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max.nettuno

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    psicologia (studio e applicazione), mindfulness, viaggi in india, shiatsu (2° professione), yoga, chitarra, scrivere canzoni, relazioni con persone e idee non convenzionali.

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Reputazione comunità

  1. max.nettuno

    Mindfulness

    Mindfulness è una tecnica che pratico da un mese e mezzo e il suo nome è una nuova etichetta verbale per “meditazione” (gli psicologi cognitivisti, che la usano per la cura della depressione – perché sperimentata sul campo con tanto di pubblicazioni scientifiche sull’argomento - l’hanno così ribattezzata per evitare associazioni con la new age e simili). E’ una tecnica faticosa, ma, effettivamente, per uno come me che tende un po’ all’umore mutevole, è ottima, una salvezza direi quasi. E’ veramente molto, molto faticosa, ma alla fine ne vale la pena. Consiste nell’intenzione protratta di prestare attenzione ad un oggetto di concentrazione corporeo, in primis (io almeno così sto praticando) al respiro (il movimento dell’addome, o l’aria che passa nelle narici). Il suo scopo non è il rilassamento (anche se questo è un “effetto collaterale” gradito), bensì la lucidità, la chiarezza, la vitalità e soprattutto (nel mio caso specifico) la possibilità di ritardare reazioni automatiche agli eventi stressanti, con pensieri e susseguenti umori negativi. Personalmente, non sono uno che medita. Però, iniziando a praticare piano piano, qualcosa accadeva... Col passare del tempo sento un maggiore, chiamiamolo, senso di “potere personale”, nel senso che se riesci a stare 45 minuti immobile, cascasse il mondo, prestando attenzione al respiro e riportando qui l’attenzione ogni volta che se ne va da qualche altra parte…beh, alla fine ti senti potente (almeno per me è così). Questo “senso di potere”, che poco riesco a sviluppare in ambiti diversi di vita (il controllo degli eventi), crea un meccanismo di rinforzo, tale che mi fa desiderare sempre di più di praticare mindfulness e ritornare a sentire quel senso di potere…Oggi proprio, quando sentivo di stare per “reagire” alle richieste qui al lavoro, mi sono riconnesso al respiro, ricordandomi che “se riesco a stare 45 min. immobile cascasse il mondo, figuriamoci se…”. Non ho reagito. Mi sono sentito potente di nuovo. Credo di aver accennato anche un sorriso. Ma intendiamoci, reagisco ancora, ai voglia quante cadute…ma continuo, cascasse il mondo. Ho frequentato un seminario a Roma sull’argomento e ho iniziato a praticare, leggendo anche il libro di Jon Kabat Zinn sull’argomento (Full Catastrophe Living), che ho trovato solo in inglese, ma forse c’è anche in italiano. Qualcuno di voi conosce questa tecnica, o magari pratica “meditazione”? Meditate gente, meditate...Un saluto a tutti voi, Max.
  2. Vivere senza soldi è un libro di Heidemarie Schwermer, una donna, emigrata in germania dalla prussia nel secondo dopoguerra e terapista della gestalt. Credo sia stata lei ad ispirare le varie "banche del tempo" sparse un pò per l'Italia. Mi ha colpito il libro perché afferma, di fatto, che la vera ricchezza è nel capitale umano più che nel capitale finanziario. Questa donna vive da diversi anni senza soldi, sacambiando lavoro con altro lavoro (es. ti porto il cane a spasso, oppure ti faccio una seduta di terapia in cambio di es. un'otturazione dal dentista), un baratto di lavoro, oppure lavoro contro diritto di abitazione, cibo, ecc. Ha una rete di persone che si fidano di lei, e lei si fida degli altri. Non è fattibile per utti, la sua è anche una scelta politica, vuole affermare dei nuovi valori e ne fa propaganda...ma è curioso come libro, perché racconta di quanti condizionamenti abbiamo e la protagonista parla dei propri, di quanto sia "al di fuori degli schemi" un comportamento simile, misto tra terrore ed euforia. In queste banche del tempo funziona così: es. tu insegni a cucinare a una persona (A), e ricevi in cambio es. un massaggio linfodrenante da una persona (B); quindi non è uno scambio diretto: tu dai, vai a credito e poi puoi ricevere, da quanlcun'latro che è a debito. Mi ha fatto venire volgia di sperimentare queste banche del tempo...qualcuno di voi le conosce e ha mai scambiato qualcosa? Comunque...ad avercelo il tempo...
  3. max.nettuno

    OCCHIO PER OCCHIO

    Se il Buddha è un essere privo di ego/importanza personale, allora egli da perché non ne può fare a meno, la sua stessa presenza testimonia la condivisione. Noi essere umani pieni di ego/importanza personale, se diamo qualcosa ci aspettiamo un ritorno, di qui la delusione. Esistono forme di amore particolari, penso genitore-bambino, dove il genitore da e basta e se riceve calci, continua ad amare. E' l'amore umano più puro di cui siamo capaci, credo. Per tutti gli altri, c'è sempre "un tenere i conti". Credo che, metafisicamente parlando, se hai qualcosa da dare, se sei ricco di qualcosa, la dai e basta e non pensi che "stai dando", anzi, ne hai talmente tanto che non puoi fare a meno di dare, non ti pesa, anzi ti allegerisce. Allora si, l'ambiente è il mio riflesso. In tutti gli altri casi, credo sia solo un "ego-trip". La compassione di Buddha...La tua sofferenza è la mia sofferenza...la tua gioia è la mia gioia...il nirvana...l'assenza di ego, la presenza del cosmo...Buddha mi ispira sempre.Namasté.
  4. Cara Niagaraonthelake, E’ un problema che sento anch’io. Uno straccio di lavoro ce l’avrei pure, e un altro in proprio che forse, chissà decollerà, ma che per adesso mi piace e basta... ma sono sempre alla ricerca di qualcosa di meglio(monetariamente parlando)…che continuo a non trovare. Un periodo storico economico così l’Italia credo non l’abbia mai conosciuto. Purtroppo non è come in England (mi dicono colleghe che ci hanno vissuto), dove il precariato esiste, ma dove se perdi un lavoro ne ritrovi subito un altro dopo. Qui in Italia, lo perdi e basta. Non contano le competenze, l’intelligenza, l’impegno…solo la solita raccomandazione. E’ sempre stato così, ma oggi più che mai, con pochi posti di lavoro. Ti dico io cosa faccio per superare l’incertezza sul futuro: elaboro più progetti di vita, alternativi, perché credo che investire soldi ed emozioni in una cosa sola sia oggi molto rischioso (es. lavoro come impiegato, ho un’attività in proprio facendo trattamenti shiatsu e mi sono messo a studiare psicologia all’università, a 30 anni, mica da pischello!). Non so se, nonostante tu abbia un lavoro precario, ti senta soddisfatta comunque moralmente. Personalmente, non so se riuscirò ad avere un reddito costante, costruire una famiglia con tanto di prole, ma nella povertà, almeno, amerò il mio lavoro (visto che questa cosa chiamata lavoro occupa così tante ore preziose della nostra vita)…Il precariato ha fatto affiorare in me interessi che non avrei mai pensato di trasfromare in lavoro, passioni non espresse. Cara niagaraonthelake, ti capisco tantissimo….All'interno di una logica ordinaria io non riesco a trovare soluzioni. siamo guidati da schemi mentali, rappresentazioni del mondo, condizionamenti culturali...Uscire fuori dallo schema...lo so, è un parola! Ma nel vecchio schema ci sei tu, c'è solo una ragazza che col suo ragazzo cerca un lavoro stabile in mondo precario...Forse l'obiettivo che dovremmo porci è non come evitare il precariato, ma come conviverci. Non ho soluzioni, la paura è tanta...ma solo se penso in maniera oridanaria...Io inseguo obiettivi, che in realtà sono sogni con una scadenza... In bocca al lupo. Max.
  5. Ciao Datango,

    Mindfulness è una tecnica cognitivo-comportamentaleche pratico da qualche settimana (è una specie di meditazione, ma non finalizzata a mete lontane tipo "nirvana", quanto più concretamente a gestire emozioni (soprattuto se negative). E' faciticosissima, ma efficace, decismante. Tutto è iniziato con un seminario che ho seguito a Roma presso questo centro

    http://w

  6. Ciao Datango,

    Mindfulness è una tecnica cognitivo-comportamentaleche pratico da qualche settimana (è una specie di meditazione, ma non finalizzata a mete lontane tipo "nirvana", quanto più concretamente a gestire emozioni (soprattuto se negative). E' faciticosissima, ma efficace, decismante. Tutto è iniziato con un seminario che ho seguito a Roma presso questo centro

    http://w

  7. Ciao Max, è stato piacere leggere il tuo post sull'India, da quello che leggo nei tuoi ineressi hai tratto ben più che delle foto ricordo. Cos'è Mindfulness?

  8. max.nettuno

    india

    Caro Datango, confermo: il primo giorno in India occorre resistere e se resisti poi continui fino alla fine. Io in India ci sono stato 11 o 12 volte, ero un pischello di 19 anni la prima volta in India, una paura!!! praticamtne se faccio un viaggio, da 12 anni a questa parte, lo faccio in India. non sono mai andato in psicoterapia, ma sono stato in India... e ho fatto la indiantherapy. il primo viaggio un trauma, il secondo un incontro con il terrore e la merviglia allo stesso tempo, gli altri una gioia che si rinnova. Purtorppo Datango sei andato, mi sembra di aver capito, per accompagnare la tua compagna...è difficile stare in India se non sei motivato personalmente. Non c'è posto migliore al mondo per me. Sono fortemente attratto dalla cultura locale, è un paese di contrasti, certo. L'India dei villaggi è straordinaria, poi c'è Sai Baba 1 e Sai Baba 2, un mondo a noi sconosciuto. Sono stato anche nella comunità di Osho, la setta sdegli arancioni, hanno avuto un grande maestro.... Bombay è spazzatura, ma la mia cara amica indiana è di Bombay e guai a chi gliela critica...lei è laureata e manager, ma è stata costretta a sposarsi con matrimonio combinato...lei è figlia di un bramino, la casta numero uno, e solo un bramino poteva sposarsi...anche se tutti e due hanno la laurea, moglie e marito, master, non vanno al tempio...tradizioni oboslete ma che rimangano...., ma anche questa è india..., ad Agra ci siamo imbucati, io e un'amica, a ben 4 matrtimomi, accolti a braccia aperte ogni volta (gli occidentali portano fortuna) e abbiamo ballato con loro, gli ospiti...ci hanno fatto mangiare...lei, la sposa, triste come un cadavere...povera...matrimoio combinato sicuramente...Rishikesh, lo yoga...alle pendici dell'himalaya e sulle rive del gange, l'odore di benzina e gelsomini, i mendicanti, le pire funerarie a Benares, Il Taj Mahal che diventa marmo rosa al tramonto...Il posto più forte, è stato per me Tirupati...non c'è nemmeno sulla loney planet...ero l'unico occidentale tra una folla di indiani, dopo 4 ore di fila con gente accalcata che gridava il nome di Govinda sono arrivato a una cripta di un tempio, lo una statua nera, ma la gente si era rasata a zero e ci venva da tutta l'india per vederla...un'incarnazione del dio Visnu. E anch'io ho ridato con loro Govinda, l'incenso che ti pbrucia negli occhi e nello stomaco e il colore arancio della tuinica dei rinuncianti, che dormono in terra. Ho cantato con alcuni di loro, era facile, cantavano hare rama hare krishna, seduto accanto a loro, uno di loro...anche se per qualche minuto soltanto...non sono indiano, ma devo esserlo stato in qualche vita passata...E poi, dopo 4 ore di autobus, comunicando a gesti perché l'inglese per molti è una lingua sconosciuta, arrivai alla montagna sacra di Arunachala, dove Ramana ha meditato e realizzato il sé, ho meditato, ho pianto, ho riso, mi sono innamorato, ho odiato...L'INDIA è UNA CATARSI PER L'ANIMA...scappo, vi saluto, ho il treno da prendere ora...ANDATE IN INDIA, A CUORE APERTO, PRONTI A MORIRE AL PASSATO E A RINASCERE NUOVAMENTE...la paura è tanta...il senso di meraviglia altrettanto...l'india è un pugno nello stomaco, questa è la verità, ma è anche uno sfogo per l'anima...almeno per me. Namasté a tutti voi. Max.
  9. max.nettuno

    lavarsi

    supermic, E' VERAMENTE STRANO che due terapisti strategici facciano stendere il paziente sul lettino....NON SONO DEI VERI STRATEGICI. Nardone forma psicologi piscoterapeutici secondo il suo approccio ...è il lettino non c'è di certo... Se questi due medici hanno frequentato il corso di psicoterapia, non hanno capito bene, o sono stati molto distratti...(poi sono dei medici...un medico non è esperto di psicologia; meglio psicologo-psicoteraputa). Ti è proprio difficile far andare tuo cugino ad Arezzo da Nardone in persona? Tanto ti riceve una volta ogni 15 gg (di solito funziona così). Altrimenti, scrivi una mail (o telefona direttamente) magari direttamente a lui (anche se ti risponderà un collaboratore), spiegagli a grandi linee il problema e chedigli, se Arezzo è proprio impossibile per te, a chi puoi rivolgerti nella tua zona, ma fattelo scrivere proprio da lui gnardone@giorgionardone.it. buona fortuna, Max.
  10. max.nettuno

    io cosa sono....

    Io cosa sono? Anni fa mi sono avvicinato alle filosofie orientali. Il buddismo mi colpì particolarmente. Qui si parla di: 1) Impermanenza (tutto è impermanente, l’uomo, i suoi desideri, la sua sofferenza) 2) Vacuità (tutto è vuoto, alla fine). La prima riguarda la dimensione temporale (il divenire), la seconda quella spaziale (l’essere). Esiste un vuoto che si trasforma nel tempo, ma che continua ad essere vuoto. La consapevolezza rende liberi dal ciclo di nascita-rinascita, alimentato dai desideri e dalla sofferenza (…il lasciare le cose in sospeso sul letto di morte ci fa rinascere/identificare in una nuova struttura psicosomatica), la consapevolezza di essere vuoto, vuoto delle credenze, opinioni, desideri, paure. Quindi non è proprio un vuoto, è un pieno di qualcosa che non c’entra niente con quello che uno pensa di essere. Io cosa sono? I miei desideri, le mie paure. Senza di essi? Pura essenza, o presenza, come dici tu Mio. Se, per amore di discussione, ammettiamo di non essere il corpo e di continuare ad esistere dopo che il cuore ha smesso di battere, che cosa è che permane? Forse questo coacervo di desideri e paure (non so neanche che forma dargli…un centro magnetico…), attaccamenti in una parola, cose in sospeso. E se non lascio niente in sospeso (una parola!)? Se i desideri e le paure perdono la loro presa, con che cosa mi identifico? Forse cessano le identificazioni e si manifesta la pura essenza. Ma è solo metafisica… IO NON SO COSA SONO. So solo che ogni volta che rispondo a questa domanda, la risposta è insufficiente. Mi chiedo cosa potrebbe capitare se cominciassi a riflettere su “Io, cosa NON sono?”. Magari, ciò che rimane fuori dalla definizione, è la risposta giusta…non verbale. Chissà…
  11. Kinsey. Questo è il titolo di un film che credo tutti gli appassionati di psicologia dovrebbero vedere. L'attore principale è Liam Neeson. Kinsey era uno studioso che, negli anni ’50, condusse una ricerca sul comportamento sessuale, intervistando uomini e donne su e giù per gli USA. Dalla sua ricerca emerse che la bisessualità (sia negli uomini che nelle donne) era più che altro la norma e non un eccezione (ho letto in altre sezioni di questo forum dove proprio la bisessualità viene citata più volte). Elaborò anche una specifica teoria dell’orientamento sessuale: pare che ognuno di noi si posizioni lungo un continuum, da 1 a 6, dove ai due estremi troviamo l’omosessualità e l’eterosessualità. Kinsey stesso si definiva un tre... Nel film è rappresentato molto bene il suo modo di porre le domande agli intervistati, in modo da non imbarazzarli; queste erano del tipo “con quale frequenza lei si masturba?”; oppure “la sua prima esperienza omosessuale l’ha avuta a che età?”. Le domande sottintendono che tutti, più o meno, si masturbano o che tutti, più o meno, abbiamo avuto esperienze omosessuali, ecc. Nel senso che se la persona non adottava questi comportamenti, diceva di no; mentre, se invece erano sua pratica abituale, non si sentiva giudicata a dire di si all'intervistatore e a specificare nei dettagli. Film ben recitato e fedele alla vera storia di Kinsey, che con i suoi libri “il comportamento sessuale dell’uomo” “…e della donna”, fornisce una prova empirica sulla bisessualità (e altro...) aldilà di mere teorie psicologiche. Veramente interessante. Saluti, Max.
  12. max.nettuno

    ASCOLTO

    Concordo sulla cristallizzazione delle aspettative di ruolo, che ognuno di noi contribuisce a creare. Effettivamente, il problema è quando interpretiamo sempre lo stesso ruolo, quello di colui o colei che è disponibile e che aiuta. Personalmente, invischiato in passato in ruoli di questo tipo, ho cercato anch'io nuovi interlocutori, come dice Oscar, ma senza magari interpretare il ruolo di colui che vuole essere ascoltato (per evitare una nuova dipendenza)... semplicemente ho interotto, gradualmente i rapporti con i vecchi interlocutori (dei veri e propri vampiri!), perché con loro non ho trovato altra soluzione, troppo abituati a vedermi così disponible (effettivamente, non tutti sono capaci ad ascoltare e non si può chiedere loro di essere diversi). Il problema credo sia sempre nostro, mai degli altri (..che hanno il diritto di essere come volgiono, limitati anche, ma non è affar nostro). E' preferibile lavorare più su sè stessi che sugli altri. Con i nuovi interlocutori indugio comunque nell'ascolto, riconosco di essere più portato per l'ascolto che per essere ascoltato, ma non in maniera preponderante. Operando un ascolto attivo, senza giudizio e senza l'urgenza di dare consigli, qualcosa cambia...Nelle relazioni amicali (e ancor di più di coppia) è importante chiedersi: "quanto ci tengo a questa persona?". Se ci tieni, la ascolti e la accetti così come è...ma poi occorre chiersi "peché ci tengo"? Se la risposta è "perché se no sentirei la solitudine"...beh allora è proprio un nostro problema...
  13. max.nettuno

    ASCOLTO

    Ma le persone che sono intorno a te sanno che anche tu hai bisogno di essere ascoltata? Forse, non so è un'ipotesi, si sono abituati tutti a vederti come "quella disponibile che ascolta tutti" e come "quella che sta bene". Tempo fa svolgevo anch'io il ruolo del confidente, confessore, quello che ascolta...ma alla fine ero svuotato... Poi però mi sono messo a studiare psicologia all'università, così almeno "mi dovranno pagare se vogliono essere ascoltati"!...scherzo...ma non troppo. Ti senti anche tu derubata della tua energia? Forse è necessario riequilibrare "l'economia della cominucazione", il dare e l'avere...non so, è un'ipotesi...comincia a chiedere anche tu di essere ascoltata, all'inizio con qualcosa di piccolo...così non ti vedranno confinata nel ruolo di quella che ascolta...comincia a raccontare loro un piccolo problema, magari alle amiche...fai sentire alcune di loro come persone capaci di poter "aiutare" e non solo di "essere aiuate"...non so, è un'ipotesi...saluti, Max
  14. max.nettuno

    lavarsi

    Ciao Michele, sono nuovo anch'io all'uso del forum e proverò a darti un suggerimento. Non sono un esperto, ma studio psicologia. Qualche settimana fa sono stato a un convegno di psicoterapia breve strategica. Non è psicanalisi, non è terapia cognivo comportamentale. Si chiama Breve perché dura al massimo una decina di sedute e si focalizza sul presente e non su eventuali traumi passati. Si prescrivono dei compiti al paziente (pre non sia la solita "chiacchierata" col terapeuta). I problemi compulsivi, a dire dei relatori di questo convegno, erano proprio quei tipi di problemi dove questo modello di intervento si è interessato all'inizio (anni'60 e 70 in USA, poi è arrivato in Europa anni '80 portato dal Prof. Nardone, che riceve ad Arezzo). La risoluzione è già prima delle 5 sedute, a grandi linee, le altre cinque, per arrivare a 10, sarebbero solo "di mantenimento". Sinceramente, non l'ho mai provata questa terapia sulla mia pelle, ma questo Prof. Nardone è molto quotato, propone un metodo molto efficace, almeno a dire delle statistiche che presentavano i relatori a questo convengno sulla % di effecacia. Lo trovi su internet il centro di terpaia strategica di arezzo. So che c'è gente da tutta Italia che va nel suo studio (gente che le ha già provate tutte!). Ha scritto anche molti libri sull'argomento. Spero ti possa essere utile questa indicazione (soprattuto se non sai più che pesci pigliare). Buona fortuna. Max
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