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Efficacia della terapia psicologica? come valutarla?


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e se la soluzione invece fosse quella di smettere di pretendere la felicità?

nonostante sia cosa comune, andare in psicoterapia per essere felici è già una condanna al fallimento della stessa. cosi come se io devo andare dal medico perchè non voglio morire (mai); allo stato della medicina di oggi, non posso che rimanerne deluso e frustrato.

lo psicologo non lavora per rendere felici i pazienti, ma per porli nelle condizioni migliori per poterla trovare da soli sta felicità.

poi certo, ognuno è libero di provare a soddisfare e farsi soddisfare i propri bisogni da chiunque.

se mi è morto il padre e vado dal chiromante che mi ci fa parlare, mi posso pure definire felice, sono contento e lo pago ogni volta che ho di questo bisogno.

cosi come se non ho la partner e ho voglia di trombare vado sulla salaria e mi pago una o più prostitute.

e cosi via, fino ad arrivare alla psicoterapia. però non bisogna dimenticare, o peggio oscurare, il fatto che facendone una fatta bene, si potrebbe arrivare anche al punto dove per soddisfare certi bisogni, pagare non sia più necessario.

una volta avuto tutte le informazioni, son (o dovrebbero essere) scelte libere del paziente poi quelle riguardo la strada da (non) intraprendere :ola (4):

è una considerazione molto acuta. il mio timore iniziale, infatti, è che la terapia psicologica possa a lungo andare diventare più che una terapia un accanimento terapeutico, una forma di dipendenza senza la quale non si potrebbe camminare con le proprie gambe

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io sto solamente cercando di far capire, a te e a chi legge, che i modi per farlo ci sono. riconoscerli e accettarli poi è tutto un altro paio di maniche, che dipende, questo si, da persona a persona.

quali?

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sì, mi son sempre chiesto anch'io dov'è il confine fra pigrizia e depressione

se ti interessa, si può provare a individuarlo sto confine...

del tempo, dei parcheggi in centro, degli uccellini che cantano..

beh dai, alla fine mi sembrano un bel pò di argomenti di cui parlare, soprattutto per uno che dice di non avere nessun interesse o cose per farlo...

è una considerazione molto acuta. il mio timore iniziale, infatti, è che la terapia psicologica possa a lungo andare diventare più che una terapia un accanimento terapeutico, una forma di dipendenza senza la quale non si potrebbe camminare con le proprie gambe

una (breve) fase di dipendenza potrebbe anche essere funzionale, o addirittura necessaria per il buon esito della terapia. inoltre bisogna anche considerare il fatto che non tutte le malattie, ad oggi, sono curabili, e una terapia di sostegno psicologica è l'unica realizzabile per rendere e mantenere la migliore qualità della vita possibile.

quali?

tu come fai a riconoscere se la medicina che ti ha dato il dottore ha funzionato o cmq funziona?

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se ti interessa, si può provare a individuarlo sto confine...

?

beh dai, alla fine mi sembrano un bel pò di argomenti di cui parlare, soprattutto per uno che dice di non avere nessun interesse o cose per farlo...

non bisogna necessariamente essere interessati delle cose di cui si parla

una (breve) fase di dipendenza potrebbe anche essere funzionale, o addirittura necessaria per il buon esito della terapia. inoltre bisogna anche considerare il fatto che non tutte le malattie, ad oggi, sono curabili, e una terapia di sostegno psicologica è l'unica realizzabile per rendere e mantenere la migliore qualità della vita possibile.

in pratica una terapia a vita? non lo sapevo. ma a quali malattie ti riferisci di preciso?

tu come fai a riconoscere se la medicina che ti ha dato il dottore ha funzionato o cmq funziona?

la medicina produce degli effetti biologici facilmente misurabili sull'organismo; non credo sia altrettanto facile misurare gli effetti di una terapia sulla mente (ad esempio posso essere convinto di essere felice, mentre in realtà la mia felicità si basa su una visione distorta della realtà, che crollerà alla prima difficoltà)

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non lo so. come ho detto, penso che ci siano dei prerequisiti minimi, necessari e indispensabili per essere felici: sono le condizioni che ha messo in atto la natura (ma anche la società, nel caso dell'uomo) per attivare precisi centri nervosi che danno piacere (dai più primitivi: nutrirsi, dormire, riprodursi, ecc. ai più evoluti: sentirsi stimati dalla gente che si circonda, riuscire "a creare" qualcosa che dia soddisfazione, riuscire ad amare- anche non necessariamente delle persone).

il dolore, la depressione, sono i meccanismi (un meccanismo) che mette in atto il tuo organismo per dirti che hai fallito, che non puoi soddisfare gli obiettivi per cui sei stato creato, che insomma sei inutile.

Sono drammaticamente d'accordo con te su questo. Vado anche oltre: se non posso nutrirmi o dormire probabilmente campero' molto

poco e quindi fine del discorso, il peggio e' quando si soffre per la mancanza di cose che non portano alla morte prematura, ma

costringono a vivere a lungo con tali torturanti mancanze. La mancanza d'amore e' la peggiore direi. Soprattutto se subita in

una eta' in cui non si hanno i mezzi per riconoscere il malessere che ne deriva e difendersene.

Io non so dirti se dietro a queste esperienze (che purtroppo sono piuttosto comuni) ci sia un disegno divino, il karma, un diavoletto

burlone, il caso o il destino, pero' so che lasciano segni indelebili e per quanto ognuno reagisca in maniera diversa, non ho mai

visto uscire fuori persone equilibrate e positive da situazioni familiari affettivamenti deprivanti. Anche perche' tali esperienze

guarda caso tendono poi a ripetersi durante tutto il corso della vita.

Quello che ho potuto osservare pero' e' che ci sono anche coloro che ad un certo punto della vita

stendono un pietoso velo sulla loro affettivita' malata e si dedicano a realizzare se stessi in altri campi

per esempio nel lavoro, nello sport o in qualche hobby particolarmente gratificante. Questo e' un po' quello che volevo dire

affermando che forse con una terapia anche una persona con problemi puo' riuscire pian pianino a rattoppare alla bell'e meglio

la sua psiche ferita e sanguinante e trovare modi alternativi per trascorrere una esistenza dignitosa.

Partendo dal tuo esempio, se uno ha voglia di sesso (e se il Creatore gli ha fatto gli organi sessuali maturi e funzionanti

e' molto probabile che questo avvenga), e' ovvio che senza sesso soffra assai, e quindi puo' reagire in due modi: o cercarsi

un partner con cui appagare le proprie esigenze o trovare una attivita' che assorba le sue energie in esubero (sport? superlavoro?)

Quello che viene naturale fare e' ovviamente cercarsi un partner. Ma ammettiamo che siamo persone psichicamente malate... la

ricerca di un partner ci portera' sicuramente nuovi problemi... quindi forse sarebbe stato meglio scegliere la seconda opzione

anche se piu' difficile e meno allettante. Allora io dico: se uno e' consapevole dei propri limiti, magari puo' organizzarsi

da subito la vita in modo tale da non dover almeno aggiungere dolore al dolore. E una terapia sicuramente rende consapevoli dei

propri limiti, oltre che dei propri punti di forza. Certo non e' bello incontrare i propri limiti, ci vuole un gran coraggio, e bisogna essere disposti a soffrire anche molto, pero' poi una volta che si e' accettato il fatto che "Lei non ha un complesso

di inferiorita', lei E' INFERIORE!" forse si puo' fare di questa presunta inferiorita' il punto di partenza da cui riorganizzarsi un'esistenza dignitosa. Diversa da quella che ci si era immaginati, ma dignitosa. Chi l'ha detto che nella vita bisogna avere sempre

tutto? C'e chi nasce povero e chi ricco, chi sano e chi malato, ad un certo punto bisognera' pur ridimensionarsi e dire, ok, la

vita mi ha privato della possibilita' di soddisfare i miei bisogni primari, sono incavolato nero e so che non potro' mai essere

sereno al 100%, pero' qui sono e qui devo restare per molto tempo, quindi vediamo di organizzarci sfruttando al meglio quello

che si ha. Che poi magari nel frattempo si riescono anche a riparare le proprie ferite interiori, e allora tanto meglio,

ma per fare questo ci vuole tanto tempo...

Vabbhe'... scusa la lungaggine... ma mi e' partito il discorso da solo, e rileggendomi mi pare anche che vada in controtendenza

rispetto a quello che ho affermato sin'ora... mah...

oggi non sono neanche andato al lavoro.

Lavoro? Ti credevo uno studente. Ma allora, se lavori, cosa aspetti ad andartene a vivere per conto tuo? Hai idea di quanto

potesti stare meglio da solo piuttosto che in compagnia di persone che evidentemente hanno loro stesse un sacco di problemi???

grazie per il sostegno morale, comunque.

prego, spero solo di non farti aumentare la depressione ancora di piu'...

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Perché lo "strumento" terapeutico (se così si vuole chiamare) non é il "sapere" ma la "persona" del terapeuta. Vero e proprio strumento tecnico.

Questa affermazione mi trova pienamente d'accordo. Questo e' un campo in cui il fattore umano fa' davvero

la differenza.

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e che cosa intendi tu per fisico? e per psicologico?

Fisico: Il fisioterapista che mi raddrizza le ossa, la sostanza chimica che introduco nel mio corpo.

Psicologico: tante chiacchiere che mi stimolano nuovi pensieri, emozioni intense.

ovviamente non si sta discutendo sull'efficacia o meno della TUA terapia, quindi non cè bisogno che ti attivi per difenderla; si sta parlando dell'efficacia della psicoterapia in generale, e di come identificarla e misurarla. io sto solamente cercando di far capire, a te e a chi legge, che i modi per farlo ci sono. riconoscerli e accettarli poi è tutto un altro paio di maniche, che dipende, questo si, da persona a persona.

Si, formulato cosi' il discorso mi torna.

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e se la soluzione invece fosse quella di smettere di pretendere la felicità?

Caspita, questo e' il senso del mio intervento di prima... uhm hum

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Anch'io credo che sia troppo semplicistico ridurre ad un cambiamento di credenza. Non ci dimentichiamo che per operare un tale cambiamento occorre una mutazione notevole dell'organizzazione della propria personalità che possa accogliere un pensiero nuovo, se non a 180 gradi.

Ho letto, nei post indietro, un commento interessante di afri riguardo al rapporto terapeutico. Molto spesso si dimentica che ci si sceglie in due: non è soltanto il paziente a valutare se si trova più o meno bene con un terapeuta, ma anche l'opposto. Uno psicoterapeuta che si conosca bene (preferibilmente con più di un'analisi alle spalle o in corso e coadiuvato da supervisione) può riuscire a riconoscere i suoi limiti d'intervento a seconda delle problematiche del paziente. Perché lo "strumento" terapeutico (se così si vuole chiamare) non é il "sapere" (gli studi, la specializzazione) e neanche "la" psicologia con i suoi dati empirici, scientifici, statistici e quant'altro (fosse così ci si potrebbe curare leggendo un libro di psicodinamica oppure seguendo un interi corso universitario....magari....eppure fuori di testa ci son fior fiori di laureati ;-)), ma la "persona" del terapeuta. Vero e proprio strumento tecnico.

E nel caso che da parte del terapeuta non vi fosse affinità? Cioè magari al paziente quel dato terapeuta piace pure, ma se la cosa non fosse reciproca? (anche se probabilmente questo "muro" si potrebbe percepire, a malincuore...)

Il terapeuta si tiene lo stesso quel paziente col rischio di non farlo sentire accettato oppure come si procede?

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Allora io dico: se uno e' consapevole dei propri limiti, magari puo' organizzarsi da subito la vita in modo tale da non dover almeno aggiungere dolore al dolore. E una terapia sicuramente rende consapevoli dei propri limiti, oltre che dei propri punti di forza. Certo non e' bello incontrare i propri limiti, ci vuole un gran coraggio, e bisogna essere disposti a soffrire anche molto, pero' poi una volta che si e' accettato il fatto che "Lei non ha un complesso di inferiorita', lei E' INFERIORE!" forse si puo' fare di questa presunta inferiorita' il punto di partenza da cui riorganizzarsi un'esistenza dignitosa. Diversa da quella che ci si era immaginati, ma dignitosa. Chi l'ha detto che nella vita bisogna avere sempre tutto? C'e chi nasce povero e chi ricco, chi sano e chi malato, ad un certo punto bisognera' pur ridimensionarsi e dire, ok, la vita mi ha privato della possibilita' di soddisfare i miei bisogni primari, sono incavolato nero e so che non potro' mai essere sereno al 100%, pero' qui sono e qui devo restare per molto tempo, quindi vediamo di organizzarci sfruttando al meglio quello che si ha. Che poi magari nel frattempo si riescono anche a riparare le proprie ferite interiori, e allora tanto meglio, ma per fare questo ci vuole tanto tempo...

La dignità, appunto: come ho detto, le possibilità di autorealizzazione non sono infinite, e quando le fallisci tutte alla fine è una questione di disonestà intellettuale sperare che le cose cambino (es. prego Dio che è tanto buono perchè mi faccia star meglio, spero di vincere al superenalotto, spero di trovare il grande Amore che mi salvi ecc.)

Lavoro? Ti credevo uno studente. Ma allora, se lavori, cosa aspetti ad andartene a vivere per conto tuo? Hai idea di quanto potresti stare meglio da solo piuttosto che in compagnia di persone che evidentemente hanno loro stesse un sacco di problemi???

purtroppo è un lavoro 'aggratis

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un buon approccio sarebbe quello di chiedere ad amici o al medico di base a chi rivolgersi, ma questa- per motivi che non mi dilungo a spiegare- è una soluzione che non posso adottare;

sai che invece questa è un ottima idea? perchè non puoi? il tuo medico di base è tenuto alla riservatezza nel caso tu parlassi di questo con lui.

col mio psi una volta si parlava della predisposizione al suo lavoro, gli raccontavo di una neolaureata che conosco e che non mi sembra per niente predisposta, e lui mi diceva che la selezione la fanno i pazienti, che tanti fanno la scuola di psicoterapia, affittano una stanza, mettono la targhetta fuori dallo studio, ma se non ci sono le capacità durano molto poco... mi disse che la sua carriera come psicoterapeuta ingranò grazie ai medici di base della sua città, che constatando i miglioramenti nei suoi pazienti, iniziarono a inviargli persone.

ora continuo a leggere...

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sai che invece questa è un ottima idea? perchè non puoi? il tuo medico di base è tenuto alla riservatezza nel caso tu parlassi di questo con lui.

col mio psi una volta si parlava della predisposizione al suo lavoro, gli raccontavo di una neolaureata che conosco e che non mi sembra per niente predisposta, e lui mi diceva che la selezione la fanno i pazienti, che tanti fanno la scuola di psicoterapia, affittano una stanza, mettono la targhetta fuori dallo studio, ma se non ci sono le capacità durano molto poco... mi disse che la sua carriera come psicoterapeuta ingranò grazie ai medici di base della sua città, che constatando i miglioramenti nei suoi pazienti, iniziarono a inviargli persone.

ora continuo a leggere...

perchè il mio medico di base è amico di famiglia (di mio padre soprattutto) nonchè padre di un mio compagno di corso

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cambiare medico? :pardon:

comunque se ne parlasse violerebbe l'obbligo alla riservatezza, potresti ricordarglielo, sa che non gli conviene, farebbe una cosa contro la legge e sarebbe passibile di denuncia.

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cambiare medico? :pardon:

comunque se ne parlasse violerebbe l'obbligo alla riservatezza, potresti ricordarglielo, sa che non gli conviene, farebbe una cosa contro la legge e sarebbe passibile di denuncia.

dovrei andare all'ASL per cambiarlo, e a lui arriverebbe una lettera a casa.

e poi, obbligo o no, mi sentirei molto in imbarazzo a parlarne con lui.

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ho capito, ho capito...

ti posso dire, perchè ci sono passata, che tu ingigantisci molto il peso e il significato di questa cosa. un medico di base, proprio per il proprio lavoro sa benissimo che ci sono tante persone che hanno difficoltà psicologiche più o meno gravi. non è per lui una rivelazione, ne un fatto raro, strano.

non c'è niente di disdicevole a dire "sto attraversando un periodo di difficoltà, sa consigliarmi uno psicologo competente?"

niente per cui provare vergogna o imbarazzo. io credo che un medico di base sia più accogliente su questi temi, di tanta altra gente.

poi anch'io non vado in giro a dire di fare psicoterapia, ma in questo mio silenzio ci sono più questioni personali che altro, perchè poi incontro altre persone che ne parlano con serenità e mi dico "ma vedi che stupida io? cosa c'è da nascondere?"

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ho capito, ho capito...

ti posso dire, perchè ci sono passata, che tu ingigantisci molto il peso e il significato di questa cosa. un medico di base, proprio per il proprio lavoro sa benissimo che ci sono tante persone che hanno difficoltà psicologiche più o meno gravi. non è per lui una rivelazione, ne un fatto raro, strano.

non c'è niente di disdicevole a dire "sto attraversando un periodo di difficoltà, sa consigliarmi uno psicologo competente?"

niente per cui provare vergogna o imbarazzo. io credo che un medico di base sia più accogliente su questi temi, di tanta altra gente.

poi anch'io non vado in giro a dire di fare psicoterapia, ma in questo mio silenzio ci sono più questioni personali che altro, perchè poi incontro altre persone che ne parlano con serenità e mi dico "ma vedi che stupida io? cosa c'è da nascondere?"

sì, ma con questo medico di base c'è un forte conflitto di interessi, visto che lo conosco anche al di fuori della professione, tramite il figlio e mio padre.

e poi sì, è molto disdicevole perchè anche tra i medici, di base e non, anche se non lo si dice apertamente, c'è il pregiudizio di sottofondo che dagli psicologi ci vada solo gente debole e disperata che è alla frutta (se non dei veri e propri pazzi).

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ma non è vero quello che dici tu!!! che i medici di base abbiano questo pregiudizio! da dove trai questa convinzione? :o:

e il conflitto di interessi dov'è? ascolta stivisso, se la pensi così, cambia medico IMMEDIATAMENTE! perchè se domani tu dovessi avere un problema di salute che vuoi tenere per te, chessò perchè non vuoi far preoccupare tuo padre, oppure perchè è imbarazzante, per es. problemi di erezione, non perchè penso tu ne possa mai soffrire, ma perchè immagino sia un problema che non vorresti che un tuo compagno di corso possa sapere... e allora che fai, non ne parli col tuo medico, perchè lui lo potrebbe dire al figlio???

no, no che non glielo può dire, è illegale. illegale, hai capito?

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ma non è vero quello che dici tu!!! che i medici di base abbiano questo pregiudizio! da dove trai questa convinzione? :o:

e il conflitto di interessi dov'è? ascolta stivisso, se la pensi così, cambia medico IMMEDIATAMENTE! perchè se domani tu dovessi avere un problema di salute che vuoi tenere per te, chessò perchè non vuoi far preoccupare tuo padre, oppure perchè è imbarazzante, per es. problemi di erezione, non perchè penso tu ne possa mai soffrire, ma perchè immagino sia un problema che non vorresti che un tuo compagno di corso possa sapere... e allora che fai, non ne parli col tuo medico, perchè lui lo potrebbe dire al figlio???

no, no che non glielo può dire, è illegale. illegale, hai capito?

mio padre è un medico, e io lavoro in un ospedale come interno. e ogni volta che c'è un paziente che ha un qualche problema psicologico grave, ti assicuro che la convinzione di fondo tra i medici sia questa (se ne parla sempre scherzandoci su, o parlandone a bassa voce, o scuotendo la testa, neanche si trattasse di un cancro).

e per l'obbligo di riservatezza, beh..fra amici ci si dice tutto, e quando non si può se lo lascia intendere, no? mi è già successo.

comunque sì, pensavo di cambiarlo, devo solo pensare che scusa adottare..non è mica semplice, perchè poi è una cosa che si verrà a sapere in casa..

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e glielo dici, che tu come adulto vuoi la tua privacy per quanto riguarda le tue questioni di salute.

è sacrosanto!

sul fatto che i medici la pensino così... abbiam capito la mentalità di tuo padre, ma sei così sicuro che la mentalità diffusa tra i medici sia questa? quanti medici hai effettivamente visto comportarsi così? non è che si tratta sempre dei soliti, tuo padre compreso?

no, perchè proprio tra gente che lavora con la sofferenza, ci rimarrei davvero male a scoprire una cosa del genere! ci rimarrei male per loro, intendo! al giorno d'oggi semmai c'è una maggiore sensibilità su quanto malati gravi avrebbero bisogno di supporto psicologico, poi purtroppo per motivi economici questa cosa non si può concretizzare, ma io non sento questo clima negativo che senti tu.

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e glielo dici, che tu come adulto vuoi la tua privacy per quanto riguarda le tue questioni di salute.

è sacrosanto!

sul fatto che i medici la pensino così... abbiam capito la mentalità di tuo padre, ma sei così sicuro che la mentalità diffusa tra i medici sia questa? quanti medici hai effettivamente visto comportarsi così? non è che si tratta sempre dei soliti, tuo padre compreso?

no, perchè proprio tra gente che lavora con la sofferenza, ci rimarrei davvero male a scoprire una cosa del genere! ci rimarrei male per loro, intendo! al giorno d'oggi semmai c'è una maggiore sensibilità su quanto malati gravi avrebbero bisogno di supporto psicologico, poi purtroppo per motivi economici questa cosa non si può concretizzare, ma io non sento questo clima negativo che senti tu.

mettiamola così: se il figlio di un tuo caro amico venisse da te dicendoti che ha una grave malattia tu, pur dovendo mantenere il tuo segreto professionale, credi che riusciresti a comportarti in maniera disinvolta parlando con lui?

è più facile cambiare medico.

ho girato quasi tutti i reparti del mio ospedale e più o meno la mentalità è così ovunque, soprattutto nei reparti più gettonati (dove i medici si sentono come se fossero inviati dal Signore, e pur essendo molto in gamba tecnicamente hanno un ego smisurato e una scarsissima empatia nei confronti altrui); poi certo, magari la mia capacità di giudizio potrebbe essere compromessa, e sono paranoico.

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ma anche fosse come dici tu... fondamentalmente a te cosa frega di quello che pensano i medici?

a me nulla... anche perchè so che non tutti i medici la pensano così.

sull'esempio che fai... insomma, non c'è bisogno che tu dichiari al tuo medico di soffrire di una "grave malattia psicologica", gli puoi semplicemente dire che hai un periodo di confusione, che senti che parlare con uno psi ti potrebbe chiarire le idee, e che conti sulla sua discrezione e correttezza professionale.

non devi entrare nel dettaglio dei tuoi problemi con lui...

oppure se ti sembra impossibile cambialo.

ma se non fai questi passi la sensazione è che tu stia cercando delle scuse (inconsce!!!) per non intraprendere questo percorso. e non ti dico nemmeno di forzarti... forse non sei pronto. ti porto il mio esempio, io feci col mio psi alcune sedute, ma in quel momento "non ero pronta", praticamente fuggii dalla terapia, giustificandomi con le difficoltà economiche, forse non glielo dissi nemmeno di persona,non ricordo... sono tornata da lui 4 anni dopo. i problemi che non volevo affrontare ormai erano ingestibili e dentro di me ho preso finalmente la decisione di affrontarli. prima non ero pronta! certo mi spiace aver sprecato quei 4 anni... te lo racconto per dirti che lo posso capire, se non sei pronto!

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e glielo dici, che tu come adulto vuoi la tua privacy per quanto riguarda le tue questioni di salute.

è sacrosanto!

sul fatto che i medici la pensino così... abbiam capito la mentalità di tuo padre, ma sei così sicuro che la mentalità diffusa tra i medici sia questa? quanti medici hai effettivamente visto comportarsi così? non è che si tratta sempre dei soliti, tuo padre compreso?

no, perchè proprio tra gente che lavora con la sofferenza, ci rimarrei davvero male a scoprire una cosa del genere! ci rimarrei male per loro, intendo! al giorno d'oggi semmai c'è una maggiore sensibilità su quanto malati gravi avrebbero bisogno di supporto psicologico, poi purtroppo per motivi economici questa cosa non si può concretizzare, ma io non sento questo clima negativo che senti tu.

Ma guarda Juditta ho sentito le stesse storie raccontate da amici che lavorano nel campo, quindi non credo si tratti della paranoia di Stivisso

ma di una realta' piu' diffusa di quanto si creda. Forse lo stare a contatto con la sofferenza giorno per giorno rende cinici... non so che dire e

non voglio generalizzare, pero' ecco credo che in alcuni casi possa davvero essere cosi'.

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ma anche fosse come dici tu... fondamentalmente a te cosa frega di quello che pensano i medici?

a me nulla... anche perchè so che non tutti i medici la pensano così.

sull'esempio che fai... insomma, non c'è bisogno che tu dichiari al tuo medico di soffrire di una "grave malattia psicologica", gli puoi semplicemente dire che hai un periodo di confusione, che senti che parlare con uno psi ti potrebbe chiarire le idee, e che conti sulla sua discrezione e correttezza professionale.

non devi entrare nel dettaglio dei tuoi problemi con lui...

oppure se ti sembra impossibile cambialo.

ma se non fai questi passi la sensazione è che tu stia cercando delle scuse (inconsce!!!) per non intraprendere questo percorso. e non ti dico nemmeno di forzarti... forse non sei pronto. ti porto il mio esempio, io feci col mio psi alcune sedute, ma in quel momento "non ero pronta", praticamente fuggii dalla terapia, giustificandomi con le difficoltà economiche, forse non glielo dissi nemmeno di persona,non ricordo... sono tornata da lui 4 anni dopo. i problemi che non volevo affrontare ormai erano ingestibili e dentro di me ho preso finalmente la decisione di affrontarli. prima non ero pronta! certo mi spiace aver sprecato quei 4 anni... te lo racconto per dirti che lo posso capire, se non sei pronto!

ci mancavano anche i blocchi inconsci. allora son proprio fottuto..:-)

ma per curiosità, anche tu dietro non avevi nessuno che si rendesse conto di quanto stessi male in quei quattro anni?

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mi sa di no. beh ero già abbastanza grande (ma non so quanti abbia tu), e per la situazione in cui mi trovavo, i miei problemi erano oscurati dagli enormi problemi di chi mi stava accanto. oppure se ne accorgevano e non sapevano come intervenire. i miei genitori, nella loro fragilità, non si sono mai accorti, o non hanno mai saputo intervenire... non per cattiveria, eh! ma proprio perchè non avevano gli strumenti.

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mi sa di no. beh ero già abbastanza grande (ma non so quanti abbia tu), e per la situazione in cui mi trovavo, i miei problemi erano oscurati dagli enormi problemi di chi mi stava accanto. oppure se ne accorgevano e non sapevano come intervenire. i miei genitori, nella loro fragilità, non si sono mai accorti, o non hanno mai saputo intervenire... non per cattiveria, eh! ma proprio perchè non avevano gli strumenti.

sono vecchio anch'io (ma solo anagraficamente).

ma tu avevi problemi di depressione? complimenti per la forza che hai dimostrato per esser riuscita ad affrontare tutto da sola..ma adesso sei "guarita"? quanto tempo fa avevi iniziato la terapia? come mai hai 20000 (!) messaggi al tuo attivo? :-)

grazie per l'aiuto cmq

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