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credenza e conoscenza


mio

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Credenza e conoscenza sono legate molto intimamente al desiderio e se si riesce a comprendere questi due aspetti possiamo percepire il funzionamento del desiderio e capirne le complessità.

Una delle cose , che penso, la maggior parte di noi è pronta ad accettare senza discutere è la questione delle credenze. Non intendo attaccare le credenze. Ciò che stiamo cercando di fare è di scoprire perché accettiamo questa o quella credenza; e se riusciamo a comprendere le motivazioni, le cause ditale accettazione, allora forse potremo essere capaci non solo di capire il perché, ma anche di liberarcene. È facile vedere come le credenze politiche, religiose, nazionalistiche o di altro tipo dividano la gente, creando conflitto, confusione e antagonismo - è un fatto palese, eppure siamo riluttanti ad abbandonarle. È davvero possibile vivere in questo mondo senza credere in qualcosa essere, davvero, interamente liberi da qualunque credenza, in modo da andare incontro alla vita come se fosse sempre, in ogni momento, nuova? Dopo tutto , questa è la verità: avere la capacità di accostarsi a ogni cosa come se fosse la prima volta, attimo per attimo, senza i condizionamenti del passato, di modo che non ci sia quell'effetto cumulativo che agisce come barriera fra se stessi e ciò che è. Se si riflette, ci si accorge che una delle cause del desiderio di accettare una credenza è la paura. L'accettazione di una credenza non è , in definitiva, proprio questo: un modo di mettere a tacere quella paura, la paura di non esser nulla, di essere vuoti?

Dopo tutto, però, una tazza è utile soltanto quando è vuota; e una mente piena di credenze, di dogmi, di asserzioni, di citazioni, non è certo una mente creativa, è semplicemente ripetitività.

Le credenze vincolano, le credenze isolano; lo constatiamo ovunque, nel mondo dell'economia e della politica, e anche nel cosiddetto mondo dello spirito.

Possiamo constatare che laddove c'è un processo di desiderio all'opera, deve essere attivo anche il processo di isolamento attraverso una credenza, poiché è evidente che crediamo al fine di garantirci la sicurezza economica, spirituale e interiore.

Per convenienza crediamo in certe cose. Ma dobbiamo mettere da parte le ragioni economiche e scavare più in profondità. Prendiamo la gente che crede fortemente in qualcosa, in campo economico, sociale o spirituale; il processo sottostante è il desiderio psicologico di sicurezza, non è così? E poi c'è il desiderio di continuità. Non stiamo discutendo qui se esista o meno la continuità; stiamo solo discutendo il bisogno, l'impulso costante a credere.

Un uomo di pace, un uomo che voglia realmente comprendere l'intero processo del1' esistenza umana, non può certo essere vincolato da una credenza. Egli percepisce il proprio desiderio all'opera come uno strumento per garantirsi sicurezza. Per favore, non balzate alle conclusioni opposte, non sto predicando la non-religione. Non è affatto questo che sto cercando di dimostrare. Quello che voglio mettere in chiaro è che, fin quando non comprendiamo il processo del desiderio sotto forma di credenza, inevitabilmente ci saranno antagonismo, conflitto, sofferenza, e l'uomo alzerà la mano contro il suo simile - come possiamo vedere ogni giorno.

Se dunque sono consapevole che questo processo assume la forma di una credenza, la quale è espressione del bisogno di sicurezza interiore, allora il mio problema non è di credere in questo o in quello, ma di liberarmi di quel desiderio di sicurezza. Può la mente liberarsi dal desiderio di sicurezza? È questo il problema, anziché in cosa credere e quanto credere.

Queste sono soltanto espressioni del bisogno interiore di sicurezza psicologica, di punti fermi di fronte alla precarietà del mondo. Può dunque una mente, una mente consapevole, una personalità, essere libera da questo desiderio di sicurezza? Desideriamo la sicurezza e per questo motivo abbiamo bisogno dell'aiuto dei nostri possedimenti, dei nostri beni, della nostra famiglia. Posso riuscire a vedere me stesso con chiarezza quando sono coinvolto nel processo del desiderio, che si esprime nell'attaccamento a una credenza? Può davvero la mente liberarsi dalle credenze - non trovare nuove credenze in sostituzione di quelle vecchie, ma liberarsene interamente? Non è possibile dare una risposta verbale, "sì" o "no", a questo interrogativo; ma si può senz'altro dare una risposta se si ha davvero l'intenzione di liberarsi dalle credenze. Allora, inevitabilmente, si arriva al punto in cui si cercano i mezzi per liberarsi dal bisogno di sicurezza. Naturalmente non esiste alcuna sicurezza interiore che, come ci piace credere, sia perenne. Ci piace credere che esista un dio il quale si prende cura dei nostri meschini interessi, dicendoci chi vedere, cosa fare e come farlo. È un modo di ragionare infantile e immaturo. Pensiamo che il Grande Padre vegli su ciascuno di noi. Ma questa è una semplice proiezione delle nostre personali inclinazioni. È evidente che non è vero.

La verità non può che essere qualcosa di completamente differente. Il problema successivo da affrontare è quello della conoscenza. La conoscenza è necessaria alla comprensione della verità? Quando dico "io", implicitamente affermo che c'è conoscenza. Può una mente che si esprime in questi termini essere capace di indagare ed esplorare cos'è la realtà? E, comunque, che cosè che sappiamo e di cui andiamo tanto fieri? In effetti, che cosa sappiamo davvero?

Conosciamo dei dati; siamo pieni di dati e di esperienze basate sui nostri condizionamenti, la nostra memoria e le nostre capacità. Quando dite "io so", cosa intendete? Affermare di sapere può essere o il riconoscimento dun dato di fatto, di certe informazioni, oppure un'esperienza che avete avuto. La costante accumulazione di informazioni, l'acquisizione di varie forme di conoscenza, tutto contribuisce a costituire l'asserzione "io so"; e cominciate a tradurre ciò che avete letto nei termini del vostro ambiente, dei vostri desideri, delle vostre esperienze. Nella conoscenza è all'opera un processo simile a quello del desiderio, ma alla credenza si sostituisce la conoscenza. "Io so, ho avuto un'esperienza, che non può essere confutata; la mia esperienza è questa e io ci faccio completamente affidamento": queste frasi sono espressione di quella conoscenza. Se, però, si va oltre, la si analizza, la si considera con maggiore attenzione e intelligenza, si scoprirà che la stessa asserzione "io so" rappresenta un altro muro che ci separa gli uni dagli altri. Dietro quel muro ci rifugiamo, cerchiamo conforto e sicurezza. Perciò, quanto maggiore è la conoscenza da cui una mente è gravata, tanto minore sarà la sua capacità di comprensione.

Per poter vivere insieme pacificamente, non cè dubbio che l'ambizione debba scomparire del tutto - non solo l'ambizione politica, economica, sociale, ma anche l'ambizione più sottile e perniciosa, l'ambizione spirituale: essere “qualcuno”. È mai possibile per la mente esser libera dal processo di accumulazione della conoscenza, da questo desiderio di conoscere? È molto interessante osservare come nella nostra vita questi due fattori, la conoscenza e la credenza, svolgano un ruolo straordinariamente potente. Basti considerare l'adorazione che abbiamo verso coloro che hanno un immensa cultura ed erudizione. Riuscite a comprenderne il significato?

Per scoprire qualcosa di nuovo, per esperire qualcosa che non sia solo una proiezione dell'immaginazione, la mente deve essere libera - capace, cioè, di vedere il nuovo. A mio avviso, dunque, il nostro problema è che siamo vincolati, appesantiti, dalle credenze, dalla conoscenza; ed è possibile per una mente essere libera dal passato e dalle credenze che sono state acquisite attraverso il processo del passato? Capite la domanda? È possibile per me come individuo e per voi come individui vivere in questa società e, tuttavia, essere liberi dalle credenze dell'ambiente in cui siamo stati allevati?

Dunque, le credenze non uniscono le persone, è evidente. Ma se è evidente, ed è vero, e voi ne siete consapevoli, allora bisogna comportarsi di conseguenza. La difficoltà è che la maggior parte di noi non riesce ad accorgersene, perché non siamo capaci di affrontare l'insicurezza interiore, il senso interiore di solitudine. Vogliamo qualcosa a cui appoggiarci, che sia lo stato o la casta, che sia il nazionalismo o un guru o un salvatore o qualunque altra cosa. E quando ci rendiamo conto della falsità di tutto ciò, allora la mente diventa capace - anche solo temporaneamente, per un secondo - di scorgere la verità; benché poi la mente si ritragga, se la verità è troppo difficile da accettare.

Anche una visione temporanea, però, è sufficiente; se per un fugace momento riuscite a vedere, questo basta: vedrete allora accadere una cosa straordinaria. L'inconscio è all'opera, sebbene il conscio possa opporsi. Quel momento non è seguito da altri momenti simili, resta unico, ma produrrà i suoi effetti, malgrado la mente conscia lotti contro di esso. Il nostro interrogativo è dunque questo: "È possibile per la mente essere libera dalle conoscenze e dalle credenze?". Non è forse fatta la mente proprio di conoscenze e di credenze? Non è la sua stessa struttura costituita di conoscenze e di credenze? Queste costituiscono il processo del riconoscimento, il centro della mente. È un processo sia conscio sia inconscio, che racchiude e isola. Può la mente liberarsi della propria struttura? Può la mente cessare di essere? È questo il problema.

La mente, così come la conosciamo, poggia sulle credenze, sul desiderio, sul bisogno di sicurezza, sulla conoscenza e sull'accumulazione di forza. Se, malgrado tutta la potenza e la superiorità della mente, non riusciamo a pensare autonomamente, allora nel mondo non può esserci pace. Possiamo parlare di pace, fondare partiti politici, salire sul tetto di casa e urlare le nostre convinzioni, ma non riusciremo ad avere la pace, poiché proprio nella mente è insita quella essenza che crea contraddizione, che isola e divide. Un uomo di pace, un uomo che abbia a cuore le sorti del mondo, non può isolarsi e, nonostante questo, continuare a parlare di fratellanza e di pace. Sarebbe solo un gioco, politico o religioso, una sensazione di affermazione personale e di ambizione. Un uomo che voglia davvero affrontare seriamente questo problema, che voglia scoprire la verità, non può trascurare il problema della conoscenza e della credenza; deve andare oltre, deve svelare l'intero processo del desiderio all'opera, il desiderio di sicurezza, il bisogno di certezze. Una mente che raggiunga lo stato in cui il nuovo può realizzarsi - che sia la verità, oppure dio, o quel che vi pare - deve certamente cessare di acquisire, di accumulare conoscenze; anzi, deve mettere da parte ogni conoscenza. Una mente gravata dalla conoscenza non può comprendere il reale, che è incommensurabile.

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:give_rose:

grazie mio per questo bellissimo post :Straight Face:

ma ne rieci a cogliere la verità o è solo un bel discorso romantico......curiosità la mia dolce estate?

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ma ne rieci a cogliere la verità o è solo un bel discorso romantico......curiosità la mia dolce estate?

condivido moltissimo...

sono sensazioni/riflessioni che spesso ho avuto/fatto anch'io, in special modo sulla prima parte: il problema

per quanto riguarda la soluzione, mi hai dato uno spunto su cui ragionare...

sento che c'è del vero, ma a primo impatto, mi convince relativamente:

trovo molto in contrasto con la nostra natura l'idea di cessare di acquisire e di accumulare conoscenze...

può essere un esperienza illuminante se fatta in alcuni momenti di meditazione o si decide di condurre una vita esclusivamente spirituale,

ma nel contesto comune mi sembra anche questo un estremo, una fuga...

le conoscenze sono preziose, io credo solo che non ci si debba fare condizionare troppo da esse...

essere sempre aperti, ricettivi, non esclude necessariamente il nostro pensiero...

è vero che attualmente viviamo in una situazione di eccessiva cerebralità, che ci ha portato a molti scompensi...

ma non credo che annullare completamente la nostra mente sia un bene... ci vuole solo un equilibrio... cosa ne pensi?

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condivido moltissimo...

sono sensazioni/riflessioni che spesso ho avuto/fatto anch'io, in special modo sulla prima parte: il problema

per quanto riguarda la soluzione, mi hai dato uno spunto su cui ragionare...

sento che c'è del vero, ma a primo impatto, mi convince relativamente:

trovo molto in contrasto con la nostra natura l'idea di cessare di acquisire e di accumulare conoscenze...

può essere un esperienza illuminante se fatta in alcuni momenti di meditazione o si decide di condurre una vita esclusivamente spirituale,

ma nel contesto comune mi sembra anche questo un estremo, una fuga...

le conoscenze sono preziose, io credo solo che non ci si debba fare condizionare troppo da esse...

essere sempre aperti, ricettivi, non esclude necessariamente il nostro pensiero...

è vero che attualmente viviamo in una situazione di eccessiva cerebralità, che ci ha portato a molti scompensi...

ma non credo che annullare completamente la nostra mente sia un bene... ci vuole solo un equilibrio... cosa ne pensi?

te straquoto.....

vedi infatti se leggi bene nessuno nega l'utilità della conoscenza.....il fatto che tu summer, tu,,,,sei la tua conoscenza,,,,cio che dovrebbe superarla non può farlo......perchè è lei stessa.....ma la realtà e diversa sei ben altro e lo puoi sapere solo se comprendi, se vivi, se gusti questa differenza....

potrei dirti mille altre cose ma non servirebbero a nulla........il fatto è semplice...la credenza no, ma la conoscenza è vitale, ma tu non sei la conoscenza,

il tuo pensiero ad oggi (che poi è quello che tu chiami "io" è la risposta della conoscenza al presente) io ti chiedo esiste un pensiero che non nasca dalla conoscenza ma nasca dal presente...

Se lo chiedi ad uno psicologo ti dirà di no.....ovvio lui ha studiato è questo non può essere studiato sarebbe conoscenza.....

vedi ...un mio amico diceva...siamo tornati al cane che si morde la coda........tutto cio lo puoi solo vivere non ricordare.....o meglio lo ricordi, ma ricordi il simbolo non la verità in essa.

un bacio,,,,

ps....sai che mi hai stupito con quella risposta......ti trovo molto avanti....dici bene del pensiero.....il problema ripeto e che è uno strumento come la mano non è essenza....il pensiero è passato , mi pare ovvio....tu sei adesso.

tu parli di equilibrio, si potrebbe parlare di razionalità,,,,ma trovi razionale pescare nel passato ogni idea , quando si ha il presente reale, non il ricordo di presenti passati, da cui attingere......io no.

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la credenza no, ma la conoscenza è vitale

quoto

chiedo esiste un pensiero che non nasca dalla conoscenza ma nasca dal presente...

direi che può esserci la consapevolezza del proprio percepirsi... può essere considerato pensiero questo?

ricordi il simbolo non la verità in essa

interessante... quindi lintendi dire che la verità esiste solo nell'attimo in cui la si vive? ma cos'è la verità?

ps....sai che mi hai stupito con quella risposta......ti trovo molto avanti....

no mio, non sono molto avanti... da sempre mi pongo molte domande, ma le risposte non le ho ancora trovate...

tutto è così immenso, possibile, la verità sta in ogni cosa e nel suo contrario...

ecco forse è proprio questo il punto: cercare di coglierla col pensiero è impossibile, ecco perchè non esiste risposta...

forse anzi è ciò che ci allontana maggiormente da noi stessi... è questo che cercavi di dire mio?

il pensiero è passato , mi pare ovvio....tu sei adesso.tu parli di equilibrio, si potrebbe parlare di razionalità,,,,ma trovi razionale pescare nel passato ogni idea ,

quando si ha il presente reale, non il ricordo di presenti passati, da cui attingere......io no.

il passato è un grosso bagaglio che ci portiamo appresso... ha il suo peso, ma anche la sua importanza... io non rinuncerei mai ai miei ricordi...

le esperienze che ho fatto, ai miei pensieri... nonostante in un certo senso siano condizionanti.

non lo so... è una tentazione troppo piacevole, imparare, capire, fantasticare, creare... insomma ogni prodotto della mia mente iperattiva...

allo stesso tempo altaleno momenti in cui cerco l'abbandono totale, l'oblìo, l'assenza... nessuno di questi stati però mi sembra migliore... non vorrei vivere in una costante coscienza, nè in una costante incoscienza... ho bisogno di entrambi...

la tua ultima frase mi ha ricordato un pensiero di uno dei miei poeti preferiti

vivo sempre nel presente. non conosco il futuro. non ho più il passato.

l'uno mi pesa come la possibilità di tutto, l'altro come la realtà di nulla.

F.Pessoa

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carissima Summer,

un paio di chiarimenti , intanto io non parlerei mai di oblio , ne dimenticanza ma di semplice attenzione costante. Vedi il problema non è il passato, senza esso non sapresti distinguere nemmeno quello che vedi , vedresti un mucchio di colori senza senso, non potersti guidare, parlare ecc....piuttosto il problema è credere di essere il passato.

Il grosso blocco che c'è in tutti è il concepire il tempo come una continuazione, quando invece tutto nasce e muore, nasce e muore continuamente, non c'è continuazione , piuttosto un continuo inizio.

tu dici che non puoi perdere cio che hai, quella che sei.....ma non l'hai ...e tutta immaginazione e cio che è oltre e gioia costante, amore totale e compassione.

Tutto porta all'intelligenza del creare.....tu parli di creare...ma è possibile creare il nuovo attingendo al vecchio....lo puoi modificare, migliorare, ma la creazione nasce dal nulla , non è trasformazione

mi chiedi

cercare di coglierla col pensiero è impossibile, ecco perchè non esiste risposta...

forse anzi è ciò che ci allontana maggiormente da noi stessi... è questo che cercavi di dire mio?

esatto anche perchè non esiste domanda....chi la pone? Il passato....ma se sei nel presente chi la pone? il passato....dunque cosa sei....il passato.

la verità appena detta diventa un simbolo è un simbolo e vero solo come simbolo non come cio che rappresenta-

io posso palarti in Verità ma il problema è che tu non sai ascoltare.....ascolti tu....on c'è l'ascolto---

a nei forum spirituali, filosofici, leggo " quando guadi un'oggetto, diventi l'oggetto....quando senti la musica sei la musica......" xxxxxxx summer.....scemate.

io non divento.....semplicemente non c'è io c'è musica......c'è il guardare,,,,l'ascoltare....attenzione e totale...non c'è divisione perchè non c'è quella barriera che separa i miei ricordi dal resto ,.,,,,quella barriera che si chiama "io".......

una volta visto e compreso totalemte che osservando se stessi, osservatore e cosa osservata sono la medesima cosa.....essi scompaiono e cosa rimane???

tutto e nulla....

apro un topic sull'ascolto......così comprendi cosa intendo quando dico che manca l'ascolto......e che si ascolta con il pensiero non con l'essere

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carissima Summer,

un paio di chiarimenti , intanto io non parlerei mai di oblio , ne dimenticanza ma di semplice attenzione costante. Vedi il problema non è il passato, senza esso non sapresti distinguere nemmeno quello che vedi , vedresti un mucchio di colori senza senso, non potersti guidare, parlare ecc....piuttosto il problema è credere di essere il passato.

Il grosso blocco che c'è in tutti è il concepire il tempo come una continuazione, quando invece tutto nasce e muore, nasce e muore continuamente, non c'è continuazione , piuttosto un continuo inizio.

la percezione del tempo in generale fa parte della nostra natura... non è semplice slegarsi da questo... anche se può essere interessante... tu mio ci riesci davvero? o solo in parte?

tu dici che non puoi perdere cio che hai, quella che sei.....ma non l'hai ...e tutta immaginazione e cio che è oltre e gioia costante, amore totale e compassione.

Tutto porta all'intelligenza del creare.....tu parli di creare...ma è possibile creare il nuovo attingendo al vecchio....lo puoi modificare, migliorare, ma la creazione nasce dal nulla , non è trasformazione

su questo non sono daccordo... nulla si crea e nulla si distrugge... è solo trasformazione

mi chiedi

cercare di coglierla col pensiero è impossibile, ecco perchè non esiste risposta...

forse anzi è ciò che ci allontana maggiormente da noi stessi... è questo che cercavi di dire mio?

esatto anche perchè non esiste domanda....chi la pone? Il passato....ma se sei nel presente chi la pone? il passato....dunque cosa sei....il passato.

la verità appena detta diventa un simbolo è un simbolo e vero solo come simbolo non come cio che rappresenta-

io posso palarti in Verità ma il problema è che tu non sai ascoltare.....ascolti tu....on c'è l'ascolto---

ti riferisci a me in particolare? o si tratta di un discorso generico?

ho letto il post... è molto vero ciò che hai scritto... posso dirti però che ci sono momenti in cui ascolto in quel modo... e sono i momenti in cui sono tranquilla, quando sono da sola e vado a farmi le mie camminate nei boschi o quando prendo il sole al fiume... a volte mi capita anche in città, in mezzo alla folla... e a volte per caso... però non è una condizione costante... anche perchè ci sono molte (troppe) cose che richedono la nostra totale attenzione.

a nei forum spirituali, filosofici, leggo " quando guadi un'oggetto, diventi l'oggetto....quando senti la musica sei la musica......" xxxxxxx summer.....scemate.

io non divento.....semplicemente non c'è io c'è musica......c'è il guardare,,,,l'ascoltare....attenzione e totale...non c'è divisione perchè non c'è quella barriera che separa i miei ricordi dal resto ,.,,,,quella barriera che si chiama "io".......

una volta visto e compreso totalemte che osservando se stessi, osservatore e cosa osservata sono la medesima cosa.....essi scompaiono e cosa rimane???

tutto e nulla....

vero :-D

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la percezione del tempo in generale fa parte della nostra natura... non è semplice slegarsi da questo... anche se può essere interessante... tu mio ci riesci davvero? o solo in parte?

il pensiero è tempo.....mio è tempo.....mio mai potrà aver cognizione dell'assoluto senza tempo......però osserva che solo quello è........finita la risposta filosofica.....ti dico in realtà bisogna capire intanto che cronologia degli eventi....il tempo cronologico non è superabile, o meglio diciamo che non sappiamo se lo è, e dirti che per me lo è non cambierebbe il tuo modo di percepirlo...

Il divenire però si......esiste solo l'adesso in verità..il prima o il dopo sono solo pensieri nei fatti...giusto? Dunque perchè vivere nei pensieri costantemente e non nei fatti....se vivi nei fatti vivi adesso.....ma in realtà il discorso è lunghissimo,,,,,

Io il tempo lo percepisco come una nasce e morire continuo, come un vuoto da cui tutto nasce e in cui tutto muore...ogni cosa che vi nasce è nuova è creazione.......

io, parlo del "me" de "se" non in continuazione ma nuovo che crea non rimurgina.....

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la percezione del tempo in generale fa parte della nostra natura... non è semplice slegarsi da questo... anche se può essere interessante... tu mio ci riesci davvero? o solo in parte?

il pensiero è tempo.....mio è tempo.....mio mai potrà aver cognizione dell'assoluto senza tempo......però osserva che solo quello è........finita la risposta filosofica.....ti dico in realtà bisogna capire intanto che cronologia degli eventi....il tempo cronologico non è superabile, o meglio diciamo che non sappiamo se lo è, e dirti che per me lo è non cambierebbe il tuo modo di percepirlo...

Il divenire però si......esiste solo l'adesso in verità..il prima o il dopo sono solo pensieri nei fatti...giusto? Dunque perchè vivere nei pensieri costantemente e non nei fatti....se vivi nei fatti vivi adesso.....ma in realtà il discorso è lunghissimo,,,,,

Io il tempo lo percepisco come una nasce e morire continuo, come un vuoto da cui tutto nasce e in cui tutto muore...ogni cosa che vi nasce è nuova è creazione.......

io, parlo del "me" de "se" non in continuazione ma nuovo che crea non rimurgina.....

ma è un piacere leggerti... se vuoi continuare ti ascolto...

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ma è un piacere leggerti... se vuoi continuare ti ascolto...

mi prendi in giro!!!!!

svavo cancellando.....ma non cancello----

adesso non potrei scrivere altro....

vorrei aiutare e ferisco...

vorrei fare e disfo.....

vorrei ecco il problema..il vorrei

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mi prendi in giro!!!!!

svavo cancellando.....ma non cancello----

adesso non potrei scrivere altro....

vorrei aiutare e ferisco...

vorrei fare e disfo.....

vorrei ecco il problema..il vorrei

scherzi? sono serissima

adoro parlare con te... spesso trovi le parole per esprimere molti dei miei pensieri

tutti vorremmo l'assoluto, la perfezione... ma spesso ciò che ci sembra poco è già molto...

scrivi mio...

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scherzi? sono serissima

adoro parlare con te... spesso trovi le parole per esprimere molti dei miei pensieri

tutti vorremmo l'assoluto, la perfezione... ma spesso ciò che ci sembra poco è già molto...

scrivi mio...

mi attacco a cio che dici per chiedere...può un "io" che è contenuto ed è limitato comprendere l'assoluto? Direi di no.....eppur lo cerca.....senza capire che quando lui scompare , l'assoluto è...

di cosa preferisci parlare....oggi....(so che non schervavi ,,,,,ma aimhèè sono soggetto all'esterno è ieri c'era trinstezza in giro)

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mi attacco a cio che dici per chiedere...può un "io" che è contenuto ed è limitato comprendere l'assoluto? Direi di no.....eppur lo cerca.....senza capire che quando lui scompare , l'assoluto è...

no, credo di no... se nn in brevi momenti... quei momenti che hai descritto così bene tu...

sempre che nn si tratti di un illusione... chi può dirlo? la percezione però c'è.... ;-)

di cosa preferisci parlare....oggi....(so che non schervavi ,,,,,ma aimhèè sono soggetto all'esterno è ieri c'era trinstezza in giro)

tristezza? parliamo di questo?

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bene ...

intanto io ho fatto di proposito a riportare la parola "io"......e l'"io" non può mai nemmeno percepire.....perche vorrebbe dire vedere il presente tramite il passato....il che è impossibile....

ma ne riparleremo.....

intanto ai letto il topic sulla paura?

comunque parliamo di tristezza, bene....

dici che si possa dire che sia l'opposto della felicita?

siamo felici quando realizziamo un desiderio? Io direi piuttosto che siamo felici quando la nostra situazione migliora in qualche aspetto da noi considerato importante, un aumento , una macchina nuova, uscire a cena, ognuno i suoi....però dunque che la sensazione di felicità e/o tristezza dipendano dal migliorare o dal peggiorare ( secondo quello che il conosciuto di ognuno reputa meglio o peggio) dell'immagine che abbiamo di noi stessi, della figurina che ci rappresenta....

sono reali , ma non veri....in verità si chiamano gioia o dolore...è sono travolgenti, non si pensano si provano........

Ieri io provato dolore, nel vedere tanta tristezza, qui e fuori di qui.

comunque oggi sono più propenso a discutere del tempo....o visto che ti interessa l'argomento ti riporto sta volta un branetto, non un mio scritto, ma di un genio della verità, J.k.

poio se vuoi lo commentiamo punto per punto è un po lunghetto ma bello

parla Krisnhamurti....

Vorrei ora discutere brevemente cos'è il tempo, perché credo che l'esperienza della ricchezza, bellezza e significato di ciò che è atemporale, di ciò che è vero, sia possibile soltanto quando si comprende l'intero processo del tempo. In fin dei conti, noi tutti cerchiamo, ognuno a modo suo, un senso di felicità, di arricchimento. Certamente una vita che ha significato, che conosce le ricchezze della vera felicità, è fuori dal tempo. Come l'amore, tale vita è atemporale; e per comprendere ciò che è atemporale, non dobbiamo accostarci ad esso attraverso il tempo, ma piuttosto comprendere il tempo. Non dobbiamo utilizzare il tempo come mezzo per raggiungere l'atemporale, per coglierlo e farlo nostro. Ma è proprio questo che facciamo per la maggior parte della vita: passiamo il tempo a cercare di afferrare ciò che è senza tempo; ecco perché è così importante comprendere cosa significa per noi il tempo, perché credo sia possibile esserne liberi. E' molto importante comprendere il tempo nel suo insieme, non parzialmente.

E' interessante rendersi conto che le nostre vite trascorrono per lo più nel tempo - il tempo inteso non come sequenza cronologica di minuti, ore, giorni e anni, bensì nel senso di memoria psicologica. Viviamo secondo il tempo, siamo il risultato del tempo. Il presente è semplicemente la transizione dal passato al futuro. Le nostre menti, le nostre attività, il nostro essere sono fondati sul tempo; senza tempo non possiamo pensare, perché il pensiero è il risultato del tempo, è il prodotto di molti ieri, e non c'è pensiero senza memoria. La memoria è tempo; esistono, infatti, due tipi di tempo, quello cronologico e quello psicologico. C'è un ieri dell'orologio e un ieri della memoria. Non si può rifiutare il tempo cronologico; sarebbe assurdo - come si farebbe a sapere quando parte il treno? Ma esiste davvero il tempo, indipendentemente dal tempo cronologico? Esiste il tempo così come la mente lo concepisce? Esiste il tempo al di fuori della mente? Senza dubbio il tempo, il tempo psicologico, è un prodotto della mente. Senza il fondamento del pensiero, non esiste tempo - il tempo non è altro che memoria dell'ieri in rapporto all'oggi, che forgia il domani. In altri termini, ciò che crea il futuro è il ricordo dell'esperienza passata in risposta al presente - il che è, ancora una volta, il frutto del processo del pensiero, un percorso mentale.

Il processo del pensiero genera la progressione psicologica nel tempo: ma è davvero qualcosa di reale, reale come il tempo cronologico? E possiamo servirci di quel tempo che è della mente come mezzo per comprendere l'eterno, l'atemporale? Come ho già detto, la felicità non appartiene all'ieri, non è il prodotto del tempo; la felicità è sempre nel presente, uno stato Temporale. Non so se avete notato che nell'estasi, nel momento della gioia creativa - una serie di nubi luminose circondate da nubi scure - il tempo non esiste: c'è solo l'immediato presente. La mente, intervenendo dopo l'esperienza situata nel presente, la ricorda e desidera proseguirla, e perciò accumula sempre più esperienze su di sé, creando in tal modo il tempo. Dunque il tempo è creato dal "più": il tempo è acquisizione ed è anche distacco, che a sua volta è un'acquisizione della mente. Di conseguenza, limitarsi a disciplinare la mente nel tempo, a condizionare il pensiero nel contesto del tempo, certamente non rivela ciò che è Temporale.

Ma il cambiamento dipende dal tempo? La maggior parte di noi è abituata a pensare che il tempo sia necessario al cambiamento: io sono questo, e cambiare ciò che sono in ciò che dovrei essere richiede tempo. Sono avido, con tutte le conseguenze dell'avidità in termini di confusione, antagonismo, conflitto e infelicità; per produrre una trasformazione, ossia l'assenza di avidità, crediamo che il tempo sia necessario. In altri termini il tempo è considerato un mezzo per evolvere in qualcosa di superiore, per diventare qualcos'altro.

Il problema è questo: siamo violenti, avidi, invidiosi, rabbiosi, viziosi o appassionati. Per trasformare ciò che è, davvero è necessario il tempo? Innanzitutto, perché vogliamo cambiare ciò che è o produrre un cambiamento?

Perché? Perché ciò che siamo non ci soddisfà: crea conflitto, turbamento, e dunque, non piacendoci tale condizione, aspiriamo a qualcosa di migliore, di più nobile, di più idealistico. Desideriamo il cambiamento perché nella nostra vita c'è dolore, disagio, conflitto. Ma il conflitto si supera col tempo? Se affermate che è solo questione di tempo, siete ancora invischiati nel conflitto. Potete sostenere che ci vorranno venti giorni o vent'anni per sbarazzarvi del conflitto, per cambiare ciò che siete; ma per tutto quel tempo siete ancora in conflitto e quindi il tempo non genera alcun mutamento.

Quando ci serviamo del tempo come di un mezzo per acquisire una qualità, una virtù o uno stato dell'essere, in effetti non facciamo altro che posticipare o evitare ciò che è; credo che sia importante comprendere questo punto.

L'avidità o la violenza provocano sofferenza e turbamento nel mondo del nostro rapporto con gli altri, ossia nella società; ed essendo consci di questo stato di turbamento, che definiamo avidità o violenza, diciamo a noi stessi: "Col tempo ne uscirò fuori; praticherò la non violenza, praticherò l'assenza di invidia, praticherò la pace". Trovandoci in uno stato di conflitto, aspiriamo a raggiungere uno stato esente da conflitti. Orbene, tale stato di assenza di conflitto è forse il risultato del tempo, di una durata? Ovviamente no; perché, mentre siamo impegnati nel conseguimento di uno stato di non violenza, siamo ancora violenti e, dunque, ancora in conflitto.

Il nostro problema è stabilire se un conflitto, un turbamento, possano essere superati nell'arco di un periodo di tempo, che si tratti di giorni, di anni o dello spazio di un'intera esistenza. Cosa accade quando qualcuno dice: "Praticherò la non violenza per un certo periodo di tempo?". Il fatto stesso di doverla praticare indica che si è in conflitto, non è Così? Se non si opponesse resistenza al conflitto, non ci sarebbe bisogno di praticarla.

Si afferma che la resistenza al conflitto è necessaria allo scopo di superare il conflitto stesso e che per attuare tale resistenza bisogna avere tempo. Ma la resistenza al conflitto è in se stessa una forma di conflitto.

Impieghiamo la nostra energia a resistere al conflitto, che si presenta sotto forma di ciò che chiamiamo avidità, invidia o violenza, ma la nostra mente è ancora in conflitto; perciò è importante percepire la falsità del processo di dipendenza dal tempo come mezzo per superare la violenza e in tal modo liberarsene. Allora si è capaci di essere ciò che si è realmente: un turbamento psicologico che è la violenza stessa.

Per comprendere qualunque cosa, qualunque problema umano o scientifico, che cosa è importante, essenziale? Una mente tranquilla, non è così? Una mente che sia intenta a comprendere, non una mente che escluda ogni altra cosa, una mente che cerchi di concentrarsi - il che equivarrebbe, ancora una volta, a uno sforzo di resistenza. Se davvero voglio comprendere qualcosa, immediatamente si determina nella mente uno stato di quiete.

Quando volete ascoltare un brano musicale o guardare un quadro che amate, al quale siete particolarmente sensibili, qual è lo stato della vostra mente?

Subito si crea una quiete, non è così? Quando ascoltate la musica, la vostra mente non vaga: ascolta. Allo stesso modo, quando volete davvero comprendere il conflitto, non dipendete più dal tempo, in alcun modo; siete semplicemente di fronte a ciò che è, ossia al conflitto. Ecco allora sorgere immediatamente una quiete, un'immobilità della mente.

Quando non si dipende più dal tempo come mezzo per trasformare ciò che è perché si è percepita la falsità di tale processo, allora ci si confronta con ciò che è; ed essendo interessati a comprendere ciò che è, naturalmente si ha una mente tranquilla. In quello stato mentale vigile e tuttavia passivo, c'è comprensione. Fin tanto che la mente è in conflitto, biasima, resiste, condanna, non può esserci comprensione. Se voglio comprendere qualcuno, ovviamente non devo condannarlo. E' la mente tranquilla, la mente immobile, che produce il cambiamento.

Quando la mente non oppone più resistenza, non evita più ciò che è, né lo scarta o lo critica, ma ne è solo passivamente consapevole, allora in quella passività della mente, se davvero approfondite il problema, scoprirete che si verifica una trasformazione.

La rivoluzione è possibile solo adesso, non in futuro; la rigenerazione è oggi, non domani. Se farete l'esperienza che ho descritto in queste pagine, scoprirete che da essa ha origine un'immediata rigenerazione, una novità, una qualità di freschezza; la mente, infatti, è sempre immobile quando è interessata, quando desidera o ha l'intenzione di comprendere. La difficoltà che la maggior parte di noi deve fronteggiare sta nel fatto che non abbiamo l'intenzione di comprendere; temiamo infatti che, se davvero comprendessimo, ciò potrebbe produrre un effetto rivoluzionario sulla nostra vita, e per questo resistiamo. Nell'utilizzazione del tempo o di un ideale come mezzi di trasformazione graduale si evidenzia l'azione di un meccanismo di difesa.

Dunque la rigenerazione è possibile solo nel presente, non nel futuro, non domani. Un individuo che faccia affidamento sul tempo come mezzo attraverso il quale conquistare la felicità o realizzare la verità o conoscere Dio non fa altro che ingannare se stesso; vive nell'ignoranza e, dunque, nel conflitto. Un individuo il quale capisca che il tempo non è la via d'uscita dalle difficoltà e che perciò è libero dal falso, ha un'intenzione naturale di comprendere; perciò la sua mente è spontaneamente tranquilla, senza che ci sia bisogno di costrizioni o di esercizi. Quando la mente è immobile, tranquilla, quando non cerca alcuna risposta o soluzione, quando non resiste né evita, soltanto allora può esserci rigenerazione, poiché la mente è capace di percepire il vero; ed è la libertà che rende liberi, non lo sforzo per liberarsi.

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