pber
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Guardare la televisione mi fa male. Ci sono costretto, perché da un paio d'anni vivo col mio vecchio e lui ha bisogno di guardare la televisione per quasi tutto il tempo in cui sta a casa. Potrei sempre sostituire un po' di conversazione quando siamo a tavola. In realtà con lui la conversazione mi è impossibile. Quindi sopporto la tv nel poco tempo che passo con lui, mangiando. Qualche battuta la scambiamo prendendo a pretesto quello che viene fuori dall`odioso ordigno. L`isolamento in cui mi sono ritirato in questi anni mi ha consumato. C'è stato l'episodio inspiegabile dell'estate 2018, l'intensa, breve relazione con Silvana, la rottura con lei, la tristezza di tornare ad essere solo e isolato. Di buono la piccola storia con Silvana mi ha mostrato che sono ancora vivo. Dovrei trovare un lavoro, ho il problema di vivere lontano dalla città e di poter disporre soltanto di una bicicletta per spostarmi. Impensabile cercare un lavoro che non sia nell'immediata prossimità di casa. Impensabile anche trovare un lavoro che non sia da operaio generico. Il mio stato d'umore è pessimo e la crisi non è iniziata in questi ultimi anni, neppure nel 2010. Sono sempre stato così male, col tempo cambiava un'unica cosa: mi era sempre più difficile usare l'immaginazione per ingannarmi e autoconvincermi che non c'era nessuna crisi. Se questo è vero allora la mia crisi proviene dall'infanzia, o da quando avevo 18 anni. Cos'è che mi ferisce della televisione. Le donne belle mi feriscono. Le donne belle e giovani mi feriscono il doppio. Quelle belle, giovani e capaci sono insopportabilmente dolorose. Nel caso delle donne il dolore che sento non sfocia in odio, nel caso degli uomini sì: provo fastidio, invidia, rancore, odio. Loro hanno avuto e hanno qualcosa che a me è mancato. Mi pare di non essere capace di evitare questo pensiero. Un tempo quello stesso impulso era l'inizio di una catena di pensieri che, in breve, mi portavano lontano. Da diversi anni invece ho imparato a non partire per la tangente, resto al presente, razionalizzando ciò che sento, ma senza alcun risultato. Rispetto a prima c'è un migioramento (diciamo che non peggioro le cose), ma continuo ad essere esposto ad una sofferenza inutile, che evidentemente è indice di un sistema di idee totalmente irrazionale. Sono ormai persuaso che non lavorerò mai più come programmatore. Se penso a possibili lavori mi viene in mente una unica possibilità: l'operaio. Però qualcosa ancora reiste, in me, illusioni forse. Sarei sprecato come operaio, eppure so che non funzionerei in nessun ambiente diverso. Non funzionerei perché il mio comportamento va soggetto a improvvisi irrigidimenti, scostanza, incapacità di comunicare. In fabbrica non è diverso, ma il diverso contesto "contiene" i miei eccessi in modo più indolore. Ci si può anche permettere di mandare la gente affanculo (in certi casi e a certi patti). Ad ogni modo non è certo il "mio ambiente". Il dramma è che io non ho un ambiente mio. Semplicemente non sono mai stato capace di imparare come si sta a questo mondo. Fino al 2018 ero ancora molto inconsapevole di me stesso. Fino a quell'epoca pensavo seriamente al suicidio come misura estrema. E' perché non capivo neppure da dove provenisse tutta la sofferenza che provavo. Mi dicevo che se le cose fossero andate troppo male avrei sempre potuto "cavarmela" sparendo. Magari un po' discretamente, in modo da non far soffrire troppo le poche persone che mi vogliono bene. Oggi sento quel pericolo più lontano, perché ho imparato giudicare che la mia responsabilità, rispetto alla mia deplorevole situazione, non è così totale come pensavo prima. Questo cambiamento mi fa pensare che se trovassi il modo di dare pace alla mia ansia (forse angoscia), allora potrei vivere modestamente, ma senza più gli assilli del senso di colpa verso me stesso. Mi direi che è andata così e che poteva andarmi peggio e al diavolo tutto e tutti, quel poco che ho da godere della mia vita non voglio inquinarlo con l'ansia o l'angscia. Se... ma non sono capace di pensarla così. Mi spiace averti annoiato.
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Cosa saresti? Un omosessuale "convinto"? Che assurdità è mai questa? Ah, già, scordavo che pure io ci sono cascato. Non ieri, ma nel 1988 o giù di lì. Ero convinto di una disfunzione erettile che in realtà non era tale. Andare dal medico non mi servì a capire che erano storie, le mie. Avevo paura che non avrei potuto mostrarmi ad una ragazza. Ma come avrei vissuto senza sesso? Potevo sempre "scoprire" di essere gay, infatti "scoprii" o mi autoconvisi di esserlo e praticai la mia nuova sessualità con gioia: avevo trovato me stesso. Tutto il processo di ri-condizionamento mi prese non più di due anni, durante i quali (senza accorgermi?) continuavo a comportarmi anche da eterosessuale, pagando le donne. Ero un "gay con scappatelle etero". Non ero ancora capace di maneggiare il concetto di bisessualità (ero all'antica). Il mio vero problema era relazionarmi con le persone. Problema che non avrei mai risolto. Mi era impossibile dire cosa sento e cosa desidero. Mi era impossibile pure chiedermelo e saperlo. Dovetti rinunciare all'idea di essere gay: non lo ero. Paradossalmente: vissi quel secondo "cambio" come un fallimento. Come se pensarmi gay mi desse qualcosa che pensarmi etero invece non mi dava. Son dovuti passare molti, molti anni per prendere le distanze da quella confusione iniziale e scoprire che non mi fregava proprio nulla di sapere "cosa sono". L'unica certezza che ho (anche se poggia solo sull'intuito) è che io ho sempre avuto altri problemi di crescita, la sessualità dei 20 anni ne risentiva indirettamente. Probabilmente era la sessualità della prima infanzia ad essere stata "contagiata". Di certo mia madre, psicotica com'era stata.
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TL;DR Sono stato bambino fra il 1967 (quando nascevo) e, diciamo il 1983. A 16 anni non sei più un bambino? Io lo ero e pure a 18. Intendo dire "bambino" dal punto di vista di maturità emotiva, dal punto di vista della capacità di relazionarsi con gli altri da pari a pari e altro ancora. Ma perché ti sto annoiando coi fatti miei? Perché spero che tu mi possa essere utile, ovviamente. Oddio "spero" è una parola grossa, in realtà non ci spero affatto, ma siccome sono quasi disperato e DEVO assolutamente trovare il modo di risolvere alcuni miei storici problemi che mi castrano ancora oggi, beh... le provo tutte. La scrittura per esempio. La prendo alla larga, parlando dell`angoscia. Cosa ne sai dell`argomento? Io moltissimo: ci ho vissuto dentro, in ammollo da mattina a sera per tutta l`infanzia fino al militare. Poi lei non se n`è andata, semplicemente ho messo in campo strategie per non sentirla. Ma dopo qualche decennio, ossia oggi, devo ammettere che facevo meglio a prenderla sul serio e chiedere aiuto, perché scopro che ci vivo ancora dentro. Già, chiedere aiuto. Ma a chi? Negli anni 70 ti capitava di sentirti dire dalle maestre: "se mamma o papà vi dà una sberla è per il vostro bene". Oggi sarebbe un reato e non parlo della sberla. Ma ci vogliono le prove, lo capisco. Dicevamo angoscia? Non sono di madrelingua italiana, quindi posso pure sbagliarmi, comunque io chiamo angoscia quell`orribile sensazione di paura per... tutto, per un sacco di cose, che alla fine ti fa sentire braccato dall`intero pianeta, da tutte le ombre che incontri, dagli amici come dagli sconosciuti. Paura di cosa? Io avevo perennemente paura di essere rimproverato, paura di aver sbagliato, paura di non essere adeguato. Eppure lo sapevo per certo che NON ero MAI adeguato, quindi perché aver paura? Non potevo rilassarmi e godermi lo spettacolo in pace? No, sembra che non potessi, perché ok: ero inadeguato sempre e comunque, però non rinunciavo all`idea di riuscire a far fessi gli altri dimostrando che invece ero molto più che adeguato, una specie di campione. Già, ma questo accadeva dopo ed io ho premesso che mi limitavo all`orribile infanzia. Paura di essere deriso, quindi: parlare meno che si può. Ma a scuola ci sono le interrogazioni ed è obbligatorio parlare. Allora penso bene e pondero a lungo ogni singola parola. Ma non basta mica, su questo pianeta nessuno ha tanto tempo da perdere. Infatti piuttosto spesso io le risposte le sapevo, ma aspettavo troppo, peccato: insufficiente. E' una pessima cosa quando gli altri ti fanno paura e la tua reazione è tale che inizi ad avere paura anche di cosa succederà dopo le tue reazioni. E' pessimo perché è un cortocircuito, alla fine del quale ti ritrovi a dare sempre a te stesso la colpa. Ma con due fratelli più grandi e due genitori e nessun problema troppo grosso in famiglia, vivendo senza troppe privazioni, come si fa a lamentarsi della propria vita? Se ti chiudono sempre la bocca perché hai detto cose stupide, e se non te la chiudono ti ignorano (probabilmente per il medesimo motivo), se tua mamma in privato ti usa la gentilezza di informarti che tuo papà è un inetto, mentre tuo papà (sempre in privato) ti insegna ad avere pazienza con la mamma perché è una stupida, voi come vi sentireste? Io mi sentivo angosciato, ma la sfiga voleva che non riuscissi a capirne il motivo! I bambini sono fatti così, io almeno lo ero. Non capivo oppure mi ostinavo a non voler capire. Torniamo alle mie risibili paure. Paura del buio? Eccome, mai passata del tutto, se mi autosuggestiono per qualche secondo riesco ad agitarmi e farmi venire il terrore ancora oggi che ho 50 anni. Generalmente "non ci penso", ma se mi capita di pensarci (che la stanza è buia o che sto camminando in una strada buia) sono capace di alterare il mio battito cardiaco all`istante. Da bambino mi limitavo all`insonnia, per fortuna è durata pochi anni, credo due o tre. Anche quella è una bestia mica da ridere: siccome dormi male, a volte non dormi affatto (magari in realtà dormi, anche se solo per poco, ma non te ne rendi conto) ecco subentrare la paura che non riuscirai ad addormentarti. E va da sè che quel pensiero basta a tenerti sveglio. A scuola inizi ad andare male, ogni anno peggio, come mai? Ovvio: non puoi studiare. Non sei capace di concentrarti. I tuoi genitori se ne fregano grandemente se studi o no, a loro basta far bella figura l`uno nei confronti dell`altro. Si auto-gratificano sminuendo l'altro, la colpa è sua, non mia e tu sei nel mezzo. Ma se ti lamenti o alzi la testa ecco che smettono di litigare fra loro, perché diventa ovvio che la colpa è tua: sei solo un lavativo, mentre loro invece sono due eroi. Non dovresti crederci. Dovresti pensare: "i miei genitori sono due s***". Invece non c`è nessuno che ti insegna a ragionare, subisici. Forse sei stupido, sicuramente sei stupido, quindi la colpa è tua. Eppure una "voce" dentro di te dissente, no, non sei tu, sono loro. E tu sempre nel mezzo: adesso hai anche un "fronte interno" contro di te, ci mancava solo questa! Voi non avreste paura? Io ne avevo e tanta. Cominciai ad aver paura pure di essere pazzo. Poi fu la volta della paura di essere impotente. La paura di essere gay. Si vede che mi ero messo in testa di diventare un 50enne bisessuale e sociopatico. Non lo ricordo, ma si vede che mi ero messo in testa esattamente quello. Solo potevo trovare una strada meno dolorosa per arrivarci. Meno faticosa. Lo so: non so raccontare le storie, meno di tutte la mia. Non seguo un ordine preciso, non sono metodico. Non ho detto nulla riguardo l'angoscia. Non sono riuscito a rendere l'idea di claustrofobia che mi prende se ripenso a quegli anni. Ma perché dovrei? Perché sto scrivendo di tutto questo? L'ho detto, perché non è mai finita. Ce l'ho ancora dentro, tale e quale, sono ancora prigioniero di quell'incubo che era la mia vita. Ed è proprio il non riconoscerlo come incubo, il non prenderne consapevolezza (perché se ne scrivo, ora, è proprio perché ancora non riesco a tornare in contatto con la mia sofferenza di allora) che mantiene in essere le difese che avevo escogitato per sopravvivere. Magari mi erano necessarie, ma ora mi impediscono di vivere. Gli animali (io sono un animale) hanno due modi per fronteggiare la paura: usare le zanne oppure fingersi morti. Io le zanne le ho, ma le tiro fuori sempre al momento sbagliato. Si vede che fingevo di essere morto, però non lo ero davvero (anche se lo avrei preferito). Nel prox thread voglio parlare di me dai 23 ai 40 anni, credo che il titolo sarà: il delirio. Poi farà seguito "spiaggiato", un simpatico e spiritoso post dove illustro 10 anni di accumulo di ruggine e incrostazioni morali. Scopo? Calmare le acque, trasformando l'oceano-in-tempesta in acquitrino, acqua ferma, un posto dove rischi di prenderti la malaria, però invece magari sopravvivi e alla fine hai capito la tua storia e con un po' di culo: come dovrai comportarti da ora in avanti, come si fa a stare a questo mondo, come ci si vuole bene. ciao paolo
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...forse a 29 anni non siete più ragazzi, ma uomini e donne.
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ciao Iris, è evidente che non ha molta intenzione di darti di più. E pare che tu abbia delle aspettative. E' legittimo, ma lui non sente di doverti nulla. Triste, perchè l'amore dovrebbe suggerirgli di fare sue le tue aspettative. Allontanati e dagli il tempo di valutare. Però non essere troppo ottimista riguardo il vostro futuro insieme.
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ciao a tutti. Quale cambiamento? il mio. 8 anni fa mi son fatto seguire da uno e poi un'altra psicologa. Non riuscii a cambiare una virgola. In relazione con gli altri continuavo a nascondermi, inventarmi, aver paura di mostrare i sentimenti e pure paura di starci, nei sentimenti degli altri. Tutto questo avveniva in modo consapevole e no, non saprei neppure più ricordare quanto. Tre mesi fa si è messo in moto il mio congengno. Una serata con vecchi amici del Liceo (oggi abbiamo 50 anni). Serata durante la quale sono stato male da morire. Poi due settimane di (quasi) delirio, scrivevo centinaia di email di sfogo che poi non spedivo. Poi un banale incidente che mi ha permesso di "vedere" come reagisco e perchè. Insomma: tre mesi di montagne russe di emozioni e consapevolezza che prendeva corpo. Tutto bene e pure straordinario per il cambiamento che è avvenuto. Oggi sono lo stesso di 3 mesi fa oppure un'altra persona, a seconda... Solo che io non ho fatto proprio nulla (tranne, piuttosto spesso, comprendere certe mie interne esigenze, dare loro un nome e ... piangere) Come potrei (pura curiosità) interpretare questi 3 mesi? In definitiva il mio pensiero non cosciente era solo in attesa di un evento sufficientemente intenso?
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ciao Mauro, io di torture ne ho subite parecchie. Ero sempre io il torturatore. Smettere di torturarmi, devo dire che mi fa vivere meglio. Anch'io sono stato per un anno con una psico, anche lei aveva la mia età e pure lei è una bella donna. Ammetto che all'epoca mi piaceva ancora torturarmi e usare l'immagianzione per vivere quello che la realtà mi negava. Accadeva 8 anni fa. Solo da 2 mesi ho iniziato a prendere sul serio le sue parole e le parole di un altro psico, prima di lei. Dopo 8 anni ho finalmente smesso di vivere immerso dentro ai miei viaggi immaginari. Non è proprio così automatico, ma se ti capita di riuscire ad "invertire la tendenza" come è capitato a me forse vivresti meglio. Magari riusciresti a comprendere che portare dei regalini ad una persona che sta lavorando, non giocando, è MOLTO fuori luogo.
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carissimo Loner, hai ragione, per come deduci i fatti fai bene a parlare di insensatezza. Quel msg veniva pochi giorni dopo la mia "epifania". Accadde un banale incidente fra sconosciuti in un social (io e un altro). Mi sono arrabbiato, sono andato in ansia, in angoscia addirittura per qualche minuto. Poi è tornata la calma, ho riflettutto e mi sono xxxxxxxxxxx con me stesso (perchè oggettivamente trattavasi di fesserie). L'epilogo di tutto ciò fù riprendere in considerazione le parole di non uno, ma due professionisti, che 8 anni prima ascoltarono ore e ore delle mie cose interiori. Poi vennero 48 ore di panico. Poi mi sono abituato all'idea di aver sempre avuto un certo disturbo. Questo msg veniva in un momento di non panico, ma forte preoccupazione. Certe cose le avevo comprese. Per altre volevo delle conferme. Un po' cinicamente ho pensato: "proviamo a parlare con altri come me, magari troviamo delle cose in comune e io ho le coferme che cerco". Per fortuna nessuno ha risposto. Ad ogni modo il mio "processo" è meravigliosamente (e talvolta molto tristemente) in atto, quindi ... tutto bene. :-)
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a distanza di tanti anni io ricordo delle ragazze, che mi piacevano, e con le quali non riuscivo a comunicare (non comunicavo con nessuno). La cosa buffa è che, allora, interpretavo il loro comportamento in un modo. Ora, nel ricordo, capisco che mi dicevano tuttaltro. Allora penso che quelle che ricordo io sono solo una piccola parte di tutte le ragazze con cui ero entrato in contatto, per poco o anche per molto. Quindi anche con queste vale la questione che succedevano delle cose, ma io non me ne accorgevo. E dio sa se ho sofferto la solitudine.
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ciao! beh la cosa dell' abbassare gli standard non è molto carina. Però io lo feci, quindi dovrei solo stare zitto. Ma tu lo sai perchè non trovi un partner? hai almeno un sospetto o brancoli nel buio pesto?
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A 29 anni non mi permetterei mai di chiamare qualcuno un "ragazzo". Spiace sentire che la nobile e millenaria arte maschile del mi-arrangio-come-posso tu me la denigri come "viziaccio". Fai come le persone eleganti, chiamalo autoerotismo. Accetta di essere un mammifero. Butta la playstation e vai a lavorare. Queste mi sembrano le cose essenziali, per cominciare.
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...ho letto. Era proprio the Truman Show! Si sono io. Infatti vedere quel film mi ha fatto stare malissimo. Quasi quanto leggere America di Kafka. Ci ho sempre vissuto dentro quella mania. Passeggio per strada, faccio la spesa al supermercato e mi sentro perennemente spiato e giudicato. Del resto osservo molto, troppo, le altre persone. Immagino sia un riflesso di ciò. a te come va la vita joho? troppa solitudine o troppa ressa (come nel mio caso)? :-)
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Io sono capace di essere empatico. Quando osservo una persona sono generalmente capace di capire, se non il suo stato d'animo, almeno qualcosa del suo stato d'animo. Riesco a cogliere alcuni cenni, volontati o involontari. Quando si tratta di cenni volontari, generalmente, non equivoco il loro significato. Quete cose le so perchè il riscontro con gli altri me lo fa dire. Non è una realtà che io invento per sentirmi migliore di ciò che sono. In definitiva so di essere una persona empatica. Però sono estremamente emotivo, più di quanto sarebbe opportuno. L'emotività mi conduce a non prestare attenzione, come vorrei, allo stato d'animo del mio interlocutore. Spesso conosco il suo stato (o credo di conoscerlo), ma non faccio nulla per modulare il mio modo espressivo affincè meglio si accordi al suo stato d'animo. Vado per la mia strada. Pretendo che l'altro mi capirà anche quando qualcosa mi suggerisce che "l'ho perso", che non mi ascolta, o forse desidera solo troncare. Spesso è un'irrazionale paura di essere frainteso a farmi commettere quell'errore fatale di "passare sopra all'altro". Insisto.Come se aveesi difficoltà a frenare, quando sarebbe opportuno, per rivalutare l'intera situazione. Mi sono sentito dire che io non sarei empatico. Ma credo che non sia vero. Che sia vero, invece, che altri difetti nel mio comportamento sovrastano, zittiscono, la mia empatia.
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Quando di cerca di definire troppo ciò che ti sta intorno... Mi suona familiare. Potrei essere io. Andrò a vedermi "truman" (senza appassionarmici). grazie joho
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E' normale, però non direi che non se ne parli. E' normale perchè siamo mammiferi: il più forte ha più potere. Ma non perchè glielo danno, ma perchè può prenderselo e se lo prende. Dall'inizio ad oggi cambia solo che sono sempre di più i modi in cui la forza individuale può essere esercitata. In una civiltà tribale forza significa muscoli e spregiudicatezza (mancanza di conscenza), oggi è ancora vero, ma si aggiungono molti altri modi per avere forza. Non è giusto? Forse no. Cosa sarebbe giusto? Che tutti avessero pari forza? Immagina che noi si viva in un mondo più giusto: a tutti tocca la medesima linea di partenza. Stesso grado di ricchezza, stesse opportunità scolastiche, stessi ... genitori, stessa società. Ci sarà chi corre di più, perchè per lui la vita è una gara e ci saranno quelli come me, che di competere proprio non ne vogliono sentir parlare. Allora vorrai obiettare che è l'idea stessa di gara ad inquinare il mondo e l'Uomo. Forse sì. Ma non è evitabile che il giovane senta di competere col vecchio. L'uomo con la donna. Il bambino con l'altro bambino mentre giocano. Perchè siamo mammiferi e i mammiferi non sono quello che vorremmo fossero, ma sono sè stessi. Diciamo che non è morale nè etico togliere la gazzella dalle fauci del leone. La Natura è fatta così, dobbiamo accettarlo. Accettiamo, allora, anche la nostra, di natura.