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per vivere meglio : consapevolezza


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Conoscere se stessi significa conoscersi in relazione con il mondo, con le idee, con la gente, con la natura e con le cose che possediamo.

La vita è relazione con il tutto.

In che modo dobbiamo essere consapevoli? Questo è un nostro problema. Come deve fare uno che vuole affrontare la vita nella sua totalità? Ciò significa anche delle relazioni con le cose che possiedi, con le idee, con le cose che la mente produce come illusioni, desideri e così via.

Come possiamo essere coscienti di questo processo globale di relazioni? Sicuramente è questa la nostra vita?

Come si fa ad essere consapevoli? Come siamo consapevoli di qualcosa?

In primo luogo siamo consapevoli, (non lo siamo forse?) di una reazione ad uno stimolo, e questo è un fatto evidente; vedo qualcosa di bello e c'è una risposta, quindi una sensazione, contatto identificazione e desiderio. Questo e il processo ordinario, non è vero? Possiamo osservare quello che accade nel momento senza studiare dei libri per farlo.

E' attraverso l'identificazione che abbiamo piacere e dolore. La nostra "abilità" (essere bravi, essere furbi) consiste in questa preoccupazione di cercare il piacere e di evitare il dolore.

Così sino a che cerchiamo un'"abilità" per comprendere noi stessi siamo destinati a fallire, perché la comprensione di noi stessi non dipende da questa "capacità". Non si tratta di una tecnica che sviluppi, coltivi e accresci con il tempo, attraverso un allenamento. Questa coscienza di sé si può ottenere solo nell'atto della relazione; può essere sentita nel modo in cui in cui parliamo e in cui ci comportiamo.

Guardati senza nessuna identificazione, senza alcun confronto, senza alcuna condanna, guarda soltanto e noterai che accade una cosa straordinaria. Non solo poni fine, ma sei anche consapevole delle motivazioni della tua azione, senza indagare e senza scavare.

Quando sei consapevole vedi il processo globale del pensiero e dell'azione, ma ciò può accadere solo quando non ci sono condanne. Quando condanno qualcosa non lo comprendo, è un modo per evitare qualunque tipo di comprensione. Molti di noi lo fanno di proposito, condanniamo immediatamente, e così pensano di aver capito. Se invece, non condanniamo, ma osserviamo con cura, e siamo consapevoli, il contenuto ed il significato di quell'azione si dischiude. Provatelo personalmente e vedrete dai voi stessi.

Semplicemente sii consapevole, senza nessun senso di giustificazione, potrebbe apparire piuttosto negativo, ma non è negativo. Al contrario ha quella qualità della passività che è azione diretta, scoprirete questo, se provate a sperimentare. Dopo tutto se vuoi comprendere qualcosa devi avere un atteggiamento passivo. Non puoi mantenere il pensiero fisso su di un problema speculando e analizzando. Devi essere abbastanza sensibile da percepirne il contenuto.

In questo processo iniziamo a comprendere noi stessi, non solo gli strati superficiali della consapevolezza, ma i più profondi, che sono molto più importanti, perché là giacciono tutti i motivi che ci guidano e le intenzioni, le nostre domande nascoste e confuse, le ansie, le paure e gli appetiti.

Esteriormente possiamo tenerli tutti sotto controllo, ma interiormente, si agitano. Sino che questo non è stato completamente compreso attraverso la consapevolezza diretta, ovviamente non potrà esserci libertà, non ci potrà essere felicità e non ci sarà intelligenza.

Essendo l'intelligenza la totale consapevolezza del nostro processo può essere un fatto di specializzazione di capacità?

Potrà tale intelligenza essere coltivata attraverso qualche forma di specializzazione?

Perché è proprio questo che sta accadendo, no? Il prete, il dottore, l'ingegnere, l'industriale, l'uomo d'affari, il professore abbiamo la mentalità di quella specializzazione. Per realizzare la più alta forma d'intelligenza che è la Verità, che è Dio e che non può essere descritta crediamo di dover diventare degli specialisti. Studiare, crescere, cercare e con la mentalità dello specialista ed inseguendo lo specialista;

studiamo noi stessi per sviluppare una capacità che ci possa aiutare a svelare i nostri conflitti e le nostre miserie. Il nostro problema è: siamo consapevoli che i conflitti, le miserie ed i dolori della nostra esistenza quotidiana non possono essere risolti da qualcun altro, e se non possono esserlo, come possiamo affrontarli? Comprendere un problema ovviamente richiede una certa intelligenza, e quest'intelligenza non può derivare dal coltivare la specializzazione del pensiero.

Si manifesta solo quando siamo passivamente consapevoli di tutto il processo della nostra coscienza, che significa essere consapevoli di noi stessi senza scelta, senza scegliere quanto è giusto e quanto è sbagliato. Quando si è passivamente consapevoli si riconosce che da quella passività, che è estremo stato di allerta, il problema ha un significato assai differente, cioè non esiste più identificazione con il problema, quindi non c'è più giudizio e allora il problema inizia a rivelare il suo contenuto.

Se sai costantemente mantenere questo stato, allora ogni problema può essere risolto dalle fondamenta, non superficialmente. La difficoltà è che la maggior parte di noi non è in grado di essere passivamente consapevole, lasciando che il problema riveli la sua storia senza che siamo noi ad interpretarlo.

Non sappiamo come guardare un problema spassionatamente. Non ne siamo capaci, sfortunatamente, perché vogliamo sempre una soluzione del problema, vogliamo una risposta, ne cerchiamo la fine;

Il problema è sempre un problema della relazione, con le cose con la gente, o con le idee; non c'è altro!

E per confrontarci con il problema delle relazioni, con le sue sempre diverse domande, per affrontarlo nel modo giusto e adeguatamente, si deve avere una consapevolezza passiva. Questa passività non è il prodotto della determinazione, della volontà o della disciplina; inizia quando vediamo e riconosciamo che, nello stato iniziale, non siamo passivi

Essere consapevoli che ci aspettiamo una particolare risposta a un particolare problema, è sicuramente l'inizio: consiste nel conoscere noi stessi in relazione al problema e a come ci confrontiamo con esso.

Allora appena iniziamo a conoscere noi stessi in relazione al problema, e al modo in cui reagiamo secondo pregiudizi, aspettative e scopi, nel confronto con questo la consapevolezza rivelerà il processo del nostro pensiero, della nostra natura interiore e in ciò c'è liberazione. Ciò che è certamente importante è la consapevolezza senza scelte, perché la scelta porta con sé il conflitto. Colui che sceglie è nella confusione, quindi sceglie, se non c'è confusione non c'è scelta. Solo la persona confusa sceglie quello che dovrebbe o non don dovrebbe fare. Nessun che sia nella chiarezza e nella semplicità sceglie: è ciò che è. L'azione basata su un'idea è ovviamente l'azione della scelta e tale azione non è liberatoria, al contrario, crea solo ulteriore resistenza e ulteriore conflitto, in relazione a quel pensiero condizionato.

La cosa importante quindi, è l'essere consapevoli, momento per momento, senza accumulare l'esperienza che la consapevolezza offre, perché nel momento che si inizia ad accumulare, si è consapevoli solo in rapporto a quanto si ha accumulato, in accordo con quello schema e con quella esperienza. La tua consapevolezza,è l'accumulo dei condizionamenti e quindi non c'è più osservazione, ma mera traduzione. Dove c'è traduzione c'è scelta, e la scelta crea conflitto, e nel conflitto non c'è comprensione.

La vita è un fatto di relazione, e per comprendere la relazione, che non è statica, ci vuole una consapevolezza flessibile, una consapevolezza allerta e passiva, non aggressivamente attiva.

Semplicemente essere consapevoli, momento per momento, del nostro pensare e del nostro sentire, non solo quando siamo svegli perché come vedremo quando ci entreremo più profondamente, anche iniziando a sognare tireremo a galla tutti i tipi di simboli che tradurremo in sogni. In questo modo apriamo la porta a ciò che è nascosto e che diventa conosciuto, ma per trovare l'ignoto dobbiamo andare oltre la soglia, certamente è questa la nostra difficoltà.

La Realtà non è una cosa che possa essere conosciuta dalla mente, perché la mente è il risultato del conosciuto, del passato e quindi la mente deve riconoscere se stessa ed il proprio funzionamento, la sua verità e solo allora è possibile all'ignoto essere.

tratto da un brano di J.k.

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sono d'accordissimo sulla parola consapevolezza.Personalmente è molto presente,mi piacerebbe che tutti la conoscessero bene ma purtroppo non è così.Spesso noi siamo la somma dei nostri risultati,se seminiamo bene raccogliamo grano,altrimenti gramigna.Concludo con un pensiero

conosci te stesso.Se mi conoscessi scapperei via

GOETHE

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sono d'accordissimo sulla parola consapevolezza.Personalmente è molto presente,mi piacerebbe che tutti la conoscessero bene ma purtroppo non è così.Spesso noi siamo la somma dei nostri risultati,se seminiamo bene raccogliamo grano,altrimenti gramigna.Concludo con un pensiero

conosci te stesso.Se mi conoscessi scapperei via

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cosa ti dice il testo?

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Complimenti dell'estrapolazione,che dire non fa una grinza è tipico di una persona sensibile e non TABULA RASA.E anche

vero che se nella vita non si ricevono batoste non sempre si va avanti,vedi quando raramente mi succede qualcosa ,subito

vado a chiamare il generale neurone che a sua volta chiama i soldati dendriti,sinapsi.Così li facciamo risolvere il problema.

A parte gli scherzi apprezzo il tuo pensiero.

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Complimenti dell'estrapolazione,che dire non fa una grinza è tipico di una persona sensibile e non TABULA RASA.E anche

vero che se nella vita non si ricevono batoste non sempre si va avanti,vedi quando raramente mi succede qualcosa ,subito

vado a chiamare il generale neurone che a sua volta chiama i soldati dendriti,sinapsi.Così li facciamo risolvere il problema.

A parte gli scherzi apprezzo il tuo pensiero.

<_<

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Guardati senza nessuna identificazione, senza alcun confronto, senza alcuna condanna, guarda soltanto e noterai che accade una cosa straordinaria. Non solo poni fine, ma sei anche consapevole delle motivazioni della tua azione, senza indagare e senza scavare.

Quando sei consapevole vedi il processo globale del pensiero e dell'azione, ma ciò può accadere solo quando non ci sono condanne. Quando condanno qualcosa non lo comprendo, è un modo per evitare qualunque tipo di comprensione. Molti di noi lo fanno di proposito, condanniamo immediatamente, e così pensano di aver capito. Se invece, non condanniamo, ma osserviamo con cura, e siamo consapevoli, il contenuto ed il significato di quell'azione si dischiude. Provatelo personalmente e vedrete dai voi stessi.

Non sappiamo come guardare un problema spassionatamente. Non ne siamo capaci, sfortunatamente, perché vogliamo sempre una soluzione del problema, vogliamo una risposta, ne cerchiamo la fine;

Il problema è sempre un problema della relazione, con le cose con la gente, o con le idee; non c'è altro!

E per confrontarci con il problema delle relazioni, con le sue sempre diverse domande, per affrontarlo nel modo giusto e adeguatamente, si deve avere una consapevolezza passiva. Questa passività non è il prodotto della determinazione, della volontà o della disciplina; inizia quando vediamo e riconosciamo che, nello stato iniziale, non siamo passivi

Allora appena iniziamo a conoscere noi stessi in relazione al problema, e al modo in cui reagiamo secondo pregiudizi, aspettative e scopi, nel confronto con questo la consapevolezza rivelerà il processo del nostro pensiero, della nostra natura interiore e in ciò c'è liberazione.

ho riportato solo le frasi con le quali mi identifico di più, mi sento più in sintonia.

Se ci si guarda senza giudicarsi, se ci si relaziona al mondo esterno senza sentirci condizionati da esso, allora si raggiunge la consapevolezza di noi stessi, che ci fa accettare ciò che siamo senza compromessi o pregiudizi alcuno.

Non è un cammino facile, perchè le distrazioni sono tante ma l'importante è volere comprendere, senza forzature, senza pensieri, solo ossevando e rimanendo concentrati....

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non concentrasi,,,,,prestare attenzione....

concetrarsi richiede sforzo e lo sforzo richiede un fine.....osservarsi non ha scopo....

perchè avere uno scopo vuol dire avere in mente cosa sarà, e non si sarebbe liberi ma condizionati da esso

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non concentrasi,,,,,prestare attenzione....

concetrarsi richiede sforzo e lo sforzo richiede un fine.....osservarsi non ha scopo....

perchè avere uno scopo vuol dire avere in mente cosa sarà, e non si sarebbe liberi ma condizionati da esso

si si concentrarsi nel senso di prestare attenzione....ummm ma sei un pò precisino eh???? :Batting Eyelashes:

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