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Disoccupazione e legge Biagi


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Una ricerca dell'Istat ha rilevato che in Italia, dalla applicazione della legge Biagi, la disoccupazione scende...

Ci indichi il link alla ricerca, tanto per avere un po' di info più sostanziose su cui discutere?

Il punto è che "la disoccupazione scende" è una frase che non vuol dire nulla, di per sè.

Potrebbe anzi voler dire che i disoccupati stanno crescendo in numero, e cioè il contrario

di ciò che appare a prima vista.

Provo a spiegarmi meglio. Il tasso di disoccupazione viene calcolato così:

Tasso di disoccupazione = ( persone in cerca di lavoro / forza lavoro ) * 100

dove "forza lavoro = persone in cerca di lavoro + persone occupate.

(Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Tasso_di_disoccupazione )

Questo significa che se una persona non occupata smette di cercare lavoro, cioè esce dal mercato del

lavoro e magari diventa un clochard, il tasso di disoccupazione scende.

Curiosamente, uno degli effetti della legge citata è proprio quello di scoraggiare la ricerca di lavoro, alla lunga

(sia per chi è occupato che per chi non lo è).

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Ci indichi il link alla ricerca, tanto per avere un po' di info più sostanziose su cui discutere?

Il punto è che "la disoccupazione scende" è una frase che non vuol dire nulla, di per sè.

Potrebbe anzi voler dire che i disoccupati stanno crescendo in numero, e cioè il contrario

di ciò che appare a prima vista.

Provo a spiegarmi meglio. Il tasso di disoccupazione viene calcolato così:

Tasso di disoccupazione = ( persone in cerca di lavoro / forza lavoro ) * 100

dove "forza lavoro = persone in cerca di lavoro + persone occupate.

(Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Tasso_di_disoccupazione )

Questo significa che se una persona non occupata smette di cercare lavoro, cioè esce dal mercato del

lavoro e magari diventa un clochard, il tasso di disoccupazione scende.

Curiosamente, uno degli effetti della legge citata è proprio quello di scoraggiare la ricerca di lavoro, alla lunga

(sia per chi è occupato che per chi non lo è).

certo e con questi dati i governi (chiunque si trova al governo intendo), spiattellano le loro belle statistiche a scopo demagogico...e la verità esce fuori sempre quando è troppo tardi, quando cioè tocca all'opposizione salire al potere, così i dati confortevoli diventano sconfortanti e viceversa, e si rimane sempre nella completa ignoranza dei fatti!!! Scusate lo sfogo che non c'entra nulla ma è sempre la solita solfa.

Ora rigurardo alla legge Biagi anch'io sarei interessata a saperne qualcosa in più, visto che non sono infomatissima in materia!!!!

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certo e con questi dati i governi (chiunque si trova al governo intendo), spiattellano le loro belle statistiche a scopo demagogico...e la verità esce fuori sempre quando è troppo tardi, quando cioè tocca all'opposizione salire al potere, così i dati confortevoli diventano sconfortanti e viceversa, e si rimane sempre nella completa ignoranza dei fatti!!! Scusate lo sfogo che non c'entra nulla ma è sempre la solita solfa.

Ora rigurardo alla legge Biagi anch'io sarei interessata a saperne qualcosa in più, visto che non sono infomatissima in materia!!!!

Ottimo sfogo distruttivo/costruttivo (quelli che preferisco :icon_confused: ).

Possiamo raccogliere un po' di voci / punti di vista / pareri da varie direzioni. Questo recente articolo,

ad esempio, mi sembra interessante e ragionevolmente critico al punto giusto (viene da lavoce.info, che

non è propriamente una fonte allineata, né in un verso né nell'altro):

19-06-2007

Il lavoro tra Tavolo e mercato

Tito Boeri

Pietro Garibaldi

La luna di miele del mercato del lavoro italiano sembra finita. Cresce sì l'occupazione, ma molto meno

che in passato quando si tiene in considerazione l'andamento dell'economia nel suo complesso. Da sei

anni ci eravamo abituati a una straordinaria creazione di posti di lavoro anche con un paese fermo.

Adesso siamo tornati alla normalità. Tra il primo trimestre del 2006 e il primo trimestre del 2007,

l'occupazione è cresciuta dello 0,4 per cento, mentre il prodotto interno lordo è aumentato del 2,2 per cento.

Le brutte notizie

Non tragga in inganno il dato sulla forte riduzione della disoccupazione, che si assesta ormai appena

sopra al 6 per cento. È soprattutto il risultato di una diminuzione dell'offerta di lavoro: più persone che

non lavorano, né cercano attivamente lavoro. In Italia, date anche le dimensioni dell'economia sommersa,

i confini fra disoccupazione e inattività sono molto labili. Meglio guardare, anziché al tasso di disoccupazione,

al rapporto fra occupati e popolazione in età lavorativa. Questo indicatore, il tasso di occupazione, non aumenta

dopo molti anni in cui ci eravamo avvicinati agli obiettivi di Lisbona. Ci fermiamo a ridosso del 58 per cento.

Per centrare quegli obiettivi, il tasso di occupazione dovrebbe salire al 70 per cento entro il 2010.

Sembra una chimera. (continua cliccando qui...)

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Ottimo sfogo distruttivo/costruttivo (quelli che preferisco :;): ).

Possiamo raccogliere un po' di voci / punti di vista / pareri da varie direzioni. Questo recente articolo,

ad esempio, mi sembra interessante e ragionevolmente critico al punto giusto (viene da lavoce.info, che

non è propriamente una fonte allineata, né in un verso né nell'altro):

19-06-2007

Il lavoro tra Tavolo e mercato

Tito Boeri

Pietro Garibaldi

La luna di miele del mercato del lavoro italiano sembra finita. Cresce sì l'occupazione, ma molto meno

che in passato quando si tiene in considerazione l'andamento dell'economia nel suo complesso. Da sei

anni ci eravamo abituati a una straordinaria creazione di posti di lavoro anche con un paese fermo.

Adesso siamo tornati alla normalità. Tra il primo trimestre del 2006 e il primo trimestre del 2007,

l'occupazione è cresciuta dello 0,4 per cento, mentre il prodotto interno lordo è aumentato del 2,2 per cento.

Le brutte notizie

Non tragga in inganno il dato sulla forte riduzione della disoccupazione, che si assesta ormai appena

sopra al 6 per cento. È soprattutto il risultato di una diminuzione dell'offerta di lavoro: più persone che

non lavorano, né cercano attivamente lavoro. In Italia, date anche le dimensioni dell'economia sommersa,

i confini fra disoccupazione e inattività sono molto labili. Meglio guardare, anziché al tasso di disoccupazione,

al rapporto fra occupati e popolazione in età lavorativa. Questo indicatore, il tasso di occupazione, non aumenta

dopo molti anni in cui ci eravamo avvicinati agli obiettivi di Lisbona. Ci fermiamo a ridosso del 58 per cento.

Per centrare quegli obiettivi, il tasso di occupazione dovrebbe salire al 70 per cento entro il 2010.

Sembra una chimera. (continua cliccando qui...)

ecco appunto!!!

Il problema che denoto subito a impatto è che i politici nei loro programmi finanziari gurdano sempre al breve termine e a ciò che può catturare l'attenzione della gente, per aumentare i consensi nelle proprie file, così facendo la nostra economia non va nè avanti nè dietro, però naturalmente col passare degli anni rimanendo ferma è come se arretrasse, e i disoccupati aumentano, anche se non aumenta il tasso di disoccupazione, facile no!!!! :icon_confused:

citazione:"È sufficiente introdurre un contratto a tempo indeterminato con tutele che crescono con la durata del rapporto di lavoro. Sembra sia una delle prima cose che la Francia di Sarkozy vorrà fare in termini di riforma del mercato del lavoro. Perché non possiamo farlo anche noi?",..... ma credi che sia davvero suffiiente questo? E perchè secondo te, non lo facciamo anche noi? :attack:

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"È sufficiente introdurre un contratto a tempo indeterminato con tutele che crescono con la durata del rapporto di lavoro.

Sembra sia una delle prima cose che la Francia di Sarkozy vorrà fare in termini di riforma del mercato del lavoro. Perché non

possiamo farlo anche noi?",..... ma credi che sia davvero suffiiente questo? E perchè secondo te, non lo facciamo anche noi?

:icon_confused:

Non so se è sufficiente e a dir la verità non so nemmeno se è un buon accorgimento (non lo so davvero, non è retorica).

Secondo me, il perché sia tanto difficile, prima ancora che fare qualcosa, riuscire a discutere seriamente sullo stato reale

delle cose... va ricercato facendosi questa domanda: "chi ci guadagna?" (e quella speculare: "chi ci perde a cambiare?").

Oltre ai politici che s'aggrappano agli slogan, ovviamente... Poi mi chiedo anche... "Ma se questo modo di fare viene usato

anche nei luoghi di lavoro... che accade?" (ma forse corro troppo).

Ma ascoltiamo altre voci, altri punti di vista... più se ne sentono meglio è! Magari nessuno ha la verità in mano ma qualche

tassello forse ce l'hanno tutti... Un'altro parere interessante è quello di Joseph Stiglitz, premio Nobel per l'economia, qui in

una lettera al Beppe nazionale, risalente all'anno scorso:

“Caro Beppe,

dall'Italia mi giungono notizie allarmanti: la legge sul primo impiego viene ritirata in Francia dopo poche settimane di

mobilitazione studentesca e da voi la legge 30 resiste senza opponenti dopo anni. Permettimi allora una breve riflessione

Nessuna opportunità è più importante dell'opportunità di avere un lavoro. Politiche volte all'aumento della flessibilità del

lavoro, un tema che ha dominato il dibattito economico negli ultimi anni, hanno spesso portato a livelli salariali più bassi e

ad una minore sicurezza dell'impiego. Tuttavia, esse non hanno mantenuto la promessa di garantire una crescita più alta e

più bassi tassi di disoccupazione. Infatti, tali politiche hanno spesso conseguenze perverse sulla performance dell'economia,

ad esempio una minor domanda di beni, sia a causa di più bassi livelli di reddito e maggiore incertezza, sia a causa di un

aumento dell'indebitamento delle famiglie.

Una più bassa domanda aggregata a sua volta si tramuta in più bassi livelli occupazionali. Qualsiasi programma mirante alla

crescita con giustizia sociale deve iniziare con un impegno mirante al pieno impiego delle risorse esistenti, e in particolare

della risorsa più importante dell'Italia: la sua gente.

Sebbene negli ultimi 75 anni, la scienza economica ci ha detto come gestire meglio l'economia, in modo che le risorse

fossero utilizzate appieno, e che le recessioni fossero meno frequenti e profonde, molte delle politiche realizzate non sono

state all'altezza di tali aspirazioni. L'Italia necessita di migliori politiche volte a sostenere la domanda aggregata; ma ha

anche bisogno di politiche strutturali che vadano oltre - e non facciano esclusivo affidamento sulla flessibilità del lavoro.

Queste ultime includono interventi sui programmi di sviluppo dell'istruzione e della conoscenza, ed azioni dirette a facilitare

la mobilità dei lavoratori.

Condividiamo l'idea per cui le rigidità che ostacolano la crescita di un'economia debbano essere ridotte. Tuttavia riteniamo

anche che ogni riforma che comporti un aumento dell'insicurezza dei lavoratori debba essere accompagnata da un aumento

delle misure di protezione sociale.

Senza queste la flessibilità si traduce in precarietà.

Tali misure sono ovviamente costose. La legislazione non può prevede che la flessibilità del lavoro si accompagni a salari più

bassi; paradossalmente, maggiore la probabilità di essere licenziati, minori i salari, quando dovrebbe essere l'opposto.

Perfino l'economia liberista insegna che se proprio volete comprare un bond ad alto rischio (tipo quelli argentini o Parmalat,

ad alto rischio di trasformazione in carta straccia), vi devono pagare interessi molto alti.

I salari pagati ai lavoratori flessibili devono esser più alti e non più bassi, proprio perché più alta è la loro probabilità di

licenziamento. In Italia un precario ha una probabilità di esser licenziato 9 volte maggiore di un lavoratore regolare, una

probabilità di trovare un nuovo impiego, dopo la fine del contratto, 5 volte minore e che fino al 40% dei lavoratori precari è

laureato.

Ma se li mettete a servire patatine fritte o nei call center, perché spendere tanto per istruirli?

Grazie per l'ospitalità.”

Joseph E. Stiglitz

http://www.beppegrillo.it/2006/04/gli_schiavi_mod_3.html

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"Tali misure sono ovviamente costose. La legislazione non può prevede che la flessibilità del lavoro si accompagni a salari più

bassi; paradossalmente, maggiore la probabilità di essere licenziati, minori i salari, quando dovrebbe essere l'opposto.

Perfino l'economia liberista insegna che se proprio volete comprare un bond ad alto rischio (tipo quelli argentini o Parmalat,

ad alto rischio di trasformazione in carta straccia), vi devono pagare interessi molto alti" .

molto interessante e significativo l'esempio, e drammaticamente vera la situazione, il rpoblema sta proprio in questo, stipendi più bassi corrispondono a meno acquisti, meno acquisti corrispondono a meno vendite, meno vendite corrispondono a licenziamenti e la ruota riparte... abbiamo bisogno di una spinta all'economia, la gente deve sentirsi sicura di spendere, già il precariato di per se, non dà certezze e quindi chi ha famiglia soprattutto tende a risparmiare o per lo meno a non sperperare troppo, se poi accompagnano questo a stipendo bassi è tutto più difficile. Inoltre la mobilità ch si cerca nei lavoratori deve essere (come giustamente dice Stigliz) accompagnata da quelle misure che ne permettono tale fenomeno, cosa che in italia io non vedo assolutamente, anzi molti padri di famiglia devono lasciare i propri cari lontano e magari andare a pagare l'affitto in un altro paese per poter lavorare e alla fine guadagnare molto meno che se rimanevano a casa loro, con un lavoro a nero.... :Batting Eyelashes:

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Secondo me un buon modo per affrontare il discorso è anche quello di guardare le cose dal punto

di vista di chi il servizietto l'ha richiesto anni fa, adducendo motivazioni impellenti. Cioè dal punto

di vista delle imprese, o meglio - visto che le imprese sono enti inanimati e quindi non hanno punti

di vista - dal punto di vista delle dirignenze, mannaggement, intraprenditori e via dicendo.

Leggendo i commenti all'articolo di Boeri e Garibaldi m'ha colpito (ouch!) questa affermazione, che

è uno dei tanti argomenti "pro" che di solito si sentono:

"Le imprese efficienti (a differenza dell'apparato statale) non hanno ridondanze nell'organico, se

manca una persona è un guaio, il job on call risolve il problema."

Questo argomento meriterebbe di essere messo sotto la lente d'ingrandimento, vivisezionato, perché

dice molte cose...

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Secondo me un buon modo per affrontare il discorso è anche quello di guardare le cose dal punto

di vista di chi il servizietto l'ha richiesto anni fa, adducendo motivazioni impellenti. Cioè dal punto

di vista delle imprese, o meglio - visto che le imprese sono enti inanimati e quindi non hanno punti

di vista - dal punto di vista delle dirignenze, mannaggement, intraprenditori e via dicendo.

Leggendo i commenti all'articolo di Boeri e Garibaldi m'ha colpito (ouch!) questa affermazione, che

è uno dei tanti argomenti "pro" che di solito si sentono:

"Le imprese efficienti (a differenza dell'apparato statale) non hanno ridondanze nell'organico, se

manca una persona è un guaio, il job on call risolve il problema."

Questo argomento meriterebbe di essere messo sotto la lente d'ingrandimento, vivisezionato, perché

dice molte cose...

in effetti io credo che in realtà il vero senso della riforma sarebbe quello di una spinta all'economia, facilitando le imprese, che all'nizio assumono personae usufruendo di queste forse di assunzione precarie e poi col tempo migliorando il sistema economico, sarebbero divute cominciare le assuinzioni più sicure, più garantiste per i lavoratori.

E se non sbaglio un certo movimento di crescita nelle imprese c'è stato, il problema è che rimane la prcarietà per i lavoratori...

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in effetti io credo che in realtà il vero senso della riforma sarebbe quello di una spinta all'economia, facilitando le imprese, che all'nizio assumono personae usufruendo di queste forse di assunzione precarie e poi col tempo migliorando il sistema economico, sarebbero divute cominciare le assuinzioni più sicure, più garantiste per i lavoratori.

E se non sbaglio un certo movimento di crescita nelle imprese c'è stato, il problema è che rimane la prcarietà per i lavoratori...

No, non c'è stato, temo. Ma è tutto da verificare, perché per sapere se un'impresa cresce o non cresce è

necessario fare bene i conti e le imprese tendono ad essere un tantino allergiche a questo discorso.

La precarietà serve spesso a far tornare conti che altrimenti non tornerebbero affatto, o meglio, che se

fatti bene sarebbero uno specchio un po' più fedele dell'andamento reale delle aziende ma toglierebbero

un po' il gusto dell'autocelebrazione.

La frase che avevo evidenziato diceva alcune cose un po' buttate lì, degne di approfondimento per il bene

di tutti (imprese e persone). La riporto:

"Le imprese efficienti (a differenza dell'apparato statale) non hanno ridondanze nell'organico, se

manca una persona è un guaio, il job on call risolve il problema."

Intanto dice una cosa che farebbe rabbrividire qualunque imprenditore o manager appena appena serio

e conscio di cosa vogliono dire le parole "organizzazione", "gestione", "rischio" eccetera:

"se manca una persona è un guaio"

e la soluzione proposta a questa deficienza gestionale (altro non è) sembra più una via di fuga che altro.

Oddio... dipende dal tipo di attività, ovviamente, ma in generale sono abbastanza certo di ciò che dico.

Ma a monte c'è un'altra affermazione interessante, quella sull'efficienza delle imprese.

Ci sarebbe da chiedersi: cosa vuol dire che un'impresa è efficiente?

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No, non c'è stato, temo. Ma è tutto da verificare, perché per sapere se un'impresa cresce o non cresce è

necessario fare bene i conti e le imprese tendono ad essere un tantino allergiche a questo discorso.

La precarietà serve spesso a far tornare conti che altrimenti non tornerebbero affatto, o meglio, che se

fatti bene sarebbero uno specchio un po' più fedele dell'andamento reale delle aziende ma toglierebbero

un po' il gusto dell'autocelebrazione.

La frase che avevo evidenziato diceva alcune cose un po' buttate lì, degne di approfondimento per il bene

di tutti (imprese e persone). La riporto:

"Le imprese efficienti (a differenza dell'apparato statale) non hanno ridondanze nell'organico, se

manca una persona è un guaio, il job on call risolve il problema."

Intanto dice una cosa che farebbe rabbrividire qualunque imprenditore o manager appena appena serio

e conscio di cosa vogliono dire le parole "organizzazione", "gestione", "rischio" eccetera:

"se manca una persona è un guaio"

e la soluzione proposta a questa deficienza gestionale (altro non è) sembra più una via di fuga che altro.

Oddio... dipende dal tipo di attività, ovviamente, ma in generale sono abbastanza certo di ciò che dico.

Ma a monte c'è un'altra affermazione interessante, quella sull'efficienza delle imprese.

Ci sarebbe da chiedersi: cosa vuol dire che un'impresa è efficiente?

non so se riesco a seguirti, certo se un'impresa è efficiente non dovrebbe essere "un guaio" se manca una persona....l'efficienza sta proprio nell'organizzazione, e questa è data dal personale, anch'esso "efficiente".... :Big Grin:

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non so se riesco a seguirti, certo se un'impresa è efficiente non dovrebbe essere "un guaio" se manca una persona....l'efficienza sta proprio nell'organizzazione, e questa è data dal personale, anch'esso "efficiente".... :Big Grin:

Si, infatti. Ci sarebbe da chiedersi come si fa a stabilire se un'impresa è efficiente oppure no, ma per il senso del topic

è più interessante quello che hai osservato tu: l'organizzazione è data dal personale, anch'esso "efficiente".

Sono perfettamente d'accordo. Però c'è personale e personale... anche parlando in generale e senza guardare una

realtà specifica, tra le persone che lavorano in un'organizzazione ci sono molte differenze, di solito: differenze di mansioni,

di "poteri" e relative responsabilità, differenze contrattuali eccetera...

Proseguendo un po' il ragionamento mi viene da chiedere:

Quale personale influisce di più sull'efficienza di un'organizzazione?

Quale personale ha convenienza a rendere efficiente un'organizzazione?

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Si, infatti. Ci sarebbe da chiedersi come si fa a stabilire se un'impresa è efficiente oppure no, ma per il senso del topic

è più interessante quello che hai osservato tu: l'organizzazione è data dal personale, anch'esso "efficiente".

Sono perfettamente d'accordo. Però c'è personale e personale... anche parlando in generale e senza guardare una

realtà specifica, tra le persone che lavorano in un'organizzazione ci sono molte differenze, di solito: differenze di mansioni,

di "poteri" e relative responsabilità, differenze contrattuali eccetera...

Proseguendo un po' il ragionamento mi viene da chiedere:

Quale personale influisce di più sull'efficienza di un'organizzazione?

Quale personale ha convenienza a rendere efficiente un'organizzazione?

si certo il personale è molto differente, e ha anche mansioni, responsabilità ma nche interessi personali diversi, al buon funzionamnto dell'impresa...

Non so se le diverse mansioni abbiano una diversa influenza sull'efficienza dell'impresa, forse è più facile distinguere chi ha più interesse affinchè ci sia quest'efficienza....una distinzione principale, si può fare fra operai e impiegati, i primi sono a stretto contatto con la produzione ma i secondi hanno forse una coscienza maggiore del giro d'affari, delle perdite e guadagni e oltre a gestire la parte pratica devono organizzare anche i contatti con fornitori e clienti (parlo molto in generale ovviamente)...Il loro lavoro è fondamentale e non si impara in mezz'ora i dirigenti sono a più stretto contatto con loro, e di solito sono più longimiranti nell'impresa. Gli operai invece spesso vengono cambiati, impare a usare macchinari (sempre molto genericamente parlando) o a guidare mezzi e meno difficile e sitende a tenerne alcuni di fiducia, più a stretto contatto con la dirigenza o i titolari, e altri "interscambiabili" che forse hanno anche meno interesse a far funzionare le cose, magari non sentendosi parte di quel sistema....

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E i dirigenti li si può considerare "personale"?

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E i dirigenti li si può considerare "personale"?

bà non so, forse nel senso più ampio del termine, si, anche loro infondo potrebbero, nonostante l'interesse essere inefficienti no?

Ste, mi stai interrogando??? :icon_biggrin:

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bà non so, forse nel senso più ampio del termine, si, anche loro infondo potrebbero, nonostante l'interesse essere inefficienti no?

Ste, mi stai interrogando??? :icon_mrgreen:

:icon_biggrin: No... è solo il mio modo di discutere... preferisco fare domande più che dare risposte,

in modo che venga fuori qualcosa di più utile del mio parziale punto di vista... ma quando faccio domande è

all'argomento che penso, non a te (non essere gelosa, eh!! :icon_mrgreen: ).

Facevo quella domanda perché una cosa che noto tanto in giro (e che sto pagando salato anche personalmente),

è che sembra quasi che chi dirige - sia esso "top" o semplice quadro - non influisca molto sull'efficienza delle

organizzazioni. Ogni volta che c'è qualcosa che non va si tende a cercare cause e soluzioni altrove.

Eppure a ben pensarci, dirigere significa soprattutto organizzare... no? Pensavo ad esempio alla questione della

ridondanza e del fatto che se manca una persona è un guaio... in molti casi questo è un difetto di organizzazione,

non di mancanza di persone. Ma non tutte le persone sul lavoro hanno poteri decisionali per intervenire e risolvere

un difetto del genere se lo facessero verrebbero di sicuro accusate di ingerenza... Spesso le persone hanno solo

potere di segnalare il difetto, e se nel farlo rischiano... o se tanto dopo 3 mesi finisce il contratto... chi glie lo fa fare?

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:icon_rolleyes: No... è solo il mio modo di discutere... preferisco fare domande più che dare risposte,

in modo che venga fuori qualcosa di più utile del mio parziale punto di vista... ma quando faccio domande è

all'argomento che penso, non a te (non essere gelosa, eh!! :air_kiss: ).

bè, un pò delusa sono!!!! :Phbbbt::icon_biggrin:

Facevo quella domanda perché una cosa che noto tanto in giro (e che sto pagando salato anche personalmente),

è che sembra quasi che chi dirige - sia esso "top" o semplice quadro - non influisca molto sull'efficienza delle

organizzazioni. Ogni volta che c'è qualcosa che non va si tende a cercare cause e soluzioni altrove.

Eppure a ben pensarci, dirigere significa soprattutto organizzare... no? Pensavo ad esempio alla questione della

ridondanza e del fatto che se manca una persona è un guaio... in molti casi questo è un difetto di organizzazione,

non di mancanza di persone. Ma non tutte le persone sul lavoro hanno poteri decisionali per intervenire e risolvere

un difetto del genere se lo facessero verrebbero di sicuro accusate di ingerenza... Spesso le persone hanno solo

potere di segnalare il difetto, e se nel farlo rischiano... o se tanto dopo 3 mesi finisce il contratto... chi glie lo fa fare?

infatti è quello che dico io, la dirigenza dovrebbe essere efficiente, affinchè l'impresa funzioni, però poi si dice che se manca una persona son guai, allora, dov'è finita la tanto acclamata efficienza?

Probabilmente, è una questione di convenienza a far andare le cose in un certo modo, o meglio a far sembrare che le cose vadano male. Nel senso che in fondo in fondo le cose vanno più che bene (economicamente parlando), tanto da potersi permettere personale che va e viene? Non so, certo è che chi sa di dover lavorare per un tot tempo, non si sentirà mai integrato abbastanza da compiere il proprio lavoro, dedicando se stesso, tanto al massimo va via prima no? Boo :icon_rolleyes: Ste ho perso il filo del discorso, dove volevi arrivare!!!! :abbr:

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Dove volevo arrivare? Boh...? :woot_jump: Dove porti tu va benissimo!

Probabilmente, è una questione di convenienza a far andare le cose in un certo modo, o meglio a far sembrare che

le cose vadano male. Nel senso che in fondo in fondo le cose vanno più che bene (economicamente parlando), tanto da

potersi permettere personale che va e viene?

Ahaha... :im Not Worthy: Qui mi sa che... 51.gif

Tempo fa avevo letto su un testo specializzato che, pare, gli analisti d'impresa usino spesso questa espressione:

"azienda povera / famiglia ricca".

...

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Dove volevo arrivare? Boh...? :unknw: Dove porti tu va benissimo!

:ola (2)::ola (2)::abbr:

Ahaha... :im Not Worthy: Qui mi sa che... 51.gif

Tempo fa avevo letto su un testo specializzato che, pare, gli analisti d'impresa usino spesso questa espressione:

"azienda povera / famiglia ricca".

...

...e chiamali "fessi"!!!! Si dice dalle mie parti!!!! :abbr:

Il fatto è che non c'è nessuno che controlla davvero che questa discordanza tra realtà e "dichiarato" non ci sia, si pensa solo a mettere toppe e a dire che c'è bisogno che i lavoratori diventino più flessibili....

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...e chiamali "fessi"!!!! Si dice dalle mie parti!!!! :ola (2):

Il fatto è che non c'è nessuno che controlla davvero che questa discordanza tra realtà e "dichiarato" non ci sia, si pensa solo a mettere toppe e a dire che c'è bisogno che i lavoratori diventino più flessibili....

Si... si pensa solo a mettere toppe. L'esclamazione sta ad indicare, più che una discordanza tra realtà e "dichiarato",

un fenomeno abbastanza tipico nelle aziende: quello che ultimamente viene chiamato anche "spezzatino".

In pratica, se paragoniamo un'azienda ad una mucca :abbr: , questa può essere "gestita" dall'allevatore in modi diversi:

può essere curata e accudita in modo da mantenerla sana e farle produrre periodicamente il latte (parte del quale può

anche essere utilizzato per mantenerla), oppure può essere fatta a pezzi per distribuire bistecche.

Il primo modo costa di più e dà un prodotto meno sostanzioso, ma lo dà a lungo, per molto tempo. Il secondo modo dà un

prodotto molto più sostanzioso ma una volta sola.

Poi c'è il modo "ibrido": si macella la mucca mentre la si munge, e poi la si resuscita... per fare questo c'è bisogno di aiuti di

vario tipo, e di diverse provenienze, sia nella fase di "macellazione" che in quella di "resuscitazione". :ola (2):

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Si... si pensa solo a mettere toppe. L'esclamazione sta ad indicare, più che una discordanza tra realtà e "dichiarato",

un fenomeno abbastanza tipico nelle aziende: quello che ultimamente viene chiamato anche "spezzatino".

In pratica, se paragoniamo un'azienda ad una mucca :abbr: , questa può essere "gestita" dall'allevatore in modi diversi:

può essere curata e accudita in modo da mantenerla sana e farle produrre periodicamente il latte (parte del quale può

anche essere utilizzato per mantenerla), oppure può essere fatta a pezzi per distribuire bistecche.

Il primo modo costa di più e dà un prodotto meno sostanzioso, ma lo dà a lungo, per molto tempo. Il secondo modo dà un

prodotto molto più sostanzioso ma una volta sola.

Poi c'è il modo "ibrido": si macella la mucca mentre la si munge, e poi la si resuscita... per fare questo c'è bisogno di aiuti di

vario tipo, e di diverse provenienze, sia nella fase di "macellazione" che in quella di "resuscitazione". :ola (2):

l'esempio è macabro ma rende!!!! :ola (2):

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l'esempio è macabro ma rende!!!! :Batting Eyelashes:

E' una metafora che ho letto in giro... anche a me era sembrata ottima, allora l'ho rubata. :abbr:

Ora, è facile capire se un allevatore munge o macella la sua mucca, anche senza vederlo all'opera, ma

vedendo i risultati (sfido chiunque a confondere un bicchiere di latte con una bistecca :ola (2): ).

Uscendo di metafora però, capirlo diventa un po' più difficile perché fuor di metafora latte e bistecca diventano

la stessa cosa: gli euri. Spesso è difficile capirlo anche per l'allevatore stesso, perché il confine tra la mungitura

e la macellazione può essere molto sfumato, e secondo me non è raro che lo si attraversi senza esserne del

tutto consapevoli. Il rischio, quando lo si fa senza accorgersene, è quello poi prender peri per pari e non accorgersi

che quello che sembra un aumento della produzione di latte è invece l'effetto dell'essere passati a far bistecche.

La stessa "confusione" può essere fatta anche in modo consapevole, cioè fraudolento, ovviamente.

Comunque sia, si parlava di forza lavoro, di problemi connessi e di politiche conseguenti.

L'allevatore ha bisogno di forza lavoro sia in caso di mungitura che in caso di macellazione. Però le esigenze sono

diverse nei due casi... ed è chiaro che se la strategia prevalente è la mungitura, il mercato del lavoro pretenderà

certi requisiti e certe regole, mentre se la strategia prevalente è la macellazione, le richieste saranno diverse.

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E' una metafora che ho letto in giro... anche a me era sembrata ottima, allora l'ho rubata. :icon_rolleyes:

Ora, è facile capire se un allevatore munge o macella la sua mucca, anche senza vederlo all'opera, ma

vedendo i risultati (sfido chiunque a confondere un bicchiere di latte con una bistecca :Batting Eyelashes: ).

Uscendo di metafora però, capirlo diventa un po' più difficile perché fuor di metafora latte e bistecca diventano

la stessa cosa: gli euri. Spesso è difficile capirlo anche per l'allevatore stesso, perché il confine tra la mungitura

e la macellazione può essere molto sfumato, e secondo me non è raro che lo si attraversi senza esserne del

tutto consapevoli. Il rischio, quando lo si fa senza accorgersene, è quello poi prender peri per pari e non accorgersi

che quello che sembra un aumento della produzione di latte è invece l'effetto dell'essere passati a far bistecche.

La stessa "confusione" può essere fatta anche in modo consapevole, cioè fraudolento, ovviamente.

Comunque sia, si parlava di forza lavoro, di problemi connessi e di politiche conseguenti.

L'allevatore ha bisogno di forza lavoro sia in caso di mungitura che in caso di macellazione. Però le esigenze sono

diverse nei due casi... ed è chiaro che se la strategia prevalente è la mungitura, il mercato del lavoro pretenderà

certi requisiti e certe regole, mentre se la strategia prevalente è la macellazione, le richieste saranno diverse.

certo per la macellazione i lavoratori saranno usati un pò come le mucche da macellare e per un'azienda che invece punta più sula mungitura anche i lavoratori dovranno essere trattati meglio perchè dovranno contribuire a un certo benessere generale dell'impresa che solo il lungo termine garantisce e che solo un insieme di persone fidate possono garantire...

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certo per la macellazione i lavoratori saranno usati un pò come le mucche da macellare e per un'azienda che invece punta più sula mungitura anche i lavoratori dovranno essere trattati meglio perchè dovranno contribuire a un certo benessere generale dell'impresa che solo il lungo termine garantisce e che solo un insieme di persone fidate possono garantire...

Alcuni probabilmente sì, rischieranno quella sorte. Ma anche per macellare serve forza lavoro e serve che sia fidata...

(o al limite fidelizzata...). Forse più per macellare che per mungere! Ti ricordi di quel colloquio antipatico che m'avevi

raccontato in un altro topic? Ecco...

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Alcuni probabilmente sì, rischieranno quella sorte. Ma anche per macellare serve forza lavoro e serve che sia fidata...

(o al limite fidelizzata...). Forse più per macellare che per mungere! Ti ricordi di quel colloquio antipatico che m'avevi

raccontato in un altro topic? Ecco...

si a pensarci forse è così, però io intendevo che per un'azienda atta alla macellazione c'è si bisogno di un certo numero di persone fidelizzate (che forse è iltermine più opportuno in effetti) ma che la restante parte debba essere sempre come dire un pò al di fuori estranea al vero fine dell'impresa.

Un'impresa invece che tende a lavorare più onestamente (evitando termini bovini!) e puntando a risultati costanti ma duraturi, ha anch'essa bisogno di persone fedeli su cui contare ma per il resto il personale è comunque parte integrasnte del sistema impresa, perchè conosce la sua vera "natura"..

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