La parola responsabilità è nata secondo me quando qualcuno ( per un suo tornaconto, per un suo modo di vedere le cose ) si aspettava che un altro si comportasse in un certo modo; vista la refrattarietà di quest'ultimo, quel qualcuno, facendo sforzi "sovrumani" o "disumani" (dipende…) , ha inventato l'etica, la morale, le regole : così si poteva far giudicare l'altro in base a criteri, che se non rispettati, inducevano tutti a tacciare il malcapitato di mancanza di "responsabilità"
Il sistema che è stato così inventato, che ha avuto come noto un largo successo tra gli umani, non mi dispiace affatto: a patto però di considerare sempre a quali valori si riferisce una data posizione etica. Mi spiego meglio. Per un certo sceicco, e per la filosofia che ha inventato "ad hoc" - (filosofia che non a niente a che fare con l'Islam ) - è assolutamente da irresponsabile se uno non si prodiga attivamente per la distruzione dell'occidente!!!
Riguardo al senso di colpa credo che sia manipolativo di se stessi: o l'ho fatta una cosa o non l'ho fatta, inutile rodersi col fine di non utilizzare meglio il tempo, chiedendosi per es. " che significato ha per me questa azione? Quali significati può avere per chi attraverso questa azione è in relazione con me?
In tal senso concordo con Turbo quando dice "come non è giusto giudicare gli altri, così non è giusto giudicare se stessi", che è il giusto prolungamento dello stesso concetto espresso dall' Inventore di una certa religione, probabilmente quando Lui si è reso conto che i suoi discepoli cominciavano a soffrire di esagerati… sensi di colpa. Questo non toglie che lo stesso Autore non abbia pure detto: chi è senza peccato …, ma il peccato principale era "non vedere Dio" cioè non vedere la verità ( non solo fuori, ma soprattutto dentro di sé…)
Se poi vogliamo restringere il campo ad un senso di responsabilità verso se stessi, ritengo che questa possa bene essere rappresentata dal concetto di "autenticità" Cioè si è responsabili verso se stessi quando ci si comporta ed esprime in maniera autentica, cioè per quello che realmente siamo. Essere autentici però presuppone la coscienza di sé (la consapevolezza), e la libertà dalle proprie dinamiche patologiche ; dinamiche che abbiamo tutti, anche se spesso non ce ne rendiamo conto.
Il risultato di ciò sarebbe la capacità di scegliere realmente, senza i condizionamenti delle nostre distorsioni interne. Solo in tal modo si è in grado di assumersi in prima persona il peso delle proprie scelte, quando sappiamo cosa stiamo facendo realmente.
Insomma, saremo tutti d’accordo, non è facile essere responsabili. E fino a quando non raggiungeremo la piena consapevolezza di noi stessi e delle nostre azioni, meglio tollerarsi un po’ a vicenda, essere moderati nei giudizi, e continuare la ricerca di noi stessi, concordando, in questo caso, di usare nel frattempo lo "spirito pratico" suggerito da Nello
Un'ultima nota: non credo che la consapevolezza ci porti mai verso scelte nefaste per gli altri, in quanto tendenzialmente andiamo verso la vita. Senza voler scomodare Freud, difatti, credo che il concetto di "thanatos" sia riconducibile a quello di "inconsapevole".
Scusate qualche parola in più, ma l'argomento merita…
Gianni.
Ps.: ( x Nello) personalmente, io qui sto bene sia quando siamo "seri" che quando siamo "spiritosi", tra l'altro, non riesco bene a distinguere le due cose, nel senso che si può essere "spiritosi" anche quando si fanno discorsi "seri" e viceversa essere "seri" quando si fa una battuta "spiritosa" che serve ad es. ad esprimere la nostra rabbia a qualcuno.