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Busato Flavio

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  1. In genere essere atei nasce proprio dal credere in qualcosa non dal reagire alla situazione esisente nel mondo o dalla situazione delle religioni e del loro complessivo sviluppo storico. Quindi, il problema dell'esistenza di Dio dovebe essere trattata indipendentemente dal fato che esista quella o tal altra religione: così hanno fatto Kant ed hegel e in parte Nietzsche. Ma proprio Nietzsche riconosce nell'autore di questo libro uno dei caratteri a suo avviso emblematici del cristianesimo (caratteristica ben più alta e spirituale della fede nell'oro o nell'idolatria o nel consumismo (che potrebe dire qualsiasi ascetico o fedele del talmud): il risentimento e quindi una certa reattività: cioè per Nietzsche il cristianesimo odierno non ha proprio quello che aveva 8o si presume avesse) Cristo: la capacità creatrice. Mi stupisco che parlando di religioni e fedi si guardi sempre all'aspetto delle ricadute sociali, delle contrapposizioni: e non alla capacità creatrice, risolutrice, riformatrice in fondo, mediatrice: sono tutte forme di creatività cristiana 8no dico islamica perché la conosco poco). L'autore doveva parlare scientificamente come un Odifreddi o un Russell: io credo o non credo non perché il tal Bush ha fatto questo o bin Laden fa quell'alro o perché la società è corrotta: da questo non nasce l'ateismo ma sono sempre nate le controriforme. Un ateismo nato dal risentimento è figlio delle religioni. dico questo perché l'autore ha indubbi influssi nietzscheani, ma il superuomo per Nietzsche non è il demonio (in fondo un servo fedele di Dio, un suo strumento ad di fuori dell'amore, perché non capendolo ne sarebbe stato bruciato e quindi messo fuori per misericordia da Dio e dal suo piano), ma l'uomo più tenero e femmineo possibile: l'uomo generatore, fecondatore, il creatore di religioni. Come si vede l'uomo crea Dio: tutta questa tematica di Feuerbach e Marx è estranea a questo autore tutto preso dalla polemica. Se l'uomo crea religioni, c'è un bisogno interno di farlo: una possibile prova di una liaison ultraterrena. Ma si potrebbe dire altre cose su questo autore: un ateo non adora il demonio, così come l'adorazione è il contrario della religiosità. L'autore dimostra un grande bisogno di religiosità, ma l'odio gli tappa la bocca: dimostra l'avidità proprio delle cose che dice di detestare: il tanto peggio tanto meglio. Il demoniaco è in questo, diseducativo, di questo libro: stravolgere e tramite seduzioni estetiche avvezzare a provar piacere per le sofferenze. La frustrazione di questo autore mi richiama (ma con ben diverso spessore) Foucault. In fondo mi sempre che psicologicamente il libro risponda ad un bisogno umano ma non dimostrato (vedi H. Kueng) e non dimostrabile, psicologicamente alla Nietzsche "umano, troppo umano" (credere in Dio- quindi fallisce il suo bersaglio se pure voleva fallirlo); dall'altro mi richiama le tentazioni di Cristo. Come si vede, invece che partire dai neoconservativ o da Toni Negri, il problema ritorna ancora a Feuerbach.... grazie. Flavio.
  2. Vi segnalo da leggere con un fazzoletto zuppo di aceto il pamphlet di Feltri e Brunetta Giù le mani dalla nostra libertà, sul pericolo islamico. E sì che noi italiani li conosciamo tutti i barbareschi del Mediterraneo. Vi consiglio di leggerlo: 1) perché è un segnale o sintomo della politica che incuba nella destra italiana e come essa minaccia la nostra libertà; 2) perché è una minaccia oltraggiosa contro gli italiani non contro il presunto pericolo arabo: o fate come dice Berlusconi seguendo la delirante politica economica di questi signori o va male. Cioè va bene se si fa tutto il contrario di quello che questi dicono. Gesù disse: fate quello che dicono, non fate quello che fanno; io dico invece che non si deve fare nemmeno quello che dicono.... Grazie. Flavio. Premunitevi di magnesia e Maalox: no si sa mai. Flavio
  3. Mi semra che dal capitale originario alla globalizzazione l'utopia si sia fatta realtà. Basta un pò di immaginazione. Ciao. Flavio.
  4. E' un argomento che mi turba molto e non mi sento di dire molto. Ho letto i vari interventi e li trovo interessanti. La mia opinione è che il tema stesso coinvolga emotivamente ognuno, a tal punto che tutte le spiegazioni risultino "spiegazioni", metodi difensivi. Forse si innesca il meccaismo dell'istinto di morte, che uno psichiatra a me noto, negava esistesse e con buone ragioni, perché secondo lui l'uomo è fatto per vivere. In effetti l'istinto di morte può essere intrepretato come istinto di conservazione, ma in senso dialettico che può essere tale solo presupponendo un pericolo "naturale" dentro di noi. E se fosse un meccanismo di autoaffondamento?. Ma sembra tuttavia che si debbano attuare non solo discorsi teorici ma strategie concrete, di prevenzione di stati sociali, economici, di emarginazione, di disperazione, che forse più della classica crisi intimistica borghese, in questa nostra epoca, sono più verosimili per il suicidio. Ma il suicidio potrebbe essere intrpretato come la condizione di assoluta eguaglianza dell'uomo, borghese o proletario: la oscienza della possibilità di una tale soluzione non gli dà forse più normalità fisiologica, rispetto all'anormalità di pragmatica? Io penso ad es. alla solitudine, a quell'emarginazione interiore, a quel senso di disorientamento e di isolamento cosmico che forse paranoico, denota la condizione forse più realistica del'essere umano una lucidità estrema che rende tutto irreale. Un individuo atomico può sussistere? e che senso ha, che egli sussista? Esiste un egoismo incolpevole, una colpa del vivere, del non realizzare un compito esistenziale, una perdita di significato che ben ha evidenziato lo psicologo Frankl, quello della logoterapia. comunque, è un argomento a cui non vengo a capo. Durkheim parla di suicidio egoistico ed altruistico con signirficato ben diverso dall'accezione consueta del termine. Il suicidio egoistico è come concluso in sè: è una necessità economica interiore, ma la spiegazione deterministica è presente. Il suicidio altruistico è quello di colui che ha perso il senso del limite proprio e del senso dell'autoconservasione: così uno che si impegna tutto in uno scopo interiore di autoaffermazione e vi riesce in qualche modo, sente l'individualità quasi una prigione e se ne libera per identificarsi con l'ideale realizzato. si pongono qui due problemi: uno che "vuole" uscire da uno stato di assoluta emarginazione, non può ricevere da una socità assolutamente indifferente ed egoista o risentita con lui (anche giustamente) proprio la soluzione del suicidio? chi mette a rischio la sua vita per uno scopo altruistico riceve quasi sempre un pugno in faccia: se sei altruista non devi pretendere niente. Anzi, noi abbiamo in mano la tua vita.... Il sano egoismo è un pò un antidoto al suicidio, spesso; una fuga vera è più giustificata di questa fuga ostinata ed in fondo immanente nella società: un suicida pesa molto in una società, la disarma, la sconforta. e' meglio ricorrere a tutti i mezzi, di aiuto, perdere un pò rispettabilità o tutta, pur di salvar la pelle, nel caso il richio della pelle sia quotidiano: perché bisogna anche cosniderare - che certi gruppi sociali e non solo giovani - ricorrono ai tentativi di suicidio come metodo di ... sopravvivenza, e questo lo dice molto sia sulla nostra società sia sugli stereotipi degli stessi e sulla precarietà e sul qualunquismo... Egoistico - altruistico - causalistico-caualistico (non deterministico) aggiungo io. Sono i due estremi: di una concezione di conservazione e di ampliamento, di restingimento ulteriore nell'individualità e di allargamento al mondo. Insomma, senza banalizzare: il suicidio è un problema osmotico? Ed altra mia considerazione: il suicidio non è di per se stesso un atto indotto, immancabilmente? un insieme di concause, in cui spesso la vittima collabora con il carnefice, spesso anonimo, la società, invicincibile. NO, la psicologia dice a questo proposito che esiste una persona ben precisa identificandoti troppo con la quale perdi te stesso.( Ma la psicologia spesso non dice che questa persona è un concentrato dell'ideologia sociale che il suicida meno sopporta. Uccidendo te stesso uccidi questa ideologia, queste cose che ti tormentano. Ma più sano sarebbe "uccidere" chi ti tormenta, in senso simbolico. Lo scop osociale-politico è quindi spesso impedire l'omicidio (mai giustificato ma motivato sì). tornando quindi a Freud, è la stessa naturale identificazione con una persona significativa, il processo di costruzione di sè, che ha in sè i pericoli del suicidio?. specie se resta un legame di dipendenza. In questo senso il suicidio sarebbe il tentativo di acquistare comunque la propria libertà, ma in senso negativo. NOn vorrei esssere retorico, ma riferisco una frase di Kierkegaard in Aut aut:"l'uomo non può aver guardato l'infinito senza poter continuare a vivere (Wilde più esteticamente diceva: chi ha guardato negli occhi la bellezza), il suicidio è la libertà assoluta negativa. Beato chi trova la libertà positiva - dopo aver visto negli occhi l'infinito". E l'unico mezzo è accettare la limitazione e il parziale e l'imperfezione e l'ignoranza stessa. Su questo asrgomento direi lo stesso che disse Kierkegaard sulla scienza e fede: i sofisti dicevano: ma qui bisogna saperne di più! No, rispose il vecchio Socrate: qui bisogna saperne di meno. Qui l'unica medicina è proprio l'ignoranza. Per sdrammatizzare Kierkegaard, che introduceva questo tema come un paragone forte per dimostrare la scelta e la fede, egli stesso ammetteva: "se quel giorno non avessi parlato con l'ortolana o con il sarto...." (visto che tutti lo snobbavano). Grazie. Flavio
  5. Vorrei riprendere il tema del mobbingnel caso specifico. E' vero che negli USA esiste un'altra etica del lavoro. Ma essa deriva dal calvinismo: secondo Kierkegaard il lavoro crea i presupposti niente di meno che per altro lavoro. naturalmente il calvinismo non ha rifiutato il concetto cattolico deli doveri del proprio stato, per cui c'è chi si crea le condizioni per nuovo lavoro e chi si mette i soldi i n banca. Ma l'etica diversa esiste e il malcostume in italia esiste. Anche per le cause indicate dal mio "mobbista". Per altro verso non vorrei che fosse frainteso il mio concetto di lotta di classe, che negli usa non è accolta perché marxista. La lotta di classe non è lo scannarsi, ma il predenre atto di interessi e situazioni strutturali diverse, per cui chi offre il lavoro si organizza per essere meno sfruttato e non solo nel sindacato ma nella politica per risolvere il tema del profitto e quindi degli indirizzi del paese. Invece, gli usa ritengono di poter superare questo con un'illikitato incremento della produzione e della ricchezza che accontenti tutti. Si è visto che invece le crisi sono cicliche, che niente è lineare, che le risorse si prendono all'estero con il sistema commerciale mercantile, con il ricorso alla forza, con l'installazione di regimi amici e cobattendo il marxismo con metodi non precisamente dialogici. Quindi, l'abolizione della lotta di classe è fasulla. Lo è dai fatti: poveri e ricchi, due partiti che assemblano dal più povero al più ricco: quale rappresentanza dei bisogni reali può esservi. Le classi sono due: ma per destino, per intrinseca capacità o incapacità di iniziativa, per moventi dunque sostanzialmente inntistici e da qui può venire fuori un certo razzismo e fondamentalismo. Che la democrazia americana debba avere non che il marxismo almeno un pò di socialdemocrazia è fuor di dubbio. Che sia democratica nessuno lo nega, ma che per certi filoni sia ancora all'illuminismo fisiocratico è fuor di dubbio. E Bush parla di vecchia Europa! Certo, la tecnologia è illuminismo e questo la salva, ma viene applicata ai processi lavorativi, alle persone e quindi si ripete sempre anche nel campo del diritto del lavoro il sistema ciclico del liberismo: il lavoro è sottomesso di fatto, non all'uomo, ma al capitale. Non ci trovo altra spiegazione. Con tutte le conseguenze per la democrazia. Ma mentre l'URSS fu costantemente rampognata, di questo non si fa alcuna analisi. Grazie. Flavio.
  6. E' un tema difficilissimo e quindi occorre attenersi al libro che ho solo scorso. Mi sembra che l'autore riprenda i temi delle prove dell'esistenza di Dio rovesciandole e poi faccia una disamina dei paesi storici del monoteismo. Mi sembra che tuttavia il consumismo etc . dell'occidene sia anche frutto di questioni politiche e non religiose: la chiesa non le condanna come ha fatto con il comunismo: condannare un'altra etica seppur per certi versi aberrante le è più facile che una società in cui lei stessa è coinvolta. Ma che il capitalismo sia derivato dalle religioni è ancora materia di contestazione. Da ciò si vede che l'etica è un insieme di cose, di costruzioni. L'autore dice etica separata dalla fede? No: questa è la concezione liberale, che è infondo dialettica, di separazione degli ambiti: l'etica è quindi una cosa pratica e deve essere utile. L'autore, pur con spunti profondissimi, vuole invece creare un'etica sulle ceneri del dio morto, il che è un'altra cosa e può prestarsi a rigidità. L'etica è appunto contro ogni rigidità. Se l'aeismo viene istituzionalizzato diventa una religione. Io penso che un essere etico possa essere religioso, un essere ateo non possa essere necessariamente etico e con infinite varianti. Il continuo ossessivo tam tam sul nichilismo europeo mi rimanda a persone che rifiutavano la religione senza cercare un'alternativa più moderna: era l'ateismo frustrato dalle sconfitte dell'Europa autosufficiente con il suo dio, ma anche il limite di un certo pensiero ateistico..... Il consumismo è frutto dell'ingiustizia sociale, può essere la rivalsa per unvuoto lasciato dallo spirito,di cui hanno colpa sia i religiosi sia i filosofi atei, sia i liberali, sia i marxisti, sia gli esistenzialisti, sia i deterministi, sia i positivisti, sia gli empiristi. gli strutturalisti: non ci sembra con con tutta questa ricchezza piangere su un occidente "ripiegato su se stesso", come dice l'autore, sia un pò ipocrita? "Un'Europa che non accoglie le realtà nuove", come se l'europa non le conoscesse, non le valutasse (ha conosciuto e forgiato tutto il mondo). Non mi si dica che non conosce l'islamismo o il confucianesimo: e sarebbero queste le realtà salvifiche? Mi sembra - ma posso sbagliare - che l'autore sia preoccupato di un intoppo nel capitalismo che secondo lui dovrebbe essere etico alla Max Weber: ma quest'ultimo diceva appunto: lo spirito del capitalismo e l'etica protestante: vedete il paradosso morale ed ascetico rispetto ai nostri predecessori, che in bene o in male avevano dato uno spirito al capitalismo (cioè alla realtà fenomenologica e fattuale e lasciato l'etica alla religione, come forza morale non come monoteismo riportato dall'alto,come esigenza intima e non come dogma. Mi sembra che le preoccupazioni dell'autore siano più immediate.
  7. Secondo me le feste per chi è religioso sono motivo di raccoglimento e questo si è tradotto anche nel modo comune: ma l'infinito teologico crea ansia! E allora sballi e compere! Più che ansia è strass, senso di vuoto per un valore non più sentito ma che cosstituiva invece un momneto di aggregazione concreta e non fittizia. Io ... me ne frego ... è una festa come un'altra. Anzi, non la vivo neppure, la dissacro (in senso buono). Mi vesto come gli altri giorni, mi lavo come gli altri giorni, vado a vedere la libreria Feltrinelli: la riempio dei miei interessi. Certo vado anche al cimitero, sì, ma non mi dà ansia, parlo con loro. Se vediamo l'umiltà della nascita di Gesù, fu una giornata non di festa trionfalistica ma di grandi disagi, colmati da un pò di calore. Per cui anche chi cerca calore non fa male. E chi invece è più furbo, continui la lavorare. In ogni modo non mi formalizzo. Flavio.
  8. Non sono esperto in economia, ma mi è successo di passare per il tratto di ferrovia dove è avvenuto l'incidente sul Brenero. Mancanza di tecnologia e di personale. Quindi spese correnti. Ma non si puòdare la colpa solo alla Finanziaria, perché essa ha tenuto conto di precendenti stanziamenti per Tav e ferrovie superveloci. Nella nostra situazione non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Chi ha fissato i mastodontici piani di ferrovie superveloci? Il precedente governo. Data la sistematica insistenza con grafici vari si desume che l'ordinaria amministrazione sia stasta un pò disattesa. Poi si scopre che lo stanziamento faraonico per lo stretto di Messina era una favola. Giustamente il ministro di Pietro ha fatto una scaletta. Un governo serio fa una TAV per legislatura non 6 TAV, coinvolgendo del tutto impropriamente singoli membri e non organi istituzionali delle singole regioni. Così si costruisce una ferrovia bassopadana che si perde nelle tundre del polesano, come quel treno Cassandra.... La ferrovia Bologna Verona è ancora a Binario unico. In compenso a monte (proprio a monte ) del disastro ferroviario del Brennero si presume di costruire una galleria di 50 km. Poi non ci sono carrozze ferroviarie e i vechi e le donne e i bambini restano in piedi. Quattro file di gente per salire su un treno insufficiente. Bisogna conoscere il sistema ferroviario italiano: nessuno sa che 4.000 km di ferrovie sono a scartamento ridotto nel sud? Ma è giusto: per le pendenze eisstenti, ma con ciò non si può pretendere mole di trasporti e velocità. Però non voglio apparire fazioso solo con il precedente governo: forattini scrisse: deragliando e Burlando che male vi fò? Flavio
  9. Ci sono tante realtà. Il fatto obiettivo resta obiettivo e non lo discuto: spetta a chi di dovere verificare. Però per esperienza personale esiste sempre un pregiudizio a monte e la persona sola o sprovveduta tende ad assumere la sindrome di Stoccolma. esiste una psicologia del padrone o del gruppo che ti mette sempre in situazioni di soggezione psicologica. In certi casi sopravviene la brutalità del potere per il potere. Ad es. si può visitare un sito di gramsci per motivi culturali e ricevere commenti ironici. A chi parla degli USA, occorre dire che alcuni tentano quella strada. Io non conosco la situazione statunitense, ma la deregulation è un fatto costante ivi. Non accettando la lotta di classe, per quel che può valere questa affermazione, la lotta beluina ne è in fondo la conseguenza. Certo, se anche quello che scrivo è causa di mobbing.... pensateci voi. flavio.
  10. Che il ritratto di Doarian Gray sia nella polvere da anni (reminiscenza manzoniana della polvere e dell'altar:sei un pò retorico come Wilde! ottima lezione sul carattere appreso o innato dei comportamenti), è falso: lo leggono tutti gli studenti: sarà una moda, ma Wilde era il campione delle mode e delle divulgazioni. Era un ottimo pedagogo! che sia stucchevole: era un modo di fare dovuto alla necessità di minimizzare i problemi di fronte ad uno scontro di civiltà mica da scherzo. Che non sia profondissimo, non è dovuto ad omosessualità o no, ma ai suoi limiti e caratteri intellettuali. Del resto i gay stessi - molti - non lo amano, ma non si amano neanche fra di loro. Le minime differenziazioni inducono a giudizi pesanti: il conformismo gay non si discute. Ebbe grandi amici che lo ebbero vicino fino alla morte. Gide andava dall'altra parte della strada , quando lui passava povero per Parigi (ma lui è molto amato, Gide il furbo egocentrico!). Vi ricordo che il suo amico che lo assistette in carcere morì per un infarto per un ennesimo ricatto. Per quanto riguarda le donne, probabilmente era bisessuale. Che facesse battute su di esse, può essere offensivo e stereotipo, forse era il tipo misogino, ma lo direi con circospezione. Non ha mai scritto che la donna sia sottomessa al marito, l’ha scritto un altro che ha perseguitato i gay: Saulo. Scrivere che le donne andrebbero trasformate tutte i n statue di sale, se non altro per l’uso che ne fanno in cucina: dai è misoginia? Ne dite sugli uomini voi compresa la continua competitività che ha bisogno del costante aiuto degli uomini: dai! Che non vi sono affatto contro! Che fosse gay è fuor di dubbio, che la moglie abbia cambiato il cognome in Holland per conformismo sociale è fuor di dubbio. Certo, i danni li ha fatti alla famiglia. Ma è la storia dolorosa di tanti gay, in più con la non possibilità di risolvere la cosa, ma con la persecuzione ad ogni sua espressione. Questo rimanda alla non possibilità di espressione di qualsiasi cosa: non c’entra il danno alla famiglia. Mi ha poi colpito il signore che dice che Wilde è uno degli uomini più odiati: io faccio un’ipotesi: è il signore che odia Wilde. Poi c’è la signora che dice che Wilde è misogino (può esserlo e lei in che ne è diminuita?), ma io posso dire che la signora odia Wilde: è una cosa reciproca... ma è una sorta di affinità elettiva…. Dunque un uomo e una donna odiano Wilde. Sillogismo aristotelico: tutti odiano Wilde? NO, lui è un tipo umano ben al di sopra delle differenziazioni di genere e poi i due signori sono coalizzati …. Edio non ci metto il dito. Del resto questo matrimonio fondato sulle avversioni da parte di questi due signori s'ha senz'altro da fare. Tutti i gay sarebbero contenti che due simili tipi fossero in tal maniera neutralizzati. Grazie. Flavio.
  11. Siccome mi cancellate tutti i messaggi, su Oscar Wilde vi dirò solo: "l'albergo equivoco è sempre attaccato al Parlamento" e lasciatemi scrivere!
  12. Ultraazionista illuministica, fautrice dell'intervento dall'alto, antidemocratica ma utopica era spinta sempre verso il marxismo che ammirava della sua Toscana (un tempo illuminista) e gli contraponevaun mondo utopico formato da un insieme dialettico di elementi postindustriali e di fondamentalismo islamico. Il mondo islamico era il suo mondo agreste con le violenze e illegalità da lei descritte nel libro L'orgoglio e la rabbia e La forza della ragione. Odiava gli uomini politici italiani come classe: elemento marxista e non populista , come si crederebbe. Pieno patrimonio della sinistra nel versante eretico. Flavio
  13. Ho letto il codice da Vinci ed ho completato la mia visione della Chiesa che si inquadra anche in una visione già problematica della fede cristiana. Il libro mi ha disgustato per la visione fallica del tutto gratuita. Invece, le tematiche sulle fonti mi hanno colpito. Ritengo che sia stato tutto manipolato, ma con ciò "le mie parole non passeranno". C'è un messaggio che sfugge ad ogni manipolazione: questa è la mia impressione. Con questo le mie idee della laicizzazione completa della vita restano e si rafforzano. desidererei avere una visione del tutto atea della vita. Solo un punto fuori può dare l'obiettività e con la fede si resta dentro. Si può avere fede ed essere liberi? obiettivi? Ma si può essere senza fede e con certezze? Si può essere atei e felici? Io ho provato solo infelicità con la fede, ma qui si apre tutta una problematica sul dolore indotto o autoindotto, che questa società contesta e sul valore del sacrificio della vita in modo "altruistico", che questa società contesta altamente. del resto una visione atea dà solo egoismo? l'egoismo è felicita? Le mie fonti sono state: religiose: Kierkegaard (di cui ho fatto una radicale contestazione: individuo-individualismo, supporto al capitalismo in maniera la più determinante possibile dell'ottocento, contraddizioni proprio di natura dialettica - e che contesta Hegel!, la disperazione che porta alla fede, la depressione ciclica come l'unica forma dialettica di Kierkegaard etc. etc. La speranza Kierkegaard da buon capitalista la lascia al privato, alla conversione (e questa non è il massimo del privatismo, dell'inviolabilità della proprietà?). Bernanos: esistenzialismo più concreto ma anche più bigotto, con sprazzi mistici: ma questa felicità è proprio il frutto proibito del cristianesimo! Ma bernanos tocca il punto della santità, che sfugge a Kierkegaard completamente: e qui io sto zitto per alcuni esempi che ho avuto .... Per il non ciristianesimo è fondamentale: Nietzsche, Russel, ma anche tutta la tematica laicistica radicale, Marx (ma Marx è criptico: bisogna del tutto sviscerarlo dal punto di vista religioso: è molto complesso, forse il più complesso di tutti, più del vangelo stesso: esso tocca il nocciolo del bisogno umano ed è in continua evoluzione) Ritengo che una visione liberale sia precedente ad una visione laica: la separazione degli ambiti. Dik qui la completa deriva di tutta la politica italiana. Una società in cui l'intolleranza e l'inquisizione è entrata dappertutto anche nella sinistra. Ma con questo la destra resta sempre da colpire. Il riformismo del massimalismo è quindi con (buona pace dei neomarxisisti) ancor più rivoluzionario del massimalismo stesso. con ciò la mia posizione antidestra resta una base liberale/liberalissima di roccia.
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