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Rapporto paziente-terapeuta: qualcuno vuole raccontare?


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Ciao a tutti, vorrei confrontarmi con altri che hanno intrapreso questo percorso: come vi siete trovati con il vostro terapeuta, se avete facilità o difficoltà ad aprirvi (se ci sono cose che proprio non riuscite a dire e perché), com’è il vostro rapporto con lui… insomma tutto ciò che avete voglia di raccontarmi riguardo al vostro modo di relazionarvi con lui.

Io sono in terapia da quasi un anno e sto cercando di capire molte cose.

Grazie a tutti.

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6 ore fa, Chiara374 dice:

Ciao a tutti, vorrei confrontarmi con altri che hanno intrapreso questo percorso: come vi siete trovati con il vostro terapeuta, se avete facilità o difficoltà ad aprirvi (se ci sono cose che proprio non riuscite a dire e perché), com’è il vostro rapporto con lui… insomma tutto ciò che avete voglia di raccontarmi riguardo al vostro modo di relazionarvi con lui.

 

Io sono in terapia da quasi un anno e sto cercando di capire molte cose.

 

Grazie a tutti.

 

Ciao... io anche sono in terapia da 9 mesi circa, ma con pause di riflessione molto lunghe, adesso ad esempio d'accordo con il terapeuta ho sospeso la terapia fino a quando non me la sentirò di riprendere. 

Prima di cominciare la terapia con lui ero in terapia da un altro suo collega all'estero, che ho dovuto terminare quando sono stata costretta a rientrare in Italia.

Non so bene su cosa tu desideri confrontarti, ma posso dirti che uno degli ostacoli maggiori che incontro è la mia paura di un rifiuto da parte sua, per motivi che sarebbe difficile e lungo spiegare.

Per il resto ho difficoltà a parlare di altre persone con lui, specie della mia famiglia, perché non voglio "metterli in mezzo", non voglio che vengano giudicati visto che non c'entrano assolutamente con i motivi che mi hanno spinto a rivolgermi a uno psicologo.

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Ciao, grazie della risposta. Volevo confrontarmi proprio sugli ostacoli che s'incontrano durante le sedute. Ne sto rilevando parecchi (leggendo articoli) che ho scoperto essere resistenze: ad esempio il timore del giudizio, il desiderio di avere la sua stima (tacendo quindi alcuni miei aspetti negativi), il mio modo di parlare impersonale per evitare di arrivare al nocciolo delle emozioni, la difficoltà a parlare di argomenti troppo intimi, certi blocchi miei. Sto ancora cercando di capire se dovrebbe essere lui ad aiutarmi a superarli (in fondo sono lì proprio per affrontare le mie difficoltà), ma lo vedo un po' passivo in questo. Lascia fare a me (fra l'altro, patisco il metodo del silenzio: preferirei mille volte che mi facesse domande e che conducesse lui la seduta, ma so che non è previsto. Lui interviene e parla anche molto a volte, ma gli input devo sempre darli io. In questo modo però continuo ad eludere certi argomenti).

Poi, per diversi mesi, tutta la mia attenzione era concentrata su di lui, piuttosto che sul problema che mi aveva portato nel suo studio: osservavo ogni suo gesto, espressione, tono, se era più attento o un po' annoiato (magari perché ripetevo sempre le stesse cose), insomma ogni minimo dettaglio ed ero capace di rimanerci anche molto male, quando qualche suo atteggiamento non confermava l'attenzione e la "benevolenza" (non so come definirla) di cui avevo bisogno.
Ho ridimensionato il tutto pensando che, come in tutte le "frequentazioni", capitano i momenti più coinvolgenti, altri più disimpegnati, altri critici, altri un po' piatti e così via, e che non era il caso di attribuire un'importanza così cruciale ad ogni suo battito di ciglia.

Rimane il fatto che desidero più confidenza con lui, quella che mi permetterebbe di affrontare certi discorsi difficili e molto personali, ma ho difficoltà a crearla (anche perchè lui, freudiano, da una parte è molto empatico, dall'altra è rigoroso sul suo distacco).

Scusa se mi sono dilungata, sono in un terreno sconosciuto e sto ancora cercando la mia strada, per me è anche complicato spiegarmi.

Per questo volevo conoscere i problemi degli altri, vedere sono gli stessi miei e come li hanno affrontati.

(Se posso chiederti e se vuoi rispondere, a cosa sono dovute le tue pause di riflessione?)

 

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10 minuti fa, Chiara374 dice:

(Se posso chiederti e se vuoi rispondere, a cosa sono dovute le tue pause di riflessione?)

Senza entrare nei dettagli ti dirò che la pausa che mi sono presa ora (15 gg fa) è dovuta al fatto che al momento siamo arrivati a un punto abbastanza cruciale del percorso e non me la sento di andare oltre. Sono nata con una rara malattia genetica che comporta varie complicazioni e limitazioni dal punto di vista fisico (la peggiore, almeno per me, l'impossibilità di avere figli). Ho sempre avuto paura di essere rifiutata dalle persone, e in particolare dagli uomini (anche dallo psicologo) proprio perché non sono normale fisicamente. Durante le ultime sedute mi sono sentita, giustamente, dire che le mie paure sono più che fondate e che è molto probabile (praticamente sicuro) e comprensibile che un uomo sapendo della mia patologia non voglia avere una relazione con me. Non che non lo sapessi già prima, ma sentirmi confermare tutto questo mi ha portato a pensare che non avesse più senso continuare la terapia.

Per il resto, confrontarsi può essere utile ma credo che ognuno di noi esprima le proprie paure in modo diverso e anche se i problemi possono essere simili (o gli stessi) non credo che la soluzione possa essere uguale per tutti. Ognuno deve arrivarci con un percorso personale.

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Sì certo, il percorso personale è messo in conto. Qualche volta forse si può ricevere da altri qualche spunto, anche di riflessione.

Grazie Gazza, in bocca al lupo per la tua terapia e per tutto!

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