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Efficacia della terapia psicologica? come valutarla?


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ma per curiosità, anche tu dietro non avevi nessuno che si rendesse conto di quanto stessi male in quei quattro anni?

Santo cielo Stivisso, con una madre psicopatica e un padre narciso, ma chi dovrebbe accorgersene secondo te che

hai dei problemi?? Stivisso sei solo, e sei talmente messo male che non riesci neanche a trascinarti da uno psicologo.

Devi trovarne uno che ti rifaccia la pelle da capo, e dai, chiedi a tuo padre piu' soldi per la benzina e pagaci il primo

terapeuta di cui trovi l'indirizzo sull'elenco del telefono, e dai, fallo per te!

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Santo cielo Stivisso, con una madre psicopatica e un padre narciso, ma chi dovrebbe accorgersene secondo te che hai dei problemi?

ti sbagli afri, mio padre non è narcisista, anzi è molto umile e dimesso, il problema è che è debole, frustrato e pieno di sensi di colpa. credo sia per questo che lavori come un pazzo (a volte dorme perfino sulle brandine dell'ospedale pur di non tornare a casa), perchè non vuole affrontare i problemi veri e sentirsi realizzato almeno al lavoro

Stivisso sei solo, e sei talmente messo male che non riesci neanche a trascinarti da uno psicologo.

Devi trovarne uno che ti rifaccia la pelle da capo, e dai, chiedi a tuo padre piu' soldi per la benzina e pagaci il primo terapeuta di cui trovi l'indirizzo sull'elenco del telefono, e dai, fallo per te!

vado in bici.

non lo so..e pensare che fino a qualche mese fa non dico che fossi felice, però avevo raggiunto una sorta di equilibrio placido che mi permetteva di dare i miei esami, lavorare in ospedale, ignorare le follie di mia madre e le critiche di mio padre, tenermi in forma fisica perfetta, uscire con "amici" ogni tanto, insomma essere più o meno in pace con me stesso e andare avanti (anche se ogni tanto avevo dei momenti bui), anche senza uno scopo nella vita..

..poi ho incontrato questa tizia messa ancora peggio di me (anche se non si trattava di depressione nel suo caso) ed è crollato tutto: pur rendendomi conto col senno di poi che fosse pazza sia lei che la sua famiglia, e che fosse tutto un'illusione che non poteva durare, il confronto tra quello che ho provato in quei pochi mesi (soprattutto tra la mia famiglia e la sua: anche se era basata su un amore asfissiante, ipocrita e gelosissimo, lei aveva pur sempre qualcuno su cui contare e che si occupava di lei) e quello che provo ora non regge.

mi sembra di non aver costruito nulla in tutta la mia vita e di non aver le capacità per costruire qualcosa, o magari di averle ma è troppo tardi

..non ricordo più dove volevo andare a parare. beh, fa niente. scusate lo sfogo

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sono vecchio anch'io (ma solo anagraficamente).

ma tu avevi problemi di depressione? complimenti per la forza che hai dimostrato per esser riuscita ad affrontare tutto da sola..ma adesso sei "guarita"? quanto tempo fa avevi iniziato la terapia? come mai hai 20000 (!) messaggi al tuo attivo? :-)

grazie per l'aiuto cmq

ahahah :LMAO: ti stai preoccupando? :LMAO:

con calma poi rispondo... sono iscritta da un po' di anni, e la buona parte dei messaggi che ho scritto sono nei topic dei giochi o di cazzeggio :D:

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Allora io dico: se uno e' consapevole dei propri limiti, magari puo' organizzarsi

da subito la vita in modo tale da non dover almeno aggiungere dolore al dolore. E una terapia sicuramente rende consapevoli dei

propri limiti, oltre che dei propri punti di forza. Certo non e' bello incontrare i propri limiti, ci vuole un gran coraggio, e bisogna essere disposti a soffrire anche molto, pero' poi una volta che si e' accettato il fatto che "Lei non ha un complesso

di inferiorita', lei E' INFERIORE!" forse si puo' fare di questa presunta inferiorita' il punto di partenza da cui riorganizzarsi un'esistenza dignitosa. Diversa da quella che ci si era immaginati, ma dignitosa. Chi l'ha detto che nella vita bisogna avere sempre

tutto? C'e chi nasce povero e chi ricco, chi sano e chi malato, ad un certo punto bisognera' pur ridimensionarsi e dire, ok, la

vita mi ha privato della possibilita' di soddisfare i miei bisogni primari, sono incavolato nero e so che non potro' mai essere

sereno al 100%, pero' qui sono e qui devo restare per molto tempo, quindi vediamo di organizzarci sfruttando al meglio quello

che si ha. Che poi magari nel frattempo si riescono anche a riparare le proprie ferite interiori, e allora tanto meglio,

ma per fare questo ci vuole tanto tempo...

Giusto poco fa ho discusso (animatamente) con mia madre proprio su questo fatto dei limiti. Premesso il fatto che il suo modo di parlare mi ha ricordato quello della psicologa da cui andavo (e la cosa *non* mi ha fatto disporre volentieri all'ascolto...) mi chiedo e vi chiedo: ma nel concreto, cosa significa accettare i propri limiti? Poniamo che uno è obiettivamente fatto male, e allora che deve fare? Si deve rassegnare? A me non entusiasma mica tanto un'ipotesi del genere!

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in pratica una terapia a vita? non lo sapevo. ma a quali malattie ti riferisci di preciso?

e perchè, in medicina non esistono terapie a vita? (es. hiv, tumori vari, epatiti, anche quella per l'allergia volendo, ecc).

è sempre curioso il fatto di come nonostante si rimanga scettici verso l'efficacia della psicoterapia, si tende ad attribuirgli poteri magici (dovrebbe curare tutte le malattie, all'istante per giunta). ma in fondo, credo che le due cose siano collegate e si alimentano a vicenda.

cmq per rispondere alla tua domanda, le terapie di sostegno (potenzialmente a vita), possono essere quelle dei disturbi gravi di personalità, casi particolari di depressione maggiore (es. ciclotimia, dist.bipolare), schizofrenia e psicosi varie e cosi via; per la maggior parte di queste poi vi è abbinato anche il trattamento farmacologico.

le terapie "non a vita" invece, sono quelle sintomatologiche, tipo fobie specifiche, attacchi di panico, disturbi dell'alimentazione, disturbi sessuali ecc.

in ogni caso, sulla sua lunghezza ed efficacia incidono anche altri fattori, biologico/individuali del paziente (per questo si usano farmaci), e relazionali/sociali, in quanto anche se uno deve imparare, e impara, a cammina sulle sue gambe, come dicevi, se vive in un ambiente di miedda per dire, continuera a scivolare e cadere (metaforicamente parlando), e per uscirne gli ci vorrà un pò di più di quello che magari vive nel mulino bianco.

la medicina produce degli effetti biologici facilmente misurabili sull'organismo; non credo sia altrettanto facile misurare gli effetti di una terapia sulla mente (ad esempio posso essere convinto di essere felice, mentre in realtà la mia felicità si basa su una visione distorta della realtà, che crollerà alla prima difficoltà)

ma quindi tu a casa hai tutti gli strumenti per misurare gli effetti indotti dai farmaci nel tuo organismo? tipo, ogni volta che ne prendi uno, anche no sciroppo o una caramella per la gola, ti fai le analisi, le risonanze le tac ecc? non ho ben chiaro questo passaggio... :Thinking:

riguardo il tuo esempio sulla felicità, sta tranquillo che se tu sei convinto di essere felice, nel tuo cervello circolano le stesse sostanze e nelle stesse quantità di quando lo sei veramente, o magari sotto l'effetto di droghe o farmaci,e quindi, di fatto, lo sei.

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Fisico: Il fisioterapista che mi raddrizza le ossa, la sostanza chimica che introduco nel mio corpo.

Psicologico: tante chiacchiere che mi stimolano nuovi pensieri, emozioni intense.

e i pensieri di cosa sono fatti? anzi no, più semplice, le emozioni, come credi di riuscire a provarle? come te ne accorgi?

post addietro un altra utente ha scritto di aver vomitato dopo la seduta, e a meno che quando l'ha fatta gli hanno infilato le dita in gola o fatto ingoiare solvente, come è possibile che sia potuto succedere in una psicoterapia senza niente di "fisico" (nel modo che lo vuoi intendere tu)? :Confused:

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Il terapeuta si tiene lo stesso quel paziente col rischio di non farlo sentire accettato oppure come si procede?

se il terapeuta tiene più ai soldi che alla salute dei suoi pazienti, in questi casi non li manda (chiamalo fesso :Just Kidding:) , altrimenti li invia a colleghi vari ed eventuali.

il tuo terapeuta ti ha detto che non si trova bene con te e gli stai sulle balle? oppure è quello che pensi tu?

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poi anch'io non vado in giro a dire di fare psicoterapia, ma in questo mio silenzio ci sono più questioni personali che altro, perchè poi incontro altre persone che ne parlano con serenità e mi dico "ma vedi che stupida io? cosa c'è da nascondere?"

io ormai ho perso il conto delle volte che mi sono messo a origliare ( :Big Grin: ) le conversazioni di gente che sul treno racconta delle sue sedute "ah lo psico mha detto questo", "oggi sono contenta vado/so stata dallo psico", "vai dallo psico che a me è servito tantissimo per questo!" ecc ecc. addirittura se ne vantano pure :Just Kidding:

qui a Roma credo sia diverso più per questioni culturali che di mancanza di informazioni... tipo mi ricordo un aneddoto di una mia ex collega di tirocinio, napoletana, che dopo la laurea avev fatto i classici bigliettini da visita e li aveva distribuiti a parenti e amici, che naturalmente li rifiutavano o li nascondevano, e c'era uno in particolare diceva che non lo voleva tenere nel portaforgli perchè se glielo fregavano poi i ladri pensavano che questo andava dallo psico e ci faceva una figura di miedda :eek:

eh vabbuò :He He:

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vado in bici.

non lo so..e pensare che fino a qualche mese fa non dico che fossi felice, però avevo raggiunto una sorta di equilibrio placido che mi permetteva di dare i miei esami, lavorare in ospedale, ignorare le follie di mia madre e le critiche di mio padre, tenermi in forma fisica perfetta, uscire con "amici" ogni tanto, insomma essere più o meno in pace con me stesso e andare avanti (anche se ogni tanto avevo dei momenti bui), anche senza uno scopo nella vita..

..poi ho incontrato questa tizia messa ancora peggio di me (anche se non si trattava di depressione nel suo caso) ed è crollato tutto: pur rendendomi conto col senno di poi che fosse pazza sia lei che la sua famiglia, e che fosse tutto un'illusione che non poteva durare, il confronto tra quello che ho provato in quei pochi mesi (soprattutto tra la mia famiglia e la sua: anche se era basata su un amore asfissiante, ipocrita e gelosissimo, lei aveva pur sempre qualcuno su cui contare e che si occupava di lei) e quello che provo ora non regge.

mi sembra di non aver costruito nulla in tutta la mia vita e di non aver le capacità per costruire qualcosa, o magari di averle ma è troppo tardi

..non ricordo più dove volevo andare a parare. beh, fa niente. scusate lo sfogo

vedi che di cose di cui parlare ce ne hai eccome? :;):

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e i pensieri di cosa sono fatti? anzi no, più semplice, le emozioni, come credi di riuscire a provarle? come te ne accorgi?

Di legno? Di gas metano? Non saprei... se mi spedisci uno dei tuoi pensieri e qualche emozione in un

barattolo li porto ad analizzare e poi te lo faccio sapere. :B):

post addietro un altra utente ha scritto di aver vomitato dopo la seduta, e a meno che quando l'ha fatta gli hanno infilato le dita in gola o fatto ingoiare solvente, come è possibile che sia potuto succedere in una psicoterapia senza niente di "fisico" (nel modo che lo vuoi intendere tu)? :Confused:

Le reazioni fisiche alle emozioni e a certi pensieri sono una innegabile realta'.

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ti sbagli afri, mio padre non è narcisista

Scusami, ho usato un po' a caso quella parola, e non avrei dovuto farlo qui, su un forum di psicologia. Intendevo

comunque per narcisista una persona senza empatia e concentrato solo su se stesso. Ovvero una persona che

non ha nessuna possibilita' di rendersi conto degli stati d'animo altrui.

vado in bici.

Ach, mi hai fregato ^_^ ! Pero' ho un'altra idea: da quello che dici le tue attuali condizioni psichiche sono dovute

alla storia d'amore andata male che hai appena avuto... non e' allora che potresti chiedere al tuo medico

semplicemente di prescriverti un qualcosina (ci sono tanti ansiolitici che puo' prescriverti anche un medico di

base) per superare questo "difficile momento dovuto ad una delusione amorosa"? Questo, se anche lo racconta in giro

non succede nulla. Dopo, una volta che ti sei tranquillizzato magari trovi con calma il momento piu' adatto per

parlare a quattr'occhi con tuo padre etc etc etc.

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Giusto poco fa ho discusso (animatamente) con mia madre proprio su questo fatto dei limiti. Premesso il fatto che il suo modo di parlare mi ha ricordato quello della psicologa da cui andavo (e la cosa *non* mi ha fatto disporre volentieri all'ascolto...) mi chiedo e vi chiedo: ma nel concreto, cosa significa accettare i propri limiti? Poniamo che uno è obiettivamente fatto male, e allora che deve fare? Si deve rassegnare? A me non entusiasma mica tanto un'ipotesi del genere!

Nella mia testa accettare i propri limiti significa che... lo spiego con un esempio: ammettiamo che io non riesca

ad avere figli. Mi reco da un ginecologo e questo mi spiega che non c'e' niente da fare, sono sterile.

Mettiamo che sono anche fuori tempo massimo per una adozione.. allora che faccio? Ovviamente cerco di curarmi, ma

se le cure non funzionano, accetto questo mio limite e mi rassegno ad una vita senza figli.

Allo stesso modo ammettiamo che io non sia in grado di procurarmi una relazione sentimentale stabile. Questa

volta vado da uno psicologo e questo mi fa' notare che non si tratta di sfiga, ma che ho delle grosse insufficienze

relazionali ... allora perche' non fare come sopra? Ovvero cercare di correggermi, ma se alla fine questo non

risulta possibile perche' non accettare questo mio limite e dedicarmi per esempio al lavoro e/o alla meditazione trascendentale?

Non voglio dire che sai facile, ma sicuramente ci si puo' riuscire, per lo meno c'e' chi ci riesce. Allora la terapia

forse mi puo' aiutare in questo senso, ovvero a vedere fino a che punto sono curabile/correggibile e poi eventualmente

ad accettare quello che non riesco/non e' possibile curare/correggere.

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e perchè, in medicina non esistono terapie a vita? (es. hiv, tumori vari, epatiti, anche quella per l'allergia volendo, ecc).

è sempre curioso il fatto di come nonostante si rimanga scettici verso l'efficacia della psicoterapia, si tende ad attribuirgli poteri magici (dovrebbe curare tutte le malattie, all'istante per giunta). ma in fondo, credo che le due cose siano collegate e si alimentano a vicenda.

cmq per rispondere alla tua domanda, le terapie di sostegno (potenzialmente a vita), possono essere quelle dei disturbi gravi di personalità, casi particolari di depressione maggiore (es. ciclotimia, dist.bipolare), schizofrenia e psicosi varie e cosi via; per la maggior parte di queste poi vi è abbinato anche il trattamento farmacologico.

le terapie "non a vita" invece, sono quelle sintomatologiche, tipo fobie specifiche, attacchi di panico, disturbi dell'alimentazione, disturbi sessuali ecc.

in ogni caso, sulla sua lunghezza ed efficacia incidono anche altri fattori, biologico/individuali del paziente (per questo si usano farmaci), e relazionali/sociali, in quanto anche se uno deve imparare, e impara, a cammina sulle sue gambe, come dicevi, se vive in un ambiente di miedda per dire, continuera a scivolare e cadere (metaforicamente parlando), e per uscirne gli ci vorrà un pò di più di quello che magari vive nel mulino bianco.

ma quindi tu a casa hai tutti gli strumenti per misurare gli effetti indotti dai farmaci nel tuo organismo? tipo, ogni volta che ne prendi uno, anche no sciroppo o una caramella per la gola, ti fai le analisi, le risonanze le tac ecc? non ho ben chiaro questo passaggio... :Thinking:

riguardo il tuo esempio sulla felicità, sta tranquillo che se tu sei convinto di essere felice, nel tuo cervello circolano le stesse sostanze e nelle stesse quantità di quando lo sei veramente, o magari sotto l'effetto di droghe o farmaci,e quindi, di fatto, lo sei.

Secondo me le tue considerazioni nascono da un grosso errore di fondo, cioè che malattie organiche che sono (più o meno) ben inquadrabili e misurabili dal punto di vista scientifico (es. hiv, tumori, epatiti, ecc.) possano essere paragonate a malattie mentali la cui conoscenza è per forza di cose più spannometrica (perchè non si sa bene che cosa sia e come funzioni la mente- il cervello è l'organo in assoluto più complesso che abbiamo-, perchè non si sa bene quali siano i meccanismi patogenetici delle malattie mentali- es. nella depressione mi sembra che ci sia una gran confusione nell'importanza attribuibile a cause endogene ed esogene- perchè le cure psicologiche si basano su teorie i cui presupposti sono soggettivi e non valutabili dal punto di vista scientifico- mi ricordo il discorso di popper http://it.wikipedia.org/wiki/Falsificabilit%C3%A0#Epistemologia_falsificazionista_e_psicologia- e lo dimostra anche il fatto che esistono decine di teorie psicologiche diverse ecc.)

In questo senso non posso valutare allo stesso modo gli effetti di un farmaco sull'organismo (che dico di poter misurare ma solo in linea teorica, è chiaro che non lo faccio a casa ogni volta che prendo un'aspirina..!) e gli effetti di una terapia psicologica sulla nostra mente (nel senso: so che se prendo x grammi di aspirina avrò y effetti sul fegato- e so che su che meccanismi avrà agito il farmaco per avere quell'effetto, quanto dureranno gli effetti, gli effetti collaterali, ecc.-, ma se faccio x ore di terapia non so quali saranno gli effetti y sulla mia mente- potrò usare appunto il criterio spannometrico "sono felice", ma non so perchè e quanto durerà l'effetto: se ad esempio la mia felicità si basa su un'interpretazione di fondo della realtà errata o non adatta a me- ad es. mi convinco di non essere l'incapace che sono, ma in realtà lo sono davvero- l'effetto della terapia svanirà alla prima difficoltà).

A me comunque interessava soprattutto la distinzione fra depressione e pigrizia: come la valuto?

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Scusami, ho usato un po' a caso quella parola, e non avrei dovuto farlo qui, su un forum di psicologia. Intendevo

comunque per narcisista una persona senza empatia e concentrato solo su se stesso. Ovvero una persona che

non ha nessuna possibilita' di rendersi conto degli stati d'animo altrui.

Ach, mi hai fregato ^_^ ! Pero' ho un'altra idea: da quello che dici le tue attuali condizioni psichiche sono dovute

alla storia d'amore andata male che hai appena avuto... non e' allora che potresti chiedere al tuo medico

semplicemente di prescriverti un qualcosina (ci sono tanti ansiolitici che puo' prescriverti anche un medico di

base) per superare questo "difficile momento dovuto ad una delusione amorosa"? Questo, se anche lo racconta in giro

non succede nulla. Dopo, una volta che ti sei tranquillizzato magari trovi con calma il momento piu' adatto per

parlare a quattr'occhi con tuo padre etc etc etc.

Stasera ho trovato il coraggio (no, più correttamente: la giusta disposizione d'umore) di parlarne con mio padre (poco dopo che mi aveva riferito del figlio 30enne della sua compagna che, per colpa della sua depressione, è stato spedito in una Comunità dove resterà per i prossimi cinque anni- questo dopo aver fallito diversi tentativi con vari strizzacervelli- non molto incoraggiante come prospettiva devo dire..!), gli ho detto pacatamente perchè secondo me era andata male l'ultima volta, e siamo rimasti d'accordo che andrò da qualche psicologo. Poi però nel momento di mettere in pratica i buoni proposti il discorso si è ingarbugliato, perchè entrambi non sappiamo a chi rivolgerci.

Le alternative:

1) chiedere alla sua compagna i nomi degli psicologi contattati per il figlio?- no perchè non conosco bene la sua compagna e non mi va che si parli dei miei problemi a un'estranea, è già stato abbastanza difficile parlarne con lui!

2) chiedere al mio medico di base- o un altro- il nome di qualche psicologo?- no perchè secondo mio padre mi manderebbe a un centro di sanità mentale e basta

3) cercare un professionista in internet?- no perchè non esistono recensioni dei pazienti al riguardo

4) scegliere il primo che capita sulle pagine gialle?- no perchè è come giocare alla roulette russa col proprio cervello

Insomma non so cosa fare

Per il resto, non prendere alla lettera quello che dico; a volte tendo ad esasperare certi tratti della realtà, ma non perchè voglia prendere in giro chi mi legge, ma perchè in quel momento il mio umore mi fa credere veramente a quello che dico: così mio padre non è affatto quel mostro di egoismo e disempatia con cui l'ho dipinto, anzi si è dimostrato molto turbato dal problema e gli sono venuti i sensi di colpa per non aver valutato bene il mio stato d'animo e l'effetto disastroso che ha avuto su di me quella storia finita male.

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Nella mia testa accettare i propri limiti significa che... lo spiego con un esempio: ammettiamo che io non riesca

ad avere figli. Mi reco da un ginecologo e questo mi spiega che non c'e' niente da fare, sono sterile.

Mettiamo che sono anche fuori tempo massimo per una adozione.. allora che faccio? Ovviamente cerco di curarmi, ma

se le cure non funzionano, accetto questo mio limite e mi rassegno ad una vita senza figli.

Allo stesso modo ammettiamo che io non sia in grado di procurarmi una relazione sentimentale stabile. Questa

volta vado da uno psicologo e questo mi fa' notare che non si tratta di sfiga, ma che ho delle grosse insufficienze

relazionali ... allora perche' non fare come sopra? Ovvero cercare di correggermi, ma se alla fine questo non

risulta possibile perche' non accettare questo mio limite e dedicarmi per esempio al lavoro e/o alla meditazione trascendentale?

Non voglio dire che sai facile, ma sicuramente ci si puo' riuscire, per lo meno c'e' chi ci riesce. Allora la terapia

forse mi puo' aiutare in questo senso, ovvero a vedere fino a che punto sono curabile/correggibile e poi eventualmente

ad accettare quello che non riesco/non e' possibile curare/correggere.

E' interessante come soluzione, ma appunto si tratta pur sempre di un fallimento di uno scopo naturale per cui siamo stati creati (es. fare sesso) che per forza di cose porterà a un'infelicità più o meno marcata a seconda della quantità di pezze che posso applicare sui miei limiti (se poi non sono neanche capace di compensare lavorando, se la meditazione trascendentale non mi riesce, se non riesco a trovare uno straccio di interesse a cui dedicarmi per dare un senso alla mia vita, che altro posso inventarmi?)

E' come chiedere a un uomo paralizzato e cieco di essere sereno lavorando tutto il giorno solo sulla propria fantasia: è una condizione troppo artificiale e un limite troppo grande da rappezzare, cosa che difficilmente non porterà alla depressione più esasperata il malcapitato.

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Le alternative:

1) chiedere alla sua compagna i nomi degli psicologi contattati per il figlio?- no perchè non conosco bene la sua compagna e non mi va che si parli dei miei problemi a un'estranea, è già stato abbastanza difficile parlarne con lui!

2) chiedere al mio medico di base- o un altro- il nome di qualche psicologo?- no perchè secondo mio padre mi manderebbe a un centro di sanità mentale e basta

3) cercare un professionista in internet?- no perchè non esistono recensioni dei pazienti al riguardo

4) scegliere il primo che capita sulle pagine gialle?- no perchè è come giocare alla roulette russa col proprio cervello

Bene, il tuo progetto e' stato approvato e ha la copertura finanziaria. Mi sembra un bel passo in avanti. Adesso

devi renderlo operativo. Delle alternative che ti dai, io ai miei tempi ho usato la 4) e non mi e' andata male

pertanto te la consiglio caldamente. Non ne sceglierei solo uno, prendine almeno una decina, meta' uomini e meta'

donne e poi inizi a telefonare, chiedendo che tipo di orientamento hanno, quanto costano, come se la cavano coi

casi di depressione etc etc etc. :phone1: Non devi necessariamente dire chi sei. Sceglierei che so, due cognitivo-comportamentali,

due junghiani e due di qualche altro orientamento (un uomo e una donna per ogni categoria) e poi inizierei gli incontri

eliminatori... per queste scelte vai a naso che e' inutile che ti scegli il migliore sulla carta se poi a pelle ti sta

antipatico. Per capire le differenze tra i vari orientamenti c'e' sempre google. Doventerai il massimo esperto di

terapeuti della tua citta' e quando un tuo paziente verra' da te a chiederti consiglio avrai modo di aiutarlo

per il meglio. Ce la puoi fare! :good:

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Bene, il tuo progetto e' stato approvato e ha la copertura finanziaria. Mi sembra un bel passo in avanti. Adesso

devi renderlo operativo. Delle alternative che ti dai, io ai miei tempi ho usato la 4) e non mi e' andata male

pertanto te la consiglio caldamente. Non ne sceglierei solo uno, prendine almeno una decina, meta' uomini e meta'

donne e poi inizi a telefonare, chiedendo che tipo di orientamento hanno, quanto costano, come se la cavano coi

casi di depressione etc etc etc. :phone1: Non devi necessariamente dire chi sei. Sceglierei che so, due cognitivo-comportamentali,

due junghiani e due di qualche altro orientamento (un uomo e una donna per ogni categoria) e poi inizierei gli incontri

eliminatori... per queste scelte vai a naso che e' inutile che ti scegli il migliore sulla carta se poi a pelle ti sta

antipatico. Per capire le differenze tra i vari orientamenti c'e' sempre google. Doventerai il massimo esperto di

terapeuti della tua citta' e quando un tuo paziente verra' da te a chiederti consiglio avrai modo di aiutarlo

per il meglio. Ce la puoi fare! :good:

Alla fine ha fatto tutto mio padre- scavalcandomi come al solito- e domani andremo INSIEME da uno psicologo di sua conoscenza..ci sarà da ridere (mi sa che sto andando un po' OT..). Cmq se va male farò sicuramente così, finchè non trovo l'orientamento che mi calzi a pennello (ma spero di aver subito fortuna..). Grazie Afri!

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Allora preciso prima di tutto che io ho parlato con due psicologi. Nel primo caso però non era una vera e propria terapia, sono stati più che altro dei colloqui di consultazione.

In questo primo caso mi sono sentita in qualche modo rifiutata, poi le cose sono migliorate, ma i colloqui intanto erano terminati.

Questa parte del post

E nel caso che da parte del terapeuta non vi fosse affinità? Cioè magari al paziente quel dato terapeuta piace pure, ma se la cosa non fosse reciproca?

era riferita quindi al primo caso.

Per quanto riguarda il resto:

il tuo terapeuta ti ha detto che non si trova bene con te e gli stai sulle balle? oppure è quello che pensi tu?

(qui mi riferisco alla seconda psicologa)

Un po' tutte e due le cose. Una volta al termine di una seduta, adesso non ricordo tutto il discorso, ma praticamente la dottoressa mi disse che a lei "importava fino a un certo punto"... So che gli psicologi non possono coinvolgersi più di tanto (che poi davvero non si era detto niente di che, né si è mai fatto durante il corso della terapia), quindi l'avrà detto in quel senso, ma non mi è sembrata molto appropriata come uscita. Da notare che quando tempo prima avevo fatto intendere di volere interrompere la terapia come si era innervosita invece! <_< (vabbè anche qui c'è da dire "chiamala fessa!" :D: )

A volte mi è sembrato di darle fastidio forse perché non mi bevevo qualsiasi cosa dicesse senza ribattere... Il fatto è che alcune cose a me sembravano un po' scontate, banali, cose di buon senso che poteva dirmi anche un non addetto ai lavori, ma da uno del settore io mi aspettavo qualcosa di più. E visto quanto ci teneva nell'ultimo periodo a dire che lei aveva studiato (era piuttosto presuntuosa in certi momenti), beh che lo dimostrasse!

Non so a volte ho quest'impressione, anche per via di alcune cose che ho letto, che a una parte di psicologi (ma anche persone che fanno altri lavori) dia quasi fastidio se uno non si accontenta della prima cosa che viene detta, che ci devo fare purtroppo è un mio difetto quello di informarmi sulle cose, ma pare che venga visto come un comportamento da reprimere assolutamente...

Modificato: da Izumi
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e domani andremo INSIEME da uno psicologo di sua conoscenza..

Hai ottenuto il tuo scopo e questo mi sembra un successo notevole! Evvai!!!!

Anche l'idea di andare con tuo padre non e' del tutto malvagia, tanto poi sara'

con lo psicologo che deciderete come continuare. Qualcosa si muove, sono contenta

per te e ti auguro che il tutto possa avere un seguito positivo. In bocca al lupo per domani!

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Le reazioni fisiche alle emozioni e a certi pensieri sono una innegabile realta'.

e se una psicoterapia è in grado di scatenare certi pensieri e forti emozioni, come fai a dire che non ha niente di fisico allora? :Confused:

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Allo stesso modo ammettiamo che io non sia in grado di procurarmi una relazione sentimentale stabile. Questa

volta vado da uno psicologo e questo mi fa' notare che non si tratta di sfiga, ma che ho delle grosse insufficienze

relazionali ... allora perche' non fare come sopra? Ovvero cercare di correggermi, ma se alla fine questo non

risulta possibile perche' non accettare questo mio limite e dedicarmi per esempio al lavoro e/o alla meditazione trascendentale?

ma lol,

sei riuscita a fare l'esempio con la classica "soluzione" che alimenta e rinforza il "problema" :Just Kidding:

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A me comunque interessava soprattutto la distinzione fra depressione e pigrizia: come la valuto?

beh, lo si potrebbe fare un pò come quando si valuta la differenza tra una malattia ed un certificato di malattia... ad esempio, a te quando è che ti capita di sentirti depresso (o pigro, scegli tu)?

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Non so a volte ho quest'impressione, anche per via di alcune cose che ho letto, che a una parte di psicologi (ma anche persone che fanno altri lavori) dia quasi fastidio se uno non si accontenta della prima cosa che viene detta, che ci devo fare purtroppo è un mio difetto quello di informarmi sulle cose, ma pare che venga visto come un comportamento da reprimere assolutamente...

tanto più una cosa è fragile, tanto più ha bisogno di essere tutelata :ola (4):

ma cmq non potresti fare un esempio di questi "scambi" che hai avuto con lei?

p.s. ora non vai da nessuno dunque?

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e se una psicoterapia è in grado di scatenare certi pensieri e forti emozioni, come fai a dire che non ha niente di fisico allora? :Confused:

Ego scusa, ma temo che non ci stiamo capendo. Ti ricordo da dove siamo partiti:

secondo me non si puo' paragonare una terapia psicologica ad una terapia fisica.

e io torno a ripeterti che è questo ad essere strano (anche se sarebbe corretto dire errato, proprio). la terapia psicologia è anche una terapia fisica, cosi come i disturbi/problemi psicologici si manifestano e a volte provocano anche disturbi/problemi strettamente fisici (e viceversa naturalmente).

la dissociazione, oltre a non essere cosi netta come vuoi intendere tu, non esiste proprio.

Sono d'accordo che una psicoterapia che agisce a livello psicologico puo' reagire sul piano fisico (per es. alla fine della seduta mi viene da vomitare), cosi' come una terapia fisica che agisce direttamente a livello fisico e puo' eventualmente reagire a livello psicologico (es. mi rifaccio tutti

i denti nuovi e poi mi vedo piu' bella e mi sento piu' sicura di me).

Pero' non chiamerei una terapia psicologica anche terapia fisica. Nel senso che non viene attuata con mezzi fisici:

ovvero lo psicoterapeuta per curarmi non mi tocca e non mi da' medicine (a meno che non si tratti di bioenergetica

o di psichiatria, ma qui siamo gia' in altri campi per l'appunto) Cosi' come non chiamerei psicologico l'intervento

del dentista che mi rimette i denti nuovi, per il semplice fatto che lo fa' aprendomi letteralmente le gengive e non

certo parlandomi dolcemente e convincendomi a farmi crescere i nuovi denti.

La dissociazione pertanto io la faccio riguardo alle tecniche usate per condurre le terapia e non sugli effetti che sono spesso di tutti e due i tipi, psichico e fisico. Su questo sono d'accordo con te: e' difficile tracciare un confine netto tra corpo e anima.

sei riuscita a fare l'esempio con la classica "soluzione" che alimenta e rinforza il "problema"

Se tu volessi spiegare meglio questa risposta te ne sarei grata, perche' l'argomento mi interessa...

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beh, lo si potrebbe fare un pò come quando si valuta la differenza tra una malattia ed un certificato di malattia... ad esempio, a te quando è che ti capita di sentirti depresso (o pigro, scegli tu)?

E' una cosa assolutamente casuale. Ma penso di non aver bene afferrato la differenza.. :Straight Face:

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