..." sono d'accordo, anche se il terapeuta può assistere il sognatore nel processo di scoperta. "il terapeuta dovrebbe ricordare al sognatore cosa è un sogno, cosa è una fantasia, un pensiero, un'allucinazione, una visione, uan paranoia..." non credo che si possano dare definizioni esatte di queste cose semplicemente perché non esistono definizioni esatte. "infatti il significato lo conosce solo il sognatore." sono d'accordo, anche se spesso parlarne ad un altro può essere utile per capirlo. "i segni, le imamgini e i simboli dei sogni appartengono solo al repertorio del sognatore..." ok, meglio rinunciare del tutto ai simboli universali, sono dei falsi amici. "occorre però ricordarsi di chiedersi se il sognatore sa cosa è un sogno..." non sono d'accordo, il sognatore sa già cosa è un sogno, non occorre insegnarglielo. "L'archetipo può essere utile come modello di sfondo per es. per quanto riguarda certe modalità cannibaliche....preda-predatore..." non è necessario ricorrere agli archetipi: le immagini le deve proporre il sognatore, non l'interprete.
  7. esplo

    Tipi di terapie!!

    Vedi, S., tutto dipende dalla capacità del terapeuta di dimenticare ciò che ha imparato. Se uno in seduta riesce a liberarsi delle cose che sa può diventare veramente ricettivo e aprirsi al nuovo che la persona rappresenta. Quando, ad esempio, una persona gli racconta un sogno, il terapeuta deve sgombrare la propria mente e dire a se stesso: “Non ho idea di cosa significhi questo sogno” (regola di Jung). Se l’atteggiamento che il terapeuta riesce a tenere è così aperto, non ha importanza stabilire se le immagini ed i simboli dei sogni degli europei siano davvero universali o invece dipendano dal contesto culturale di appartenenza. p.s. Anche se il “Giustissimo” non fosse per me, ringrazio lo stesso Pollicino.
  8. esplo

    Tipi di terapie!!

    C'è una questione epistemologica di fondo che va affrontata. Infatti per dare consigli, indicazioni, direttive bisogna che il terapeuta presupponga di avere una conoscenza "oggettiva" della situazione psicologica della persona che vuole aiutare. Ma oggi sappiamo che questa conoscenza "oggettiva" della psiche non ce l'ha nessuno. Poiché la realtà psichica è una costruzione del soggetto conoscente, tutti i punti di vista si equivalgono. Se le cose stanno così, come fa il terapeuta a fare progetti e a dare indicazioni? Procede per tentativi? E se poi va male? Molto meglio una posizione minimalista in cui il terapeuta si limita ad ascoltare e a fare qualche domanda per favorire il processo di elaborazione e di autoguarigione (autopoiesi) del cliente. L'approccio non direttivo, se non altro, rischia meno di fare danno. Rispetto ad altre professioni, poi, lo psicoterapeuta è l'unico esperto/non esperto, cioè l'unico esperto che ammetta candidamente la propria ignoranza sulla psiche dell'altro perché ha tutto da imparare dal suo cliente (continuo a preferire il termine "cliente", brutto calco dall'inglese "client", perché da' più l'idea di una relazione simmetrica rispetto a "paziente"). E' proprio il suo non sapere che gli permette di fare domande anche ovvie (mai fidarsi dei "falsi amici"!) che possano favorire la riflessione dell'altro.
  9. esplo

    Tipi di terapie!!

    proprio così Emiliano, l'obiettivo di ogni psicoterapeuta dovrebbe essere quello di rendersi progressivamente inutile. Ciò è senz'altro possibile allo psicoterapeuta *aperto*, mentre quello *chiuso* dispensando consigli e risposte non fa altro che alimentare la dipendenza del paziente dall'"esperto". Clemente (esplo)
  10. esplo

    Tipi di terapie!!

    Per Leftfield: psicoterapeuta “aperto” e “chiuso” rappresentano solo dei tipi ideali: gli psicoterapeuti reali si dispongono lungo un continuum tra questi due estremi. Per S.: anch’io trovo gli archetipi molto interessanti dal punto di vista artistico e storico, ma non ritengo che facciano parte del patrimonio psicologico dell’Uomo in quanto tale. Mi spiego: Jung riteneva che gli archetipi fossero presenti nell’inconscio collettivo non solo dell’uomo occidentale ma dell’Umanità intera. Questa tesi non ha però retto agli studi antropologici e sociologici che hanno dimostrato quanto questa idea fosse infondata e peccasse di etnocentrismo e di eurocentrismo. Indubbiamente gli archetipi individuati da Jung facevano parte della cultura occidentale tradizionale, ma stanno ormai perdendo terreno grazie alla globalizzazione e al meticciato culturale che ne deriva. Ma, al di là di queste considerazioni storico-culturali, servirsene in terapia può portare a non vedere quanto unico e irripetibile sia l’individuo. Nella mente del terapeuta gli archetipi rischiano di funzionare come quelli che i linguisti chiamano “falsi amici” (quelle parole della nostra lingua che somigliano solo apparentemente a parole della lingua che stiamo cercando di imparare). Ogni cliente, invece, parla una sua propria lingua (ciò che i linguisti chiamano “idioletto”) e il terapeuta deve cercare di apprendere a parlare la lingua propria di quel cliente, senza farsi distrarre appunto da “falsi amici” come gli archetipi o come le categorie diagnostiche del DSM IV. Per quanto riguarda poi l’essere se stessi come obiettivo dell’individuazione e della psicoterapia, concordo con te, ma colgo l’occasione per fare un’ulteriore riflessione. C’è il rischio che persino l’*essere se stessi* diventi un vincolo al cambiamento; infatti l’obiettivo del divenire se stessi una volta raggiunto può facilmente trasformarsi nel mito della coerenza a oltranza ed impedire alla persona di cambiare ulteriormente, di diventare altro da sé e di farlo anche ben oltre il raggiungimento di una presunta “maturazione”. Lo stesso discorso vale anche per l’obiettivo dell’autorealizzazione, che può portare a credere che una volta realizzatosi l’individuo non possa più cambiare. Dobbiamo tenere sempre aperta la porta al cambiamento, nelle nostre come nelle altrui vite. La flessibilità è salute, la rigidità è morte. Clemente (esplo)
  11. esplo

    Tipi di terapie!!

    sì S., hai ragione, solo che l'equazione personale non la possiamo controllare, perché ognuno ha la sua. Di zio Jung mi piace soprattutto il concetto di "individuazione": credo che lo psicoterapeuta aperto la possa favorire meglio di quello "chiuso"; non sono invece tanto d'accordo sugli "archetipi" perché mi sembra quasi un tentativo di regolamentare l'individuazione, di darle un cammino preordinato, insomma ci vedo la tentazione della chiusura a cui nemmeno Jung ha saputo resistere... Clemente (esplo)
  12. esplo

    Tipi di terapie!!

    Credo che la distinzione tra le varie forme di psicoterapia (cognitivo-comportamentale, transazionale, reichiana, ecc..) non sia la questione più importante. Ciò che è davvero fondamentale è il modo "aperto" o "chiuso" con cui uno intende la psicoterapia, indipendentemente dalla scuola in cui si è formato. Lo psicoterapeuta "aperto" sposa il punto di vista del cliente e cerca di favorirne il processo di elaborazione; lo psicoterapeuta "chiuso" muove dalle esigenze di normalizzazione della società e cerca di spingere il paziente ad adeguarvisi. Lo psicoterapeuta "aperto" cerca di liberare il cliente e favorirne l'autorealizzazione; lo psicoterapeuta "chiuso" cerca invece di omologarlo alle aspettative della società. Per chi ha un po' di tempo, chiarirò meglio la distinzione tra psicoterapeuta "aperto" e "chiuso" in dieci punti: 1. VISIONE DELLA PSICHE Lo psicoterapeuta chiuso crede ingenuamente che esista un’unica definizione del reale, oggettiva perché basata su ‘fatti’. Lo psicoterapeuta aperto parte invece dal presupposto che non esiste l’oggettività ma che la realtà è sempre una costruzione del soggetto conoscente. Il primo crede che la sua visione della psiche sia scientificamente provata, mentre il secondo pensa che non esista alcun punto di vista scientifico da cui guardare alla realtà psichica e che di conseguenza il proprio punto di vista vale quanto quello di chiunque altro. 2. RELAZIONE TERAPEUTICA Lo psicoterapeuta "aperto" instaura una relazione simmetrica, con il terapeuta e il cliente sullo stesso piano. Egli ha un atteggiamento di rispetto nei confronti del cliente dal quale ha tutto da imparare. Egli, inoltre, crede a tutto ciò che il cliente gli dice e non presume di sapere nulla al di là di ciò che gli viene detto. Lo psicoterapeuta chiuso, al contrario, si pone su un piedistallo e da lì dispensa le sue verità e i suoi rimedi. Egli presume di saperne sempre una in più del paziente e sta lì a spiarlo per individuare i sintomi che gli permettano di stabilire la diagnosi. 3. MOTIVAZIONE DELL’UTENTE Per lo psicoterapeuta aperto la motivazione del cliente è essenziale, nel senso che senza di essa non ritiene possibile lavorare. Lo psicoterapeuta aperto, pertanto, accerta preliminarmente l’esistenza di una tale motivazione, perché se il cliente è stato costretto da altri a venire in terapia è inutile continuare. Lo psicoterapeuta chiuso, invece, può anche prescindere dalla motivazione del paziente e procedere su richiesta della committenza e contro la volontà del paziente. 4. COMMITTENZA In psicoterapia, così come in ogni professione di aiuto, la committenza può coincidere o meno con l’utenza. La domanda ‘chi paga?’ nella sua crudezza esprime un punto fondamentale: di regola lo psicoterapeuta aperto non ammette una committenza diversa dall’utenza e comunque in caso di conflitto si schiera sempre dalla parte dell’utente contro il committente. In ciò consiste l’alleanza terapeutica. Assai diverso è l’atteggiamento dello psicoterapeuta chiuso, molto più sensibile alle pressioni della committenza. La psicoterapeuta chiuso, infatti, lavora anche se la committenza non coincide con l’utenza, come quando è il genitore, il coniuge o il datore di lavoro a richiedere l’intervento. 5. DIAGNOSI Lo psicoterapeuta chiuso cerca i sintomi che gli permettano di formulare una diagnosi standard, cioè scelta tra quelle che la nosografia vigente gli mette a disposizione. Lo psicoterapeuta aperto, invece, ritiene che ogni persona sia diversa dall’altra e non impiega alcuna diagnosi standard, ma fa propria la formulazione del problema fatta dal cliente. 6. FOCUS DELL’INTERVENTO Lo psicoterapeuta chiuso si concentra sui comportamenti e sull’adattamento dell’individuo: ritmo sonno-veglia, attività lavorativa, relazioni interpersonali sono i suoi parametri di giudizio. Lo psicoterapeuta aperto presta invece attenzione all’interiorità piuttosto che all’esteriorità, ai significati piuttosto che ai comportamenti. Il terapeuta aperto cerca di dimenticare tutto ciò che sa su casi simili per essere il più possibile aperto alla comprensione del nuovo che si manifesta. 7. TECNICA Lo psicoterapeuta aperto portare l'altro ad un chiarimento con se stesso semplicemente ponendogli delle domande. Il terapeuta aperto cerca, per quanto possibile, di non dare al cliente alcuna risposta. Le sedute trascorrono di domanda in domanda, col terapeuta aperto impegnato a trovare quella domanda che possa favorire l'ulteriore elaborazione del cliente. Questa tecnica si può definire maieutica e consiste in una navigazione in mare aperto. Lo psicoterapeuta chiuso, invece, formula una diagnosi standard e applica un protocollo standard. Egli decide che cosa ha il paziente, dopo di che decide gli obiettivi che gli deve far raggiungere. 8. CHI CORREGGE CHI Lo psicoterapeuta chiuso ha un atteggiamento direttivo perché guida il paziente verso mete precostituite che sceglie in base alla desiderabilità sociale. Lo psicoterapeuta chiuso ritiene di dover dar consiglie , se necessario, correggere le scelte di vita del paziente. Lo psicoterapeuta aperto, al contrario, si lascia tranquillamente correggere dal cliente, chiedendogli continuamente dei feed-back per cercare di migliorare la propria comprensione del problema; ciò perché ritiene che il massimo esperto della psiche del cliente sia il cliente stesso da cui il terapeuta ha tutto da imparare. 9. POSSIBILI ESITI Lo psicoterapeuta chiuso muove dalla constatazione di un’alterazione e punta a ristabilire la normalità. Nel migliore dei casi questo obiettivo viene concordato col paziente, altrimenti con chi ha commissionato l’intervento. Quando c’è la committenza dietro le quinte il terapeuta chiuso ha un mandato preciso e a quello si deve attenere. In altri casi lo psicoterapeuta chiuso procede in modo autocratico, stabilendo da solo quale debba essere il risultato del trattamento. Lo psicoterapeuta aperto, al contrario, non può avere alcun esito precostituito. Coerentemente, egli deve accettare tutti i possibili esiti, anche quando contrastino con i valori morali del terapeuta. 10. CHI CONCLUDE LA TERAPIA? Lo psicoterapeuta aperto lascia al cliente la decisione di concludere la terapia, così come quella di incominciarla. Lo psicoterapeuta chiuso, invece, si arroga il diritto di stabilire se il paziente è guarito o se invece deve continuare il trattamento. Spero che questo interessante dibattito continui ciao a tutti
×
×
  • Crea nuovo/a...

Informazione importante

Navigando questo sito accetti le nostre politiche di Politica sulla Privacy.