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Stupidità funzionale


Ste

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Direte voi, che c'entra? C'entra, perchè se vuoi gestire il capo lunatico, bisogna tu ti faccia una cultura su com'è, su cosa fa, prevedere possibili reazioni e da lì puoi attuare delle strategie efficaci, altrimenti se applichi quei consigli a casaccio e in genrale, rischierai grosso, perchè NESSUNO é UGUALE A un altro:

e ora che te la sei fatta a sufficienza siete morti entrambi, ma nel frattempo magari ci ha pensato qualcun altro ad affrontarlo :icon_razz:

comportamentisti e santoni del marketing... mah... ti posso garantire che quei consigli vengono spontanei anche a ingegneri e

periti informatici, cioè persone relazionalmente negate per antonomasia e che hanno passato la vita a studiare tutt'altro, dopo 3

secondi che hanno percepito che affrontare il capo potrebbe significare 'esporsi' alle sue reazioni immature o (peggio) a quelle degli

altri sè (che chissà perché non riescono a convivere con la propria ... 'propensione alla cautela'... e devono razionalizzarla..).

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A volte un 'consiglio strategico' è strategico nel senso che fa parte della messa in atto di una strategia...

Rileggendo quel consiglio, la strategia di dire che tutto va bene quando invece tutto va male non mi è nuova...

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Rileggendo quel consiglio, la strategia di dire che tutto va bene quando invece tutto va male non mi è nuova...

è l'imperativo 'ottimista', ne parlavano anche i Jalisse nell'articolo...

dicono che queste sono cose che fanno funzionare l'azienda più agevolmente perché eliminano frizioni e liberano tempo

(altrimenti speso in discussioni) rendendolo disponibile per perseguire obbiettivi più pratici ed immediati...

non mi ricordo però se prendono in considerazione la possibilità che il tempo risparmiato in questo modo finisca invece per

essere dilapidato in corridoio, con gli interessi, e frizioni a gò-gò...

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liberano tempo (altrimenti speso in discussioni) rendendolo disponibile per perseguire obbiettivi più pratici ed immediati...

Però se il problema esiste negandolo non se ne va via ...forse per non far arrabbiare il capo (poverino lui :icon_mrgreen:) la frase "obiettivi più pratici ed immediati" andrebbe sostituita con "quello che siamo in grado di fare" oppure con "quello che ci piace fare"

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... che non di rado è "dottoreggiare di comunicazione efficace e strategia relazionale" (chi sa che s'ha da fare fa, chi preferisce evitare insegna)

"non gettare benzina sul fuoco solo per rispettare una scadenza..."

Per nulla incendiaria, in un'azienda, una scadenza non rispettata... Soprattutto se non rispettata perché s'era impegnati a far gli strateghi...

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  • 3 weeks later...

il decreto "Fare"... :babe:

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  • 4 weeks later...

http://tuttosullavoro.libero.it/gallery/37748/come-riconoscere-un-cattivo-capo?pid=3913

Giuro che non l'ho scritta io :icon_mrgreen: ...anche perchè se l'avessi scritta io non avrei usato l'aggettivo cattivo bensì incompetente o stupido (non funzionale però)

D'altronde, in ogni ufficio che si rispetti, le critiche sul capo vanno sempre per la maggiore tra i subordinati, qualche volta però sono sacrosante...

In particolare ho temuto mi si potesse attribuire lo scritto perchè questa affermazione: La tua cattiva pianificazione non può diventare una mia emergenza è la mia preferita :icon_mrgreen: ...speriamo solo che non lo legga il mio capo :Praying:

Per caso riconoscete il vostro in qualcuno di questi capi?

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Lo stato di emergenza è una grande opportunità per chi dirige... giustifica decisioni e pretese che senza l'emergenza

sarebbero improponibili... perché un dirigente dovrebbe far tanta fatica per rinunciarvi?

Io ne conosco uno che addirittura ricorre al sabotaggio, quando perecepisce il rischio di rimanere a corto dell'argomento

"emergenza"... E non è per nulla originale... In politica si usa molto, e il management, in fin dei conti, è politica...

(Poi c'è anche il famoso detto: "Piove, governo io!")

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Io ne conosco uno che addirittura ricorre al sabotaggio, quando perecepisce il rischio di rimanere a corto dell'argomento

"emergenza"...

E in quel caso ... :hi: , voglio dire sarebbe da fucilare ma almeno lo fa per un fine, e come diceva qualcuno: il fine giustifica i mezzi, è spietato ma rientra in una certa logica, come del resto la stupidità funzionale ha la sua di logica.

Il problema è che da me tutto quel dietrologismo non c'è, l'emergenza ci piove in testa come piove in testa al nostro capo e si bagna pure lui...magari c'avessimo un capo che fa accadere le cose per sua volontà :icon_mrgreen:

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in effetti è un tipo di capo molto comodo... per la maggior parte dei suoi collaboratori... Quasi una "specie ombrello", direi.

Per fare queste cose la squadra ideale è composta da persone che si smazzano le emergenze e persone adibite alla protezione del real deretano.

Le prime è preferibile che siano poche ma buone, perché nell'emergenza bisogna essere snelli e decisi. Siccome però questo genere di profilo è

(in genere) anche quello che se gli fai questi giochetti ti si rivolta contro senza troppe remore e quindi il bel gioco dura poco, è consigliabile predisporre

un cordone con le seconde. Queste devono essere preferibilmente tante perché per essere efficaci devono essere in maggioranza rispetto alle prime

(meglio se soverchiante) e devono avere una certa attitudine alla stupidità funzionale proattiva (cioè non solo devono praticarla, ma anche predicarla).

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Dovresti scriverci un libro :Idea:

...se stai pensando che ne hai appena tradotto uno già scritto da qualcun altro, ti rispondo che non fa' nulla quanti libri ci siano su di un argomento purchè questo sia sempre attuale :icon_mrgreen:

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Ok... ci scriverò un romanzo è lo intitolerò "I promossi spesi"... :babe:

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:Thinking: ... quel titolo mi ricorda qualcosa

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allora passo... non voglio rubare il mestiere a il scritore!

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L'o dico senpre io che in ogniuno di noi ce un potensiale Stiven Ching :icon_mrgreen:

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  • 4 weeks later...

Introduzione

Negli ultimi decenni è emersa, su conoscenza, informazione, competenza, saggezza, risorse, capacità, talento e apprendimento nelle organizzazioni, una copiosa letteratura nella quale c'è un comune assunto di 'acume' [orig: smartness] . Sebbene questo termine non sia stato utilizzato sistematicamente nello studio delle organizzazioni, esso coglie l'assunto sottostante secondo il quale un punto vitale per le organizzazioni contemporanee è la loro abilità nel mobilitare intelligentemente le capacità cognitive. Questo assunto è evidente in affermazioni come che 'al crescere della velocità del cambiamento, lo sviluppo di conoscenza tra i membri dell'azienda diventa una chiave per la competitività, per rimanere in prima linea... Banalmente, in tutte le aziende il business è diventato a maggior intensità di conoscenza, e l'investimento societario in educazione e addestramento è maggiore di quanto sia mai stato prima' (Wikström and Normann, 1994, pp. 1-2). Alcuni autori indicano che 'le capacità sociali e cognitive dei lavoratori sono elementi delle forze di produzione e, nel lungo termine e in ampi aggregati, la pressione della competizione costringe ditte e società ad aggiornare tali capacità. Lo sviluppo del capitalismo tende pertanto a creare una classe lavoratrice sempre più sofisticata' (Adler, 2002, p.392). Similmente, due guru del management (Davenport e Prusak, 1998, p. 88) hanno suggerito che il modo più efficace per le aziende per rimanere competitive è quello di 'assumere persone in gamba e lasciare che si parlino'.

Queste affermazioni diffuse si rispecchiano in uno dei leitmotif centrali dell'odierna teoria delle organizzazioni: le aziende prosperano sulla base della loro conoscenza (Grant, 1996; Nelson e Winter, 1982;Nomaka e Takeuchi, 1995; Spender, 1996). La conoscenza è raramente definita in modo chiaro, ma è considerata 'la più strategicamente importante tra le risorse dell'azienda' (Grant, 1996, p. 110) e 'la dimensione competitiva centrale di ciò che le aziende sanno come fare è il creare conoscenza e trasferirla efficientemente all'interno del contesto organizzativo' (Kogue e Zander, 1992, p. 384). I ricercatori danno per scontato che 'le fondamenta delle economie industriali si sono spostate dalle risorse naturali ai beni intellettuali' (Hansen et al., 1999, p. 106) e che 'molti settori sono animati da una nuova economia, dove in modo accorto è stata sensibilmente amplificata la remunerazione della gestione della conoscenza' (Teece, 1998, p. 55). Per alcuni, è apparso un 'nuovo paradigma' di management che significa che 'la conoscenza tacita e locale in possesso di tutti i membri dell'organizzazione è il fattore più importante per il successo, e la creatività crea da sè le sue prerogative' (Clegg et al., 1996, p. 205). A supporto di tutto ciò c'è l'assunto che la mobilitazione intelligente delle capacità cognitive svolge un ruolo centrale nell'operato delle organizzazioni (di successo).

Naturalmente sono in corso controversie su cosa esattamente costituisce conoscenza nelle organizzazioni contemporanee (e.g. Blacler, 1995; Scherer e Spender, 2007; Schultze r Stabell, 2004; Spender, 1998, Tsoukas e Vladimirou, 2001). Molti riferimenti alla 'conoscenza' sono vaghi e omni-comprensivi (Schreyögg e Geiger, 2007). Ciò nonostante , l'idea che la conoscenza valida, rara ed inimitabile sia importante per la performance dell'organizzazione ha un forte valore retorico. Anziché entrare in questi dibattiti su cosa 'è' conoscenza, vogliamo contestare l'assunto in questo campo che il pensare sofisticato e l'uso di conoscenza avanzata sia una caratteristica centrale di molte organizzazioni contemporanee. Riteniamo che ci sia il bisogno di sfidare questo 'insieme di assunzioni più ampie ... condivise da molte scuole di pensiero diverse' (Alvesson e Sandberg, 2011, p.225). Esso crea un ritratto unilaterale, ampiamente condiviso e alquanto pomposo dell'azienda brillante basata sulla conoscenza e dei suoi dipendenti. Questo ritratto può essere seducente, ma non coglie come il funzionamento efficace dell'organizzazione richieda anche qualità che non si inquadrano facilmente in ques'idea di acume.

Vi è una copiosa letteratura riguardo alla non-razionalità nelle organizzazioni, che ci ricorda i limiti della mobilitazione intelligente delle capacità cognitive. Alcuni ricercatori documentano come i limiti cognitivi conducano a pratiche che potrebbero essere etichettate come 'semi-razionali' (e.g. Brunsson, 1985; March e Simon, 1958). Altri evidenziano forme di irrazionalità più gravi, prodotte da elementi inconsci, dal pensare di gruppo, e dall'aderire rigidamente all'ottimismo [orig.: wishful thinking] (e.g. Schwartz, 1990; Wagner, 2002). A nostro parere, questi studi non colgono una serie di deviazioni dall'acume che non sono né semi-razionali né puramente stupide. Per inquadrare questi processi, proponiamo il concetto di stupidità funzionale.

La stupidità funzionale è la carenza, incoraggiata dall'organizzazione, di riflessività, di ragionamento effettivo e di argomentazioni. Essa implica un rifiuto di usare risorse intellettuali al di fuori di un terreno ristretto e 'sicuro'. Può fornire un senso di sicurezza che permette all'organizzazione di funzionare agevolmente. Ciò può risparmiare all'organizzazione ed ai suoi membri le frizioni provocate dal dubbio e dalla riflessione. La stupidità funzionale contribuisce a mantenere e a rinforzare l'ordine organizzativo. Può anche motivare le persone, aiutarle nel coltivare le loro carriere, e subordinarle a forme accettabili di management e leadership. Questi effetti positivi possono rinforzare ulteriormente la stupidità funzionale. Tuttavia, la stupidità funzionale può anche avere conseguenze negative come l'intrappolare individui e organizzazioni in pattern di pensiero problematici, che producono le condizioni per dissonanze individuali ed organizzative. Questi effetti negativi possono indurre riflessività individuale e collettiva che può minare la stupidità funzionale.

Proponendo il concetto di stupidità funzionale diamo tre contributi che si sovrappongono tra di loro. Innanzitutto, disturbiamo l'assunto comune nel campo secondo il quale le organizzazioni contemporanee operano principalmente attraverso la mobilitazione di capacità cognitive (e.g. Grant, 1996; Spender, 1996). Lo facciamo indicando come il rifiuto di capacità cognitive possa di fatto facilitare il funzionamento organizzativo. In secondo luogo, proviamo ad estendere i resoconti esistenti riguardo ai limiti alla razionalità e al pensiero accorto nelle organizzazioni (e.g. Ashforth e Fried, 1988; Cohen et al. 1972; March, 1996; March e Simon, 1958), fornendo un concetto che ci permette di tenere conto di come l'uso delle capacità cognitive può essere limitato da relazioni di potere e di dominazione invece che da assenza di tempo o risorse, o fissazioni cognitive. Infine, proponiamo un concetto e una spiegazione teorica di ciò che riteniamo essere un aspetto pervasivo ma molto poco riconosciuto della vita organizzativa. Riteniamo che l'espressione 'stupidità funzionale' possa essere evocativa e possa risonare con le esperienze di ricercatori, professionisti, cittadini e consumatori. Pertanto, il nostro approccio potrebbe aiutare ad illuminare esperienze chiave delle persone nelle organizzazioni, che spesso sono mascherate dai modi di teorizzare dominanti che enfatizzano temi 'positivi', come leadership, identità, cultura, apprendimento, competenze centrali, innovazioni e reti. Ciò dovrebbe aprire il terreno per ulteriori approfondite indagini empiriche su questo argomento. Per mezzo di questi tre contributi speriamo di offrire una 'teoria interessante' (Davis, 1971) che sviluppi alcuni contro-assunti e incoraggi nuove direzioni di indagine (Alvesson e Sandberg, 2011).

Per sostenere la nostra tesi, iniziamo con l'andare a vedere i concetti esistenti mobilitati dai teorici dell'organizzazione per esplorare l'aspetto opposto rispetto all'acume, e poi introduciamo il concetto di stupidità funzionale. Sviluppiamo un modello generale di stupidità funzionale identificando i contesti, le condizioni scatenanti. i processi, gli effetti e gli anelli di retroazione. Concludiamo l'articolo tracciando direzioni di ricerca futura e implicazioni pratiche.

(continua...)

Spett. gradire sapere se esistono università per la laurea in psicologia dove si possono effettuare anche gli esami on-line senza la presenza in aula. Grazie

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francamente lo ignoro...

però ti sconsiglierei comunque di farla a distanza... quando ho fatto l'università io, mi capitava ogni tanto di andare a studiare nelle aule-studio di psicologia

che era lì vicino, dall'altra parte del Portello, e devo dire che la fauna non era niente male (sicuramente meglio che da noi ad ingegneria!)

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  • 2 months later...
 
 
 

“Low performers often end up with the easiest jobs because managers don’t ask much of them”

Come con le scarpe: se ne hai poche sei un pezzente, quindi appena puoi le aumenti.

Però quando si tratta di scegliere quali consumare, sei un po' più selettivo e abitudinario.

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è tradizionale...

perché, che diceva Beckett?

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Però quando si tratta di scegliere quali consumare, sei un po' più selettivo e abitudinario.

Le scarpe vecchie son più comode di quelle nuove...

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