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Margherita76

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Contenuti inseriti da Margherita76

  1. Io sono convinta che non si possa cambiare tutto; anzi, penso che si posa cambiare ben poco, e non c'entra quanto tempo dura la terapia. La consapevolezza è decisamente inutile, perchè in termini di soffernza non cambia quasi nulla. Ma continuo ad illudermi che smettere di camminare senza saperne il motivo e smettere decidendo che non si vul più camminare siano due cose molto diverse. Io posso essere una che non cammina. Avrò problemi muscolari, col tempo, ma so che io sono così, che ho, per così dre, questo "handicap". La scommessa (che non so se vincerò) è smettere di prendere a calci il bastone e comprarne uno incredibilmente trendy da mostrare in giro.
  2. Un'altra cosa: stà attenta a non inetrpretare la realtà e te stessa in base ad uno schema teorico preconcetto che hai elaborato tu stessa. Se ti guardi intorno e dentro per cercare di verificare la tua ipotesi (che nasce da un sospetto di fallimento) ne torverai a bizzeffe di conferme. Ma solo del tuo teorema, non di come sei o di quale sia il punto al quale ti ha portato la terapia. Non farti trascinare dal tunnel del presunto fallimento: si autoalimenta molto velocemente...
  3. Nessun tentativo di convincimento. Sarebbe inutile e insensato. L'obiettivo è essere così tanto consapevoli da guardare in faccia le nostre paure, le nostre debolezze e ciò che non va e che, tuttavia, è talmente radicato che non cambierà, senza che qualcuno ci indori la pillola. Non siamo andate male ad un esame che potremo provare un'altra volta, ma siamo state bocciate all'esame con noi stesse. Non trovi che il tuo giudizio sia sempre il più feroce e, soprattutto, il più inappellabile? Ti riconosci in un certo modo, capsci che non ti paci o non vorresti essere qualla che sei e ti bocci, senza alcuna possibilità, senza alcuna pietà, senza nessun attenuante. Finito. La questione è irrisolvibile, quindi hai fallito. O hai capito qualcosa di te che potrebbe essere salvato se solo fossi più indulgente nei confronti di te stessa? Immagina una come te e immagina di doverla descrivere e giudicare: scommetti che saresti molto più generosa di come sei con te stessa? Sai, Judi, qualche giorno fa ero molto demoralizzata, perchè mi sentivo una condannata. Una condannata a rimanere me stessa, con tutti i miei enormi limti, a non poter mai "guarire" perchè la "malattia" sono io, ad avere sempre le stesse difficoltà perchè il modo di sentire non può essere modificato. Sto e sono stata molto male per questo, sentendomi un individuo inutile, insulso, perennemente sofferente, sempre in difficoltà. Ma poi mi sono detta: proviamo a prendercela tutta sulle spalle questa diversità, questo isolamento, queste paranoie, e proviamo a viverle. Senza stare a ripetersi che così non va, che non dovremmo, che non sarebbe opportuno, che non ci possiamo muovere perchè quello spazio là fuori è come se non fosse nostro. Ho provato a dirmi: "tenta di non nasconderti: falle irrompere queste tue difficoltà, per una volta senza sofferenza, ma con i denti stretti". Quindi, ho preso in mano il telefono, ho chiamato il mio psi e gli ho fatto un preambolo di qualche minuto in cui dicevo di sapere di non dimostrarmi una persona matura (perchè non lo sono), una che riesce ad aspettare il momento opportuno di agire [una che è ancora lontana da sistemare i propri problemi relazionali, una che ancora non ci sa andare, avanti, con le sue gambe; una che ha ancora bisogno del cordone ombelicale che, in questo momento, anche dopo un anno di terapia, conduce a lui]. Al termine della lunga premessa gli ho chiesto se fosse possibile che mi desse un suo recapito così da rimanere in contatto con lui (solo in caso di emergenza) dopo la sua partenza, per mia tranquillità psicologica. Lui ha sorriso (ho sentito l'aria di un sorriso soffiare nella cornetta) e, con voce gentile e gaia, mi ha detto: "certo, che problema c'è?". So che è una risposta autistica, ma volevo dire che penso che dovremmo tentare di non cadere nel possibile isolamento o nella non-azione perchè scontente di ciò che siamo. Siamo così e forse non "guariremo" mai: ma pensarci troppo e, soprattutto, pensare di essere "malate", ci farà ammalare anche di più (e questo è certo). Sono sicura che il tuo psi, che ti conosce molto meglio di chiunque, qui, non sarebbe così severo e mi sembra che nelle sue continue attestazioni di stima potresti anche desumere che non ti considera un caso disperato. Sei una donna e conosci le tue caratteristiche: limiti e pregi, con le conseguenti gratificazioni e mortificazioni derivanti dal riconoscerli. Insomma, volevo dire che io mi stavo torturando per la mia richiesta, dicendomi che stavo dimostrando di essere immatura, di avere bisogno di un punto di riferimento, di non saper vivere se non so che c'è qualcuno pronto ad accogliermi: a me stava salendo l'ansia sempre di più, perchè mi sentivo una fallita totale, ma lui mi ha accolto, così come sono (immatura etc.) con un sorriso. C'è almeno un individuo che mi sorride anche se sono così. E non penso che a te ne manchino... A me ha fatto un gran bene. Non so se ti sono stata utile...
  4. Eh Judi, quando finiranno i nostri sabati nascoste in casa dal mondo? Un bacio, buona domenica :)

  5. [Certo che ho un tempismo a sentirmi l'oggetto della più velata critica notevolissimo...]
  6. Ok. SONDAGGIO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
  7. Tra l'altro Lui è Giasone, ovvero "forte, potente"...
  8. Margherita76

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    “Mi manchi, Louise. Grandi quantità d’acqua non possono dissetare l’amore, né possono sommergerlo le inondazioni. Allora, cos’è che uccide l’amore? Soltanto la disattenzione. Non vederti quando mi stai davanti. Non pensare a te nelle piccole cose. Non spianarti la strada, non prepararti la tavola. Sceglierti per abitudine e non per desiderio, passare davanti al fioraio senza accorgermene. Dire il tuo nome senza ascoltarlo, dare per scontato che sia mio diritto pronunciarlo”. (Jeanette Winterson, Scritto sul corpo)
  9. Margherita76

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    Vorrei cambiare il titolo del topic, ma non so come fare. Mi piacerebbe che vi si potessero raccogliere brani, spunti e scritti che ci hanno colpito e che in qualche modo possano essere collegati alle nostre terapie, al modo in cui le abbiamo vissute o le viviamo: passi che possano raccontare come viviamo il nostro percorso. Bradelli di noi descritti da altri. Tanto per cominciare (ma mai per cambiare il tono della mia presenza qui) Giasone è lui: è così che descriverei il suo irrompere.
  10. Margherita76

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    “Quando arrivasti, Giasone, avrei potuto dirgli, eri un’ombra scura contro il cielo stellato, capitasti in un momento buono, dicesti la cosa giusta col tono giusto, facesti la cosa giusta nel modo giusto, mitigasti il mio dolore, che non conoscevi e che io credevo inestinguibile. Mi prendesti, come per scaldarli, i piedi tra le mani”. (Christa Wolf, Medea)
  11. Beh, te ne avrei dati di più, giudicando erroneamente dalle poche ma consapevoli cose che hai scritto. Io quasi 33 (manca meno di un mese...)

  12. Permettimi di ipotizzare che per te non sia così. L'assenza di delirio di onnipotenza è già una enorme garanzia :)) Sei ancora in terapia o stai meglio? E (scusa ma mi orienterei meglio nel rapportarmi a te) quanto anni hai? (anche questa è una domanda dalla risposta facoltativa, ovviamente)

  13. Su questo punto ho seri dubbi.... Grazie, cara
  14. Che dire: non si può non percepire un percorso molto intenso, alle tue spalle. Anche io, in una fase esaltante della terpia, pensai di volermi liberare della mia vita lavorativa, ancora precarissima e tanto difficilmente conquistata, per ricominciare iscrivendomi a medicina. L'attimo di follia è durato molto poco, per fortuna, anche perchè non avrei alcuna base teorica di riferimento (studio q

  15. Non è possibile incontrarsi
  16. scrivere contemporaneamente
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