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frncs

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messaggi di frncs

  1. Io credo che la tua interpretazione sia giusta e non perché è la tua, ma perché è quella di te paziente.

    Stai parlando di te e della tua vita, chi meglio di te la può interpretare? Lo psicologo? no, non credo, lui ti può aiutare a trovare un'interpretazione, ma poi il pensiero finale è solo e soltanto il tuo, lui ti può dire la sua, ma non è la verità assoluta.

    Tu sei in crisi, e scusami se faccio la saccente o la superba, ma dalle tue parole, dal tuo tono, leggendoti, più che di crisi traspare rabbia, (per cosa non lo so).

    Secondo me tu non vuoi affatto abbandonare la terapia, perché se così fosse non cercheresti il suo consenso, lo faresti e basta, sapendo che un percorso è finito.

    Ma tu no, tu vuoi che lui ti "corra dietro", vuoi che alla tua "minaccia" di interrompere la terapia, lui ti trattenga, vuoi sentire che in questa relazione così assimmetrica, qual'è una psicoterapia, anche tu eserciti un minimo di potere sull'altro.

    E' vero che il terapeuta è lui e lui deve saper gestire la relazione, ma dimentichi che la vita è la tua e che se qualcosa non va (nel caso la terapai) devi trovare una soluzione.

    Un abbraccio e scusami la franchezza.

    Ma come, prima dici che l'interpretazione giusta è la mia e poi confermi in tutto la sua? E poi quella non era la mia interpretazione, ma solo un'interpretazione possibile. Io non so affatto che il percorso è finito, al massimo temo che non sia cominciato. Temo, non so.

    E la soluzione non la so trovare.

    se sei sicura che lui è oggettivamente rabbioso e frustrato, non ne verrà niente di buono per te.

    non c'è serenità in nessuno dei due.

    Ma io non sono sicura affatto. Era solo una dimostrazione di come quel tipo di ragionamento suo, come del resto quello di fioriblu (omaggio a queneau?), possa sempre essere capovolto. Cioè se quello che dico (in questo caso il mio dubbio) non viene considerato di per sé, per il suo contenuto, ma solo per il suo presunto scopo (in questo caso frustrare l'altro o - come dice fioriblu - dimostrare il mio potere nella relazione), lo stesso meccanismo si può usare verso chiunque, anche verso lo psicologo e verso le sue interpretazioni.

    Evidentemente non mi riesco proprio a spiegare. Io non ho certezze. Altrimenti smetterei la terapia. O la continuerei con più fiducia. Ho solo dubbi. E dei dubbi non posso più parlarne con lui, perché li interpreterebbe un'altra volta solo come un attacco alla terapia o a lui. E infatti da tempo me li tengo per me.

    Io non nego che sia possibile quello che lui, come del resto alcuni di voi, dice. Che sia davvero per la mia rabbia o resistenza ecc che non riesco ad affidarmi senza riserve alla terapia. Non lo nego ma non lo so con certezza. Il mio dubbio è proprio questo: l'impressione (che ho) che la terapia non vada bene è dovuta alla mia resistenza, alle mie difese, alla mia rabbia, ecc o invece al fatto che realmente per qualche motivo questa terapia non va bene per me? Nel primo caso sarebbe giusto continuare e cercare di dissipare i dubbi. Nel secondo caso continuare sarebbe solo un modo di tirare per le lunghe, di non decidere, di non affrontare il problema.

    Facciamo il caso di uno che ha una grave malattia e che perciò si sottopone a una cura. Ha l'impressione che la cura non funzioni. Ma lui non è medico. Non lo sa. Deve affidarsi al medico e lasciare da parte i dubbi? E se poi la terapia era sbagliata e lui muore?

  2. frncs, potresti avere ragione tu nell'interpretazione così come potrebbe aver ragione lui, purtroppo non esiste una verità assoluta , ma solo verità relative

    quello che secondo me dovresti cercare di capire è se non ti lasci andare perchè non vuoi in assoluto lasciarti andare o perchè è con lui che non riesci

    non ha importanza cercare le colpe quanto invece capire quello che succede e i motivi

    io personalmente prima di andare dalla mia attuale psi, sono stata 2 anni in terapia con un'altra, ma alla fine ho capito che non andava, era una lotta tra di noi, io l'avevo impostata in questo modo, non c'era feeling, sintonia

    non so dirti se lei fosse brava o meno, magari con un diverso paziente è bravissima

    so solo che io e lei insieme non andavamo da nessuna parte e allora, anche se con difficoltà, ho interrotto la terapia

    ecco, quello che ti consiglio è cercare di capire quello sta succedendo, se le tue resistenze dipendono da te o dal tuo rapporto con lui

    solo quando avrai fatto chiarezza potrai prendere una decisione

    nel frattempo però non darti la croce addosso perchè nessuno ha colpa !!

    :Nerd:

    Come hai fatto a capirlo? Io non penso mai di andare da un altro. Almeno se non per una necessità tipo trasferimento. Solo l'idea di ricominciare da capo mi stanca. E poi in fondo credo che dipenda da me, che sarebbe uguale con un altro. Ma chiarezza niente, non so cosa sia. Anzi più cerco di capire peggio è. Hai presente quando si deve snodare un filo che si è imbrogliato, e più si va avanti e si tenta di sbrogliare, e più quello si ingarbuglia, fino a diventare una massa indistricabile che si può solo buttare via.

  3. oggi faccio fatica a esprimermi (ansia pre-seduta) per cui scusami se sarò stringata...

    la sensazione che ho io leggendo questo e altri tuoi messaggi...è che tu sia in guerra! con te stessa, col tuo psicologo.

    non gliene passi una. le parole che usa sono inapropriate. le interpretazioni che fa sono "sbagliate", perchè smontabili attraverso la logica...prova a pensarci: tu rigiri la sua interpretazione sul controtransfert in un modo, ma ho la sensazione che se lui ti avesse dato la tua stessa interpretazione, non ti sarebbe andato bene lo stesso e gliel'avresti rigirata un'altra volta.

    il problema è che usando la logica tutte le frasi possono essere montate e smontate a piacimento...

    tu vivi la terapia come una sfida nella quale devi dimostrare che tu hai ragione e lui ha torto (vatti a leggere cosa ho scritto nel topic "masochismo di vivere...")

    ma (secondo me) il punto della terapia non è: chi ha ragione.

    forse invece di cercare di avere ragione...quando una sua interpretazione ti sta dando fastidio, dovresti fermarti e guardarti dentro per cercare di capire perché ti da fastidio...

    e poi (sempre secondo me) ti dovresti un po' lasciare andare. la mia terapia è partita quando mi sono lasciata andare...poi ci sono i momenti in cui mi richiudo e poi allento la presa un'altra volta...ma le cose girano quando riesci a mollare un attimo il controllo...

    La logica smonta tutto, lo so. Smonta le parole sue come le mie come quelle degli altri. Se guerra c'è (ma il linguaggio bellico, sconfitte vittorie battaglie, l'ho usato solo perché lui interpreta in questi termini ogni mia affermazione di disaccordo o di dubbio) è una guerra totale. Certo, come dici tu, se la mia intrerpretazione me l'avesse data lui, l'avrei trovata arbitraria e parziale, così come l'ho trovata arbitraria e parziale quando l'ho formulata io. E infatti ho scritto che non era giusta ma solo non meno logica della sua.

    Comunque mi rendo conto che così si arriva solo a rendere impossibile qualsiasi affermazione.

    E hai ragione, per fare un tentativo serio, dovrei rinunciare al controllo, alla logica ecc. Purtroppo non ho il controllo del mio controllo e si direbbe che lui (il controllo) controlli me.

  4. non so, la mia difficilmente mi parla di verità assolute e tanto meno di dogmi

    anche nei sogni, per fare un sempio, lei può azzardare un'interpretazione, ma sono io quella che ha fatto il sogno, che può fare collegamenti, che , anche se incosciamente, ne conosce il vero significato

    e anche per il transfert, non mi ha parlato di una ripetizione di rapporto avuto con uno dei miei genitori (del resto ti assicuro che con i miei non ho avuto quest'adorazione!!). piuttosto nel mio comportamento con lei ricalco alcuni miei atteggiamenti avuti nel passato, li amplifico, ma sono mischioni di comportamenti verso varie figure/persone, non così facilemte riconducibile a un unico soggetto

    e cmq, almeno nel mio caso, credo che l'analisi dei miei sentimenti per lei ("transfert" mi sembra così' asettico!!) sia importante epr capire molte cose di me, quasi la chiave di volta

    Io lo so che la colpa è mia se la terapia non va. Partecipo poco, faccio pochi collegamenti, non dico quasi mai quello che mi passa per la testa, ecc. Insomma non posso imputare il fallimento (perché per me di fallimento si tratta) al doktor e nemmeno al metodo stesso, cioè alla psicoterapia in sé. Però constato che non va. E continuo a chiedermi se è il caso di continuare, nell'attesa di chiarirmi le idee, o interrompere sapendo che le idee non saranno mai chiare e che continuerò ad aspettare in eterno una decisione che non verrà.

    Per spiegare meglio cosa intendo quando parlo dei suoi dogmi (che forse è una parola scelta male) ti faccio un altro esempio. Lui parla sempre del controtrasfert, di quello che prova lui insomma, e da quello ne deduce la mia volontà. Come fosse un dato indiscutibile che le sue emozioni siano solo uno specchio delle mie "provocazioni". Certo la teoria afferma che così dev'essere, ma chi dice che sia vero?

    Per esempio, quando io accenno ai miei dubbi sulla terapia, all'impressione che non vada bene ecc, lui sente in sé una reazione di rabbia e frustrazione. Ne deduce che io voglio provocare in lui frustrazione, che io voglia far fallire la terapia, per "averla vinta" in un certo senso su di lui. Ora a me di averla vinta su di lui non mi interessa affatto, anzi "perderei" volentieri. Per cui interpreto, o almeno so che potrei interpretare, tutto diversamente. In questo caso, per esempio, potrebbe essere almeno altrettanto valida un'altra interpretazione: la terapia non va veramente (per qualche motivo che non so e che poi ora non importa sapere), di conseguenza mi sembra di fare una cosa inutile e stupida a perdere tempo e soldi così, mi sento abbandonata in questa consapevolezza non condivisa del fallimento, gli parlo di questa sensazione nella speranza di porvi rimedio o almeno di guardare in faccia alla situazione reale, lui si sente offeso e frustrato per un fallimento che attribuisce a se stesso, prova rabbia nei miei confronti e, per difesa, attribuisce a me la volontà sadica di far fallire la terapia.

    Io non dico che questa interpretazione sia giusta, ma solo che non è meno credibile della sua.

    E che comunque mi affiora davanti e toglie valore alle sue parole.

    E così me ne resto col dubbio se debba continuare o no, dubbio che né le sue né le mie riflessioni sanno dissipare.

  5. non sono molto d'accordo. Fiducia incondizionata sì, ma loro non sono degli dei e sono fallibili come ogni essere umano, sono proprio loro i primi ad ammetterlo. Il bello, dal loro punto di vista, è che riescono a trarre insegnamento e forza anche dagli errori che commettono....

    Beati loro, io traggo solo disperazione

    Per l'innamoramento, è da parecchio tempo che la mia psi mi continua a dire "lei non si fida di me, o meglio, lei non si affida", quando a me invece pare di dare il massimo...e non ho ancora capito cosa lei intenda per fiducia. Io vedo in lei un genitore, eppure non riesco ad affidarmi, se non è un controsenso questo...

    Forse vorrebbe che tu vedessi in lei una dea e non un essere umano fallibile, nonostante le sue ammissioni.

    Perchè temi di essere rimproverata?

    Be' prima perché ero fuori tema. Ora perché, oltre a continuare a essere fuori tema, scrivo troppo.

  6. secondo me la fede c'entra poco. lo psi mica ti rivela dei dogmi ai quali devi credere ciecamente.

    semmai ti accompagna, fa un pezzo di strada con te.

    e ha bisogno della tua fiducia. non della tua fede!

    Purtroppo ho l'impressione che le strade non si incontrino mai e ognuno sia condannato alla sua solitudine e alla sua miseria. E quando esco dalla seduta l'impressione è più forte ancora. Ognuno procede seguendo il filo del suo pensiero. Il mio resta spesso muto tra l'altro, che tanto quando pure mi sforzo di spiegarlo è inutile.

    Quanto alla fede, i dogmi non me li rivela, ma sono alla base dei suoi ragionamenti. Lui li dà per scontati, come delle verità, io li metto in dubbio, come delle teorie.

    Per fare un esempio comprensibile (anche se i suoi dogmi sono molto più subdoli), un dogma per alcuni è che la relazione con il terapeuta ricalchi quella con i genitori o con uno di loro. Io non dico che sia necessariamente falso, ma solo che potrebbe esserlo, e che quindi non vi si può fondare sopra una deduzione sicura su quella relazione antica. Un altro dogma potrebbe essere che l'uomo tende per sua natura alla ricerca del piacere e dell'utile. Per cui ogni comportamento, anche il più nocivo o il più gratuito, ha in realtà un vantaggio secondario. Ma poi ce ne sono talmente tanti. Che ne so, il valore della vita, dell'esprimersi, ecc. Molte delle frasi che lui pronuncia, presuppongono una verità di questo tipo. Io lo ascolto e intanto qualcosa in me si sofferma sul primo anello della sua catena logica, e pian piano lo corrode. Poi una volta crollate le fondamenta, è facile immaginare che fine faccia l'edificio. Se provo a dirglielo, a opporre al suo ragionamento, un ragionamento di tipo diverso (non dico mio perché nulla mi appartiene), fondato su un altro principio ma altrettanto logicamente coerente, lui fa appello alle mie resistenze, alle difese, all'attacco alla terapia.

    :crazy:

    ma chi ti rimprovera?

    Non si sa mai. In fondo sono un'intrusa.

  7. E se la terza via fosse riuscire a fidarsi?

    ...lo so che è molto più facile a dirsi che a farsi, però...

    Il punto è che cosa si intende per "fidarsi". Perché io in un certo senso mi fido pure di lui. Cioè mi fido come ci si può fidare ragionevolmente di qualcuno che è comunque un essere umano. Se mi dice qualcosa, io ci credo, credo che lo abbia detto in buona fede, che lo pensi veramente. Credo che si sforzi di aiutarmi, curarmi, rendere proficua la terapia. Il problema è che, come tutti, potrebbe sbagliarsi. Ho fiducia nella sua sincerità, ma non nella sua infallibilità. Quel tipo di fiducia lì, si chiama fede. E io non ce l'ho. Forse se fossi pure io innamorata di lui, potrei avere quella fiducia incondizionata di cui pare non si possa fare a meno per fare progressi. Oltre al fatto che potrei scrivere, legittimamente e senza temere rimproveri, in questa sezione.

  8. invece io trovo questa sua dichiarazione, come tante altre cose...un segno di grande sicurezza. di grande fiducia nei propri mezzi...

    come dire "non ho bisogno di fare la parte del duro...non mi serve...perchè ho il controllo della situazione...so quello che faccio!!"

    è questo che mi trasmette!

    Probabilmente mi sbaglio, ma ho come l'impressione che tutto sommato il loro atteggiamento sia irrilevante. O almeno così credevo prima di leggere quello che scrivete, perché vedo che per alcuni di voi, che hanno sperimentato tecniche diverse, la differenza c'è.

    Personalmente mi pare del tutto indifferente.

    Per esempio se lui si attiene scrupolosamente alla teoria, io penso subito che sia un imbecille, privo di elasticità mentale, rinchiuso in un'ottica limitata e fideistica, obbediente a una serie di regole dogmatiche come i credenti a quelle delle loro rispettive religioni. E che uno così, che deforma ogni cosa alla luce di una serie di dogmi indimostrati e indimostrabili, non potrà mai aiutarmi.

    Epperò, non appena lui si allontana per un attimo dalla sua serafica impassibilità, appena dimostra un minimo slancio, appena si mostra disposto a trasgredire le regole previste, penso ancora una volta che sia un imbecille, incapace di mantenere quell'obiettività che sola gli permetterebbe di andare oltre la cortina di fumo che gli butto davanti, trascianto a destra e a manca dalle sue parziali e arbitrarie emozioni. E che uno così non potrà che offrirmi un vago affetto sterile, una specie di pietà consolatoria, ma che in ogni caso non potrà aiutarmi.

    La terza via non c'è.

    Almeno non la vedo.

  9. perche non vi innamorate di qualcun altro,invece!nn .t. d.

    Che vuoi, si fa quel che si può. Per quanto mi riguarda (anche se in realtà non sono innamorata di lui e non dovrei nemmeno scrivere qui che sono fuori tema, ma nel capitolo della crisi, o forse non dovrei scrivere affatto) se proprio volessi (o potessi) innamorarmi, non avrei a disposizione nessun altro essere umano oltre al doktor. Certo poi potrei sempre passare agli oggetti, che ne so, tavoli, sedie, panche...

  10. Sono arrabbiata. Per il tempo che ho "perso" stamattina prima della seduta a cercare di riordinare le idee mi trovo di fronte ad un pomeriggio massacrante con 20.000 cose da fare. Sono arrabbiata, furibonda e stanca di queste mie aspettative puntualmente frustrate. Lui, il primo psi al quale sarei attaccata (cara Corinna, io ne ho due adesso, perchè il mio psi andrà via e mi lascerà con quest'altro, detto "il secondo"), ha partecipato solo per i cinque minuti inziali in cui si dicono cavolate. Poi ha bussato alla porta un collega e lui è dovuto andare via. Risposte? neppure l'ombra. Qundi ho detto al "secondo" che avrei voluto delle risposte, sapere quale sia il loro punto di vista in merito alla "questione". E lui? mi ha detto che se non elaboro prima un mio punto di vista preciso non se ne fa niente. La domanda è: ma perchè non mi sono accontantata dello specchio? Almeno lui, anche se non parla, non mi costa tanto a livello emotiovo.

    Bilancio? Era meglio che rimanevo a lavorare.

    Pure a me capita sempre così. Cioè non proprio. Diciamo le cause no, l'effetto sì. Insomma lui non se ne va. Anzi è gentile e anche attento. Però il risultato è lo stesso. Vado via con un senso di inutilità. Di sconforto. Le aspettative deluse ogni volta. La solitudine più ogni volta più desolante. Una compresenza che non sa farsi partecipazione, comunicazione. E mi chiedo, se questa dovrebbe essere la palestra delle nostre future (quando e se ci saranno) relazioni con il mondo, a che cosa ci stiamo preparando.

    E comunque la volta dopo, nonostante tutto, le aspettative risorgono, illogicamente. Ma solo per essere di nuovo deluse. A volte mi pare che la cosiddetta frustrazione terapeutica, invece di impedirla, alimenti la dipendenza. Se sventolo un pezzo di carne arrosto davanti a un cane affamato senza mai darglielo, quello per quanto poco randagio e indomabile possa essere, mi seguirà (salvo azzannarmi, lui che può!) fino in cima al mondo. Se gliene dessi un po', magari si sazierebbe e se ne andrebbe per i fatti suoi.

    Non scrivo quasi mai ma leggo spesso (a volte con un po' di invidia) quello che scrivete. A proposito, che fine ha fatto muchacha?

  11. Se ti sembra così ridicolo probabilmente non hai esperienza, nella tua vita, di persone che lo usano..giusto?

    Come se lo attribuissi più alla caricatura di uno psicologo che puoi vedere in tv?

    Posso chiederti come mai hai deciso di andare in terapia? E' stata una decisione presa da te o altri ti hanno spinta ad andare?

    In effetti non lo hanno mai usato. Sarà anche quello. Ho difficoltà ad abituarmi alle parole.

    Nessuno mi ha spinta (non usano le parole e i sottostanti concetti, figurati se spingono). La decisione, dopo molti rimandi, si è purtroppo imposta da sé. Senza vie d'uscita ho provato anche questa. Forse è comunque qualcosa. Se non altro mi distrae per qualche ora. Anche se a volte mi sembra una distrazione colpevole.

    E, mi raccomando, lascia perdere le mie fissazoni e scrivi come vuoi. Che Nannimoretti sia con te.

    fr

  12. Capire capisco. Non è quello. Non è il linguaggio complicato (tra l'altro il suo non lo è quasi mai) a darmi fastidio. Anzi è come se quelle parole fossero il trito e ritrito di un certo gruppo. Come nel caso dei ragazzi che scrivono ke invece di che. O forse non nemmeno questo. Comunque mi scade un po' come punto di riferimento. (E già non parte da grandi altezze). Come se pensassi che un linguaggio settoriale possa essere indice di una mentalità settoriale. Mi viene da chiedermi che ci parlo a fare con uno così, uno che può usare quelle parole lì senza sentirsi ridicolo? Sul momento almeno. Perché poi lo so che l'unica a essere ridicola sono io.

  13. Buongiorno a tutti.

    E' da un po' che ogni tanto leggo i vostri messaggi, che trovo interessanti e anche utili. La mia terapia si inserisce da sempre benissimo in questa rubrica della crisi. Fino a poco tempo fa credevo di dovere per motivi di forza maggiore cambiare città e quindi terapeuta per cui cercavo di non pensarci troppo. Ora che so di poter restare sono assalita dai dubbi.

    Comunque mi interesserebbe sapere se a qualcuno di voi capita di sentirsi infastidito dal linguaggio dello psi. Non da quello che dice ma proprio dalle parole che sceglie, da quella specie di gergo tipico. Per intenderci, quando mi sento dire che sono poco "collaborativa" o che le "figure genitoriali" hanno influito su non so cosa o addirittura che dovrei "rendicontare" non so che, io non ce la posso fare. Mi vengono i nervi, giuro. Altro che "collaborativa", mi viene voglia di andarmene via subito. Intanto, nell'attesa di una decisione tanto drastica (tra l'altro temo che parlino tutti così), l'unico vero risultato è che invece di ascoltare quello che dice continuo a sentirmi risuonare le parole incriminate nella testa per tutta la seduta. E magari pure dopo. A voi succede?

  14. Grazie. Seguirò il tuo consiglio. Ed è vero che non è facile interrompere e cambiare. E dover riaffrontare le difficoltà dell'inizio. Percorso terapeutico sbarrato. Come se non bastassero gli sbarramenti soggettivi ci si mettono pure quelli oggettivi. Vabbè, la psicologa di internet direbbe che sbarramenti e deviazioni fanno a loro volta parte ecc., io spero solo di trovarne un po' meno d'ora in poi. Ciao.

  15. I nomi sono tanti. Ho difficoltà con gli incontri di conoscenza e vorrei ridurne il più possibile il numero. Perciò chiedevo. Lo so che opinioni, reazioni o sensazioni come dici tu dipendono da tanti fattori, ma dovendo scegliere a caso da quale nome incominciare, il consiglio altrui mi sembra un criterio ragionevole. Mica intendo prenderlo come oro colato, sono come punto di partenza. Sempre meglio che pescare a caso, dato che il caso da sempre mi è avverso. Poi se consigli non ce ne sono, pazienza. Estrarrò il nome a sorte, pregandola, la sorte intendo, di avere per una volta pietà.

  16. Salve a tutti.

    devo trasferirmi a napoli e sono quindi costretta a lasciare la psicoteraeuta (psicoterapia dinamica) che mi ha segue da circa un anno. Ho chiesto a lei ma non ha contatti con colleghi di napoli.

    Qualcuno di voi conosce (anche indirettamente) uno/a psicoterapeuta bravo a napoli. Ho trovato diversi nomi in internet ma siccome sono già in difficoltà per il cambiamento, vorrei avere qualche garanzia. So bene che tutto è molto soggettivo e incerto, ma preferirei non andare proprio a caso.

    Vi ringrazio.

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