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cercaeaiuta

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  1. cercaeaiuta

    bugie

    Navigando nel sito, con un solo contenuto inserito, e con una sola risposta alle spalle (questa) mi sono ritrovato a cercare qualche argomento che potesse farmi capire di più su me stesso e sul mondo, quello in cui viviamo. Leggo "bugie" e mi sento preso in causa. Leggo il titolo ed apro il topic, la domanda è semplice e coincisa: cosa ne pensate? "Cosa ne penso?" mi chiedo. Metto su della musica, quella africana che ho poco ascoltato e che è conforme con l'animo in sofferenza, colpito da cambiamenti che avrei potuto avitare si presentassero ma adesso sono in atto e tutto cambia, qualcosa pian piano cambia anche dentro me. E' bello cambiare e forse uno degli aspetti per cui inizio ad adorare il cambiamento è il fatto che noi nasciamo, viviamo e muoiamo in un mondo in continuo mutamento, e credere di essere lo stesso individuo in due momenti diversi nel tempo può, per me, addolcire ciò che invece accade anche adesso: il mondo cambia ogni attimo e noi insieme ad esso. Le bugie! cosa sono? Ragionadoci, pragmaticamente, dire una bugia potrebbe voler dire far credere a chi ascolta ciò che non sono. Nell'atto della menzogna tento di essere per l'ascoltatore un individuo diverso, per svariati motivi e fini. Quindi c'è un fine o più di uno. Probabilmentea c'è sempre. Ci sono studi che per molti versi, anche se personalmente non conosco i particolari, cercano di dimostrare che mentire è, spesso o forse nondimeno, un'azione palesata da specifici movimenti dei muscoli del viso e degli atteggiamenti. Quindi mentire potrebbe annullarsi nel preciso momento in cui dico una bugia. Perchè l'atto della menzogna, credo, celi un secondo obiettivo principale, conseguenza dell'atto stesso: non dar modo di farsi scoprire. Celare potrebbe, a mio parere, considerarsi un istinto primario. Nascondere un pezzo di carne rubata, nascondersi dai predatori, nascondere le proprie intenzioni per non mostrarsi deboli, indifesi, arrabiati, delusi, sconfortati, gioiosi, appagati, ecc... . Ne deduco che mentire potrebbe anche essere considerarato un modo per nascondere dei sentimenti. Potrebbe essere una risorsa, la cui utilità probabilmente è legata alla capacità e competenza nel mentire, sfruttata per il raggiungimento di un obiettivo. Questi potrebbero essere i motivi per cui nel tempo e negli anni vissuti ho mentito. Cosa pensare quindi di una bugia? Probabilmente mentire è utile, probabilmente non lo è. Forse una bugia può migliorare degli aspetti della vita, forse può rovinarli, forse entrembe. Quel che mi spaventa è l'estraniazione dall'io. Mento, e nel momento in cui mento mi interfaccio come fossi un altro individuo. Forse andrebbe fatta una continua valutazione del peso di una bugia per comprendere se i famosi "fini" e "motivi" sono ciò che vogliamo. Ognuno di noi conoscerà se stesso nel tempo e conoscersi anche in questo aspetto della vita è fondamentale ed interessante. Infine, tuttavia, sento spesso il bisogno di verità, quindi perchè non dare peso ad ogni parola detta dando origine ad un comportamento affine a questo bisogno. Mi piacerebbe leggere altre opinioni.
  2. Buona sera a tutti. Felice di essermi iscritto. L'ho fatto qualche minuto fa ed il fatto che l'area "La coppia, l'amore e la dipendenza affettiva" abbia suscitato all'istante il mio interesse porta alla luce ed introduce ciò che turba da giorni il mio animo. Ma prima di scrivere credo sia importante fare un quadro generale su di me, o almeno quel che sono col tempo riuscito a capire. Uomo, 27 anni, celibe, occupato da poco come programmatore in una ditta, un passato fatto di molteplici esperienze lavorative anche in campi distanti l'uno dall'altro. Lavorativamente parlando soffro spesso di scarsa autostima dovuta al fatto di non riuscire ad interagire agonisticamente e di non pensare prevalentemente al bisogno di prevalere. Penso spesso al lavoro ed un futuro realizzato con le mie forze, motivo per il quale trascorro saltuariamente momenti di difficoltà e deperimento interiore e fisico causati dal mio lanciarmi in nuove sfide, totalmente nuove, con l'interesse di lavorare, percependo scarsi guadagni (essendo l'inizio) in termini pecuniari ma, in compenso, ottime risorse in termini di esperienza personale e competenze lavorative. Il mio "entra ed esci" da ogni esperienza lavorativa mi mostra spesso una incapacità nell'adattamento ed un'intensa sensazione di malessere che avverto come estraniazione. Spiegando, una volta iniziata un'esperienza, svanita l'eccitazione iniziale (la quale ha subìto un costante decremento di tempo), mi ritrovo generalmente ad elencare gli aspetti negativi e le fatiche che porterebbe impegnarmi nell'esperienza in questione, perdendo così di vista l'obiettivo finale, ammesso che me ne sia posto uno. Una volta raggiunto un numero utile di aspetti negativi l'esperienza diventa fatica. Ecco che si insinua in me la paura di impegnare forze ed energie. Il più delle volte, ma mi correggerei scrivendo "ogni volta" l'esperienza si trasforma in un'esperienza passata con dispiaceri e rimorsi annessi. Dall'esperienza lasciata rubo ciò che per me è il guadagno. Il guadagno è principalmente un fagotto in spalla riempito celermente di competenze, teorie, esperienze altrui e attività di vario tipo. La mia incostanza ed il mio poco presente timore della perdita spesso li associo al materasso che faticosamente attende ogni mia caduta: i miei genitori. Mio padre, come mia madre, è il proprietario, dirigente ed amministratore di una S.r.l. i cui guadagni, seppur ridotti dalla crisi economica, risultano ancora positivi. La loro forza spesso ha raggiunto per me livelli disumani ed il loro sacrificio spesso mi ha dimostrato quanto duro può essere il lavoro. Ho intrapreso varie attività all'interno dell'azienda di famiglia nel tempo onguna delle quali si è conclusa con l'assenza finale, con la ricerca di nuove esperienze o più emotivamente il senso di estraniazione motivato da sensazioni di irrealizzazione personale, sensazione di incompetenza, sensazione di paura per le responsabilità ed il futuro. Concentrandomi adesso sul motivo dell'apertura di questa discussione narrerò in breve ciò che nell'ultimo mese e mezzo mi ha sconvolto, angosciato, debilitato ed impaurito. Circa 4 anni fa iniziava la mia storia con una donna. Ad oggi questa donna mi ha lasciato con un messaggio su WApp dicendomi "per me è finita" e frequentando, ad una settimana dal messaggio, un uomo intraprendente, muscoloso, affascinante, in gamba con le donne e con la vita, futuro avvocato e plurilaureato. Il pensirero dello sconvolgimento procuratomi spesso mi porta la nausea, ha già contribuito e continua a farlo alla mia naturale perdita di capelli dandole man forte, mi ha fatto ricredere su ogni mia capacità, bontà, interesse, attitudine, caratteristica fisica e mentale. L'autocritica parte dal momento in cui la donna in questione ha deliberatamente spiegato che i motivi del suo malessere erano legati a me, alla mia scarsa presenza, al mio disimpegno, ai miei turbamenti emotivi ed i miei difficili guadagni. Il tutto continua a darmi dispiaceri dovendo decidere ogni giorno se partecipare ancora o no al progetto di insegnamento di salsa cubana con uno staff di 10 persone in cui lei ed io insegnamo. Aggiungo ciò che è un ulteriore fattore di malessere interiore quello della presenza dell'uomo che l'ha conquistata come allievo in questo progetto. Alla luce di questa esperienza demotivante e deprimente ho iniziato a vivere difficoltosamente ogni attimo della giornata, avvertendo un'estrema solitudine ed un'insistente incapacità portatrice di autocritiche ed impossibiltà ad accettarsi, piacersi, amarsi ed essere fieri. Ogni giorno imbocco la via per il lavoro che non amo, ma nel quale avverto di essere in grado. Poi piango, soffro e mi sento legato a qualcosa che mi costringe a soffocare. E' diventato essenziale rivalutare ogni scelta, la prima è la salsa cubana. Trasformare questa esperienza in esperienza passata è più complicato delle altre. C'è lei che ha lasciato qualche porta aperta, c'è il mio interesse a voler portare avanti un attività che, pur non dandomi guadagni pecuniari, me ne ha dato molti in fatto di rapporti sociali e divertimento. E' diventato importante rivalutare l'esperienza di programmatore (Garanzia Giovani per 6 mesi con pagamenti erogati dall'inps per un totale di 500 €) poichè la mia sofferenza spesso mi mostra agli occhi dei colleghi e chi mi valuta triste e distratto. Le possibili soluzioni per evitare questi disagi sarebbero: - tornare a lavorare per mio padre per la stessa somma ma con molti priviilegi in più. - continuare ad insegnare salsa cubana, in piccolo, alla scuola di danza di mia sorella. Questo è il quadro generale e le ipotetiche soluzioni ma, poichè desideroso di una luce intensa che guidi il mio respiro e la mia volontà ho provato a scavare dentro me per molto tempo con l'aiuto di uno psicoterapeuta il quale mi ha allegerito di un peso enorme legato all'infanzia. La mia ricerca ha dato origine ad una particolare risorsa che ho dimostrato di possedere nel tempo: saper cercare. A questa risorsa si aggiunge una spinta. Noto da molto tempo quanto sia innato nei miei genitori il voler aiutare le persone. Questa inclinazione è in me. Lo sento, adesso consapevolmente. Mi spaventa molto. Vorrei farne la mia gioia. Vorrei farne il mio amore. Penso a come poter congiungere il saper cercare con la propensione all'aiuto per il prossimo. E' una luce di speranza, un desiderio che valorizza il mio dolore e nobilità la mia sensibilità. Mi chiedo quanto sia giusto adesso prendere decisioni. E probabilmente è per questo che sono qui a scrivere. Vorrei sapere quanto potebbe influire, un vuoto come il mio ed un colpo all'autostima come quello che ho ricevuto, sulle decisioni riguardanti il futuro e la "spinta" verso la "luce della speranza". Quanto può essere risolutivo, razionale o produttivo pensare e magari saltare ad una nuova vita? Quanto questo debba essere valutato in correlazione alla mia tendenza al "prendi e scappa"? Infine mi chiedo, e per questo chiedo anche a chi avrà resistito fino a questo punto del mio racconto, se, assimilati i concetti di sacrificio, impegno e costanza e, considerati i miei trascorsi e la mia età, ci sia la possibilità che io mi laureii in psicologia, faccia di questi studi il mio "cercare" ed il mio "aiutare" ed inizi così ad ascoltare ciò che sento adesso di voler fare. Leggerò con interesse e piacere ogni risposta. Alessandro
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