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  1. V

    SoccorsoCanzoni

    Chiedo scusa, manco dal forum da un bel pezzo.. troppi impegni, impazzirò. La mia svolta hard? Beh.. in terza media ero una ragazzina allegra e un po' sdolcinata.. poi amicizie finite in fumo, crisi esistenziali, delusioni di ogni genere e un paio di traumi (di quelli con la T minuscola, ma sempre traumi) mi hanno reso un pochino più cupa.. piano piano.. sono passata dal periodo Smashing Pumpkins, poi Blind Guardian, poi System.. Dopo un altro periodo di musica un po' più "tranquilla" (a tratti depressiva..Cranberries in primis, ancora adesso. I testi di Everybody else is doing it sembrano parlare di me), sono tornata ai vecchi amori negli ultimi mesi.. Un po' di sane incazzature da smaltire! Poi ci sono sempre quelle canzoni "caffeina musicale", tipo Shine, tipo Burattino senza fichi di Elio.. Tipo Reggaeton (e qui esce il mio lato tamarro) che ogni tanto ci vogliono proprio! Saluti a tutti!
  2. V

    SoccorsoCanzoni

    Hi hi hi.. Su dai.. in fondo qualcosa di carino l'hanno fatto.. confesso, ero una "thatter" sfegatata in terza media! Ora ascolto i System..
  3. V

    SoccorsoCanzoni

    Secondo me è Shine dei Take That.. Buona ricerca!
  4. Concordo.. nel tuo caso i due giudizi coincidevano.. ma conta anche che spesso è proprio il giudizio che abbiamo di noi stessi a influenzare il giudizio che gli altri hanno di noi.. in positivo e in negativo.. Cosa viene prima? Il nostro giudizio o quello degli altri? Bel dilemma.. Credo sia una spirale montante della quale è difficile scorgere l'inizio..
  5. Io penso che nelle resistenze ci sia sì la paura del giudizio altrui, ma soprattutto la paura che il giudizio altrui cambi la nostra rappresentazione di noi stessi. Mi spiego: dicendo ad altri qualcosa che teniamo nascosto (per qualsivoglia motivo), c'è il rischio che il feedback che gli altri, volenti o nolenti, ci danno non coincida con la visione o spiegazione che noi stessi ci siamo dati rispetto a quella cosa tanto segreta, spiegazione che ci sembra tanto convincente e rincuorante. Questo feedback, se appena apena ci appare un filino più convincente della nostra versione dei fatti, o se viene colto come tale dal nostro infame inconscio, potrebbe arrivare a sconvolgere il delicato equilibrio che ci eravamo costruiti mandando tutto alle cozze.. E cosa c'è di più spaventoso di questo rischio?
  6. Esatto.. proprio perchè da soli è difficile (se non impossibile) analizzarsi senza distorcere tutto è necessario fare lo sforzo (sottolineo sforzo) di affidarsi a una guida competente. Ma ciò non toglie che la guida non possa pensare al nostro posto e risolverci i problemi con la bacchetta magica. E nessuno dice che sia facile, in genere anzi questo lavoro fa un male cane, per un po'.. ma è il solito discorso: è dal dolore che si impara.. Con "parlare del tempo" intendevo in generale non affrontare il nocciolo della questione! :D Un abbraccio
  7. La durata della terapia dipende da un po' di fattori. Intanto dall'indirizzo seguito dallo psico (se è psicoanalista anche 15 anni, se cognitivista, strategico, o simili in genere un anno o due). Poi è anche soggettivo, nel senso che dipende dal lavoro individuale che uno riesce a fare su se stesso SOTTO LA GUIDA dello psico. Ovvero: se uno va dallo psicoanalista e parla del tempo, la terapia può proseguire davvero all'infinito; se prima o poi parla di ciò che davvero lo fa stare male, allora forse in un paio d'anni se la può cavare. Questo per semplificare all'estremo naturalmente. Un bravo psicoterapeuta (e Kali, penso che il tuo lo sia) deve saper rispettare i tempi di chi ha davanti, senza forzare la mano di fronte a resistenze, senza dare feedback che il cliente/paziente non sarebbe pronto ad affrontare in quel dato momento in quanto troppo forti/dolorosi/spiazzanti/sconvolgenti etc. La psicoterapia è innanzitutto un lavoro di riflessione su se stessi, che non può che venire dall'interno. Una guida (lo psico) è fondamentale, ma non è lui che fa il lavoro. Dovrebbe limitarsi a facilitare il recupero o lo sviluppo degli strumenti per fare questo lavoro interiore. Nel momento in cui ci si rende conto di avere delle resistenze o cose del genere.. beh, è già un enorme passo avanti. Datti ancora tempo, Kali, vedrai che questa consapevolezza pian piano maturerà fino a portarti a volerne sapere di più e ad agire in questo senso.
  8. Ah, comunque.. tranquilla che non pensa male, senz'altro ne ha già viste di tutti i colori! Quando hai a che fare ogni giorno con il malessere e con le aberrazioni della gente, il giudizio tende a sospendersi, o perlomeno ad attenuarsi. E ricordati che c'è il segreto professionale. Nessun altro saprà mai nulla. Ciao!!
  9. Cara Kali.. credo che la risposta te la sia data da sola.. in gergo tecnico si chiamano resistenze.. e sono le peggiori nemiche di una buona terapia! :p E' vero quello che ti ha detto il tuo psico, che la maggior parte della gente racconta ben poco. Personalmente credo sia proprio quella fetta di "popolazione clinica" a pesare sui risultati spesso poco incoraggianti delle ricerche sull'efficacia della psicoterapia. Pensaci.. puoi partire da questa consapevolezza. Parlerei proprio di questa cosa di cui ti sei resa conto, con il tuo psico. Se non l'hai già fatto. E poi vedi insieme a lui su cosa si può lavorare. Un abbraccio!
  10. Se posso azzardare un parere.. è probabile che siano proprio quelle cose di cui non "riusciresti mai a parlare" con lo psicologo che potrebbero portare una svolta decisiva alla tua terapia che definisci inutile.. Come mai non riusciresti a parlarne? Imbarazzo? Paura? Non-voglia? Convinzione che siano inutili?.. Fossi in te, proverei a fare un piccolo sforzo.. magari funziona! Un abbraccio e in bocca al lupo.
  11. V

    SAPETE PERDONARE?

    Per quanto mi riguarda, il mio perdono dipende parecchio non solo dalla gravità (assolutamente soggettiva) del torto subito, ma anche dall'atteggiamento di chi mi ha fatto del male. Se - come sta succedendo proprio ora - chi mi ha ferito (e lo sa.. lo sanno, fin troppo bene) dimostra totale disisnteresse per il mio star male, divento totalmente incapace di perdonare. Non solo: mi proibisco di perdonare! Perchè dovrei farlo? Prendo atto e sottoscrivo. E cancello la persona dalla mia vita, se necessario. Ma senza dimenticare, non sono capace di dimenticare. Arriverò ad accettarlo, forse, un giorno, ma mai a dimenticare.
  12. E se per "basso" si intendesse la condizione di dolore, di sofferenza, di malessere, che spinge a farsi domande e a "generare quindi nuova conoscenza", e per "alto" si intendesse la condizione di benessere dalla quale la nuova conoscenza generata dal dolore viene apprezzata e messa in pratica?.. ..Delirio?
  13. V

    ferite

    Mhm, molto interessante.. Sull'autolesionismo una volta ho letto che è il tentativo di far corrispondere il male interiore a un male fisico, che è più tollerabile e soprattutto distrae da quello mentale. Magari questo desiderio di corrispondenza interno-esterno è estendibile anche all'interesse per le prorie ferite anche se non autoinferte. Per quanto riguarda le ferite.. Oltre la mia attrazione per il sangue comunque (ebbene sì, sono una lontana parente del conte Vlad.. ho anche i canini da vampiro! :twisted: ), c'è in ogni caso l'attrazione per altre ferite e cicatrici. Mie e degli altri. Magari sono attratta in generale dal fatto di aver sofferto.. perchè sono convinta che il dolore renda persone migliori.. boh, forse sto solo delirando.
  14. V

    è successo di nuovo

    Coraggio Sara, pensa che hai fatto la scelta giusta. Adesso è una magra consolazione, lo so bene. Ma tra un po', giuro, ne sarai profondamente convinta: lo sarai appena la tristezza e i bei ricordi malinconici lasceranno spazio alla sensazione di stare finalmente bene con te stessa al di là di tutto. Un abbraccio fortissimo.
  15. V

    ferite

    Idem idem idem idem!! Ho una strana attrazione per il sangue.. lo trovo sexy.. Ma non sono nè sadica, nè masochista, nè autolesionista (non più). Boh..
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