Vai al contenuto

Stupidità funzionale


Ste

Messaggi consigliati

Una Teoria delle Organizzazioni basata sulla Stupidità.

di Mats Alvesson e André Spicer (Lund University; City University)

Articolo originale: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1467-6486.2012.01072.x/full

Traduz. ed eventuali strafalcioni a cura di Ste.

Compendio In questo articolo contestiamo la tesi unilaterale secondo la quale le organizzazioni contemporanee si basano sulla mobilitazione delle capacità cognitive. Suggeriamo che forti restrizioni a queste capacità, nella forma di ciò che chiamiamo “stupidità funzionale”, sono una parte altrettanto importante e poco riconosciuta della vita organizzativa.

Per “stupidità funzionale” intendiamo un'assenza di riflessività, un rifiuto di usare capacità intellettuali in modi che non siano miopi, e l'evitare argomentazioni. Sosteniamo che la stupidità funzionale è prevalente in contesti dominati dall'economia della persuasione che enfatizza la manipolazione simbolica e per immagini. Questo dà luogo a forme di gestione della stupidità [stupidity management] che reprimono o emarginano il dubbio e bloccano l'azione comunicativa. A sua volta, ciò struttura le conversazioni interiori degli individui in modo da enfatizzare le narrazioni positive e coerenti ed emarginare quelle più negative ed ambigue. Questo può dare effetti produttivi come il fornire un grado di sicurezza per gli individui e le organizzazioni. Però può avere conseguenze corrosive come il creare un senso di dissonanza tra gli individui e l'organizzazione nel suo complesso. Le conseguenze positive possono dar luogo a stupidità auto-rinforzante. Le conseguenze negative possono scatenare dialogo, che a sua volta potrebbe minare la stupidità funzionale.

(continua...)

Link al commento
Condividi su altri siti

 

Pubblicità


  • Risposte 228
  • Created
  • Ultima risposta

Top Posters In This Topic

Top Posters In This Topic

Introduzione

Negli ultimi decenni è emersa, su conoscenza, informazione, competenza, saggezza, risorse, capacità, talento e apprendimento nelle organizzazioni, una copiosa letteratura nella quale c'è un comune assunto di 'acume' [orig: smartness] . Sebbene questo termine non sia stato utilizzato sistematicamente nello studio delle organizzazioni, esso coglie l'assunto sottostante secondo il quale un punto vitale per le organizzazioni contemporanee è la loro abilità nel mobilitare intelligentemente le capacità cognitive. Questo assunto è evidente in affermazioni come che 'al crescere della velocità del cambiamento, lo sviluppo di conoscenza tra i membri dell'azienda diventa una chiave per la competitività, per rimanere in prima linea... Banalmente, in tutte le aziende il business è diventato a maggior intensità di conoscenza, e l'investimento societario in educazione e addestramento è maggiore di quanto sia mai stato prima' (Wikström and Normann, 1994, pp. 1-2). Alcuni autori indicano che 'le capacità sociali e cognitive dei lavoratori sono elementi delle forze di produzione e, nel lungo termine e in ampi aggregati, la pressione della competizione costringe ditte e società ad aggiornare tali capacità. Lo sviluppo del capitalismo tende pertanto a creare una classe lavoratrice sempre più sofisticata' (Adler, 2002, p.392). Similmente, due guru del management (Davenport e Prusak, 1998, p. 88) hanno suggerito che il modo più efficace per le aziende per rimanere competitive è quello di 'assumere persone in gamba e lasciare che si parlino'.

Queste affermazioni diffuse si rispecchiano in uno dei leitmotif centrali dell'odierna teoria delle organizzazioni: le aziende prosperano sulla base della loro conoscenza (Grant, 1996; Nelson e Winter, 1982;Nomaka e Takeuchi, 1995; Spender, 1996). La conoscenza è raramente definita in modo chiaro, ma è considerata 'la più strategicamente importante tra le risorse dell'azienda' (Grant, 1996, p. 110) e 'la dimensione competitiva centrale di ciò che le aziende sanno come fare è il creare conoscenza e trasferirla efficientemente all'interno del contesto organizzativo' (Kogue e Zander, 1992, p. 384). I ricercatori danno per scontato che 'le fondamenta delle economie industriali si sono spostate dalle risorse naturali ai beni intellettuali' (Hansen et al., 1999, p. 106) e che 'molti settori sono animati da una nuova economia, dove in modo accorto è stata sensibilmente amplificata la remunerazione della gestione della conoscenza' (Teece, 1998, p. 55). Per alcuni, è apparso un 'nuovo paradigma' di management che significa che 'la conoscenza tacita e locale in possesso di tutti i membri dell'organizzazione è il fattore più importante per il successo, e la creatività crea da sè le sue prerogative' (Clegg et al., 1996, p. 205). A supporto di tutto ciò c'è l'assunto che la mobilitazione intelligente delle capacità cognitive svolge un ruolo centrale nell'operato delle organizzazioni (di successo).

Naturalmente sono in corso controversie su cosa esattamente costituisce conoscenza nelle organizzazioni contemporanee (e.g. Blacler, 1995; Scherer e Spender, 2007; Schultze r Stabell, 2004; Spender, 1998, Tsoukas e Vladimirou, 2001). Molti riferimenti alla 'conoscenza' sono vaghi e omni-comprensivi (Schreyögg e Geiger, 2007). Ciò nonostante , l'idea che la conoscenza valida, rara ed inimitabile sia importante per la performance dell'organizzazione ha un forte valore retorico. Anziché entrare in questi dibattiti su cosa 'è' conoscenza, vogliamo contestare l'assunto in questo campo che il pensare sofisticato e l'uso di conoscenza avanzata sia una caratteristica centrale di molte organizzazioni contemporanee. Riteniamo che ci sia il bisogno di sfidare questo 'insieme di assunzioni più ampie ... condivise da molte scuole di pensiero diverse' (Alvesson e Sandberg, 2011, p.225). Esso crea un ritratto unilaterale, ampiamente condiviso e alquanto pomposo dell'azienda brillante basata sulla conoscenza e dei suoi dipendenti. Questo ritratto può essere seducente, ma non coglie come il funzionamento efficace dell'organizzazione richieda anche qualità che non si inquadrano facilmente in ques'idea di acume.

Vi è una copiosa letteratura riguardo alla non-razionalità nelle organizzazioni, che ci ricorda i limiti della mobilitazione intelligente delle capacità cognitive. Alcuni ricercatori documentano come i limiti cognitivi conducano a pratiche che potrebbero essere etichettate come 'semi-razionali' (e.g. Brunsson, 1985; March e Simon, 1958). Altri evidenziano forme di irrazionalità più gravi, prodotte da elementi inconsci, dal pensare di gruppo, e dall'aderire rigidamente all'ottimismo [orig.: wishful thinking] (e.g. Schwartz, 1990; Wagner, 2002). A nostro parere, questi studi non colgono una serie di deviazioni dall'acume che non sono né semi-razionali né puramente stupide. Per inquadrare questi processi, proponiamo il concetto di stupidità funzionale.

La stupidità funzionale è la carenza, incoraggiata dall'organizzazione, di riflessività, di ragionamento effettivo e di argomentazioni. Essa implica un rifiuto di usare risorse intellettuali al di fuori di un terreno ristretto e 'sicuro'. Può fornire un senso di sicurezza che permette all'organizzazione di funzionare agevolmente. Ciò può risparmiare all'organizzazione ed ai suoi membri le frizioni provocate dal dubbio e dalla riflessione. La stupidità funzionale contribuisce a mantenere e a rinforzare l'ordine organizzativo. Può anche motivare le persone, aiutarle nel coltivare le loro carriere, e subordinarle a forme accettabili di management e leadership. Questi effetti positivi possono rinforzare ulteriormente la stupidità funzionale. Tuttavia, la stupidità funzionale può anche avere conseguenze negative come l'intrappolare individui e organizzazioni in pattern di pensiero problematici, che producono le condizioni per dissonanze individuali ed organizzative. Questi effetti negativi possono indurre riflessività individuale e collettiva che può minare la stupidità funzionale.

Proponendo il concetto di stupidità funzionale diamo tre contributi che si sovrappongono tra di loro. Innanzitutto, disturbiamo l'assunto comune nel campo secondo il quale le organizzazioni contemporanee operano principalmente attraverso la mobilitazione di capacità cognitive (e.g. Grant, 1996; Spender, 1996). Lo facciamo indicando come il rifiuto di capacità cognitive possa di fatto facilitare il funzionamento organizzativo. In secondo luogo, proviamo ad estendere i resoconti esistenti riguardo ai limiti alla razionalità e al pensiero accorto nelle organizzazioni (e.g. Ashforth e Fried, 1988; Cohen et al. 1972; March, 1996; March e Simon, 1958), fornendo un concetto che ci permette di tenere conto di come l'uso delle capacità cognitive può essere limitato da relazioni di potere e di dominazione invece che da assenza di tempo o risorse, o fissazioni cognitive. Infine, proponiamo un concetto e una spiegazione teorica di ciò che riteniamo essere un aspetto pervasivo ma molto poco riconosciuto della vita organizzativa. Riteniamo che l'espressione 'stupidità funzionale' possa essere evocativa e possa risonare con le esperienze di ricercatori, professionisti, cittadini e consumatori. Pertanto, il nostro approccio potrebbe aiutare ad illuminare esperienze chiave delle persone nelle organizzazioni, che spesso sono mascherate dai modi di teorizzare dominanti che enfatizzano temi 'positivi', come leadership, identità, cultura, apprendimento, competenze centrali, innovazioni e reti. Ciò dovrebbe aprire il terreno per ulteriori approfondite indagini empiriche su questo argomento. Per mezzo di questi tre contributi speriamo di offrire una 'teoria interessante' (Davis, 1971) che sviluppi alcuni contro-assunti e incoraggi nuove direzioni di indagine (Alvesson e Sandberg, 2011).

Per sostenere la nostra tesi, iniziamo con l'andare a vedere i concetti esistenti mobilitati dai teorici dell'organizzazione per esplorare l'aspetto opposto rispetto all'acume, e poi introduciamo il concetto di stupidità funzionale. Sviluppiamo un modello generale di stupidità funzionale identificando i contesti, le condizioni scatenanti. i processi, gli effetti e gli anelli di retroazione. Concludiamo l'articolo tracciando direzioni di ricerca futura e implicazioni pratiche.

(continua...)

Link al commento
Condividi su altri siti

 

Una Teoria delle Organizzazioni basata sulla Stupidità.

di Mats Alvesson e André Spicer (Lund University; City University)

Articolo originale: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1467-6486.2012.01072.x/full

Traduz. ed eventuali strafalcioni a cura di Ste.

Compendio In questo articolo contestiamo la tesi unilaterale secondo la quale le organizzazioni contemporanee si basano sulla mobilitazione delle capacità cognitive. Suggeriamo che forti restrizioni a queste capacità, nella forma di ciò che chiamiamo “stupidità funzionale”, sono una parte altrettanto importante e poco riconosciuta della vita organizzativa.

Per “stupidità funzionale” intendiamo un'assenza di riflessività, un rifiuto di usare capacità intellettuali in modi che non siano miopi, e l'evitare argomentazioni. Sosteniamo che la stupidità funzionale è prevalente in contesti dominati dall'economia della persuasione che enfatizza la manipolazione simbolica e per immagini. Questo dà luogo a forme di gestione della stupidità [stupidity management] che reprimono o emarginano il dubbio e bloccano l'azione comunicativa. A sua volta, ciò struttura le conversazioni interiori degli individui in modo da enfatizzare le narrazioni positive e coerenti ed emarginare quelle più negative ed ambigue. Questo può dare effetti produttivi come il fornire un grado di sicurezza per gli individui e le organizzazioni. Però può avere conseguenze corrosive come il creare un senso di dissonanza tra gli individui e l'organizzazione nel suo complesso. Le conseguenze positive possono dar luogo a stupidità auto-rinforzante. Le conseguenze negative possono scatenare dialogo, che a sua volta potrebbe minare la stupidità funzionale.

(continua...)

c'è un episodio, che non so se c'entri, che dimostra che ci sono azioni concrete, non nei canoni, classificate comunemente stupide, che sono funzionali.

dunque:

Insegnante di musica, entra in classe, si deve insegnare a suonare il flauto, ok?

Solo c'è uno che inizia a questo punto a picchiare un flauto sul banco, a moh di sfida.

l'insegnante pensa: "Bene, si fa a chi picchia più a lungo!" e inizia a picchiare il suo flauto sulla cattedra, "si fa a chi è più forte, a chi dura di più, vediamo."

Dopo una mezz'ora, chi smette prima è il ragazzo, l'insegnante smette per ultima, e dopo si fa normale lezione di flauto.

beh? chi è stato il più stupido?, io tradurrei, chi è stato il più forte?

Link al commento
Condividi su altri siti

 

altro episodio simile, la scuola è una fonte inesauribile di storie vere,

Ragazzo mangia le seme, le sgranocchia davanti al prof.

Il prof si avvicina e gli chiede per cortesia di smettere

Quello lo guarda serio, della serie ma icchè vuoi, il prof si avvicina e lo invita un attimo alla finestra.

Dalla finestra, siamo in collina, c'è uno strapiombo, il prof sottovoce gli fa: "ascolta, guarda, laggiù c'è lo strapiombo"

"Io la denuncio, guardi"

Prof: "Bene, denunciami, ma ricordati che io vado in galera, tu nel frattempo però voli laggiù"

So per certo che quello studente oggi è camionista, e saluta il prof con entusiasmo:))

Link al commento
Condividi su altri siti

 

beh? chi è stato il più stupido?

nessuno dei due... l'utilizzo corretto del flauto dolce è proprio quello percussivo

(in realtà andrebbe sbattuto fino a che si rompe, ma non si può pretendere tutto!)

L'importanza dei rapporti di forza viene in effetti discussa più avanti nell'articolo, però secondo me a scuola ci sono esempi

di stupidità funzionale molto più eclatanti. Uno è talmente enorme che non lo vede quasi nessuno (non solo le cose molto

piccole sono difficili da vedere... anche quelle molto grandi!). .

Link al commento
Condividi su altri siti

 

secondo me la stupidità è veramente funzionale, se è un atto non razionale e di coraggio, perchè non sempre il ragionamento porta a conclusioni produttive, perchè è fondato sui se e sui ma, e manca la capacità decisionale, gestionale,manca proprio il management, non si può gestire la stupidità, quindi non ha senso tradurre stupidity management come gestione della stupidità, ma ha più senso "management fondato sulla stupidità, ", cioè fondato su basi non del tutto razionali.

Link al commento
Condividi su altri siti

 

nessuno dei due... l'utilizzo corretto del flauto dolce è proprio quello percussivo

(in realtà andrebbe sbattuto fino a che si rompe, ma non si può pretendere tutto!)

L'importanza dei rapporti di forza viene in effetti discussa più avanti nell'articolo, però secondo me a scuola ci sono esempi

di stupidità funzionale molto più eclatanti. Uno è talmente enorme che non lo vede quasi nessuno (non solo le cose molto

piccole sono difficili da vedere... anche quelle molto grandi!). .

e sarebbe?

Link al commento
Condividi su altri siti

 

Che vi si insegna a stare al mondo. Però a quello delle fate.

Quel mondo la cui rappresentazione viene confutata da quest'articolo di Pulcinella e al quale sotto sotto non credono

nemmeno gli insegnanti (cosa che si vede meglio quando raccontano dei loro rapporti con colleghi e superiori che dei

rapporti con i malcapitati utenti del servizio scolastico). Si cerca di trasmettere strumenti come il saper parlare, il saper

argomentare, l'applicazione del senso critico, l'importanza delle regole e tutte queste belle cose qui, come se i cuccioli

fossero destinati a vivere nella suddetta rappresentazione del mondo e non in quello in cui vivono gli stessi insegnanti.

E' una cosa stupida, ma come spiega bene più avanti l'articolo non è 'pura' stupidità, bensì stupidità funzionale, che ha

un suo perché e degli effetti positivi e altri negativi.

(ps: forse è proprio per questo che il cucciolotto diventato camionista saluta calorosamente il prof. che l'ha minacciato:

anche a distanza di anni fa piacere rendersi conto di non essere stati presi in giro...).

Link al commento
Condividi su altri siti

 

secondo me la stupidità è veramente funzionale, se è un atto non razionale e di coraggio, perchè non sempre il ragionamento porta a conclusioni produttive, perchè è fondato sui se e sui ma, e manca la capacità decisionale, gestionale,manca proprio il management, non si può gestire la stupidità, quindi non ha senso tradurre stupidity management come gestione della stupidità, ma ha più senso "management fondato sulla stupidità, ", cioè fondato su basi non del tutto razionali.

aspe'... (-tta, non -rger :wink: ) che continua... della tua considerazione, tutt'altro che stupida, ne parlano ora nella parte dedicata

ai lavori precedenti (quando leggo articoli accademici mi sembra di tornare ai tempi di 'come si struttura una tesi'... :babe: )

I limiti all'acume

Vi è una lunga tradizione di lavoro nella teoria dell'organizzazione che suggerisce prudenza riguardo alla razionalità e all'acume nelle organizzazioni. Il filone meglio noto è forse il lavoro che delinea i limiti alla razionalità nelle organizzazioni. Il concetto di 'razionalità vincolata' cattura l'incapacità degli attori di prendere decisioni completamente razionali a causa di carenza di tempo, di informazioni, e di capacità di elaborarle (Simon, 1972). Ciò significa che, nella migliore delle ipotesi, gli attori prenderanno decisioni ragionevoli o accettabili, ma solo entro i vincoli dati dalle risorse e dal tempo disponibili. Alcuni studi indicano come molto lavoro sia eseguito in maniera 'meccanica' [orig: mindless] (Ashfort e Fried, 1988). Le persone eseguono i loro compiti seguendo copioni cognitivi esistenti che specificano 'una sequenza tipica di occorrenze in una data situazione' (p. 306). Ci sono procedure formali ed informali che guidano le risposte a situazioni ed esigenze. Una volta apprese, queste procedure informali consentono agli individui di agire senza pensare troppo, il che favorisce l'efficienza cognitiva. Ma i copioni appresi possono rendere chi vi aderisce cieco rispetto a processi che ricadono esattamente al loro esterno. Un'idea simile è articolata da Argyris (1986) che indica la prevalenza della 'abile incompetenza' [orig: skilled incompetence] nelle grandi organizzazioni. Egli sostiene che molti manager e professionisti sono abili perché sanno cosa fare di fronte ad una situazione, e spesso lo fanno istantaneamente. Sono però incompetenti nella misura in cui questa abilità conduce a risultati sostanzialmente negativi evitando difficoltà e domande. Nelle organizzazioni, l'abile incompetenza è spesso rinforzata da routine difensive. Queste sono routine che rendono indiscutibili determinate questioni e aiutano i manager ad evitare di apprendere e di approfondire questioni difficili. Il risultato è che l'organizzazione rimane intrappolata in pattern dove proprio la destrezza e le abilità dei dipendenti portano ad evitare abitualmente di porre domande difficili ma urgenti.

Il modello decisionale 'a cestino dei rifiuti' [orig: garbage-can model of decision-making] (Cohen et al. 1972) pone un'enfasi maggiore sull'ambiguità, le dinamiche, e l'imprevedibilità nelle organizzazioni). Esso evidenzia come prendere decisioni comporta spesso una configurazione più o meno casuale di problemi, soluzioni ed opportunità. Partendo da ciò, March (1996) sostiene che in ambienti complessi con preferenza per traguardi ambiziosi è necessaria 'follia' . La follia è un tipo di ragionamento esplorativo nel quale agiamo prima di pensare. Le azioni 'folli' ci aiutano a chiarire, dar forma e mettere alla prova le scelte. Permette di provare attraverso l'azione e l'impermeabilità al feedback. Ciò agevola nuove attività che hanno ancora da dimostrare di essere fruttuose (March, 2006). Qui l'elevato livello di ambiguità impedisce semplicemente alle persone di mobilitare pienamente le proprie capacità cognitive, e di agire razionalmente.

Un altro filone di ricerca evidenzia il ruolo giocato dall'ignoranza (e.g. Abbott, 2010; Roberts e Armitage, 2008; Smithson, 1989; Ungar, 2008). Questo lavoro indica come 'una carenza di conoscenza e consapevolezza di dove si trovi la conoscenza o, più precisamente, dove si afferma che si trovi' (Ungar, 2008, p. 303, enfasi nell'originale) è un aspetto endemico dei moderni ambiti ad intensità di conoscenza come la scienza o la politica governativa. Ciò deriva dal fatto che allo stesso tempo in cui i moderni ambiti di conoscenza producono un senso di certezza riguardo a certi argomenti, essi creano un senso di incertezza riguardo ad altri. Per esempio, l'indagine scientifica sui cambiamenti climatici ha prodotto un senso di certezza su alcuni punti (come l'aumento di lungo termine della temperatura del pianeta nell'ultimo secolo), ma ha anche rivelato nuove aree di ignoranza (come le cause precise di ciò) (Ungar, 2008). Questo genere di ignoranza 'esperta' o riconosciuta si colloca fianco a fianco con l'ignoranza 'amatoriale' o negata (Abbott, 2010). Un esempio eccellente di ciò è uno studio che ha scoperto che i senior manager ignoravano i dettagli tecnici dei programmi di Total Quality Management e, pertanto, nutrivano attese irrealistiche sui tempi di adozione degli stessi (Zbaracki, 1998). Ciò evidenzia come la 'pseudo-conoscenza' permette alle persone di confondere una familiarità superficiale per una più profonda comprensione della materia in oggetto. Una fede nella maestria e nella conoscenza, pertanto, nasconde un livello di ignoranza più 'profondo'.

I concetti di razionalità vincolata, abile incompetenza, processi-decisionali a cestino dei rifiuti, follia, meccanicità, e ignoranza (negata) ci fanno fare un po' di strada nella comprensione dei confini dell'acume. Nonostante ciò, crediamo che ci siano deviazioni dall'acume più nette che non vengono adeguatamente colte dai concetti sopra descritti. Queste idee stentano a mettere in dubbio gli assunti del campo secondo i quali la mobilitazione delle capacità cognitive è un aspetto centrale della vita organizzativa. Molti dei concetti sopra discussi tendono a focalizzarsi sulle limitazioni inevitabili della conoscenza razionale e dell'intelligenza. Essi ne propongono anche versioni più 'morbide' e pragmatiche. Ciò significa che viene ampiamente mancato il lato opposto rispetto all'acume, che ricade al di fuori del funzionamento semi-razionale. Il concetto di ignoranza si focalizza sul contenuto e indica che per affrontare il problema è sufficiente aggiungere conoscenza attraverso l'uso di esperti o di educazione. Ciò ci dice poco riguardo ai limiti all'uso (o non-uso) attivo delle capacità cognitive od intellettuali. La meccanicità è in qualche modo differente perché punta su come i modelli cognitivi rendono possibile un comportamento di routine ed efficiente. Essa si focalizza su elementi piuttosto ristretti e prevedibili come segnali e copioni. Questo lavoro, come quello sulla razionalità vincolata, enfatizza spesso una forma diversa di efficienza. Nel farlo, perlopiù ignora gli aspetti più generali dell'assenza di riflessione o di interrogazione. Qualcosa di simile si può dire sull'idea di Argyris di abile incompetenza, dove le norme di interazione efficiente significano a volte che si evita la consapevolezza dei problemi e l'affrontarli. Inoltre, ognuno di questi concetti tende ad avere una propensione cognitiva verso l'elaborazione interiorizzata [orig: embrained] della conoscenza. Questo focalizzarsi tende ad oscurare aspetti emozionali o motivazionali comprendenti l'ansia, l'incertezza o la non-volontà di perturbare l'armonia dell'organizzazione o gli sforzi di assicurare un senso di identità. Questa ricerca non chiarisce la correlazione tra le limitazioni cognitive e gli aspetti emozionali. Ancor più importante, forse, questa ricerca non considera come aspetti di potere e politici possono alimentare la riluttanza ad utilizzare le risorse intellettuali. Per affrontare questi inconvenienti, introduciamo il concetto di stupidità funzionale.

(continua...)

Link al commento
Condividi su altri siti

 

Più che di "stupidità funzionale" io parlerei di gestione delle mansioni...ed è in questo ambito che andrebbe indirizzato l'acume di chi quella mansione la affida.

Purtroppo alle volte chi ha potere decisionale tende a contornarsi di persone che rispondono alla descrizione di "stupidità funzionale" pensando di semplificarsi la vita invece non ha idea di come questo gli si possa ritorcere contro...

Link al commento
Condividi su altri siti

 

a me leggendo sono venuti a mente dei fattori individuali e li chiamerei completamente egoistici e avulsi dal contesto lavorativo, sono fattori che "creano" una persona manager. sono cose che non sarei mai andata a leggere per conto mio, le leggo per il fatto che mi trovo qui:)),

In realtà uno che diventa manager al di là del colpo di fortuna di trovare chi gli affida un incarico e delle competenze del campo specifico, era già "manager" prima.

Aveva il carattere adatto, giusto, chiamiamolo così.

Ce le aveva prima, e spesso queste caratteristiche le vedono i suoi amici e familiari, se le sanno leggere.

Quel tocco di follia, ma chiamala fantasia, reatività, spirito, :) perchè l'acume non è la mente scientifica e basta, ma una serie di altre qualità psicologiche.

Piglia le banalità, ma è così, io vedo un fratello,manager, che conosco molto bene, scherzi a parte, l'ho conosciuto da bambino:)), e un cognato,altro dirigente di azienda, che mi è stato ben descritto com'era, sono diversi, ma hanno qualità in comune, mio cognato la sera si sdraia e gioca alla guerra col micio,o si contende le patatine col suo figliolo e si diverte:))per dirtene una, mio fratello se lo pigli che non è stanco, gioca a pallone e piglia ancora per i fondelli se perdi:)))

Link al commento
Condividi su altri siti

 

Più che di "stupidità funzionale" io parlerei di gestione delle mansioni...ed è in questo ambito che andrebbe indirizzato l'acume di chi quella mansione la affida.

Purtroppo alle volte chi ha potere decisionale tende a contornarsi di persone che rispondono alla descrizione di "stupidità funzionale" pensando di semplificarsi la vita invece non ha idea di come questo gli si possa ritorcere contro...

o forse è proprio per difendersi da ciò che gli si potrebbe ritorcere contro

Link al commento
Condividi su altri siti

 

Stupidità funzionale

La stupidità è in risonanza con molti resoconti aneddotici della vita delle organizzazioni. Organizzazioni apparentemente normali e giudiziose, come la Ford Motor Company del fu Henry Ford, e l'US Federal Bureau of Investigation durante la reggenza di J. Edgar Hoover, impersonano le patologie dei loro influentissimi leader (Kets de Vries, 1980). Durante i giorni felici della 'new economy' nei tardi anni '90, molti individui e organizzazioni svilupparono un irrazionale entusiasmo per Internet. Il risultato fu un prematuro desiderio di sopravvalutare il potenziale delle imprese on-line e saltare diversi dei gradini delle normali pratiche di investimento prudente (Valliere e Peterson, 2004). Durante la più recente crisi finanziaria, molti addetti dell'industria finanziaria riposero una fede irrazionale nei loro complessi modelli finanziari (Lewis, 2011). Ciò contribuì all'ignoranza sui rischi reali che stavano correndo molte istituzioni finanziarie. In questi casi, troviamo persone intelligenti ed erudite attivamente riluttanti ad usare le loro capacità riflessive e cognitive.

Questi esempi sono forme di stupidità, nelle quali vi è una chiara deviazione dal 'normale' funzionamento organizzativo. Ma in molti casi la stupidità è una caratteristica normale della vita organizzativa e non è così facilmente correlabile con risultati negativi. Per esempio, si può vedere stupidità nella (non-)adozione di pratiche manageriali. Secondo Pfeiffer e Sutton (2006), la maggior marte delle pratiche manageriali vengono adottate sulla base di ragionamenti fallaci, saggezza accettata, e completa assenza di evidenze. Questo è enfatizzato anche in studi sulle mode manageriali (Abrahamson, 1996). Le aziende adottano raramente pratiche di Gestione delle Risorse Umane che siano al contempo profittevoli e buone per i dipendenti (Pfeiffer, 1994). Quando lo fanno, spesso smettono di usarle dopo qualche tempo. Se Pfeiffer ha ragione, ciò potrebbe apparire semplicemente non intelligente o irrazionale, ma questa è difficilmente una spiegazione esauriente.

L'esempio invita a sospettare che nelle organizzazioni la stupidità sia sistematica. A partire da questo sospetto vorremmo sostenere che la stupidità va presa sul serio, come una parte della vita dell'organizzazione. Inoltre vorremmo affermare che la stupidità non dovrebbe essere vista solo come patologia, irrazionalità, o pensiero disfunzionale che disturba il funzionamento agevole della vita organizzativa. Al contrario, la stupidità potrebbe essere incoraggiata attivamente dalle organizzazioni e potrebbe dar luogo ad effetti piuttosto 'funzionali'. Esploreremo ora in maggior dettaglio come la stupidità è stata concettualizzata e chiariremo il modo in cui ci piacerebbe approcciarla.

Nella psicologia popolare la stupidità viene solitamente identificata con qualche forma di deficienza mentale. Essere stupidi sul lavoro significa soffrire di quella che potrebbe essere definita una 'carenza epistemiologica' [ammazza come parlan bene, questi. N.d.T.] . Essere stupidi non è solo (come nell'ignoranza) avere carenze di conoscenza, ma anche esser privi dell'abilità o della volontà di usarla o elaborarla (Sternberg, 2002). Gli psicologi cognitivi hanno indicato che ciò potrebbe non essere dovuto solo ad una carenza dell'intelligenza necessaria per elaborare la conoscenza, ma potrebbe essere anche a causa del fissarsi entro algoritmi di pensiero problematici, o di assenza di volontà di mettere in dubbio le proprie convinzioni più profonde (Stanovich, 2002). La stupidità è quindi vista come la mancanza di abilità o di volontà di mobilitare le proprie risorse cognitive e la propria intelligenza. Alcuni suggeriscono che la stupidità non è solo un'espressione di caratteristiche cognitive individuali, ma è in realtà incoraggiata da modalità della moderna conoscenza più generali (Ronell, 2002) o da culture organizzative (Ten Bos, 2007). Ciò suggerisce che la stupidità in un contesto organizzativo è una mancanza di abilità e di volontà di mobilitare le proprie capacità cognitive incoraggiata dall'organizzazione.

Portando queste idee un po' oltre, possiamo vedere quella che chiamiamo stupidità funzionale come caratterizzata dalla mancanza di volontà o di abilità di mobilitare tre aspetti della capacità cognitiva: la riflessività, l'argomentazione, e l'effettivo ragionamento. La carenza di riflessività comporta una mancanza di abilità o di volontà di mettere in dubbio affermazioni di conoscenza e norme (Alvesson e Sköldberg, 2009). Ciò accade quando i membri di un'organizzazione non mettono in dubbio le convinzioni dominanti e le attese che incontrano nella vita organizzativa. Le regole, le routine e le norme dell'organizzazione sono ritenute assodate, naturali e buone (o non-problematiche o inevitabili) e, pertanto, non vale la pena pensarne in termini negativi. Per esempio i dipendenti non possono prendere in considerazione o contestare la (im)moralità dell'organizzazione perché 'ciò che è giusto nell'azienda è ciò che il tipo sopra di te vuole da te' (Jackall, 1988, p. 6). Una tale assenza di dubbio comporta la repressione delle capacità dei membri dell'organizzazione di usare la ragione, di scrutinare e criticare aspetti dell'organizzazione.

Un secondo aspetto della stupidità funzionale è la carenza di argomentazioni. Questo implica che gli attori non chiedano né forniscano ragioni o spiegazioni (cf, Boltanski e Thévenot, 2006). In condizioni sociali relativamente 'aperte' (come per esempio la libertà di espressione), gli individui tendono a considerare tutte le affermazioni in termini di sincerità, legittimazione, e veridicità. Essi sono inoltre inclini a richiedere spiegazioni quando sono messi di fronte ad affermazioni la cui validità è percepita come problematica. Non richiedendo argomentazioni, gli individui perdono l'inclinazione a confrontarsi nel dialogo a a chiedere le ragioni del fare qualcosa. Questo significa spesso dare per scontato che non è richiesto render conto delle ragioni di una decisione o di un'azione. Non richiedere argomentazioni permette alle pratiche di essere accettate senza alcun scrutinio critico significativo né alcun robusto processo di presentazione di ragioni. Per esempio, le organizzazioni adotteranno spesso nuove pratiche con poche ragioni forti oltre al fatto che fanno 'apparire buona' l'azienda o che 'altri lo stanno facendo' (Alvesson, 2013a; Meyer and Rowan, 1977; Zbaracki, 1998). L'astenersi dal richiedere argomentazioni che vadano oltre l'editto manageriale, la tradizione, o la moda, è un aspetto chiave della stupidità funzionale. Esso dà anche luogo alla riproduzione di condizioni problematiche e alla mancanza di ciò a cui a volte ci si riferisce come 'voce' nelle organizzazioni (Morrisson, 2011).

Il terzo aspetto della stupidità funzionale è la carenza di effettivo ragionamento. Questo accade quando le risorse cognitive sono concentrate su un piccolo insieme di aspetti che sono definiti da una specifica logica organizzativa, professionale o di lavoro. Esso comporta l'applicazione miope di razionalità strumentale focalizzata sul raggiungimento efficiente di un dato fine, e l'ignoranza delle domande di importanza più generale riguardo a cosa sia in realtà quel fine (Alvesson e Willmott, 2012). Per esempio, un contabile può comprimere un ampio spettro di aspetti in numeri contabilizzabili, ignorando pertanto molti dei dibattiti importanti riguardo a cosa quei numeri rappresentano in realtà e le implicazioni morali associate con l'utilizzo di quei numeri nel processo decisionale (Dillard e Ruchala, 2005). Questa è una forma di stupidità perché può frenare un'indagine ragionata e la presa in considerazione delle possibili correlazioni e implicazioni delle proprie azioni. Confina invece le domande a modalità ristrette e focalizzate.

La stupidità funzionale non è una faccenda puramente cognitiva. Essa è anche correlata ad aspetti emotivi come la motivazione e le emozioni. L'aspetto motivazionale implica una mancanza di volontà di usare le proprie capacità cognitive. Una carenza di curiosità, chiusura mentale, costruzione della propria identità come quella di una 'persona dell'organizzazione' o di un 'professionista' (che è incline a considerare come indiscutibile il paradigma organizzativo o occupazionale), può essere un ostacolo molto importante a ragionamenti più ampi. Correlati a questo sono gli aspetti emotivi della stupidità funzionale. L'ansietà sul lavoro e l'insicurezza personale possono rinforzare la stupidità funzionale. E' importante rendersi conto che le emozioni sono elementi chiave in come ci relazioniamo col mondo e lo interpretiamo, che spesso informano i processi cognitivi (Jaggar, 1989). In tal senso, c'è un gioco di interazione tra la mancanza di abilità e la mancanza di volontà: maggiore è l'abilità, minore è la volontà necessaria. Al contrario, una forte volontà può indurre a sforzi per compensare l'abilità, che potrebbero dar luogo a sforzi per superare – o forse ridurre – forme di stupidità funzionale. Naturalmente non è solo una questione di capacità e motivazioni individuali. I contesti societari, organizzativi ed occupazionali sono fondamentali (Ronell, 2002; Ten Bos, 1007). Essi possono coltivare o scoraggiare la pensosità, il ragionamento critico, e il dialogo. I meccanismi di potere qui sono importanti, incluso il potere disciplinare che costituisce un soggetto specifico attorno alle norme dello stare al mondo.

Anche se attiriamo l'attenzione sulle organizzazioni come generatori di stupidità funzionale, ci sono alcune occasioni in cui il pensare ristretto costituisce una deviazione rispetto alle norme dominanti di un'organizzazione. Dopotutto, la maggior parte delle organizzazioni prescrivono un certo grado di pensosità, di argomentazione e di effettivo ragionamento. In molti casi comunque l'essere riflessivi, il richiedere argomentazioni e il lanciarsi in effettivi ragionamenti non sono cose accettate come parti normali della vita organizzativa. In alcuni casi queste pretese possono essere viste come delle fastidiose perdite di tempo. In altri casi possono essere considerate come attività pericolose o potenzialmente sovversive che devono essere attivamente scoraggiate e sanzionate. Questo tipo di stupidità incoraggiata dall'organizzazione può sicuramente avere conseguenze negative come una minor autonomia ed errori organizzativi. Comunque, può anche portare alcuni significativi benefici come l'assicurare che le organizzazioni funzionino agevolmente. La stupidità, pertanto, è un miscuglio di benedizione per le organizzazioni – e per le persone al loro interno. Essa incoraggia i membri dell'organizzazione ad astenersi dal porre domande difficili. Inoltre essa rende più facile per i dipendenti giocare secondo le norme dominanti. Ma può anche essere vista come fede infondata nelle visioni, gli obbiettivi, le strategie e le pratiche di un'organizzazione che aiuta i membri a tener sotto controllo i loro dubbi. Tipicamente ha un aspetto individuale e uno organizzativo. E' al tempo stesso una cosa che fanno gli individui e una cosa coltivata nell'organizzazione nel suo complesso.

Offriamo ora una definizione più esauriente del nostro concetto centrale, la stupidità funzionale. Per noi la stupidità funzionale è la mancanza di abilità e/o di volontà di usare le capacità cognitive e riflessive in modi che non siano ristretti e circoscritti. Essa implica un'assenza di riflessività, una riluttanza a richiedere o fornire argomentazioni, e un evitare l'effettivo ragionamento. Essa è legata agli elementi interconnessi di cognizione, motivazione ed emozione. In molti casi la stupidità funzionale può produrre effetti positivi sotto forma di benefici significativi per le organizzazioni e i dipendenti. L'uso ristretto e circoscritto della ragione, alti livelli di intelligenza orientata ai mezzi e ai fini, e gli effetti parzialmente positivi, differenziano la stupidità funzionale dalla 'pura' stupidità. Pertanto, l'utilizzo di intelligenza e quello di stupidità funzionale potrebbero coesistere. Le persone intelligenti (per esempio quelle con elevati punteggi ai test di QI) non sono immuni alla stupidità funzionale (Ronell, 2002).

Una buona illustrazione di stupidità funzionale è la dedizione all'informazione nelle organizzazioni. Qualche tempo fa Feldman e March (1981), notarono un eccessivo interesse e un focalizzarsi sulle informazioni. Le persone le richiedono, ne parlano, hanno strategie e tattiche legate ad esse, e si lamentano della loro mancanza. Allo stesso tempo, hanno la sensazione che ce ne siano troppe. Le persone non hanno realmente il tempo e l'interesse per utilizzarle. In breve, c'è un sovra-interesse per ed un sotto-utilizzo delle informazioni. Le informazioni simboleggiano il ragionamento, l'affidabilità, la sicurezza, e anche l'intelligenza. Mobilitare informazioni è pertanto una questione di legittimazione più che di funzionalità: 'Usare informazioni, chiedere informazioni, e argomentare decisioni in termini di informazioni sono tutti diventati mezzi significativi con i quali simboleggiamo che il processo è legittimo, che siamo bravi decisori, e che le nostre organizzazioni sono ben gestite' (Feldman e March, 1981, p. 178).

Paradossalmente, è il valore culturale attribuito all'informazione come elemento chiave della razionalità che spiega la sovra-enfasi data alle informazioni. Un'enfasi eccessiva sulle informazioni ne previene l'uso pratico. Questo miope focalizzarsi sulle informazioni è supportato da una mancanza di capacità o di volontà di pensare alle ragioni sostanziali associate al loro uso, al chiedere di argomentare le richieste di informazioni, e al fare riflessioni più generali sulle informazioni. Tale forte focalizzarsi sulle informazioni dà l'impressione di un utilizzo pieno delle capacità cognitive, e un senso di competenza e di razionalità organizzativa. Al contempo, però, nasconde la stupidità funzionale che risiede nel confondere le informazioni con la razionalità.

Link al commento
Condividi su altri siti

 
Ospite pruillio

Più che di "stupidità funzionale" io parlerei di gestione delle mansioni...ed è in questo ambito che andrebbe indirizzato l'acume di chi quella mansione la affida.

Purtroppo alle volte chi ha potere decisionale tende a contornarsi di persone che rispondono alla descrizione di "stupidità funzionale" pensando di semplificarsi la vita invece non ha idea di come questo gli si possa ritorcere contro...

chiunque di noi ha una dose di stupidita'-funzionale...tutti abbiamo un "superiore",che a loro volta ne hanno uno anche loro,e ognuno fa quello che dice il "superiore",anche sbagliato,quindi stupidi noi che lo facciamo,e stupidi coloro che ce lo fanno fare...ai voglia....

Link al commento
Condividi su altri siti

 

chiunque di noi ha una dose di stupidita'-funzionale...tutti abbiamo un "superiore",che a loro volta ne hanno uno anche loro,e ognuno fa quello che dice il "superiore",anche sbagliato,quindi stupidi noi che lo facciamo,e stupidi coloro che ce lo fanno fare...ai voglia....

ahahahahah:))) sopra a tutti v'è Dio, oppure il supermega direttore galattico Arcangeli, ahahahah:))

omunque mi sento tanto fantozzi e filini, in questo thread:)))

Ste è il superdirettore galattico che ce fa vede la corazzata Potionkin:))))))))))))))))))))))))))))

Link al commento
Condividi su altri siti

 
 

pratiamente s'è ricreato il meccanismo, Ste ha trovato na stùpita he gli va dietro, e allora vai, borda!:)))

Ahahah, scherzooooo:)))))

Link al commento
Condividi su altri siti

 
 
Ospite pruillio

musica per me stasera...av salut sfiga'....eheh

Link al commento
Condividi su altri siti

 

omunque mi sento tanto fantozzi e filini, in questo thread:)))

forse è solo il sentimento maturato di fronte al semaforo del tuo capo che esce qui perché qui gli è consentito :wink:

Link al commento
Condividi su altri siti

 

Le dinamiche della stupidità funzionale

Abbiamo sostenuto che la stupidità funzionale è un elemento generale dei processi organizzativi anziché essere un aspetto della sola cognizione individuale. Per comprendere la stupidità funzionale nelle organizzazioni, dobbiamo considerare le dinamiche sociali ed organizzative più generali. A nostro modo di vedere, la stupidità funzionale è indotta dall'economia della persuasione contemporanea, che enfatizza gli aspetti simbolici anziche quelli sostanziali della vita organizzativa. Nelle organizzazioni ciò incentiva un maggior focalizzarsi sulla manipolazione simbolica – spesso in forma di tentativi di sviluppare culture ed identità aziendali forti, branding aziendale, e leadership carismatica, spesso esercitata per mezzo di stupidity management. Ciò accade quando vari attori (inclusi manager, vertici aziendali come anche figure esterne come consulenti, guru del business, e commerciali) esercitano potere per bloccare l'azione comunicativa. Il risultato è che viene incoraggiato l'allineamento agli editti manageriali, e vengono scoraggiate le critiche o le riflessioni riguardo ad essi. I dipendenti accettano i tentativi imposti dall'esterno di regolare la stupidità attraverso ciò che chiamiamo auto-gestione della stupidità [stupidity self management]. Ciò accade quando i dipendenti limitano la riflessività interna tagliando corto nelle 'conversazioni interiori'. Questo li aiuta ad emarginare i dubbi e a focalizzarsi su spiegazioni della realtà più positive e coerenti. Le ambiguità sono represse ed emerge un falso senso di certezza riguardo ai processi organizzativi. Questo può far sorgere un senso di certezza che produce funzionalità sia per l'organizzazione nel suo complesso che per gli individui al suo interno. Tali risultati positivi possono avere effetti auto-rinforzanti incoraggiando ulteriormente lo stupidity management e il self-stupidity management. La stupidità funzionale può però produrre anche dissonanze individuali ed organizzative che sono difficili da evitare. Quando riconosciute, queste dissonanze possono incoraggiare la riflessività, che a sua volta può minare i limiti alla riflessività interiore auto-imposti e i blocchi all'azione comunicativa socialmente imposti. Questo può avere l'effetto di corrodere sia lo stupidity management che lo stupidity self-management. Nel seguito, sviluppiamo questo argomento (si veda la Fig. 1).

Contesto: l'economia della persuasione e della manipolazione simbolica

Le economie sviluppate hanno testimoniato un'esplosione di economie della persuasione. Queste sono economie dove la produzione di immagini seducenti è progressivamente diventata centrale per il lavoro e le organizzazioni (Alvesson, 2013a; Foley, 2010; Klein, 2000). Tali economie emergono sullo sfondo di un'economia della (post-)opulenza dove molto di quello che producono le organizzazioni non trova una domanda spontanea (Galbraith, 1958 [ah, mi pareva N.d.T.]; Lasch, 1979). Ciò significa che le organizzazioni dedicano una parte significativa dei loro sforzi alla creazione della domanda per i loro prodotti attraverso la promozione di aspettative, producendo immagini, ed influenzando i desideri. Certo, non tutti gli aspetti delle economie sviluppate sono focalizzati ossessivamente sulla produzione e la circolazione di immagini. Ci sono settori dell'economia che si concentrano su forme di produzione più tradizionali (come per esempio l'agricoltura o la manifattura) o sullo sviluppo di prodotto (la ricerca e le industrie basate sullo sviluppo). In aggiunta, le economie occidentali sono composte da un gran numero di organizzazioni impegnate nella fornitura di servizi di routine (Fleming et al. 2004; Sweet e Meiksins, 2008): Ciò nonostante, l'attività economica ad intensità di immagine è diventata progressivamente 'egemonica' dal momento che organizzazioni impegnate in attività estremamente noiose stanno dedicando porzioni significative delle loro risorse nelle attività di produzione dell'immagine (Ardvisson, 2006; Kornberger. 2010).

Nelle economie della persuasione, attività come il branding, il marketing, le relazioni pubbliche, la vendita e la costruzione dell'immagine, diventano spesso più importanti della produzione (Alvesson, 1990). Questo può indebolire il ruolo della 'sostanza' e dell''arte' [craft] come caratteristiche chiave delle organizzazioni (Sennett, 2006, 2008) ed enfatizzare quello della manipolazione simbolica. Ciò comporta la produzione di immagini e l'ingegnerizzazione delle fantasie (Alvesson, 1990). Tali attività sono dirette principalmente a gruppi esterni come per esempio i clienti, gli azionisti e il pubblico più in generale (Hatch e Schultz, 2003). La manipolazione simbolica può però essere rivolta anche ai dipendenti. Campagne mirate al dipendente possono indicare quali sono i sentimenti, le convinzioni e le identità appropriati (Hancock, 1999). Esse possono assumere la forma di iniziative culturali aziendali (Casey, 1995), programmi di branding (Kärreman e Rylander, 2008), costruzione dell'identità aziendale (Dutton et al. 1994), sforzi per infondere spiritualità sul luogo di lavoro (Bell e Taylor, 2003), correlazioni tra il lavoro ed il perseguimento del bene sociale (Fleming, 2009), un focalizzarsi su attività eccitanti, come la leadership, anziché sulla banale amministrazione (Alvesson e Svengingsson, 2003) e uso di indicatori di status progressivamente svuotati come titoli pretenziosi, politiche altisonanti ma disaccoppiate dalla pratica, e altre grandiose rappresentazioni (Alvesson, 2013a). Mentre il contenuto specifico di questi programmi può variare, sono tutti sforzi di sedurre e persuadere i dipendenti a credere in qualcosa che migliora l'immagine delle loro organizzazioni, il loro lavoro e, in definitiva, se stessi.

Gli sforzi significativi per creare un immagine favorevole dell'organizzazione per i dipendenti non hanno sempre completo successo. Alcuni dipendenti opporranno resistenza alla manipolazione simbolica attraverso risposte aperte come contro-culture sul luogo di lavoro (Collinson, 1992) o più nascosto cinismo (Fleming, 203; Fleming e Spicer, 2003). Altri saranno ambivalenti (Whittle, 2005). Comunque, una parte significativa di dipendenti 'comprerà' questa manipolazione simbolica, e diventerà estremamente devota alla ditta, accettando entusiasticamente ed abbracciando i suoi valori aziendali (Alvesson, 1995; Casey, 195; Kunda, 1992). Molti dipendenti operano in contesti che apprezzano e remunerano il conformismo più dell'autonomia e dell'indipendenza di pensiero (Willmott, 1993). L'implicazione è che ci si aspetta che dipendenti ben funzionanti si allineino a questa immagine. Essi possono essere persuasi a persuadersi e a persuadere altri delle qualità positive dell'organizzazione e dei suoi prodotti. Naturalmente, le persone possono agire strategicamente ed essere ciniche, ma credere nella produzione di immagini rende più facile e più credibile persuadere gli altri, e in definitiva può dar luogo a un clima organizzativo e ad un'esperienza lavorativa più positivi.

Link al commento
Condividi su altri siti

 

Detonatore organizzativo: lo stupidity management

I contesti organizzativi dominati da diffusi tentativi di manipolazione simbolica tipicamente comportano che i manager cerchino di modellare e plasmare le 'forme mentali' dei dipendenti (Willmott, 1993). Un aspetto centrale di questo implica il cercare di creare un certo grado di buona fede e conformismo e di limitare il pensiero critico (Fleming, 2013). I tentativi di modellare gli orientamenti psicologici, emozionali e morali dei dipendenti non si trovano solo nelle organizzazioni ad intensità simbolica; sono aspetti del management e in generale dell'organizzazione contemporanea (Alvesson, 2013b). Aziende manufatturiere ben note come la Ford (Parker, 2000) e grandi burocrazie del settore pubblico come il servizio civile inglese (du Gay, 1999), cercano di infondere particolari valori culturali nei loro dipendenti. E' comunque nelle organizzazioni 'post-moderne' e ossessionate dall'immagine che i tentativi di gestire la cultura, le immagini e i brand sono diventati compiti manageriali primari. Un elemento chiave qui è lo stupidity management, che ha luogo quando una gamma di attori cerca di limitare l'esercizio pienamente condiviso delle capacità cognitive dei dipendenti. Esso implica la gestione della coscienza, indicazioni su come comprendere il mondo e relazionarsi con esso, e la regolamentazione dei processi attraverso i quali la consapevolezza viene negoziata tra gli attori. Una gamma di attori dell'organizzazione includente manager di pari livello, junior e senior, e figure esterne come consulenti e guru del management, sono potenzialmente degli stupidity manager.

Lo stupidity management è tipicamente sorretto dal blocco dell'azione comunicativa. Le dinamiche dell'azione comunicativa sono il ragionamento inter-soggettivo ed il dialogo attraverso il quale gli attori cercano di raggiungere una comprensione delle loro situazioni d'azione e dei loro piani d'azione al fine di coordinare le loro azione attraverso l'accordo' (Habermas, 1984, p.101). L'azione comunicativa può essere bloccata quando c'è una comunicazione sistematicamente distorta che previene l'emergere dei dialoghi che consentano di mettere in dubbio affermazioni di validità, e viene tagliata corta la ricerca di buone ragioni per accettare un'affermazione di verità o normative (Forester, 2003; Scherer e Palazzo, 2007, 2011). Nelle organizzazioni, il blocco delle azioni comunicative implica l'incoraggiare l'allineamento a certe credenze e pratiche e lo scoraggiare il pensiero critico sulle stesse (Deetz, 1992). Lo stupidity management implica una forte enfasi sull'interpretazione positiva delle pratiche organizzative. Questo avviene attraverso l'elevazione di messaggi come le visioni, missioni, valori e strategie dell'organizzazione che promettono un mondo organizzativo rimarchevole, ottimistico e conforme all'identità. Il pensiero indipendente è scoraggiato da un'enfasi sulla razionalità delle strutture e delle procedure formali e dall'imitazione degli altri in modo da fare in modo che le cose appaiano buone e legittime. Questo è un elemento chiave nei processi istituzionali, anche se non indicato direttamente dai proponenti la teoria istituzionale, che lo vede come un processo neutrale e naturale (Meyer e Rowan, 1977). Lo stupidity management contrasta anche la pensosità e la coltivazione del dubbio. Esso implica il controllo e il più o meno subdolo sanzionamento dei subordinati e dei colleghi che sollevano questioni che vadano al di là di aspetti ristretti, strumentali e confinati.

Un aspetto centrale del bloccare l'azione comunicativa è l'esercizio del potere. Noi riconosciamo che il concetto di potere è un 'concetto essenzialmente contestato' (Clegg et al. 2006; Lukes 2005). Comunque, ai fini di questa discussione lo considereremo come comprendente la 'dimensione delle relazioni attraverso le quali i comportamenti, le attitudini, o le opportunità di un attore sono influenzate da un altro attore, sistema o tecnologia' (Lawrence et al., 2012, p.105). Il potere può essere esercitato in almeno quattro modi (Fleming e Spicer, 2007): attraverso la soppressione diretta, dettando l'agenda, plasmando scenografie ideologiche, e attraverso la produzione di posizioni soggettive [nel senso di 'ruoli' N.d.T].

Osserviamo più da vicino ognuno di questi modi di esercizio del potere nel contesto dello stupidity management.

In alcuni casi, lo stupidity management comporta tentativi diretti di sopprimere l'azione comunicativa. A volte questo accade attraverso avvertimenti ed interventi diretti. In casi estremi viene chiesto esplicitamente ai dipendenti di coltivare la propria stupidità. Per esempio, un direttore di un'agenzia pubblicitaria consigliò ai suoi copywriters di non visitare mai le fabbriche che producevano i beni che essi stavano promuovendo. Egli sostenne che conoscere la realtà del processo di produzione e i prodotti avrebbe reso loro difficile scrivere il tipo di messaggio (che per sua stessa ammissione era spesso un nonsenso superficiale) che serviva includere nella pubblicità (citato in Klein, 2000). In un altro esempio ancora più estremo, il direttore di un'altra ditta pubblicitaria chiese ai suoi dipendenti di 'arrivare stupidi ogni mattino' (Burrell, 2007). Interventi diretti per incoraggiare la stupidità funzionale possono aver luogo in modi più sottili. Questo può accadere quando gli stupidity manager cercano di allontanare i dipendenti da punti che vanno al di fuori dei confini cognitivi o ideologici consentiti. Per esempio, impiegati di una grande burocrazia aziendale che sollevarono questioni etiche vennero ritenuti portatori di idee bizzarre e non del tutto affidabili per compiti e posizioni importanti (Jackall, 1988). Similmente, i consulenti junior di un'azienda di consulenza manageriale che parlarono negativamente delle pressioni lavorative estreme associate alla mancanza di personale furono considerati dei 'guastafeste' [orig: 'show-stoppers'] (Kärreman e Alvesson, 2009). Verosimilmente, le organizzazioni sono piene di più o meno sistematici, espliciti o chiari esempi di persuasioni e sanzionamenti che bloccano i processi di azione comunicativa assicurando che le persone non sollevino questioni più ampie in discussioni indagative o critiche. Con il proibire dell'esposizione di problemi e critiche, si riduce la capacità di intraprendere riflessioni critiche.

Lo stupidity management può anche funzionare senza intervento diretto (attraverso mezzi sottili o mezzi più attivi). Può implicare lo stabilire l'agenda su cosa può o non può essere sollevato durante le deliberazioni collettive. Questo può agire attraverso decisi tentativi da parte del management di manipolare l'agenda. Per esempio, i dipendenti di un' azienda di consulenza nell'IT che volevano discutere alcuni problemi incontrarono la risposta che le critiche erano accettabili solo se accompagnate da proposte costruttive su come affrontarle (Alvesson, 1995). In questo caso, tali argomenti avrebbero potuto entrare nell'agenda per essere oggetto di legittima discussione e considerazione solo se accompagnati da 'suggerimenti costruttivi'. Questo emarginò discussioni critiche più ampie che non erano accompagnate da soluzioni immediate. Pertanto, considerazioni più approfondite possono essere limitate definendo cosa vale la pena discutere e cosa dovrebbe essere considerato irrilevante. Questo può restringere significativamente la gamma di argomento ai quali i dipendenti possono applicare le loro capacità cognitive, e come esse possono essere utilizzate.

Lo stupidity management può cercare di bloccare i processi di azione comunicativa propagando intelaiature ideologiche più ampie che definiscono le preferenze e supportando assunti degli attori impegnati nelle delibere. A volte le intelaiature ideologiche sono propagate intenzionalmente. Esse sono espresse attraverso un management culturale che enfatizza ideali e valori, e anche in modi più sottili. Per esempio, alcune organizzazioni hanno un insieme di valori ideologici che possono celebrare l'azione (Brunsonn, 1982). In queste organizzazioni, considerazioni ed analisi troppo approfondite di un particolare argomento sono attivamente scoraggiate in favore di un agire rapido e deciso. Questo significa che ai dipendenti viene frequentemente chiesto di seguire il cliché aziendale: 'smettila di pensarci e inizia a farlo'. Per esempio, in organizzazioni che intraprendono programmi di cambiamento, la riflessività e l'attenta considerazione delle conseguenze sono scoraggiate in favore del mostrare che le cose vengono fatte (Watson, 1994). Il risultato è che i cambiamenti 'sono promossi da manager che cercano di farsi una reputazione e una carriera, e che non rimangono abbastanza a lungo per seguirne l'evoluzione' (Watson, 1994, p. 117). Naturalmente, ci sono casi in cui è necessario agire rapidamente e con decisione a causa di un pericolo chiaro e presente (Grint, 2005): Comunque, queste emergenze reali sono rare. Spesso, un chiaro orientamento verso l'azione è indotto meno da una situazione pressante che da un'azione di orientamento.

Un ultimo modo in cui gli stupidity manager possono cercare di esercitare il potere è attraverso la propagazione di particolari posizioni soggettive. Questo implica la costruzione e la propagazione di particolari identità sponsorizzate organizzativamente (Kmights e Willmott, 1989). Un esempio eccellente di questo è la propagazione e la celebrazione generale della posizione soggettiva del 'leader' – e il suo corollario del 'seguace' (Alvesson e Spicer, 2011). Studi empirici mostrano che molti quadri adottano l'identità del 'leader' perché dà loro un senso di autostima (Alvesson e Sveningsson, 2003). Studi recenti sulla ristrutturazione del settore pubblico inglese hanno tracciato come un diffuso attaccamento al 'leaderismo' (O'Reilly e Reed, 2010) ha signficativamente ristretto l'ambito delle potenziali identità disponibili nelle organizzazioni del settore pubblico (Ford et al. 2008). A volte tali restrizioni hanno luogo attraverso la promozione di comprensione 'ispirata' della leadership, combinata con forti 'culture' e caratteristiche di 'culto' [orig: 'cultish'] (Tourish e Pinnington, 2002). In ogni caso, in molti luoghi di lavoro contemporanei, stili umanistici di leadership 'facilitativa', 'autentica' o 'trasformazionale' hanno rimpiazzato forme di leadership autoritaria (Alvesson e Spicer, 2011). Questo non sprigiona l'azione comunicativa. Al contrario, l'assunto che i leader sono moralmente, spiritualmente o socialmente superiori ai loro seguaci perdura (Alvesson, 2013a). L'assunto è che il leader forte indica la via, crea entusiasmo, costruisce un sentimento di appartenenza ad un team, fornisce le giuste idee ai dipendenti, e orchestra la crescita personale. Un vero seguace si affida pesantemente al leader per il ragionamento e il processo decisionale riguardo ai punti chiave, come le visioni, le strategie, i valori e le identità. Dai colleghi ci si attende che si adattino alle posizioni del seguace e che accettino passivamente ciò che il leader suggerisce (e.g. Hartnell e Walumbwa, 2011). Maggiore è l'enfasi sulla leadership, più frequenti sono gli elementi di 'followership' e subordinazione. Questo emargina l'uso di riflessione critica riguardo alle attività che uno è condotto a svolgere. Naturalmente, dopo attenta considerazione, un individuo o un gruppo possono decidere che le identità del leader e del seguace sono necessarie (Alvesson e Spicer, 2012). Comunque, la completa assenza di ponderazione riguardo alla leadership può dar luogo a relazioni leader-seguace prive di critica, di riflessione e ingiustificate.

Riassumendo, lo stupidity management implica un'ampia gamma di attori che cercano di restringere e distorcere l'azione comunicativa attraverso l'uso dell'esercizio del potere. Questo può aver luogo attraverso interventi diretti, dettando l'agenda, propagando credi ideologici generali e creando posizioni soggettive. Comunque vale la pena di aggiungere due punti qualificanti. Primo, questi processi di stupidity management non sono mutualmente esclusivi: possono funzionare in tandem. Tornando allo studio di consulenza IT citato sopra (Alvesson, 1995), vediamo che tutti e quattro i modi di potere sono simultaneamente all'opera. L'affermazione manageriale che i dipendenti dovrebbero criticare solo se hanno proposte costruttive per soluzioni, può essere vista come un'espressione diretta di potere (tacete!), controllo dell'agenda ('rinviate il sollevare il problema a quando potete presentarvi con una soluzione'), un'asserzione ideologica ('non lamentatevi, siate positivi e costruttivi'), e una forma di creazione di identità ('siate dei buoni cittadini dell'organizzazione'). Secondo, le forme di stupidity management che menzioniamo possono funzionare sia attraverso interventi episodici che sviluppando restrizioni dell'azione comunicativa più sistematiche (Lawrence et al. 2012). I primi sono interventi in situazioni specifiche; le seconde si riferiscono allo sviluppare e mantenere le fondamenta culturali ed istituzionali che supportano capacità socialmente e/o organizzativamente radicate per la stupidità funzionale. In tal senso uno stupidity management più sistematico gioca un ruolo nel mantenere le caratteristiche più generali del contesto, che abbiamo discusso nella sezione precedente. Spesso queste due forme di management lavorano assieme. Per esempio, l'enfasi sull'importanza di essere coerenti con il brand aziendale non solo restringe i processi di deliberazione collettiva ma può anche riprodurre la più generale economia della persuasione (Kärreman e Rylander, 2008).

Link al commento
Condividi su altri siti

 

ogni azienda IT è paese...

Link al commento
Condividi su altri siti

 
Ospite pruillio

Detonatore organizzativo: lo stupidity management

I contesti organizzativi dominati da diffusi tentativi di manipolazione simbolica tipicamente comportano che i manager cerchino di modellare e plasmare le 'forme mentali' dei dipendenti (Willmott, 1993). Un aspetto centrale di questo implica il cercare di creare un certo grado di buona fede e conformismo e di limitare il pensiero critico (Fleming, 2013). I tentativi di modellare gli orientamenti psicologici, emozionali e morali dei dipendenti non si trovano solo nelle organizzazioni ad intensità simbolica; sono aspetti del management e in generale dell'organizzazione contemporanea (Alvesson, 2013b). Aziende manufatturiere ben note come la Ford (Parker, 2000) e grandi burocrazie del settore pubblico come il servizio civile inglese (du Gay, 1999), cercano di infondere particolari valori culturali nei loro dipendenti. E' comunque nelle organizzazioni 'post-moderne' e ossessionate dall'immagine che i tentativi di gestire la cultura, le immagini e i brand sono diventati compiti manageriali primari. Un elemento chiave qui è lo stupidity management, che ha luogo quando una gamma di attori cerca di limitare l'esercizio pienamente condiviso delle capacità cognitive dei dipendenti. Esso implica la gestione della coscienza, indicazioni su come comprendere il mondo e relazionarsi con esso, e la regolamentazione dei processi attraverso i quali la consapevolezza viene negoziata tra gli attori. Una gamma di attori dell'organizzazione includente manager di pari livello, junior e senior, e figure esterne come consulenti e guru del management, sono potenzialmente degli stupidity manager.

Lo stupidity management è tipicamente sorretto dal blocco dell'azione comunicativa. Le dinamiche dell'azione comunicativa sono il ragionamento inter-soggettivo ed il dialogo attraverso il quale gli attori cercano di raggiungere una comprensione delle loro situazioni d'azione e dei loro piani d'azione al fine di coordinare le loro azione attraverso l'accordo' (Habermas, 1984, p.101). L'azione comunicativa può essere bloccata quando c'è una comunicazione sistematicamente distorta che previene l'emergere dei dialoghi che consentano di mettere in dubbio affermazioni di validità, e viene tagliata corta la ricerca di buone ragioni per accettare un'affermazione di verità o normative (Forester, 2003; Scherer e Palazzo, 2007, 2011). Nelle organizzazioni, il blocco delle azioni comunicative implica l'incoraggiare l'allineamento a certe credenze e pratiche e lo scoraggiare il pensiero critico sulle stesse (Deetz, 1992). Lo stupidity management implica una forte enfasi sull'interpretazione positiva delle pratiche organizzative. Questo avviene attraverso l'elevazione di messaggi come le visioni, missioni, valori e strategie dell'organizzazione che promettono un mondo organizzativo rimarchevole, ottimistico e conforme all'identità. Il pensiero indipendente è scoraggiato da un'enfasi sulla razionalità delle strutture e delle procedure formali e dall'imitazione degli altri in modo da fare in modo che le cose appaiano buone e legittime. Questo è un elemento chiave nei processi istituzionali, anche se non indicato direttamente dai proponenti la teoria istituzionale, che lo vede come un processo neutrale e naturale (Meyer e Rowan, 1977). Lo stupidity management contrasta anche la pensosità e la coltivazione del dubbio. Esso implica il controllo e il più o meno subdolo sanzionamento dei subordinati e dei colleghi che sollevano questioni che vadano al di là di aspetti ristretti, strumentali e confinati.

Un aspetto centrale del bloccare l'azione comunicativa è l'esercizio del potere. Noi riconosciamo che il concetto di potere è un 'concetto essenzialmente contestato' (Clegg et al. 2006; Lukes 2005). Comunque, ai fini di questa discussione lo considereremo come comprendente la 'dimensione delle relazioni attraverso le quali i comportamenti, le attitudini, o le opportunità di un attore sono influenzate da un altro attore, sistema o tecnologia' (Lawrence et al., 2012, p.105). Il potere può essere esercitato in almeno quattro modi (Fleming e Spicer, 2007): attraverso la soppressione diretta, dettando l'agenda, plasmando scenografie ideologiche, e attraverso la produzione di posizioni soggettive [nel senso di 'ruoli' N.d.T].

Osserviamo più da vicino ognuno di questi modi di esercizio del potere nel contesto dello stupidity management.

In alcuni casi, lo stupidity management comporta tentativi diretti di sopprimere l'azione comunicativa. A volte questo accade attraverso avvertimenti ed interventi diretti. In casi estremi viene chiesto esplicitamente ai dipendenti di coltivare la propria stupidità. Per esempio, un direttore di un'agenzia pubblicitaria consigliò ai suoi copywriters di non visitare mai le fabbriche che producevano i beni che essi stavano promuovendo. Egli sostenne che conoscere la realtà del processo di produzione e i prodotti avrebbe reso loro difficile scrivere il tipo di messaggio (che per sua stessa ammissione era spesso un nonsenso superficiale) che serviva includere nella pubblicità (citato in Klein, 2000). In un altro esempio ancora più estremo, il direttore di un'altra ditta pubblicitaria chiese ai suoi dipendenti di 'arrivare stupidi ogni mattino' (Burrell, 2007). Interventi diretti per incoraggiare la stupidità funzionale possono aver luogo in modi più sottili. Questo può accadere quando gli stupidity manager cercano di allontanare i dipendenti da punti che vanno al di fuori dei confini cognitivi o ideologici consentiti. Per esempio, impiegati di una grande burocrazia aziendale che sollevarono questioni etiche vennero ritenuti portatori di idee bizzarre e non del tutto affidabili per compiti e posizioni importanti (Jackall, 1988). Similmente, i consulenti junior di un'azienda di consulenza manageriale che parlarono negativamente delle pressioni lavorative estreme associate alla mancanza di personale furono considerati dei 'guastafeste' [orig: 'show-stoppers'] (Kärreman e Alvesson, 2009). Verosimilmente, le organizzazioni sono piene di più o meno sistematici, espliciti o chiari esempi di persuasioni e sanzionamenti che bloccano i processi di azione comunicativa assicurando che le persone non sollevino questioni più ampie in discussioni indagative o critiche. Con il proibire dell'esposizione di problemi e critiche, si riduce la capacità di intraprendere riflessioni critiche.

Lo stupidity management può anche funzionare senza intervento diretto (attraverso mezzi sottili o mezzi più attivi). Può implicare lo stabilire l'agenda su cosa può o non può essere sollevato durante le deliberazioni collettive. Questo può agire attraverso decisi tentativi da parte del management di manipolare l'agenda. Per esempio, i dipendenti di un' azienda di consulenza nell'IT che volevano discutere alcuni problemi incontrarono la risposta che le critiche erano accettabili solo se accompagnate da proposte costruttive su come affrontarle (Alvesson, 1995). In questo caso, tali argomenti avrebbero potuto entrare nell'agenda per essere oggetto di legittima discussione e considerazione solo se accompagnati da 'suggerimenti costruttivi'. Questo emarginò discussioni critiche più ampie che non erano accompagnate da soluzioni immediate. Pertanto, considerazioni più approfondite possono essere limitate definendo cosa vale la pena discutere e cosa dovrebbe essere considerato irrilevante. Questo può restringere significativamente la gamma di argomento ai quali i dipendenti possono applicare le loro capacità cognitive, e come esse possono essere utilizzate.

Lo stupidity management può cercare di bloccare i processi di azione comunicativa propagando intelaiature ideologiche più ampie che definiscono le preferenze e supportando assunti degli attori impegnati nelle delibere. A volte le intelaiature ideologiche sono propagate intenzionalmente. Esse sono espresse attraverso un management culturale che enfatizza ideali e valori, e anche in modi più sottili. Per esempio, alcune organizzazioni hanno un insieme di valori ideologici che possono celebrare l'azione (Brunsonn, 1982). In queste organizzazioni, considerazioni ed analisi troppo approfondite di un particolare argomento sono attivamente scoraggiate in favore di un agire rapido e deciso. Questo significa che ai dipendenti viene frequentemente chiesto di seguire il cliché aziendale: 'smettila di pensarci e inizia a farlo'. Per esempio, in organizzazioni che intraprendono programmi di cambiamento, la riflessività e l'attenta considerazione delle conseguenze sono scoraggiate in favore del mostrare che le cose vengono fatte (Watson, 1994). Il risultato è che i cambiamenti 'sono promossi da manager che cercano di farsi una reputazione e una carriera, e che non rimangono abbastanza a lungo per seguirne l'evoluzione' (Watson, 1994, p. 117). Naturalmente, ci sono casi in cui è necessario agire rapidamente e con decisione a causa di un pericolo chiaro e presente (Grint, 2005): Comunque, queste emergenze reali sono rare. Spesso, un chiaro orientamento verso l'azione è indotto meno da una situazione pressante che da un'azione di orientamento.

Un ultimo modo in cui gli stupidity manager possono cercare di esercitare il potere è attraverso la propagazione di particolari posizioni soggettive. Questo implica la costruzione e la propagazione di particolari identità sponsorizzate organizzativamente (Kmights e Willmott, 1989). Un esempio eccellente di questo è la propagazione e la celebrazione generale della posizione soggettiva del 'leader' – e il suo corollario del 'seguace' (Alvesson e Spicer, 2011). Studi empirici mostrano che molti quadri adottano l'identità del 'leader' perché dà loro un senso di autostima (Alvesson e Sveningsson, 2003). Studi recenti sulla ristrutturazione del settore pubblico inglese hanno tracciato come un diffuso attaccamento al 'leaderismo' (O'Reilly e Reed, 2010) ha signficativamente ristretto l'ambito delle potenziali identità disponibili nelle organizzazioni del settore pubblico (Ford et al. 2008). A volte tali restrizioni hanno luogo attraverso la promozione di comprensione 'ispirata' della leadership, combinata con forti 'culture' e caratteristiche di 'culto' [orig: 'cultish'] (Tourish e Pinnington, 2002). In ogni caso, in molti luoghi di lavoro contemporanei, stili umanistici di leadership 'facilitativa', 'autentica' o 'trasformazionale' hanno rimpiazzato forme di leadership autoritaria (Alvesson e Spicer, 2011). Questo non sprigiona l'azione comunicativa. Al contrario, l'assunto che i leader sono moralmente, spiritualmente o socialmente superiori ai loro seguaci perdura (Alvesson, 2013a). L'assunto è che il leader forte indica la via, crea entusiasmo, costruisce un sentimento di appartenenza ad un team, fornisce le giuste idee ai dipendenti, e orchestra la crescita personale. Un vero seguace si affida pesantemente al leader per il ragionamento e il processo decisionale riguardo ai punti chiave, come le visioni, le strategie, i valori e le identità. Dai colleghi ci si attende che si adattino alle posizioni del seguace e che accettino passivamente ciò che il leader suggerisce (e.g. Hartnell e Walumbwa, 2011). Maggiore è l'enfasi sulla leadership, più frequenti sono gli elementi di 'followership' e subordinazione. Questo emargina l'uso di riflessione critica riguardo alle attività che uno è condotto a svolgere. Naturalmente, dopo attenta considerazione, un individuo o un gruppo possono decidere che le identità del leader e del seguace sono necessarie (Alvesson e Spicer, 2012). Comunque, la completa assenza di ponderazione riguardo alla leadership può dar luogo a relazioni leader-seguace prive di critica, di riflessione e ingiustificate.

Riassumendo, lo stupidity management implica un'ampia gamma di attori che cercano di restringere e distorcere l'azione comunicativa attraverso l'uso dell'esercizio del potere. Questo può aver luogo attraverso interventi diretti, dettando l'agenda, propagando credi ideologici generali e creando posizioni soggettive. Comunque vale la pena di aggiungere due punti qualificanti. Primo, questi processi di stupidity management non sono mutualmente esclusivi: possono funzionare in tandem. Tornando allo studio di consulenza IT citato sopra (Alvesson, 1995), vediamo che tutti e quattro i modi di potere sono simultaneamente all'opera. L'affermazione manageriale che i dipendenti dovrebbero criticare solo se hanno proposte costruttive per soluzioni, può essere vista come un'espressione diretta di potere (tacete!), controllo dell'agenda ('rinviate il sollevare il problema a quando potete presentarvi con una soluzione'), un'asserzione ideologica ('non lamentatevi, siate positivi e costruttivi'), e una forma di creazione di identità ('siate dei buoni cittadini dell'organizzazione'). Secondo, le forme di stupidity management che menzioniamo possono funzionare sia attraverso interventi episodici che sviluppando restrizioni dell'azione comunicativa più sistematiche (Lawrence et al. 2012). I primi sono interventi in situazioni specifiche; le seconde si riferiscono allo sviluppare e mantenere le fondamenta culturali ed istituzionali che supportano capacità socialmente e/o organizzativamente radicate per la stupidità funzionale. In tal senso uno stupidity management più sistematico gioca un ruolo nel mantenere le caratteristiche più generali del contesto, che abbiamo discusso nella sezione precedente. Spesso queste due forme di management lavorano assieme. Per esempio, l'enfasi sull'importanza di essere coerenti con il brand aziendale non solo restringe i processi di deliberazione collettiva ma può anche riprodurre la più generale economia della persuasione (Kärreman e Rylander, 2008).

...tanto per essere concisi...maial!

Link al commento
Condividi su altri siti

 

guarda... nel tradurlo mi sono chiesto più volte "ma sperano di essere letti da qualche dipendente di un'organizzazione, magari?!?!"

mi viene di continuo in mente l'aneddoto di quel professore che tenne una lezione di 2 ore tirate per spiegare che l'attenzione cala

drasticamente dopo 45 minuti...

(comunque se lo quoti diventa lungo il doppio!!!)

Link al commento
Condividi su altri siti

 

Unisciti alla conversazione

Adesso puoi postare e registrarti più tardi. Se hai un account, registrati adesso per inserire messaggi con il tuo account.

Ospite
Rispondi

×   Incolla come testo formattato.   Incolla invece come testo normale

  Sono permesse un massimo di 75 faccine.

×   Il tuo link è stato inserito automaticamente.   Visualizza invece come link

×   Il tuo contenuto precedente è stato ripristinato.   Editor trasparente

×   Non puoi incollare le immagini direttamente. Carica o inserisci immagini dall'URL.

  • Navigazione recente   0 utenti

    • Non ci sono utenti registrati da visualizzare in questa pagina.
×
×
  • Crea nuovo/a...

Informazione importante

Navigando questo sito accetti le nostre politiche di Politica sulla Privacy.