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Completa insoddisfazione della mia vita


S@ra

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Sto vivendo un momento di vero risentimento, non so nemmeno nei confronti di cosa.

Mi alzo la mattina e non capisco perchè mi alzo, per chi mi alzo e per cosa lo faccio.

Ho un lavoro stabile, che mi piace moltissimo e mi da molte soddisfazioni, ma oltre a questo sembra che tutto ultimamente mi si rigiri contro. Spesso e volentieri mi impegno nel fare le cose, ma poi mi rendo conto che non trovo appagamento in quello che faccio. Mi piacerebbe avere un motivo per cui lottare, ma sinceramente di motivi ultimamente ne vedo davvero pochi. O forse nessuno. Sto cercando di seguire quello che io stessa cerco di dirmi con questo atteggiamento, e sto incontrando il mio vero modo di essere. Nell'ultimo periodo ho trovato una persona molto fragile e molto bisognosa di affetto, e questo da una parte mi piace, ma dall'altra mi fa stare male. In passato ho sempre creduto di essere una persona tutta d'un pezzo, imbattibile, invincibile. Invece mi sono dovuta rendere conto che non è così. Sbattendo la testa in una maniera mai successa.

In più, la cosa che più mi uccide è che non mi sento amata, o perlomeno ho questa percezione. Di tutte le persone che mi circondano. Io amo con tutta me stessa fin dal primo momento, mi attacco alle persone in un modo "vitale", perchè per me l'affetto di un amico è importantissimo.. anche solo un abbraccio mi fa tremare. Non ho mai fatto mancare niente (o almeno credo) ai miei più cari amici, ma spesso mi sono sentita sola. Sola e abbandonata.

Ma poi, perchè tutti mi evitano? -.-

Non sono qui per avere una botta sulla spalla, credo che non la sentirei nemmeno. Vorrei solo cercare di capire meglio il mio stato d'animo, con il vostro aiuto.

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Uhm...forse ti aspetti che gli altri siano così "totali" anche con te...non è che sei un tantino egoista? Non per nulla ora, difronte a questa persona che ha davvero bisogno ti senti in difficoltà. Non è che hai sempre preso gli abbracci dagli altri, invece che darli?

Scusa se ti sembro troppo dura...hai detto tu che non vuoi una pacca sulla spalla :)

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Non ti preoccupare..

Comunque l'egoismo non è di casa da me.. Anzi.. Come ho già detto ho sempre dato tutta me stessa agli altri, le difficoltà possono anche esserci, ma sono sicurissima di aver dato anche molti abbracci senza riceverne indietro.. E di questo sicuramente non ne faccio colpa a nessuno, non è per forza detto che io debba essere ripagata con la stessa moneta.. Anche se non vengo ripagata spesso me ne infischio e continuo per la mia strada, per ciò che provo io...

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ti porto quanto ha detto un grande sul tema suicidio

INTERROGANTE (I): Mi piacerebbe parlare del suicidio, non perche' nella mia vita ci siano delle crisi, neanche perche' abbia qualche motivo di pensare al suicidio, ma perche' il problema sorge necessariamente quando si ha davanti agli occhi la tragedia della vecchiaia: la tragedia della disgregazione fisica, il crollo del corpo, e lo scomparire di una vera vita nelle persone a cui cio' accade. C'e' qualche motivo per prolungare la vita quando si raggiunge questo stato, c'e' qualche motivo per prolungare quel che e' ormai un vestigio di vita? Non sarebbe piuttosto un atto di intelligenza riconoscere che a un certo punto l'utilita' della vita termina?

KRISHNAMURTI (K): Se e' l'intelligenza che vi spinge a morire, allora quella stessa intelligenza avrebbe dovuto impedirvi di fare invecchiare prematuramente il vostro corpo.

I: Ma non arriva il momento in cui neanche l'intelligenza della mente puo' impedire al corpo di deteriorarsi?

K: Dovremo analizzare il problema molto profondamente. Molte cose vi sono implicate, non e' cosi'? Il deteriorarsi del corpo, dell'organismo, la senilita' della mente, la totale incapacita' che porta con se' resistenza. Abusiamo continuamente del nostro corpo per abitudine, il gusto del mangiare, la trascuratezza. Il piacere del mangiare e il godimento che se ne trae controllano e determinano l'attivita' dell'organismo. Quando succede questo, viene distrutta la naturale intelligenza del corpo. Nelle riviste si ammirano grandi varieta' di cibi, dai colori bellissimi, fatti per soddisfare il senso del gusto, non per dare benefici al corpo. Cosi' dalla gioventu' in poi indebolite e distruggete quello che doveva essere uno strumento di alta sensibilita', attivo, funzionante come una macchina perfetta. E questo per una parte, perche' poi c'e' la mente che per venti, trenta o ottanta anni ha vissuto continuamente lottando e resistendo. Essa conosce solamente contraddizioni e conflitti, sia emotivi che intellettuali. Tutte le forme di conflitto non solo sono delle distorsioni ma con se' portano la distruzione. Ecco dunque alcuni dei fattori intimi ed esterni del deterioramento: l'eterna attivita' egocentrica con i suoi processi isolatori.

Cero c'e' il logoramento naturale del corpo oltre a quello anormale. Il corpo perde le sue capacita' e i suoi ricordi, e gradualmente subentra la senilita'. Voi mi chiedete se a questo punto una persona potrebbe commettere il suicidio, ingoiare una pillola che la uccida? Chi fa la domanda: una persona anziana, oppure quelli che guardano la vecchiaia con dispiacere, disperazione e paura del proprio logoramento?

I: Be', naturalmente dal mio punto di vista la domanda e' motivata dal dolore di vedere la vecchiaia di altre persone, dato che presumibilmente in me non e' ancora incominciata. Ma non c'e' anche un atto dell'intelligenza che, guardando avanti a un possibile sfacelo del corpo, si chiede se non sia inutile continuare a vivere quando l'organismo non e' piu' capace di vita intelligente?

K: I dottori permetteranno l'eutanasia? I dottori, o i governi permetteranno che il paziente si suicidi?

I: Senz'altro questo e' un problema legale, sociologico, e in certe persone anche morale, ma non stavamo parlando di questo, non e' vero? Ci stavamo chiedendo se il singolo individuo ha il diritto di por fine alla sua vita, e non se la societa' glielo permetterebbe.

K: State chiedendo se si ha il diritto di decidere della propria vita, non solamente quando si e' vecchi o si sia consapevoli dell'avvicinarsi della vecchiaia, ma se e' moralmente giusto commettere il suicidio in qualsiasi momento?

I: Esiterei a parlare di moralita' a questo proposito, perche' la moralita' e' un fatto condizionato. Tentavo di porre la domanda a puro livello di intelligenza. Fortunatamente per il momento non devo affrontare il problema personalmente, cosi' posso analizzarlo, credo, in modo assolutamente spassionato; ma come semplice esercitazione dell'intelligenza umana, qual e' la risposta?

K: State dicendo, un uomo intelligente puo' commettere il suicidio? E' cosi'?

I: Oppure, il suicidio puo' essere l'azione di un uomo intelligente, in determinate circostanze?

K: E' la stessa cosa. Dopo tutto si giunge al suicidio sia da una assoluta disperazione, causata da profonda frustrazione, sia da una paura insolubile, sia dalla consapevolezza della mancanza di significato di un certo tipo di vita.

I: Vorrei interrompervi, per dire che e' generalmente cosi', ma io cerco di porre la domanda al di fuori da qualsiasi motivazione. Quando si giunge alla disperazione allora e' implicato un motivo terribile ed e' difficile separare l'emozione dall'intelligenza; io sto cercando di fermarmi allo stadio della pura intelligenza, senza emozione.

K: Ci state chiedendo se l'intelligenza permette qualsiasi forma di suicidio? No, naturalmente.

I: Perche' no?

K: In realta' bisogna capire la parola intelligenza. E' l'intelligenza che permette che il corpo si deteriori per l'abitudine, la debolezza, la soddisfazione del gusto, del piacere, e cosi' via? Questa e' intelligenza, azione dell'intelligenza?

I: No; ma se si arriva a un punto della vita in cui s'e' fatto gia' uso poco intelligente del corpo senza che questo abbia ancora avuto effetto su di esso, non si puo' tornare indietro e rivivere la propria vita.

K: Quindi, diventate consapevole della natura distruttiva del tipo di vita che conduciamo e smettete di vivere in quel modo immediatamente, e non in una data futura. L'atto immediato di fronte al pericolo e' un atto di giudizio, di intelligenza; e il rimandare, come la ricerca del piacere, indica mancanza di intelligenza.

I: Si', capisco.

K: Ma non capite anche qualcosa di fattuale e vero, che il processo isolatore del pensiero con la sua attivita' egocentrica e' una forma di suicidio? L'isolamento e' suicidio, sia esso l'isolamento di una nazione o di una organizzazione religiosa, o di una famiglia o di una comunita'. Siete gia' preso in quella trappola che in ultima analisi vi condurra' al suicidio.

I: Parlate dell'individuo o del gruppo?

K: Di entrambi. Siete imprigionato dall'esempio.

I: Che cosa porta in ultima analisi al suicidio? Ma se non tutti si suicidano!

K: Esattamente, ma il desiderio di fuggire c'e' sempre - di fuggire dai fatti che ci stanno davanti, da "cio' che e'"; questa fuga e' una forma di suicidio.

I: Questo, credo, e' il punto essenziale di quel che cerco di chiedervi, perche' da quanto avete appena detto sembrerebbe che il suicidio sia una fuga. E naturalmente, per novantanove casi su cento lo e', ma non ci potrebbe essere -questa e' la mia domanda- non ci potrebbe essere un suicidio che non sia una forma di fuga, che non sia fuggire da quel che voi chiamate "cio' che e'", ma che al contrario sia una risposta dell'intelligenza a "cio' che e'"? Si puo' affermare che molte forme di nevrosi sono forme di suicidio; quel che cerco di chiedere e' se il suicidio puo' non essere una reazione nevrotica. E non potrebbe essere la reazione consistente nell'affrontare un fatto, la reazione dell'intelligenza umana che agisce in una condizione umana insostenibile?

K: Quando usate la parola "intelligenza" e "condizione insostenibile" cadete in contraddizione. Le due cose sono in contraddizione.

I: Avete detto che se si sta davanti a un precipizio, o a un serpente velenoso che sta per attaccarvi, l'intelligenza suggerisce una azione, che e' una azione di fuga.

K: E' un atto di fuga o un atto di intelligenza?

I: Non possono essere la stessa cosa talvolta? Se una macchina viene verso di me sulla strada e io la sfuggo…

K: Questo e' un atto di intelligenza.

I: Ma e' anche un atto di fuga dalla macchina.

K: Ma quello e' l'atto di intelligenza.

I: Esattamente. Quindi quando nella vita quel che ci sta davanti e' insostenibile e mortale non c'e' che un corollario?

K: Allora ve ne allontanante, come vi allontanate dal precipizio: scostatevene.

I: In quel caso lo scostarsi implica il suicidio.

K: No, il suicidio e' un atto di stupidita'.

I: Perche'?

K: Ve lo sto spiegando.

I: Volete dire che l'atto di suicidarsi e' assolutamente ed inevitabilmente una risposta nevrotica alla vita?

K: Naturalmente. E' un atto di stupidita'; e' un atto che significa naturalmente che siete giunto a un punto tale di isolamento che non avete vie d'uscita.

I: Ma allo scopo di questa discussione tento di supporre che non vi sono vie d'uscita da una situazione difficile, che non si agisca per sfuggire alla sofferenza, che non ci si scosti dalla realta'.

K: Nella vita ci sono delle occasioni, dei rapporti, delle situazioni da cui non si puo' sfuggire?

I: Si', naturalmente, ce ne sono molte.

K: Molte? Ma perche' insistete a dire che il suicidio e' l'unica via d'uscita?

I: Se si e' mortalmente ammalati non vi e' alcuna speranza di fuga.

K: State attento adesso, state attento a quello che stiamo dicendo. "Se io avessi un cancro, che mi stesse uccidendo, e il dottore dicesse: "Bene, caro amico, ve lo dovete tenere", cosa dovrei fare: suicidarmi?

I: Forse.

K: Stiamo discutendo a livello teoretico. Se proprio io avessi un cancro mortale, allora dovrei decidere, dovrei considerare il da farsi. Non sarebbe una questione a livello teoretico. In quella situazione dovrei trovare la cosa piu' intelligente da fare.

I: Volete dire che non dovrei porre questa domanda a livello teoretico, ma solamente se mi trovassi realmente in quella situazione?

K: Proprio cosi'. Allora vi comportereste secondo il vostro condizionamento, la vostra intelligenza, il vostro modo di vivere. Se la vostra vita si e' basata sulla fuga e l'evasione, su un sistema nevrotico, allora naturalmente assumereste un atteggiamento e un comportamento nevrotico. Ma se avete condotto una vita veramente intelligente, nell'assoluto significato della parola, allora quell'intelligenza agirebbe quando ci fosse un cancro mortale. Allora potrei rassegnarmi, potrei voler vivere i pochi mesi o anni che mi restassero.

I: Ma potreste anche non farlo.

K: Potrei anche non farlo; ma non diciamo che il suicidio e' inevitabile.

I: Non l'ho mai detto; chiedevo se in alcune circostanze difficili, come un cancro mortale, il suicidio potesse essere una risposta intelligente alla situazione.

K: Vedete, c'e' qualcosa di straordinario in questo fatto; la vita vi ha dato grande felicita', straordinaria bellezza, grandi benefici, e voi avete accettato tutto cio'. Ed avete egualmente accettato l'infelicita', e questo fa parte dell'intelligenza: ora avete un cancro mortale e dite: "Non posso piu' sopportarlo, devo mettere fine alla mia vita". Perche' non vi muovete con lui, vivete con lui, cercate di scoprire qualcosa su di lui mentre continuate a vivere?

I: In altre parole non esiste una risposta alla domanda finche' non ci si trovi nella situazione adatta.

K: Naturalmente. Ma vedete e' proprio per questo che e' cosi' importante, io penso, fronteggiare il fatto, fronteggiare il "cio' che e'", di attimo in attimo, senza starci a teorizzare su. Se qualcuno e' ammalato, ammalato di cancro senza speranza, o e' diventato completamente vecchio: qual e' la cosa piu' intelligente da fare, non per un semplice osservatore come me, ma per il medico, la moglie o la figlia?

I: In realta' non si puo' rispondere, perche' il problema riguarda un altro essere umano.

K: E' proprio cosi', e' proprio quello che volevo dire.

I: E non si ha il diritto, almeno cosi' mi sembra, di decidere della vita o della morte di un altro essere umano.

K: Ma lo facciamo. Tutte le tirannie lo fanno. E lo fa la tradizione; la tradizione che insegna che si deve vivere in questo modo e non in quell'altro.

I: E sta diventando tradizione anche portare la vita della gente al di la' del punto in cui la natura crollerebbe. La gente viene mantenuta viva grazie ai progressi della medicina; beh, e' difficile dare una definizione di cosa sia una condizione naturale, ma sembra una condizione innaturale continuare a vivere per cosi' tanto tempo, come tanta gente fa oggi. Ma questo e' un altro problema.

K: Si', e' un problema assolutamente diverso. La vera domanda e': l'intelligenza permettera' il suicidio, anche quando i medici hanno stabilito che c'e' una malattia incurabile? Si potrebbe forse suggerire ad un altro cosa fare in questo caso. Ma bisogna che l'uomo che ha la malattia incurabile agisca secondo la propria intelligenza. Se e' proprio intelligente -il che vuol dire che nella sua vita c'e' stato amore, sollecitudine, sensibilita' e gentilezza- allora una simile persona, quando si presentera' la situazione, si comportera' secondo quell'intelligenza che ha agito anche nel passato.

I: Allora tutta questa discussione e' priva di significato perche' questo e' quanto accadra' in ogni caso; perche' la gente agira' inevitabilmente secondo quel che e' successo nel passato. Potrebbero sia farsi saltare le cervella, sia sedersi e soffrire fino alla morte, o accettare una via di mezzo.

K: No, non e' stata priva di significato. Sentite, abbiamo scoperto molte cose: prima di tutto che vivere intelligentemente e' la cosa piu' importante. Vivere una vita che sia sommamente intelligente richiede una straordinaria prontezza della mente e del corpo, e abbiamo distrutto la prontezza del corpo con un modo di vivere innaturale. Stiamo anche distruggendo la mente, il cervello, con il conflitto, la continua oppressione, la continua esplosione di violenze. Quindi, se si vive una vita che sia la negazione di tutto cio', allora quella vita, quell'intelligenza, quando si trovera' a confronto con una malattia incurabile agira' al momento opportuno.

I: Mi accorgo che vi ho posto una domanda sul suicidio e ho avuto una risposta su come vivere nel modo giusto.

K: E' l'unica risposta. Un uomo che si butta giu' da un ponte non sta a chiedere: "Mi suiciderei?". Lo sta facendo; e' finito. Mentre noi, seduti in una casa tranquilla o in un laboratorio stiamo a chiederci se un uomo si suiciderebbe o no; tutto cio' non ha significato.

I: Quindi e' una domanda che non si puo' fare.

K: No, si deve fare: se uno vuole suicidarsi o no. E' una domanda da fare, ma bisogna scoprire cosa c'e' dietro, che cosa spinge colui che fa la domanda, che cosa gli fa desiderare di suicidarsi. Conosciamo un uomo che non si e' mai suicidato, sebbene continui a minacciare di farlo, perche' e' assolutamente pigro. Non vuole far niente, vuole che tutti lo sopportino; un uomo simile si e' gia' suicidato. Colui che e' ostinato, sospettoso, avido di potere e di prestigio, intimamente si e' gia' suicidato. Vive dentro un muro di immagini. Percio' ogni uomo che vive con una immagine di se stesso, del suo ambiente, della sua ecologia, del suo potere politico o della sua religione, e' gia' finito.

I: Mi sembra che quello che state dicendo significa che ogni vita che non sia vissuta direttamente…

K: Direttamente ed intelligentemente.

I: Al di fuori delle ombre, delle immagini, del condizionamento, del pensiero….. A meno che non si viva in quel modo, la vita di ciascuno e' una specie di esistenza di tono minore.

K: Si', naturalmente. Guardate la maggior parte della gente; vivono dentro un muro: il muro del loro sapere, dei loro desideri, dei loro impulsi ambiziosi. Sono gia' in una situazione di nevrosi e la nevrosi da' loro una certa protezione, che e' la protezione del suicidio.

I: La protezione del suicidio!

K: Prendiamo un cantante, per esempio; per lui la piu' grande preoccupazione e' la sua voce, e quando questa viene a mancare egli e' pronto per il suicidio. Quello che e' veramente emozionante e vero e' cercare un metodo di vita che sia altamente sensibile e sommamente intelligente; cosa impossibile se c'e' paura, ansieta', avidita', invidia, creazione di immagini o il vivere in isolamento religioso. L'isolamento e' quello che tutte le religioni hanno suggerito; il credente cosi' e' definitivamente sull'orlo del suicidio. Avendo egli posto tutta la sua fiducia in una credenza, quando quella viene messa in dubbio ha paura ed e' pronto ad abbracciare un'altra fede, un'altra immagine, a commettere un altro suicidio religioso. Percio', puo' un uomo vivere senza alcuna immagine, senza alcun modello, senza alcuna sensazione del tempo? Io non intendo che si debba vivere in tal modo da non occuparci di quello che succedera' domani o che e' successo ieri. Quella non e' vita. C'e' anche chi dice: "Cogliete il presente e vivetelo meglio che potete"; anche questo e' un atto di disperazione. In verita' non ci si dovrebbe chiedere se sia giusto o no suicidarsi; ci si dovrebbe chiedere cos'e' che genera quello stato della mente in cui non ci sono piu' speranze; per quanto la parola speranza non sia giusta in quanto implica un futuro. Piuttosto bisognerebbe chiedere come puo' la vita essere priva di tempo? Vivere senza tempo vuol dire veramente avere questo senso di grande amore, perche' l'amore non e' del tempo, l'amore non e' qualcosa che e' stato o che sara': scoprirlo e viverci e' il vero problema. Domandarsi se bisogna o no commettere suicidio e' tipico di un uomo gia' parzialmente morto. La speranza e' la piu' terribile delle cose. Non fu Dante a dire: "Abbandonate la speranza quando entrate nell'Inferno"? * Per lui il paradiso era la speranza, e' una cosa orribile.

I: Si', la speranza e' il proprio inferno.

POTREBBE APPARIRE COME NON IN ARGOMENTO ,,,,,MA SE SI LEGGE BENE....

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Aspè che mi devo prendere un pomeriggio per leggerlo... :hi:

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Aspè che mi devo prendere un pomeriggio per leggerlo... :hi:

ahahhahhhahha

ho sbagliato topic... :starwars::tv_happy::muttley::rflmao::rofl3::winner:yahoo::yahoo:

non c'entra nulla ......

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Sto vivendo un momento di vero risentimento, non so nemmeno nei confronti di cosa.

Mi alzo la mattina e non capisco perchè mi alzo, per chi mi alzo e per cosa lo faccio.

Ho un lavoro stabile, che mi piace moltissimo e mi da molte soddisfazioni, ma oltre a questo sembra che tutto ultimamente mi si rigiri contro. Spesso e volentieri mi impegno nel fare le cose, ma poi mi rendo conto che non trovo appagamento in quello che faccio. Mi piacerebbe avere un motivo per cui lottare, ma sinceramente di motivi ultimamente ne vedo davvero pochi. O forse nessuno. Sto cercando di seguire quello che io stessa cerco di dirmi con questo atteggiamento, e sto incontrando il mio vero modo di essere. Nell'ultimo periodo ho trovato una persona molto fragile e molto bisognosa di affetto, e questo da una parte mi piace, ma dall'altra mi fa stare male. In passato ho sempre creduto di essere una persona tutta d'un pezzo, imbattibile, invincibile. Invece mi sono dovuta rendere conto che non è così. Sbattendo la testa in una maniera mai successa.

In più, la cosa che più mi uccide è che non mi sento amata, o perlomeno ho questa percezione. Di tutte le persone che mi circondano. Io amo con tutta me stessa fin dal primo momento, mi attacco alle persone in un modo "vitale", perchè per me l'affetto di un amico è importantissimo.. anche solo un abbraccio mi fa tremare. Non ho mai fatto mancare niente (o almeno credo) ai miei più cari amici, ma spesso mi sono sentita sola. Sola e abbandonata.

Ma poi, perchè tutti mi evitano? -.-

Non sono qui per avere una botta sulla spalla, credo che non la sentirei nemmeno. Vorrei solo cercare di capire meglio il mio stato d'animo, con il vostro aiuto.

ora ti rispondo su questo......

secondo me sei arrivata ad un punto fondamentale che ti potrebbe "svegliare alla realtà della vita" dici , la vita non ha senso , non c'è ne trovi uno!!!!allora che fare....

bhè intanto visto che ti ho appioppato 2 pagine di intervista a k. sul suicidio destinate a piccolina che voleva suiceidarsi, vediamo cosa ha detto sul senso della vita .....sperando che ti possa aiutare:

Io penso che dobbiamo parlare insieme di qualcosa di fondamentale importanza, qualcosa di cui ogni essere umano dovrebbe occuparsi perché riguarda la nostra vita, la nostra attività quotidiana, il modo in cui noi sprechiamo i giorni e gli anni della nostra vita.

Perché ? E a che scopo?

Noi nasciamo e moriamo, e in questi anni di dolore e di angoscia, di gioia e di piacere, si perpetuano l'eterna battaglia e l'eterno sforzo di andare in ufficio o in fabbrica per quaranta o cinquant'anni, di cercare di dare la scalata al successo, di accumulare denaro, piacere, esperienza, conoscenze; e alla fine, la morte. Alcuni scienziati dicono che l'uomo progredisce grazie alla conoscenza. È proprio così?

Noi sappiamo un'infinità di cose su molti argomenti - biologia, archeologia, storia e così via - ma non sembra che questa conoscenza abbia modificato l'uomo in maniera radicale, profonda. Non fanno che perpetrarsi il conflitto, la lotta, il dolore, il piacere, l'eterna battaglia di sempre per l'esistenza.

Poiché noi vediamo che tutto ciò continua ad accadere in ogni paese e a ogni latitudine, di che cosa si tratta? È molto facile rispondere con una spiegazione emotiva, romantica, nevrotica, oppure intellettuale o razionale.

Ma se voi mettete da parte tutte queste cose che, per quanto intellettuali dimostrano tutte una certa superficialità, io penso che si tratti di una domanda molto importante. È importante porsela ed è importante trovare una risposta personale senza lasciarsi condizionare da un prete, da un guru o da un qualsiasi concetto filosofico, senza affermare niente, senza credere in niente, senza coltivare alcun ideale, ma soltanto una profonda osservazione. In caso contrario, la nostra sarà una vita fatta di automatismi. Il nostro cervello si è abituato a un modo di vivere meccanico; ora, una parte del cervello deve essere necessariamente meccanica, per quanto riguarda l'acquisizione della conoscenza e nell'uso ingegnoso di questa conoscenza in ogni circostanza della vita, in ogni azione esterna, e da un punto di vista tecnologico.

Ma la conoscenza che abbiamo acquisito - e di conoscenza possiamo accumularne sempre di più - non risponde alla domanda fondamentale: qual è il significato, in che cosa consiste la profondità della nostra vita?

Noi vediamo bene che tutta l'umanità deve creare un'unità, perché soltanto così la razza umana sopravviverà fisicamente e biologicamente.

Non saranno certo i politici a risolvere questo problema, non l'hanno mai fatto! Al contrario, manterranno le separazioni: da ciò traggono grandi vantaggi. L'umanità deve unirsi, è un fatto fondamentale per la sua esistenza, che tuttavia non può accadere attraverso regole, dogmi burocratici, leggi e cose del genere. Quando dunque noi osserviamo tutto ciò dal nostro punto di vista di esseri umani che vivono nel caos di un mondo praticamente impazzito - la vendita di armamenti per profitto, l'uccisione di persone in nome di un'idea, di una nazione, di un dio -che cosa dobbiamo fare? E a che scopo tutto ciò?

Le religioni hanno cercato di dare un senso alla vita: parlo delle religioni istituzionalizzate, propagandistiche, ritualistiche. Ma nonostante i duemila o i diecimila anni di vita, l'uomo ha semplicemente affermato certi principi, certi ideali, certe deduzioni, ma lo ha sempre fatto a parole, sempre in maniera superficiale e irrealistica. Perciò, se siamo seri - e dobbiamo esserlo, altrimenti non viviamo in maniera reale, il che significa che non sorridiamo o non ridiamo mai - seri nel senso di un impegno totale rispetto al problema globale dell'esistenza, penso diventi molto importante scoprire un senso personale della vita. Quando dunque ci chiediamo qual è il senso globale della vita, ci troviamo di fronte al fatto che il nostro cervello è prigioniero in un solco, in un'abitudine, in una tradizione, nel condizionamento dell'educazione ricevuta, coltiva soltanto conoscenza, informazioni e funziona così in maniera sempre più meccanica.

Per approfondire questo problema deve regnare un grande dubbio.

Dubbio e scetticismo sono fondamentali perché, rinnegando tutto quanto l'uomo ha costruito - le sue religioni, i rituali, i dogmi, le credenze che sono tutte movimenti del pensiero - producono una certa libertà della mente. Come anche gli scienziati ammettono, il pensiero è un processo materiale che non ha risolto i nostri problemi, che non è stato capace di indagare a fondo in se stesso. Essendo esso stesso un frammento, ha semplicemente frantumato tutta l'esistenza. Così, esiste questa qualità del cervello che è meccanicistica e che in certe aree lo è necessariamente; ma interiormente, nella struttura psicologica della mente umana non c'è libertà. La mente è condizionata, è trattenuta da una credenza, dai cosiddetti ideali, dalla fede. Perciò, quando si arriva a dubitare, quando si accantona tutto questo - non in maniera teorica, ma fattuale, meticolosa - allora, che cosa rimane? Abbiamo paura di farlo perché ci diciamo: "Se rinnego tutto quello che il pensiero ha creato, che cosa rimane?". Quando voi capite la natura del pensiero - che è un processo meccanico del tempo, una misura, la risposta al ricordo, un processo che porta sempre più sofferenza, angoscia, ansia e paura all'umanità - e andate oltre, lo rinnegate, che cosa rimane?

La scoperta di quel che rimane deve iniziare con la libertà, perché la libertà è il primo e l'ultimo passo. Senza la libertà - non la libertà di scelta - l'uomo è semplicemente una macchina.

Noi pensiamo di essere liberi perché facciamo delle scelte; la scelta esiste soltanto quando la mente è confusa. Quando la mente è chiara la scelta non esiste. Quando voi vedete le cose con grande chiarezza, senza distorsioni, senza illusioni, allora la scelta non esiste. Una mente che non sceglie è una mente libera, ma una mente che sceglie, e quindi mette in atto una serie di conflitti e di contraddizioni, non è mai libera perché è confusa in se stessa, divisa, frammentata.

Per esplorare in qualsiasi campo deve esserci quindi libertà, libertà di indagare in modo che in quell'indagine non ci sia distorsione. Quando c'è distorsione, dietro c'è un movente, un movente che è trovare una risposta, un movente che è realizzare un desiderio, escogitare una soluzione ai nostri problemi, un movente che può essere basato su un'esperienza passata, su una conoscenza passata; e tutta la conoscenza è passato.

Ovunque esiste un movente c'è necessariamente distorsione.

Può la nostra mente liberarsi dalla distorsione? E osservare la nostra mente significa osservare la mente comune a tutta l'umanità, perché il contenuto della nostra conoscenza è identico a quello di tutti gli esseri umani che, ovunque vivano, passano attraverso lo stesso processo di paura, di angoscia, di tortura, di ansia e di conflitto, Ulteriore ed esterno, senza fine. Questa è la coscienza comune a tutta l'umanità.

Perciò, quando voi esaminate la vostra coscienza state guardando nella coscienza dell'uomo, e quindi non è un esame personale, individualistico.

AI contrario, state guardando nella coscienza del mondo, che siete voi. E questa è la realtà, quando approfondite questo processo. Avere una mente libera crea un'esigenza tremenda: richiede che voi, in quanto esseri umani, siate totalmente impegnati nella trasformazione del contenuto della coscienza, perché il contenuto crea la coscienza. E la trasformazione con la rivoluzione psicologica totale di questa coscienza ci riguarda tutti. Per portare avanti questa indagine vi si richiede grande energia, un'energia che si sprigiona quando non c'è dispersione di energia. Si spreca energia quando si cerca di superare ciò che si è, di negare o di sfuggire a ciò che si è , o di analizzare ciò che si è, perché l'analista è l'analizzato, l'analista non è diverso da ciò che analizza. E nei molti discorsi fatti nel corso degli anni, abbiamo detto che questa è una realtà fondamentale. Ci stiamo chiedendo qual è il senso e l'importanza della vita, se mai la vita ne abbia. Se dite che la vita ha senso vi siete già in qualche modo compromessi e quindi non potete portare avanti l'indagine, avete già avviato il processo di distorsione. Allo stesso modo, se dite che la vita non ha senso, si tratta di un'altra forma di distorsione.

Perciò è necessario essere completamente liberi sia dalle affermazioni positive sia da quelle negative.

E qui inizia veramente la meditazione.

I guru che in India si moltiplicano come funghi e che prosperano in tutto il mondo hanno dato a questa parola una grande varietà di significati. C'è la meditazione trascendentale - e io vorrei che non avessero mai usato questa splendida parola - che è la ripetizione di certe espressioni, a pagamento – tre volte al giorno, per venti minuti…..!

La ripetizione ininterrotta di qualsiasi parola certamente vi darà una certa quiete perché avete ridotto il cervello a una tranquillità meccanica. Ma in questo non c'è niente di più trascendentale di quanto ve ne sia in qualsiasi altra cosa. ….

E con ciò noi pensiamo di fare esperienza di qualcosa che è al di là del processo del pensiero materiale.

L'uomo cerca esperienze diverse da quelle della vita ordinaria e quotidiana. Noi siamo annoiati, non ne possiamo più di tutta l'esperienza che abbiamo fatto della vita, e speriamo di impadronirci di un'esperienza che non sia il prodotto del pensiero. La parola esperienza significa, attraversare fino in fondo qualsiasi cosa , non significa ricordarla e perpetuarla. Ma questo noi non lo facciamo .

Per riconoscere un'esperienza dovete averla già conosciuta; non è qualcosa di nuovo. Così, la mente che cerca un'esperienza diversa dalla semplice esperienza fisica psicologica, che cerca qualcosa di molto più grande e di molto superiore a tutto questo, farà esperienza della propria stessa proiezione e quindi sarà ancora meccanicistica, materialistica; sarà ancora il prodotto del pensiero. Quando voi non desiderate nessuna esperienza, quando avete capito l'intero significato del desiderio - che come abbiamo detto molte volte è sensazione, più pensiero e la sua immagine - allora non esistono ne distorsioni ne illusioni. Soltanto quando l'intera struttura della coscienza è libera, soltanto allora la mente sarà capace di guardare a se stessa senza distorsione, senza sforzo? La distorsione ha luogo quando c'è sforzo. Giusto?

Lo sforzo implica il me e qualcosa che io voglio realizzare, la separazione tra me e quella cosa. La separazione porta invariabilmente il conflitto. La meditazione avviene soltanto quando il conflitto cessa definitivamente. Quindi, quando ci sono sforzo, pratica e controllo ogni forma di meditazione non ha senso.

Ve ne prego, non accettate quello che sto dicendo. Stiamo indagando insieme e quindi è importante che voi non accettiate quello che viene detto; è importante che lo analizziate personalmente.

Quindi dobbiamo approfondire la questione del controllo.

Fin dall'infanzia noi venivamo educati al controllo: tutto il processo del controllo dei sentimenti. Nel controllo c'è chi controlla e la cosa controllata, dove chi controlla pensa di essere diverso da ciò che desidera controllare. In questo modo egli si è già spaccato, e da qui nasce sempre il conflitto. Ciò significa che un frammento del pensiero dice a se stesso: "Devo control lare altri frammenti del pensiero"; ma il pensiero che dice questo fa esso stesso parte del pensiero. Chi controlla è la cosa controllata, chi fa esperienza è la cosa di cui fa esperienza, non si tratta di due diverse entità o di due diversi movimenti. Chi pensa è il pensiero; se non c'è pensiero non esiste chi pensa. Si tratta di una cosa molto importante perché quando la si comprende completamente, profondamente, non a parole , non in teoria ma nella realtà, in quel momento il conflitto cessa. Quando la si riconosce profondamente come la verità, come una legge, allora ogni sforzo ha termine; e la meditazione può nascere soltanto quando non esiste sforzo di alcun genere.

Per scoprire se la vita abbia un senso è necessario meditare.

La meditazione pone le basi anche del retto comportamento: retto nel senso di accurato, non nel senso di un ideale, di un modello, di una formula, ma un'azione che ha luogo quando c'è osservazione completa di quanto accade in noi stessi. E attraverso la meditazione noi dobbiamo stabilire il retto rapporto tra gli esseri umani, vale a dire un rapporto senza conflitto .

Il conflitto esiste quando c'è separazione tra due immagini, e ne abbiamo parlato a lungo; l'immagine che voi avete di un altro e quella che un altro ha di voi. Nella meditazione non deve esistere neanche l'ombra della paura psicologica; deve quindi avere fine il dolore, deve esserci quello di cui abbiamo parlato altre volte: compassione e amore.

Questa è la base, il fondamento della meditazione. Senza di ciò, voi potete sedere a gambe incrociate sotto un albero per il resto dei vostri giorni, respirare correttamente - conoscete bene tutti i trucchi a cui si ricorre - ma niente di tutto questo servirà.

Perciò, quando avrete realmente, profondamente instaurato un certo stile di vita - che non è un punto di arrivo, ma soltanto l'inizio – allora potremo procedere per scoprire se la mente - che è la totalità, il cervello, l'intera coscienza - è quieta, non subisce alcuna distorsione.

Soltanto quando la mente è quieta, immobile, il vostro ascolto sarà corretto. Esistono diversi tipi di silenzio: il silenzio tra due rumori, il silenzio tra due pensieri, il silenzio dopo una lunga battaglia con se stessi, il silenzio tra due guerre, che voi chiamate pace. Tutti questi tipi di silenzio sono il frutto del rumore. Questo non è silenzio. C'è un silenzio che non viene creato ne coltivato, cosicché a osservare quel silenzio non c'è un me; c'è soltanto silenzio, quiete.

Abbiamo incominciato con la domanda: la vita ha un senso? In quel silenzio, questa domanda voi non la ponete, veramente; abbiamo preparato il campo della mente che è capace di scoprire. E tuttavia dobbiamo trovare una risposta. Dove la troveremo, e chi risponderà? Sarò io, un essere umano, a rispondere? Oppure la risposta sta proprio in quel silenzio ?

Voglio dire che quando non esiste distorsione causata dal movente, dallo sforzo, dal desiderio di fare esperienza, dalla separazione tra colui che osserva e la cosa osservata, tra chi pensa e il pensiero, non c'è spreco di energie. Ora, in quel silenzio c'è quell'energia superiore, e per poter

vedere al di là delle parole deve esserci quell'energia, quella vitalità, quella forza. Perché la parola non è la cosa, e la descrizione non è la cosa descritta. Andare sulla luna, creare uno strumento fatto di milioni di componenti richiede un'energia immensa e la cooperazione di trecentomila persone per costruirlo. Ma si tratta di un'energia completamente diversa da quella di cui stiamo parlando.

Vedete, io sono molto serio su questo punto.

Ne ho parlato per oltre cinquant'anni: poiché la mente della maggior parte di noi è prigioniera in solchi più o meno profondi, noi dobbiamo continuamente vigilare per vedere che il cervello non crei un solco dove si sente sicuro e indugia; infatti, se si rimane in un solco, per quanto bello, per quanto piacevole, per quanto confortante, la mente manterrà un funzionamento meccanico, ripetitivo e perderà la sua profondità, la sua bellezza. Perciò chiedo: il silenzio è meccanicistico? È un prodotto del pensiero che dice: "Deve esserci qualche altra cosa oltre me, e per scoprirlo devo rimanere in silenzio, devo controllarmi, devo soggiogare ogni cosa per scoprirlo?".

Questo è ancora un movimento del pensiero, giusto? Perciò noi dobbiamo capire la differenza tra concentrazione, consapevolezza e attenzione.

La concentrazione implica volgere l'energia in una direzione particolare, a esclusione di tutte le altre, costruendo una barriera contro qualsiasi altra cosa, opponendo resistenza. La consapevolezza è relativamente semplice, se non la rendete complicata. Significa essere consapevoli di tutto

quanto vi circonda, semplicemente osservare.

Allora c'è attenzione . L'attenzione implica l'assenza di un centro dal quale voi prestate attenzione. Il centro è il me e se la consapevolezza parte da quel centro, allora l'attenzione è limitata. Il centro esiste quando esiste la scelta, e dove c'è scelta c'è sempre il me, la mia esperienza, la mia conoscenza, l'io separato dal tu.

Ora, ciò di cui stiamo parlando è l'attenzione dove non esiste alcun centro. Se voi state attenti in questo modo ora, mentre siete seduti qui, vedrete che la vostra attenzione è vasta, che non esistono confini, e che tutta la vostra mente - tutto - è completamente attenta, non fa scelte, e quindi non esiste un centro, non esiste un me che dice: "Io sono attento". In quell'attenzione c'è silenzio, un silenzio dove è contenuta l'energia che non viene più sprecata. Solo una mente di questo genere può trovare la risposta, può scoprire - purtroppo se lo descrivo diventerà irreale - qualcosa che è al di là di tutto questo travaglio, di tutta questa infelicità. Se a questo voi dedicherete la vostra energia, il vostro tempo, la vostra capacità, non condurrete più una vita vuota e priva di senso.

E tutto ciò è meditazione, dal principio alla fine.

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S@ra, lascia perdere gli insegnamenti da santone ^^ (ma qual era il topic?? quello di sassolinacolorata?) e pensa invece, al contrario di quanto sostiene Rain, a diventare più egoista. Secondo me il tuo problema è proprio l'opposto, finora hai pensato troppo agli altri senza volere nulla in cambio, adesso è venuto il momento di pensare anche a te stessa: mai più relazioni che ti prosciugano e basta, amicizie che sfruttano la tua generosità senza restituirti nulla, rapporti a senso unico. Sei insoddisfatta? Ok, allora prova a cambiare rotta, ma sii molto attiva in questo, e soprattutto sii al centro delle tue relazioni. Hai presente quando si vede una coppia di amiche, quella che nel bene o nel male decide sempre cosa fare, dove andare, ecc. e l'altra che la segue a cagnolino? Ecco, tu devi essere quella che comanda, in tutto, non lo zerbino. Ciao :hi:

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Bello e impossibile, colgo l'occasione per ringraziarti perchè partecipi spesso a tutti i miei 3D.

Ti ringrazio anche per le tue parole, in effetti forse è ora di cambiare aria.. Ma questo l'ho sempre pensato.. E probabilmente è anche arrivata l'ora..

Per quello che riguarda i rapporti che ho con gli altri, credo che non riuscirò mai a fare l'egoista.. Ci ho provato, ma stavo male e basta.. E quando faccio finta di fare la scocciata, di non voler parlare con una persona.. i miei pensieri si posano sempre li, come se fosse un martello che batte il chiodo quando fa più male..

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Sara hai mai fatto una terapia psicologica?

Ehm... no... :icon_rolleyes:

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La mia esperienza con la terapia è stata ed è positiva, per questo te l'ho proposta. Credo comunque si può campare ugualmente anche senza, il punto è che a volte sentiamo la nostra vita gravata da pesi che non vogliamo. Questi pesi sono i nostri molteplici modi di essere che vengono messi in un angolo dalla nostra mente sia consciamente che, incredibile ma vero, inconsciamente. Percorrere una strada che porti all'integrazione psicofisica è possibile a tutti, tuttavia poterselo concedere, accogliendo il punto di vista di una persona che ha studiato diverse metodi per aiutare a percorrerla, non è affatto scontato.

Ti consiglio un libro (a me lo ha consigliato il mio psico) "Il piccolo libro dell'ombra" di Bly.

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Sto vivendo un momento di vero risentimento, non so nemmeno nei confronti di cosa.

Mi alzo la mattina e non capisco perchè mi alzo, per chi mi alzo e per cosa lo faccio.

Ho un lavoro stabile, che mi piace moltissimo e mi da molte soddisfazioni, ma oltre a questo sembra che tutto ultimamente mi si rigiri contro. Spesso e volentieri mi impegno nel fare le cose, ma poi mi rendo conto che non trovo appagamento in quello che faccio. Mi piacerebbe avere un motivo per cui lottare, ma sinceramente di motivi ultimamente ne vedo davvero pochi. O forse nessuno. Sto cercando di seguire quello che io stessa cerco di dirmi con questo atteggiamento, e sto incontrando il mio vero modo di essere. Nell'ultimo periodo ho trovato una persona molto fragile e molto bisognosa di affetto, e questo da una parte mi piace, ma dall'altra mi fa stare male. In passato ho sempre creduto di essere una persona tutta d'un pezzo, imbattibile, invincibile. Invece mi sono dovuta rendere conto che non è così. Sbattendo la testa in una maniera mai successa.

In più, la cosa che più mi uccide è che non mi sento amata, o perlomeno ho questa percezione. Di tutte le persone che mi circondano. Io amo con tutta me stessa fin dal primo momento, mi attacco alle persone in un modo "vitale", perchè per me l'affetto di un amico è importantissimo.. anche solo un abbraccio mi fa tremare. Non ho mai fatto mancare niente (o almeno credo) ai miei più cari amici, ma spesso mi sono sentita sola. Sola e abbandonata.

Ma poi, perchè tutti mi evitano? -.-

Non sono qui per avere una botta sulla spalla, credo che non la sentirei nemmeno. Vorrei solo cercare di capire meglio il mio stato d'animo, con il vostro aiuto.

io credo che nonostante l'apparenza, questo sia invece un momento molto positivo... :icon_rolleyes:

ti stai mettendo in contatto con te stessa e stai scoprendo parti di te che fino ad ora avevi tenuto nascoste... :ola (4):

se le cose che fai non ti danno soddisfazione, probabilmente è perchè non sono quelle che realmente senti di fare... idem per i rapporti con le persone...

forse hai vissuto troppo razionalmente, seguendo delle linee ben definite, che ti hanno dato forza, ma che col tempo ti hanno allontanata dai tuoi veri sentimenti...

ora però qualcosa sta cambiando... bene! :smile:

ti stai ritrovando... la sofferenza non è una cosa da evitare a tutti i costi... io penso che sia molto importante che tu ti fermi ad ascoltarla e a rilfettere sul suo significato :Nerd:

credo anche che quello che cerchi negli altri in realtà lo stai cercando in te stessa... io vedo vicino a te molte persone che ti amano e che ti stimano.

mentre ho la sensazione che sia tu a scappare da tutto ciò che di te che non accetti e che non riesci ad amare... e quella parte di te si sente sola e abbandonata .... ma da s@ra :wink:

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La mia esperienza con la terapia è stata ed è positiva, per questo te l'ho proposta. Credo comunque si può campare ugualmente anche senza, il punto è che a volte sentiamo la nostra vita gravata da pesi che non vogliamo. Questi pesi sono i nostri molteplici modi di essere che vengono messi in un angolo dalla nostra mente sia consciamente che, incredibile ma vero, inconsciamente. Percorrere una strada che porti all'integrazione psicofisica è possibile a tutti, tuttavia poterselo concedere, accogliendo il punto di vista di una persona che ha studiato diverse metodi per aiutare a percorrerla, non è affatto scontato.

Ti consiglio un libro (a me lo ha consigliato il mio psico) "Il piccolo libro dell'ombra" di Bly.

Non ho mai pensato di seguire una terapia sinceramente, anche se probabilmente mi potrebbe aiutare.. Riguardo ai pesi spesso mi dico che tra qualche tempo, questi mi sembreranno problemi piccolissimi, almeno spero.. Oggi come oggi mi stanno pesando parecchio.. E se sono modi di essere spero solo di trovare la via di mezzo che mi faccia rimanere serena almeno per 3 giorni consecutivi.. Ti ringrazio per il consiglio sul libro, vedrò di cercarlo assolutamente..

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Non ho mai pensato di seguire una terapia sinceramente, anche se probabilmente mi potrebbe aiutare.. Riguardo ai pesi spesso mi dico che tra qualche tempo, questi mi sembreranno problemi piccolissimi, almeno spero.. Oggi come oggi mi stanno pesando parecchio.. E se sono modi di essere spero solo di trovare la via di mezzo che mi faccia rimanere serena almeno per 3 giorni consecutivi.. Ti ringrazio per il consiglio sul libro, vedrò di cercarlo assolutamente..

Buona fortuna per la ricerca, io ho sudato non poco per trovarlo....... :ola (4): curioso come a volte accadano cose che, non si sa come ne perchè :smile: , corrispondano con altre......

:icon_rolleyes:

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:Sick:

io credo che nonostante l'apparenza, questo sia invece un momento molto positivo... :icon_rolleyes:

ti stai mettendo in contatto con te stessa e stai scoprendo parti di te che fino ad ora avevi tenuto nascoste... :ola (4):

se le cose che fai non ti danno soddisfazione, probabilmente è perchè non sono quelle che realmente senti di fare... idem per i rapporti con le persone...

forse hai vissuto troppo razionalmente, seguendo delle linee ben definite, che ti hanno dato forza, ma che col tempo ti hanno allontanata dai tuoi veri sentimenti...

ora però qualcosa sta cambiando... bene! :smile:

ti stai ritrovando... la sofferenza non è una cosa da evitare a tutti i costi... io penso che sia molto importante che tu ti fermi ad ascoltarla e a rilfettere sul suo significato :Nerd:

credo anche che quello che cerchi negli altri in realtà lo stai cercando in te stessa... io vedo vicino a te molte persone che ti amano e che ti stimano.

mentre ho la sensazione che sia tu a scappare da tutto ciò che di te che non accetti e che non riesci ad amare... e quella parte di te si sente sola e abbandonata .... ma da s@ra :wink:

:ola:

ti meriti l'ola....brava.....

altro che diventare egoista....impara e continua a dare,,,,,diventerai ancora più grande di quello che già sei!

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io credo che nonostante l'apparenza, questo sia invece un momento molto positivo... :Four Leaf Clover:

ti stai mettendo in contatto con te stessa e stai scoprendo parti di te che fino ad ora avevi tenuto nascoste... :im Not Worthy:

se le cose che fai non ti danno soddisfazione, probabilmente è perchè non sono quelle che realmente senti di fare... idem per i rapporti con le persone...

forse hai vissuto troppo razionalmente, seguendo delle linee ben definite, che ti hanno dato forza, ma che col tempo ti hanno allontanata dai tuoi veri sentimenti...

ora però qualcosa sta cambiando... bene! :icon_biggrin:

ti stai ritrovando... la sofferenza non è una cosa da evitare a tutti i costi... io penso che sia molto importante che tu ti fermi ad ascoltarla e a rilfettere sul suo significato :carnevale

credo anche che quello che cerchi negli altri in realtà lo stai cercando in te stessa... io vedo vicino a te molte persone che ti amano e che ti stimano.

mentre ho la sensazione che sia tu a scappare da tutto ciò che di te che non accetti e che non riesci ad amare... e quella parte di te si sente sola e abbandonata .... ma da s@ra :woot_jump:

Questo tuo post, in effetti mi ha fatto molto pensare.. Sto pensando alle linee definite di cui parli, e probabilmente hai ragione..ho cercato di seguire un qualcosa, forse un etica morale che mi è stata inculcata fin da bambina. Le cose, per me, andavano fatte solo come intendevo io, e se così non era mi risultavano sbagliate..oppure mi dipingevano semplicemente come una debole. E questo ha fatto in modo che tutti i miei veri sentimenti, tutte le mie vere emozioni e tutto quello che c'era di tenero è finito messo da parte, lasciando spazio solo ad un grande vuoto.

Sto pensando molto anche al fatto che ci possa essere una S@ra che sta cercando di scappare dalle cose che non accetta e così ora mi ritrovo con due persone dentro me che assolutamente devono cercare di ricongiungersi e accettare i capricci e i difetti dell'altra S@ra.

Grazie dell'intervento.

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:Four Leaf Clover:

:im Not Worthy:

ti meriti l'ola....brava.....

altro che diventare egoista....impara e continua a dare,,,,,diventerai ancora più grande di quello che già sei!

L'ho sempre fatto mio, non cambierò mai questo lato del mio carattere.

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  • 2 weeks later...
Sto vivendo un momento di vero risentimento, non so nemmeno nei confronti di cosa.

Mi alzo la mattina e non capisco perchè mi alzo, per chi mi alzo e per cosa lo faccio.

Ho un lavoro stabile, che mi piace moltissimo e mi da molte soddisfazioni, ma oltre a questo sembra che tutto ultimamente mi si rigiri contro. Spesso e volentieri mi impegno nel fare le cose, ma poi mi rendo conto che non trovo appagamento in quello che faccio. Mi piacerebbe avere un motivo per cui lottare, ma sinceramente di motivi ultimamente ne vedo davvero pochi. O forse nessuno. Sto cercando di seguire quello che io stessa cerco di dirmi con questo atteggiamento, e sto incontrando il mio vero modo di essere. Nell'ultimo periodo ho trovato una persona molto fragile e molto bisognosa di affetto, e questo da una parte mi piace, ma dall'altra mi fa stare male. In passato ho sempre creduto di essere una persona tutta d'un pezzo, imbattibile, invincibile. Invece mi sono dovuta rendere conto che non è così. Sbattendo la testa in una maniera mai successa.

In più, la cosa che più mi uccide è che non mi sento amata, o perlomeno ho questa percezione. Di tutte le persone che mi circondano. Io amo con tutta me stessa fin dal primo momento, mi attacco alle persone in un modo "vitale", perchè per me l'affetto di un amico è importantissimo.. anche solo un abbraccio mi fa tremare. Non ho mai fatto mancare niente (o almeno credo) ai miei più cari amici, ma spesso mi sono sentita sola. Sola e abbandonata.

Ma poi, perchè tutti mi evitano? -.-

Non sono qui per avere una botta sulla spalla, credo che non la sentirei nemmeno. Vorrei solo cercare di capire meglio il mio stato d'animo, con il vostro aiuto.

E se fosse tutto un paradigma mentale......?

voglio dire....ti trovo lucida, sensata, coerente, positiva,............

l'amore è donazione e spesso non ha alcun ritorno.

L'amore non da gratitudine ...l'amore è donare.....

l'amicizia invece pur essendo interiore è anche una reciprocità ....un amico che non ha attenzioni è un amico egoista.....

Ti trovo così serena leggendoti.

ciao.

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E cioè? non ho capito

Voglio dire che dalla lettura dei tuoi scritti

mi appari molto più equlibrata di non quanto ti descrivi Tu....

ciao.

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Ognuno ha le sue idee...

per fortuna mi vien da dire

il problema però che le tue idee verso te stessa ti condizionano più della realtà.....vero?

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Ti posso portare un esempio?Conosco un'amica e,fin dall'inizio di questa frequentazione,noto la sua disponibilità (vera) nei confronti degli altri.Lei c'è sempre.Ma c'è un ma (e te la faccio breve,causa tempo lavorativo).In soldoni:lei dà perchè ha bisogno di dare,perchè il dare le riempie la vita.Lei dice di non aspettarsi niente in cambio dagli altri ma,forse,gli altri,dopo che hanno preso si sentono quasi in dovere di restituire e non riescono a ricambiare con la stessa intensità,ferendola.

Ripeto una frase letta in giro e spero di non ferirti:"per amare gli altri bisogna prima amare profondamente se stessi" il che non è così facile.

Ciao.

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