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  1. Buongiorno, è la prima volta che mi imbatto in questo sito web. Mi trovo in una situazione davvero difficile e vorrei condividerla con voi sperando che magari qualcuna sappia capirmi. Sei mesi fa, dopo aver vissuto una gran delusione d'amore, ho incontrato un ragazzo della mia età (25 anni) ed in brevissimo tempo è scoppiato l'amore tra noi. Da subito mi ha riempito di attenzioni, mi ha portato a conoscere i suoi genitori, mi ha coinvolto in qualsiasi attività familiare (anche le vacanze). I suoi mi hanno accolto in maniera incredibilmente gentile, ribadendo sempre quanto mi fossero grati per aver riportato nella loro casa l'armonia, che mancava da tanto, troppo tempo. Inizialmente non capivo a cosa si riferissero, ma poi pian piano la situazione mi è risultata più chiara. Il mio (ormai ex) ragazzo mi confessò di avere un disturbo chiamato "passivo-aggressivo" che lo portava occasionalmente ad avere attacchi di rabbia improvvisi. La notizia un po' mi spaventò sul momento, ma feci finta di nulla perché non volevo si sentisse sbagliato, e quindi gli promisi che avrei cercato di aiutarlo, magari trovando insieme un professionista. Poco tempo dopo, anche sua madre, in un momento in cui eravamo sole, mi parlò di questa situazione, dicendomi che in più occasioni aveva avuto lei stessa paura di suo figlio, il quale in momenti di rabbia aveva addirittura distrutto alcuni mobili del salone. Mi chiese di convincerlo ad andare da uno psicoterapeuta, visto che lei non ci era riuscita, ma anche i miei sforzi sono stati inutili e lui si è rifiutato di farsi aiutare. Nei miei confronti gli attacchi di rabbia improvvisi o magari scaturiti da una semplice cosa che gli chiedevo o facevo notare sono stati abbastanza frequenti, ed in quelle occasioni io non riuscivo a reagire, mi mettevo a piangere e notavo che più piangevo, più lui mi urlava contro. Stiamo parlando di un “uomo” di due metri per 115 chili, contro una ragazza alta 1.60 per 53 chili di peso. Durante questi attacchi mi diceva cose del tipo “ti ho dato tutto, sei una persona sola, i tuoi amici non sono veri amici, vogliono solo usarti e sfruttarti, ti cercano solo se gli servi, hai una famiglia di m***a, non sembri una che si è laureata con 110 e lode, ma una che ha a malapena la terza media”. Alla fine di questi attacchi si calmava e poi mi chiedeva perdono in ogni modo, dicendomi che non pensava davvero quelle cose e che “non rispondeva di se'”. Non so perché, ma io ogni volta l'ho perdonato senza nemmeno pensarci troppo. Il giorno dopo questi attacchi, magari, mi ricopriva di attenzioni, mi portava a cena fuori, mi scriveva messaggi meravigliosi ed ogni giorno mi ripeteva in continuazione quanto mi amasse, chiedendomi subito dopo “e tu quanto mi ami?”. Anche io glielo ripetevo sempre, ma perché davvero provavo un amore smisurato che andava oltre qualsiasi cosa. Anch'io l'ho ricoperto di attenzioni, di regali, di pensieri, di sorprese, non perdevo mai occasione per ripetergli quanto per me fosse meraviglioso e quanto valesse. L'ho aiutato a laurearsi, perché quando mi ha conosciuto diceva di essere una persona sola e si era fermato da 3 anni con l'università. In due mesi gli ho fatto fare gli ultimi esami e la tesi e così ha potuto concludere quel capitolo rimasto in sospeso. Nel frattempo, ha avuto delle liti violente anche con altre persone; stava svolgendo un tirocinio al quale ambiva da molto tempo, ma dopo un mese è stato cacciato via, con la motivazione che “il suo atteggiamento irrispettoso non era in linea con ciò che cercavano”. Non ha mai alzato le mani su di me, ma le sue urla, le sue bestemmie (sapeva che ero molto credente), i suoi scatti di ira mi spaventavano. Lo sapeva, perché io gli chiedevo di smettere, ed una volta, quando ha esagerato al punto da urlare di notte per strada dicendo cose senza senso come se fosse in preda ad un delirio, gli dissi spontaneamente: fermati, ma sei pazzo? Questa parola lo fece imbestialire e da allora dovetti stare molto attenta a pronunciarla anche quando mi urlava contro, perché gli faceva letteralmente perdere il senno. Quando era al volante, insultava violentemente chiunque gli capitasse a tiro ed una volta ha inseguito un uomo che gli aveva tagliato la strada, urlandogli di scendere perché così “lo avrebbe ammazzato”. In queste occasioni andava così veloce con la macchina che io lo imploravo di smetterla perché mi spaventavo, lui si scusava e poi subito dopo rincorreva qualcun altro; faceva così soprattutto con automobiliste donne, usava parole ignobili anche verso di loro e spesso mi diceva “a quello/a lo ammazzerei, gli staccherei la testa, lo brucerei” o cose così. Non ho mai avuto il coraggio, nel corso dei mesi passati insieme, di parlare di queste vicende con le persone a me care, perché non volevo farle preoccupare e dentrodi me speravo che piano piano lui potesse rinsavire grazie all'amore che gli stavo dando. Da quando si è laureato ed ha iniziato la specializzazione, si è montato molto la testa, sentiva che si stava riscattando da anni di immobilità e “fallimenti” ed ha iniziato anche a frequentare dei colleghi che con una scusa o l'altra non mi ha mai presentato. Erano mesi che di notte facevo un sogno ricorrente, cioè che lui spariva dalla mia vita, non rispondeva più ai messaggi ed alle telefonate, e mi svegliavo piangendo. Mi sembava davvero strano tutto ciò e quando gliene parlavo mi prendeva per pazza e ribadiva ogni volta che lui fosse diverso dai miei ex fidanzati e che mai e poi mai sarebbe sparito. Ebbene, qualche giorno fa, quando mi ha comunicato la sua intenzione di andare ad una festa in casa di uno di questi nuovi colleghi ed io, sempre con molto timore, gli ho detto che ero preoccupata perchè in un momento di pandemia come quello che stiamo vivendo non mi sembrava una scelta responsabile, mi ha aggredito di nuovo (ma questa volta telefonicamente), arrivando di nuovo ad offendermi ed umiliarmi. Mi ha sentito piangere, ero debole, e gli chiedevo di smetterla di urlare e di vederci per parlare e chiarirci con tranquillità, ma lui mi ha detto solo “piangi, piangi, sei brava a fare solo questo...vedrai quanto ti farò piangere ancora” e da quel momento è sparito nel nulla. Niente più messaggi, ne' telefonate. Nulla. Fino al giorno prima, mi aveva ripetuto mille volte quanto si sentisse fortunato a stare con me, quanto io fossi indispensabile nella sua vita e quanto lo avessi fatto “rinascere”. Diceva che ero l'amore della sua vita e che mai mi avrebbe lasciato, anzi temeva che un giorno a causa del suo carattere potessi farlo io, ma ogni volta gli ripetevo che non sarei mai riuscita a lasciarlo. Lui sa bene quanto io stia soffrendo, perché mi conosce; sa che sto piangendo da giorni e che non riesco a toccare cibo, ma l'unica cosa che ha saputo fare è stata uscire a divertirsi con i suoi amici. Non ho avuto cenni nemmeno dalla sua famiglia, alla quale vorrei tanto dire tutto ciò che sto scrivendo qui, ma so che alla fine lo difenderebbero dicendo che “in fondo, è un ragazzo davvero buono”. Lo pensavo anch'io, ma ora comincio a dubitarne. Razionalmente, sono consapevole che questi comportamenti non appartengono ad una persona stabile ed affidabile, ma che sono propri di una persona che potrebbe diventare ancora più violenta. Quando prevale la mia parte sentimentale, però, mi attribuisco delle colpe che so di non avere in realtà, visto che l'ho trattato sempre con amore incondizionato e che mi sono sacrificata in tutto e per tutto per lui. Quello che io gli ho dato è stato dettato dal puro amore, ma penso che ciò che ha dato lui a me servisse solo a “compensare” ed in qualche modo far passare inosservato il suo lato “oscuro”.
  2. Ciao a tutti, sono nuova, ho 21 anni, mi sono iscritta per postare da qualche parte la mia luuunga riflessione, in modo che qualcuno possa darmi un giudizio oggettivo. Mi dispiace ma è venuta veramente lunga e spero che qualcuno la legga . Ormai sono 6 anni che sono fidanzata con il mio ragazzo, 4 anni fa lui si è trasferito a Milano per continuare a studiare e io (forse un po’ stupida) ho deciso di seguirlo, di studiare in un paese vicino a lui lontana dalla mia famiglia. Io sono sempre stata una persona a cui non piace stare al centro dell’attenzione, non mi piace parlare di me né far parlare di me, non mi piace litigare ed inoltre non riesco ad esternare i miei sentimenti ( tutto questo con tutti tranne che con il mio fidanzato, con il quale mi sono aperta ormai interamente ). Ho sempre represso tutto per non infuriarmi perché so di non saper gestire la rabbia, da piccola ho sperimentato i miei scatti di ira, ed essendo una persona che accumula quando esplodo combino un macello; perciò ho sempre cercato di mettere da parte me stessa per evitare ciò. Ricordo che da piccola ripetevo a me stessa: tanto non importa a nessuno ( quello che faccio, quello che dico, quello che penso). Ad oggi sono consapevole che questa frase è lì radicata nella mia testa. Quando parlo di me mi sembra di rivelarmi troppo, di espormi, di spogliarmi anche se con il tempo inizio a rivalutare, quasi inizia a piacermi. Sono stata anoressica per un anno, continuavo a ‘’mettermi da parte’’ forse un po’ troppo. Quando mi sono resa conto che mi stavo facendo del male, mi sono avvicinata ad un ragazzo che mi piaceva ( il mio attuale fidanzato) e ho provato a creare qualcosa. Ci siamo fidanzati, ma sai com’è… da ragazzi lo si fa solo per avere una ragazza e io l’ho fatto per questo e per me stessa, forse anche un po’ per gli altri perché sapevo che se mi avessero vista con qualcuno si sarebbero tranquillizzati ( le persone che conoscevo), comunque speravo che questo mi aiutasse . Durante la terapia io scrivevo molto, tuttora lo faccio quando ho troppe cose in testa perché mi aiuta a chiarirmi le idee. Devo dire, inoltre, che durante la terapia non ho mai parlato realmente con uno psicologo, cioè diciamo che parlavo di tutto tranne che dei miei reali problemi che sentivo in quel periodo. Ho sempre pensato ad accontentare gli altri, ma mentre crescevo e cresceva questo rapporto ho iniziato a sentire l’esigenza di pensare a me stessa, di avere una certa indipendenza e libertà. Ho cercato di sconfiggere la mia timidezza e la mia riservatezza ed è anche per questo motivo che, seppur con rammarico, ho voluto trasferirmi lontano da casa per potermi mettere alla prova. Posso dire dopo 3 anni di aver fatto veramente pochi progressi ma d’altra parte so di essere così e di non poter fare molto ma una cosa c’è ed è veramente assurda… il rapporto con la famiglia del mio fidanzato. Siamo fidanzati da 6 anni e li conosco ufficialmente da 4 anni. In parte mi sento ancora una ragazzina e non mi va di avere un rapporto serio e in parte questa è solo una giustificazione del mio essere bloccata nei loro confronti che fanno tanti passi verso di me e io nessuno verso di loro. In genere parlo poco, rispondo a sillabe e questa cosa ovviamente non piace a lui, soprattutto perché dice che appaio come tutt’altra persona perché quando sono con lui non smetto mai di parlare. Io mi sono sforzata ma in quella casa mi sento giudicata, è troppo silenziosa rispetto alla mia ed ho forse paura di fare passi falsi. Lì sono tutti laureati e parlano sempre e solo di università e di lavoro, mentre io vengo da una famiglia un po’ più modesta, non benestante come loro. Questo confronto mi spiazza molto. Loro ci tengono più dei miei genitori che io finisca gli studi. Con il tempo ho imparato a conoscerli e ad apprezzarli, loro d’altra parte hanno difficoltà a conoscere me ( ma io non so come fare! ).. Nell’ultimo anno però li guardo con occhi diversi: comprendendo meglio le dinamiche familiari mi accorgo che ci sono molte cose che mi fanno saltare i nervi. Il mio ragazzo è il figlio piccolo e unico maschio di casa, il padre ha una disabilità alla gamba, perciò le cose di uomo le ha sempre fatte la madre e, già da bambino, il mio ragazzo. Secondo me di questa cosa se ne sono approfittati tutti: le due sorelle chiedono sempre favori a lui e così , come è giusto che sia, anche la madre, mentre il padre paradossalmente non gli chiede mai nulla. Spesso quando usciamo mi dice ‘sto arrivando’ e poi arriva dopo 45 minuti perché gli chiedono i favori dell’ultimo minuto. Lui poi viene da me e si sfoga perché non riesce a fare niente per sé ma solo per gli altri, io gli dico di far fare qualcosa anche alle sue sorelle, “ma loro sono grandi e lui è il piccolo di casa” (questo è un mio commento, non loro). A me vederlo distrutto mi strugge e quindi ho accumulato accumulato fino a serbare un po’ di odio nei confronti della madre e delle sorelle. Allora in situazioni simili mi agito e cerco di far capire al mio ragazzo (con apparente calma) che può anche dire di no a qualcosa, non deve necessariamente farla e che può anche ribellarsi un attimino ma lui una volta mi ha detto che gli piace essere d’aiuto in casa nonostante tutto ( mi chiedo: ma come fa? io sarei esplosa). Il problema è che questa cosa innervosisce molto me e io non so se sono ancora in grado di gestirla e voglio farmela passare, di certo non voglio mettermi la sua famiglia contro, la quale riserva questa elevata opinione di me (perché sono garbata o perché sono uscita con 100 alla maturità?) I nostri ultimi litigi dipendono da questo, non manifesto nessuna disapprovazione verso la sua famiglia e non sono mai diretta, però mi arrabbio se lui non fa quello che vuole e cerco di farglielo capire
  3. Ospite

    Rabbia d'amore

    Ogni volta che la vedo, mi va a fuoco la testa, mi fanno male le tempie e mi viene la depressione... Odio quello che ha fatto (Scegliere di non proseguire un rapporto dicendo che se fisicamente non c'erano dubbi, la chimica era imbattibile e lo sarebbe ancora, per determinati atteggiamenti lei ha voluto ascoltare l'istinto, e non proseguire con la relazione), Odio quello che è (Una persona insicura, che ha avuto traumi d'infanzia, che ha sofferto l'abbadono e che ha trovato in me un sostegno e un punto di vista differente; abituata ad essere considerata una tigre aggressiva, io ho visto tutta la dolcezza che nascondeva dietro la scorza, che lei per prima ha voluto sondare con me, per poi dopo 4/5 weekend ha voluto rimettere davanti a tutto e tutti), Odio quello che provo (Oltre ad essere oggettivamente stupenda fisicamente, è una donna premurosa, pulita, curatissima, attenta ai dettagli e premurosa, ha doti empatiche fortissime, che nasconde dietro atteggiamenti da materialista, superficiale, la classica velina che guarda al portafogli, ma superata quella scorza orrida dietro c'è qualcosa che mi ha sempre mosso l'anima e mi ha fatto perdere la testa), Odio il suo modo di giustificarsi (lei ha alibi di ogni tipo, ha trovato ragioni su sensazioni a cui ho dovuto credere guardandola negli occhi), Odio il suo comportamento (dice di non aver mai provato ad amarmi, di non aver mai pensato a noi come coppia, di essere apatica, ma anche che sono l'unico che vorrebbe ritrovare la mattina seguente nel suo letto, l'unico con cui è riuscita ad avere tranquillità, l'unico con cui il sesso non era solo atto fisico, ma che per i contrasti che sono nati e le discussioni che abbiamo avuto ha dovuto rinunciare a tutto per guardare altrove). Ora: Fossi un povero scemo, sapendo che ora va con un'altro, potrei facilmente pensare che se in un paio di mesi ha archiviato la pratica con me, magari ero solo uno dei tanti, ma non è così Ama la presenza e l'uomo che le mette soggezione, ci siamo conosciuti a lavoro io sono un responsabile aziendale e lei inizialmente ha vissuto la mia presenza come un riferimento, quando mi sono aperto (come credo gli esseri umani che condividono un percorso debbano fare, ha iniziato ad essere più fuggente) Sono conscio di non essere privo di colpe, di non esserci stato molto, di averla sempre aspettata più che inseguita, di averla trattata con totale indifferenza al lavoro per ovvie ragioni di segretezza. Ma il punto non è il problema che sia finita e che lei non abbia voluto investire su una possibilità cercando di aprirsi per cambiare, invece di mollare è scegliere altro... oggi è talmente facile sondare altro... che figuriamoci se può essere una colpa. IL VERO PROBLEMA E' PERCHE' NON RIESCO A SPIEGARMI TUTTO QUESTO DOLORE E QUESTE REAZIONI D'ODIO ALL'ABBANDONO. fino a pochi giorni fa il tutto era ancora legato ad un filo che lei manteneva, presentandosi tutta dolce in ufficio, facendo battute, mandando messaggi, poi... quando esponendo l'apatia che mi stava attraversando senza di lei, mi ha invitato a cena, e al termine di un discorso, mi ha confidato che si stava frequentando con un pirla per convenienza (il tipo è una sorta di commercialista palestrato alla vista, e fa il life coach e lei le pende dalle labbra e forse non solo...) di non spendere soldi con un life coach (meglio farselo, costa meno) è successo che mi sono alzato dal tavolo del ristorante e l'ho abbandonata lì. Li si è manifestata la rabbia vera... ho camminato per chilometri ho dormito 3h in 3 giorni e oggi quando la rivedo o la penso mi scatta un nervoso, che non voglio esplicitare verso di lei, ma che mi abbatte, che mi rende insicuro, vulnerabile, mentre lei è serenissima... Questa cosa mi sta massacrando... ho perso il sorriso, ho perso l'attaccamento al mio lavoro, agli amici, esco con ragazze, arrivo anche al sodo, ma il pensiero inequivocabilmente torna lì... Le sensazioni sono molto simili a quelle vissute in passato quando mi sono aperto ad altre persone che stavano vivendo separazioni in famiglia... Ho come la sensazione che mi innamoro di persone che arrivino a me solo per cercare sicurezze e protezione e che quando mostro il mio lato più personale fuggano... Dall'altra parte... queste persone sono tarli nella testa che mi consumano e non mi fanno vivere bene il rapporto con altre persone... mi hanno come gelato il cuore, facendomi provare rabbia furibonda ad ogni pensiero... non riesco più a piangere, a ridere a capirmi... Qualcuno mi aiuti, perchè sono sempre stato una persona capace di conoscersi, ma questo tema non l'ho mai superato e mi fa sentire inutile ed insignificante, fragile e debole.... Grazie.
  4. Ciao mi chiamo marco sono un ragazzo di 24 anni e volevo domandarvi un paio di consigli sulla mia posizione e su cosa potrei fare per migliorare oltre a me stesso anche i rapporti che ho con le altre persone... Ci sono delle volte che sembra di guardare la vita di terza persona... ci sono delle volte che mi sento sprofondare nei più profondi meandri dell' angoscia ... Sono anche affetto da psoriasi a placche, da circa sette anni, mi sono comparse macchie in più punti del corpo: dietro alle orecchie, sulle ginocchia, sulle mani, e anche sotto gli occhi e anche in punti più intimi.. e questo per me è un problema, un problema perchè: 1 oltre ai vari fastidi che questa malattia crea (prurito, arrossamenti, squame argentee, o a volte anche perdite di sangue ) mi impossibilita una normale conversazione visto che la gente è "spaventata" da essa o comunque sento che mi tratta come un appestato o uno da compatire 2 avendola in punti "intimi" ho paura che alla fine di un appuntamento o comunque ogni qual volta ne capiti l'occasione di poter aver a che fare con una ragazza, ho sempre paura che quando si arrivi al "gran momento" ho il terrore che "vedendola" (la chiazza di psoriasi) rimanga schifata o addirittura impaurita... 3 non mi riesco a esprimere bene anzi diciamo che sono proprio negato a parlare cioè non è che sia muto e nemmeno analfabeta ma proprio non riesco a parlare, balbetto, mi mangio le parole, mi escono suoni dalla bocca senza significato... e il bello è che il discorso magari me lo ero anche preparato e provato a casa e le persone attorno a me prendono paura, si infastidiscono o in certi casi si arrabbiano e questo mi continua a far passare sempre di più la voglia di parlare... 4 non riesco o almeno riesco, ma di gran lunga meno, a relazionarmi con le ragazze che con gli uomini...premetto che non sono omosessuale... ho pensato fosse legato al punto 2 che inconsciamente avendo paura di un eventuale rifiuto non sia stimolato a cominciare una conversazione o che comunque sentendo i problemi di comunicazione che ho mi escludano o comunque mi giudichino per quello che non sono... 5 Non riesco a trovare degli argomenti per cominciare una conversazione, mi spiego: l'altra sera mi sono incontrato con la ragazza che mi piacerebbe aver affianco per il resto della mia vita, a casa mi ero fatto una scaletta mentale con le domande gli argomenti, le battute che potevano farle per farla ridere e al posto di conversare e ridere e scherzare come avrei voluto, mi è comparsa in testa una pagina bianca... 0 assoluto non sono riuscito a spiaccicare una parola un pensiero ne a far trasparire qualsiarsi genere emozione (o a giudicare dal risultato magari le ho trasmesso emozioni sbagliate), era come se guardassi la scena in terza persona*, nonostante era più di un mese che aspettavo quel momento non sono riuscito a fare niente di più che salutarla e augurargli una buona continuazione della serata... 7 mi capita spesso di stare in silenzio, imbambolato, ad ascoltare... faccio molta fatica a ricordare avvenimenti, impegni, nomi.... sento che a volte la testa passa da essere piena di pensieri come se fosse pronta per esplodere a momenti in cui non riesco a pensare a niente. non provo più emozioni.... sono stanco di cercare una soluzione di un problema che sembrerebbe non averne una.. Una cosa che ricordo che forse può essere in qualche modo d'aiuto è che : una volta ero a lavoro con un collega del mio capo che a differenza del mio datore di lavoro, questo era proprio un pezzo di merda infelice e frustrato per il fallimento del suo matrimonio e, siccome stava passando un brutto periodo della sua vita al posto di andare a farsi vedere ha pensato di scaricare per più di un mese tutta la rabbia e la cattiveria e la frustrazione che aveva su il suo unico operaio... me... mi ricordo che urlava e insultava sempre a delle volte si divertiva a schernirmi con i clienti per un lavoro mal svolto o incompleto (nonostante avessi 16 anni) finchè mi ricordo chiaramente che verso la fine di questo mese di lavoro un giorno che avevo preso insulti su insulti tutto d'un tratto le suo offese e le sue cattiverie erano come se non mi toccassero più.... cioè le sentivo ma mi uscivano subito dall'altro orecchio... mi ero sentito stranamente felice in quel momento... era come se mi ero creato dentro di me uno scudo, una bolla, dove tutte le parole e gli insulti che sentivo mi rimbalzassero contro proprio come se non mi toccassero proprio come se non mi riguardassero ... avevo imparato a indossare lo scudo nelle 8 ore di lavoro e a cavarmelo una volta finito di lavorare... penso di essermi dimenticato su lo scudo e quel che è peggio è che mi sono dimenticato il modo di togliermelo... L'IO che ero prima di indossarlo.... ora mi rimane soltanto un ricordo, un debito da saldare, e una malattia che non si potrà mai guarire del tutto... avrei tanta voglia di andare la e scuoiarlo vivo e fargli solo assaggiare solo un po di tutto quel dolore che mi ha gentilmente e assiduamente ogni giorno, per quasi 4 anni, donato. grazie in anticipo delle risposte.

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