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Come controllare lo stress lavorativo


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Stress da lavoro: i rimedi

Un numero crescente di ricerche ha messo in evidenza l’effetto negativo dello stress da lavoro sia sul numero di incidenti nel corso dell’attività lavorativa che sulla salute fisica e psichica del lavoratore, in particolare sul rischio di incorrere in malattie cardiovascolari. Uno studio finlandese (1) ha riscontrato addirittura un rischio doppio di decessi per malattie cardiovascolari in lavoratori stressati che non presentavano nessun altro fattore di rischio per tali patologie.

Ormai tutti concordano che alla base dello stress da lavoro vi sia un’interazione tra fattori organizzativi e fattori personali, vediamo però nello specifico quali possono essere le cause di tale stress secondo due modelli recenti e secondo la Commissione Europea.

Secondo il modello dell’Aggravio di lavoro- Job strain model (2)- lo stress lavorativo sarebbe causato soprattutto dalla combinazione di un eccessivo carico di lavoro e una scarsa possibilità di controllo sui compiti da svolgere. Quindi seppure in presenza di un carico di lavoro pesante, un lavoratore potrebbe non sentirsi stressato se percepisse di poter gestire nella maniera più opportuna tale carico.

Il modello dello Squilibrio tra sforzo e ricompensa - Effort-rewards imbalance model (3)-ipotizza che lo stress lavorativo si riscontri in presenza di un elevato impegno da parte del lavoratore associato ad una scarsa ricompensa. Laddove con il termine ricompensa si intende un guadagno economico, approvazione sociale, stabilità lavorativa e opportunità di carriera.

Secondo la Commissione Europea; Direzione generale occupazione e affari sociali (4) i fattori più comuni che possono determinare stress legato all’attività lavorativa sono;

• Quantità di lavoro da eseguire eccessiva oppure insufficiente

• Tempo insufficiente per portare a termine il lavoro in maniera soddisfacente sia per gli altri che per se stessi

• Mancanza di una chiara descrizione del lavoro da svolgere o di una linea gerarchica

• Ricompensa insufficiente, non proporzionale alla prestazione

• Impossibilità di esprimere lamentele

• Responsabilità gravose non accompagnate da autorità o potere decisionale adeguati

• Mancanza di collaborazione e sostegno da parte di superiori, colleghi o subordinati

• Impossibilità di esprimere effettivamente talenti o capacità personali

• Mancanza di controllo o di giusto orgoglio per il prodotto finito del proprio lavoro

• Precarietà del posto di lavoro, incertezza della posizione occupata

• Condizioni di lavoro spiacevoli o lavoro pericoloso

• Possibilità che un piccolo errore o disattenzione possano avere conseguenze gravi.

Se nel nostro ambiente di lavoro si verifica anche solo una delle condizioni summenzionate è probabile che siamo dei lavoratori sotto stress, con tutti i rischi che ciò comporta per la nostra salute. Ovviamente per limitare le cause dello stress bisognerebbe agire a livello sia personale che organizzativo. Ma se ci sentiamo stressati e non sono in vista dei cambiamenti organizzativi nel posto in cui lavoriamo possiamo comunque fare qualcosa per stare meglio. Ecco alcuni suggerimenti:

1. Acquisiamo consapevolezza di cosa ci sta realmente stressando. Cerchiamo di identificare le fonti di stress, anche elencandole materialmente su un foglio. Quale aspetto della nostra vita lavorativa ci crea maggior sofferenza o tensione? Ci preoccupa di più? E’ su questo o questi aspetti che è urgente intervenire.

2. Informiamoci sui nostri diritti. Conoscere quali sono i nostri diritti come lavoratori ci fa sentire più “forti”. La conoscenza ci fornisce degli strumenti indispensabili per modificare le cose che non vanno intorno a noi. Se abbiamo dei dubbi, non esitiamo a rivolgerci alle fonti e alle persone giuste per chiarirci le idee (rivolgiamoci ai sindacati, consultiamo testi o siti internet sulla materia, rivolgiamoci ad esperti del settore)

3. Modifichiamo la valutazione cognitiva dell’ambiente. Prima di tutto riconosciamo la differenza tra le cose che possiamo controllare e quelle che non possiamo controllare. Chiediamoci come stiamo vivendo la situazione, se esistono modi alternativi si affrontarla. Se riteniamo la nostra realtà lavorativa immodificabile, cerchiamo di dare minore importanza agli eventi che ci accadono quotidianamente. Se il nostro capo ci bistratta perché ha un brutto carattere, non prendiamola come qualcosa di personale e soprattutto evitiamo di cadere nel circolo vizioso delle ripicche e dei dispetti (magari sotto forma di “dimenticanze” o di ritardi nella consegna del lavoro). Cerchiamo di mantenere comunque un atteggiamento professionale e distaccato.

4. Pianifichiamo le attività e utilizziamo il time management. Spesso ciò che ci stressa è semplicemente la “quantità” di lavoro. Impariamo a delegare tutto ciò che è delegabile e a distinguere tra cose importanti e cose urgenti. Faremo quindi prima le cose importanti e urgenti, poi quelle urgenti e non importanti, quelle importanti e non urgenti, e infine quelle né importanti, né urgenti.

5. Prendiamoci delle pause. Facciamo dei break nel corso della giornata, anche semplicemente per fare dei respiri profondi e sentire che la nostra mente si rilassa. Poi saremo in grado di tornare al lavoro con rinnovata energia e lucidità.

6. Prendiamoci cura del nostro corpo. Dedicarci ad una attività fisica regolare, curare la nostra alimentazione e prevedere degli adeguati periodi di riposi e la migliore cura anti-stress, sia esso lavorativo o di altro genere. In particolare, l’esercizio fisico costante libera endorfine endogene, una sorta di “droga naturale” che aiuta a sentirci meglio, e ci aiuta a prevenire sia i danni cardiovascolari che quelli muscolo-scheletrici dovuti allo stress lavorativo.

7. Pensiamo positivo. Prendiamo nota del lavoro fatto bene e ricompensiamoci in qualche modo. Poniamoci degli obiettivi a breve termine e sentiamoci soddisfatti quando li abbiamo raggiunti. Cerchiamo di non considerare le critiche come un attacco personale, pensiamo ad esse come ad un’opportunità per crescere nel nostro... http://www.psiconline.it/article.php?sid=3...=thread&order=0

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Ma, scusa Ale, perché invece di aprire topic di continuo non prendi parte

alle discussioni già aperte? :wink:

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Stress da lavoro: i rimedi  

Un numero crescente di ricerche ha messo in evidenza l’effetto negativo dello stress da lavoro sia sul numero di incidenti nel corso dell’attività lavorativa che sulla salute fisica e psichica del lavoratore, in particolare sul rischio di incorrere in malattie cardiovascolari. Uno studio finlandese (1) ha riscontrato addirittura un rischio doppio di decessi per malattie cardiovascolari in lavoratori stressati che non presentavano nessun altro fattore di rischio per tali patologie.  

Ormai tutti concordano che alla base dello stress da lavoro vi sia un’interazione tra fattori organizzativi e fattori personali, vediamo però nello specifico quali possono essere le cause di tale stress secondo due modelli recenti e secondo la Commissione Europea.

Secondo il modello dell’Aggravio di lavoro- Job strain model (2)- lo stress lavorativo sarebbe causato soprattutto dalla combinazione di un eccessivo carico di lavoro e una scarsa possibilità di controllo sui compiti da svolgere. Quindi seppure in presenza di un carico di lavoro pesante, un lavoratore potrebbe non sentirsi stressato se percepisse di poter gestire nella maniera più opportuna tale carico.  

Il modello dello Squilibrio tra sforzo e ricompensa - Effort-rewards imbalance model (3)-ipotizza che lo stress lavorativo si riscontri in presenza di un elevato impegno da parte del lavoratore associato ad una scarsa ricompensa. Laddove con il termine ricompensa si intende un guadagno economico, approvazione sociale, stabilità lavorativa e opportunità di carriera.

Secondo la Commissione Europea; Direzione generale occupazione e affari sociali (4) i fattori più comuni che possono determinare stress legato all’attività lavorativa sono;

• Quantità di lavoro da eseguire eccessiva oppure insufficiente

• Tempo insufficiente per portare a termine il lavoro in maniera soddisfacente sia per gli altri che per se stessi

• Mancanza di una chiara descrizione del lavoro da svolgere o di una linea gerarchica

• Ricompensa insufficiente, non proporzionale alla prestazione

• Impossibilità di esprimere lamentele

• Responsabilità gravose non accompagnate da autorità o potere decisionale adeguati

• Mancanza di collaborazione e sostegno da parte di superiori, colleghi o subordinati

• Impossibilità di esprimere effettivamente talenti o capacità personali

• Mancanza di controllo o di giusto orgoglio per il prodotto finito del proprio lavoro

• Precarietà del posto di lavoro, incertezza della posizione occupata

• Condizioni di lavoro spiacevoli o lavoro pericoloso

• Possibilità che un piccolo errore o disattenzione possano avere conseguenze gravi.

Se nel nostro ambiente di lavoro si verifica anche solo una delle condizioni summenzionate è probabile che siamo dei lavoratori sotto stress, con tutti i rischi che ciò comporta per la nostra salute. Ovviamente per limitare le cause dello stress bisognerebbe agire a livello sia personale che organizzativo. Ma se ci sentiamo stressati e non sono in vista dei cambiamenti organizzativi nel posto in cui lavoriamo possiamo comunque fare qualcosa per stare meglio. Ecco alcuni suggerimenti:

1. Acquisiamo consapevolezza di cosa ci sta realmente stressando. Cerchiamo di identificare le fonti di stress, anche elencandole materialmente su un foglio. Quale aspetto della nostra vita lavorativa ci crea maggior sofferenza o tensione? Ci preoccupa di più? E’ su questo o questi aspetti che è urgente intervenire.  

2. Informiamoci sui nostri diritti. Conoscere quali sono i nostri diritti come lavoratori ci fa sentire più “forti”. La conoscenza ci fornisce degli strumenti indispensabili per modificare le cose che non vanno intorno a noi. Se abbiamo dei dubbi, non esitiamo a rivolgerci alle fonti e alle persone giuste per chiarirci le idee (rivolgiamoci ai sindacati, consultiamo testi o siti internet sulla materia, rivolgiamoci ad esperti del settore)  

3. Modifichiamo la valutazione cognitiva dell’ambiente. Prima di tutto riconosciamo la differenza tra le cose che possiamo controllare e quelle che non possiamo controllare. Chiediamoci come stiamo vivendo la situazione, se esistono modi alternativi si affrontarla. Se riteniamo la nostra realtà lavorativa immodificabile, cerchiamo di dare minore importanza agli eventi che ci accadono quotidianamente. Se il nostro capo ci bistratta perché ha un brutto carattere, non prendiamola come qualcosa di personale e soprattutto evitiamo di cadere nel circolo vizioso delle ripicche e dei dispetti (magari sotto forma di “dimenticanze” o di ritardi nella consegna del lavoro). Cerchiamo di mantenere comunque un atteggiamento professionale e distaccato.  

4. Pianifichiamo le attività e utilizziamo il time management. Spesso ciò che ci stressa è semplicemente la “quantità” di lavoro. Impariamo a delegare tutto ciò che è delegabile e a distinguere tra cose importanti e cose urgenti. Faremo quindi prima le cose importanti e urgenti, poi quelle urgenti e non importanti, quelle importanti e non urgenti, e infine quelle né importanti, né urgenti.  

5. Prendiamoci delle pause. Facciamo dei break nel corso della giornata, anche semplicemente per fare dei respiri profondi e sentire che la nostra mente si rilassa. Poi saremo in grado di tornare al lavoro con rinnovata energia e lucidità.

6. Prendiamoci cura del nostro corpo. Dedicarci ad una attività fisica regolare, curare la nostra alimentazione e prevedere degli adeguati periodi di riposi e la migliore cura anti-stress, sia esso lavorativo o di altro genere. In particolare, l’esercizio fisico costante libera endorfine endogene, una sorta di “droga naturale” che aiuta a sentirci meglio, e ci aiuta a prevenire sia i danni cardiovascolari che quelli muscolo-scheletrici dovuti allo stress lavorativo.  

7. Pensiamo positivo. Prendiamo nota del lavoro fatto bene e ricompensiamoci in qualche modo. Poniamoci degli obiettivi a breve termine e sentiamoci soddisfatti quando li abbiamo raggiunti. Cerchiamo di non considerare le critiche come un attacco personale, pensiamo ad esse come ad un’opportunità per crescere nel nostro...http://www.psiconline.it/article.php?sid=3602&mode=thread&order=0

Hai mai pensato, Martinelli, che il mobbing potrebbe in taluni casi

avere proprio la funzione di controllare lo stress lavorativo?

O meglio... che azioni/omissioni mobbizzanti potrebbero avere quella

funzione e, per usare un parolone giuridico, essere solo preterintenzionalmente

mobbizzanti?

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Pensiamo alle indicazioni schematizzate nel noto modello di Ege:

http://www.osservatoriomobbing.org/mobbing.../modelloege.HTM

Viene utilizzata l'espressione conflittualità fisiologica stagnante, che

suggerisce in modo naturale l'associazione tra la conflittualità immessa in

un ambiente e l'acqua: più acqua t'arriva addosso, maggiore è lo stress

che devi controllare, affrontare... arginare.

In particolare la seconda e la quarta fase, fanno molto pensare agli effetti

di argini mal posizionati. Un argine ferma l'acqua, ma la incanala pure.

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  • 1 year later...
Pensiamo alle indicazioni schematizzate nel noto modello di Ege:

http://www.osservatoriomobbing.org/mobbing.../modelloege.HTM

Viene utilizzata l'espressione conflittualità fisiologica stagnante, che

suggerisce in modo naturale l'associazione tra la conflittualità immessa in

un ambiente e l'acqua: più acqua t'arriva addosso, maggiore è lo stress

che devi controllare, affrontare... arginare.

In particolare la seconda e la quarta fase, fanno molto pensare agli effetti

di argini mal posizionati. Un argine ferma l'acqua, ma la incanala pure.

scusa per l'intervento io non sono esperto in psicologia e sinceramente faccio un po' fatica a capire.

Cosa intendi quando dici che il mobbing serve a controllare lo stress lavorativo?? e che azioni e om.. sono preterintenzionalmente mobbizzanti?? susa ma non ho capito. In parole povere?

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Ma, scusa Ale, perché invece di aprire topic di continuo non prendi parte

alle discussioni già aperte? :Applause:

Sono d'accordo, sarebbe molto più utile e costruttivo.

Non lo farà mai Ste.....

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Sono d'accordo, sarebbe molto più utile e costruttivo.

Non lo farà mai Ste.....

Dici? Boh... Ale è molto giovane, tutti hanno diritto al tempo per maturare. :unsure:

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scusa per l'intervento io non sono esperto in psicologia e sinceramente faccio un po' fatica a capire.

Cosa intendi quando dici che il mobbing serve a controllare lo stress lavorativo?? e che azioni e om.. sono preterintenzionalmente mobbizzanti?? susa ma non ho capito. In parole povere?

Nemmeno io sono esperto in psicologia... sono ingegnere, quanto di più lontano ci sia!

Intendo dire che un ambiente altamente conflittuale è estremamente stressante, ed è normale che questo provochi,

nelle persone che vi lavorano, reazioni finalizzate a tenere lontano lo stress... cioè a tenerlo sotto controllo, a distanza.

Il mobbing può avere questa funzione, anche se non intenzionalmente come "mobbing".

Se prendi la fase 1 del modello delle 6 fasi (nel link): si è individuata una vittima e la conflittualità si dirige ora verso di essa.

Non si tratta più di una conflittualità fisiologica stagnante..., e sostituisci la parola "vittima" con "valvola di sfogo" forse è più

chiaro.

Esempi di comportamenti preterintenzionalmente mobbizzanti se ne possono fare tanti, anche perché molti comportamenti

mobbizzanti sono in realtà comportamenti normalissimi che diventano mobbizzanti solo in quel particolare contesto.

Ad esempio, il non rispondere a una persona per non alimentare polemiche: è un comportamento normale, a volte giusto e

a volte fuori luogo ma comunque non certo da criminalizzare. In un contesto di isolamento della persona, invece può diventare

un'azione (o om...) mobbizzante, anche se chi la mette in atto non ha quell'intenzione ma solo quella di evitare polemiche...

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  • 1 month later...

Boom di casi

Psicofarmaci come antistress, è allarme

Sempre più usati per sopportare le pressioni sul lavoro. Milano «capitale dell'abuso»

(Grazia neri)

MILANO - Psicofarmaci usati come antistress per lenire gli effetti dell'insoddisfazione e delle pressioni subite sul

lavoro. Un fenomeno in continuo aumento, segnalato dall'assessore alla Salute del Comune di Milano, Giampaolo

Landi di Chiavenna. L'allarme è stato lanciato proprio da Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, durante il

convegno «Salute sul lavoro».

MILANO «CAPITALE» - «Gli esperti stanno registrando un abuso di psicofarmaci correlati allo stress da lavoro

- spiega - e Milano spicca negativamente per il record di casi del genere». La metropoli, secondo gli esperti del

settore, sembra aggiudicarsi il titolo di Capitale degli impiegati stressati. «Sono state condotte diverse indagini

-osserva Pietro Penati, coordinatore del servizio di sorveglianza sanitaria per la tutela della salute dei lavoratori

della Regione Lombardia- e tutte hanno confermato che circa il 50% dei lavoratori italiani è afflitto o affetto da

stress da lavoro. La Lombardia rispecchia queste cifre».(continua qui).

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Interessante...

Mi chiedevo però se questo continuo tentare di sopire le emozioni, sia pur esse negative, alla fine sia utile o invece arrechi più danno delle emozioni stesse :;):

:innocent: Se intendi "danno psicofisico" ci vorrebbe un medico a rispondere, qui... però da un altro punto di vista, non "da medico" ma diciamo...

"da bar", o "da macchinetta del caffè" (trattandosi di lavoro...) direi di si, che può essere dannoso. In fin dei conti l'emozione è come una molla che

spinge ad agire per superare una situazione che crea disagio. Come l'allarme... uno può spegnere l'incendio che poi l'allarme smette di suonare, o

può spegnere direttamente l'allarme che poi magari l'incendio si spegne da sè o lo spegne qualcun altro... ma se spegnere gli allarmi diventa "regola",

la vedo dura che qualcuno spenga l'incendio... (speriamo che piova!).

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:D: Se intendi "danno psicofisico" ci vorrebbe un medico a rispondere, qui... però da un altro punto di vista, non "da medico" ma diciamo...

"da bar", o "da macchinetta del caffè" (trattandosi di lavoro...) direi di si, che può essere dannoso. In fin dei conti l'emozione è come una molla che

spinge ad agire per superare una situazione che crea disagio. Come l'allarme... uno può spegnere l'incendio che poi l'allarme smette di suonare, o

può spegnere direttamente l'allarme che poi magari l'incendio si spegne da sè o lo spegne qualcun altro... ma se spegnere gli allarmi diventa "regola",

la vedo dura che qualcuno spenga l'incendio... (speriamo che piova!).

Verissimo :Whistle:

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  • 1 month later...

Mobbing e attacchi di panico

Sul "lettino" un milanese su 5

di Agostino Gramigna - Corriere della Sera, 5 settembre 2008

Ha fatto l'esperienza del campo di concentramento. E ha conosciuto Primo Levi. Quando le chiedevano cosa pensasse dell'analisi,

Luciana Nissim, grande psicoanalista, diceva: "Due persone s'incontrano in una stanza. Uno parla, l'altro ascolta. Questa è l'essenza

della vita. Se manca, sono guai". Stando a questo assunto, i guai a Milano non mancano. O si parla poco, o si ascolta pochissimo.

Solo nel 2007 almeno 500 mila persone si sono rivolte ai 10.700 psicoterapeuti della Lombardia (... continua qui).

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Mobbing e attacchi di panico

Sul "lettino" un milanese su 5

di Agostino Gramigna - Corriere della Sera, 5 settembre 2008

Ha fatto l'esperienza del campo di concentramento. E ha conosciuto Primo Levi. Quando le chiedevano cosa pensasse dell'analisi,

Luciana Nissim, grande psicoanalista, diceva: "Due persone s'incontrano in una stanza. Uno parla, l'altro ascolta. Questa è l'essenza

della vita. Se manca, sono guai". Stando a questo assunto, i guai a Milano non mancano. O si parla poco, o si ascolta pochissimo.

Solo nel 2007 almeno 500 mila persone si sono rivolte ai 10.700 psicoterapeuti della Lombardia (... continua qui).

Sia chiaro, non mi permetterei mai di sminuire l'importanza della psicoterapia, però credo che la soluzione ai nostri mali spesso risieda in noi e che alle volte basterebbe un pochino più di energia nel cercarla perchè essa venga fuori ben volentieri.

Alle volte ho l'impressione che si vada dal terapeuta in maniera impulsiva, come si va dalla mamma quando si cade dalla bicicletta.

Certo male non fa andare in terapia, quello che invece potrebbe far male è la dipendenza dalla terapia.

Poi mi chiedo anche perchè non si provi prima a sfogarsi con un amico, un parente, un collega che magari vive la medesima situazione.

E' davvero tanto difficile trovare qualcuno che semplicemente ascolti senza dar giudizi? :abbr:

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Alle volte ho l'impressione che si vada dal terapeuta in maniera impulsiva, come si va dalla mamma quando si cade dalla bicicletta.

ti assicuro che, visti i costi di una psicoterapia, uno ci va in qualsiasi maniera...tranne che impulsivamente!!!!

da dove esce questo pregiudizio che una persona vada in terapia senza PRIMA aver provato (e riprovato. e riprovato) da solo a risolvere i propri problemi...

io direi l'esatto contrario: avrei dovuto andarci molto prima! per evitare l'incancrenirsi di certe situazioni...

E' davvero tanto difficile trovare qualcuno che semplicemente ascolti senza dar giudizi :abbr:

si. e la terapia non consiste in un semplice ascolto senza giudizio...

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Sia chiaro, non mi permetterei mai di sminuire l'importanza della psicoterapia, però credo che la soluzione ai nostri mali spesso risieda in noi e che alle volte basterebbe un pochino più di energia nel cercarla perchè essa venga fuori ben volentieri.

Alle volte ho l'impressione che si vada dal terapeuta in maniera impulsiva, come si va dalla mamma quando si cade dalla bicicletta.

Certo male non fa andare in terapia, quello che invece potrebbe far male è la dipendenza dalla terapia.

Poi mi chiedo anche perchè non si provi prima a sfogarsi con un amico, un parente, un collega che magari vive la medesima situazione.

E' davvero tanto difficile trovare qualcuno che semplicemente ascolti senza dar giudizi? :B):

Curioso questo tuo intervento Oltreleapparenze :D: , soprattutto dal momento in cui ti chiedi il perchè esistano persone con poca sensibilità relazionale :abbr:

Una domanda : hai mai fatto psicoterapia?

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Curioso questo tuo intervento Oltreleapparenze :B): , soprattutto dal momento in cui ti chiedi il perchè esistano persone con poca sensibilità relazionale :abbr:

Una domanda : hai mai fatto psicoterapia?

Ma dire quello che si pensa di una determinata cosa in generale pensi equivalga a mancare di sensibilità relazionale? Se così fosse allora nessuno potrebbe più esprimere il proprio parere... :D:

Diversa a mio avviso sarebbe la situazione se io sapessi che tu vai in terapia e ti dicessi "Datango perchè non provi a trovare prima la causa del tuo malessere da solo?" :;):

Non ho mai fatto psicoterapia per un motivo: non ho mai avvertita la necessità, che probabilmente vorrà dire che sono anche fortunata visti i numeri ^_^

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io credo che datango sia rimasto basito, come me del resto...dal trovare nello stesso messaggio queste due affermazioni un filo contraddittorie...

Alle volte ho l'impressione che si vada dal terapeuta in maniera impulsiva, come si va dalla mamma quando si cade dalla bicicletta.

e

E' davvero tanto difficile trovare qualcuno che semplicemente ascolti senza dar giudizi?

forse non ti sei resa conto che la prima frase corrisponde a DARE UN GIUDIZIO. e neanche senza ascoltare...a prescindere e basta.

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Ma dire quello che si pensa di una determinata cosa in generale pensi equivalga a mancare di sensibilità relazionale? Se così fosse allora nessuno potrebbe più esprimere il proprio parere... Diversa a mio avviso sarebbe la situazione se io sapessi che tu vai in terapia e ti dicessi "Datango perchè non provi a trovare prima la causa del tuo malessere da solo?"

:B):

Certo che sei libera di esprimerlo il tuo parere oltreleapparenze; va da se che, dato che siamo in un forum pubblico e che guardacaso in questo forum si parla di psicologia, collegare al fatto che possa essere frequentato da qualcuno di quei 500.000 (e più) esseri inferiori che si sono rivolti ad uno psicoterapeuta perchè non hanno un amico che si fa due chiacchiere senza esprimere giudizi, credo sia nelle tue capacità. Comunque grazie perchè hai fornito un ottimo esempio, con i tuoi giudizi su qualcosa che non conosci, del perchè 'ste persone (me compreso) devono andare a pagare uno psicoterapeuta per sentirsi appoggiate.

Non ho mai fatto psicoterapia per un motivo: non ho mai avvertita la necessità, che probabilmente vorrà dire che sono anche fortunata visti i numeri :D:

Beata te che sei così "fortunata" :abbr:

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Ospite sea

No, ma oltreleapparenze fa delle osservazioni giuste.

C'è chi si tiene i suoi problemi senza bisogno di andare dallo psicologo. E sono i più.

Chi convive con i suoi dolori, le paure, le ansie... e si contenta di qualche parola del partner, di un amico..chi sa attraversare il proprio malessere e sa essere anche infelice.

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ti assicuro che, visti i costi di una psicoterapia, uno ci va in qualsiasi maniera...tranne che impulsivamente!!!!

da dove esce questo pregiudizio che una persona vada in terapia senza PRIMA aver provato (e riprovato. e riprovato) da solo a risolvere i propri problemi...

io direi l'esatto contrario: avrei dovuto andarci molto prima! per evitare l'incancrenirsi di certe situazioni...

si. e la terapia non consiste in un semplice ascolto senza giudizio...

Scusa se ho risposto solo a Datango, ti avrei risposto ma è entrato un cliente...

Mi sembra che avevo fatto una premessa nel mio primo post...comunque visto che l'avete saltata (perchè credo che l'abbiate saltata :B): ) vorrei specificare dinuovo che parlavo in generale e in riferimento all'articolo postato da Ste, ma del resto è anche comprensibile che se si va in terapia ci si senta chiamati in causa...

Riguardo i costi non ne ho idea, perdona la mia ignoranza ma quindi se io volessi andare tipo dal terapeuta della mutua non potrei? o magari non esiste proprio come figura? :abbr:

Dunque la terapia ti ha aiutata, ti va di raccontare come?

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Scusa se ho risposto solo a Datango, ti avrei risposto ma è entrato un cliente...

Mi sembra che avevo fatto una premessa nel mio primo post...comunque visto che l'avete saltata (perchè credo che l'abbiate saltata :abbr: ) vorrei specificare dinuovo che parlavo in generale e in riferimento all'articolo postato da Ste, ma del resto è anche comprensibile che se si va in terapia ci si senta chiamati in causa...

Brava oltreleapparenze, vedo che stai rivalutando la tua sensibilità relazionale :B):

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Scusa se ho risposto solo a Datango, ti avrei risposto ma è entrato un cliente...

Mi sembra che avevo fatto una premessa nel mio primo post...comunque visto che l'avete saltata (perchè credo che l'abbiate saltata :B): ) vorrei specificare dinuovo che parlavo in generale e in riferimento all'articolo postato da Ste, ma del resto è anche comprensibile che se si va in terapia ci si senta chiamati in causa...

Riguardo i costi non ne ho idea, perdona la mia ignoranza ma quindi se io volessi andare tipo dal terapeuta della mutua non potrei? o magari non esiste proprio come figura? :abbr:

Dunque la terapia ti ha aiutata, ti va di raccontare come?

senza dilungarmi. io spendo sulle 250 al mese. e conta che guadagno meno di 1000 al mese e col mio compagno divido un mutuo..

mutua? qui sul forum puoi ritrovare esperienze non troppo positive di chi si rivolge a struttute pubbliche. per mille motivi diversi... ma non voglio generalizzare, sono sicura che ci siano strutture che funzionano.

purtroppo nella mia zona no. e lo so perchè conosco bene persone che ci si sono rivolte e hanno trovato tanta incompetenza!!

la terapia mi sta aiutando. sono ancora nel mezzo del percorso, per cui è presto per fare un bilancio definitivo.

e per dire in cosa ho avuto miglioramenti...dovrei dire cose personali che non mi va di dire.

spero capirai...

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Chi convive con i suoi dolori, le paure, le ansie...

non ho mai pensato che la terapia mi porterà un giorno a non aver più dolori, paure, ansie...

perché tu si?

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