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credo che i giocatori dissenzienti siano i soli ad affrontare i giochi con leggerezza, non il contrario...

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Sono i soli ad affrontare i giochi. Chi è consenziente non affronta ciò a cui acconsente... lascia che sia.

Poi c'è da dire qualcosa anche sulla "leggerezza". Può essere intesa in modi diversi: http://www.demauroparavia.it/62865

Spesso si scambia il 5 e il 6 per l'1, il 2 il 3 e il 4, e viceversa.

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A volte coesistono con l'1-4. Capita poi (di rado, a dirla tutta) che l'1-4 coesistano con il non-5 e il non-6.

Ma anche il 5 e il 6 a volte non sono ciò che sembrano... o non del tutto, almeno. Psicologia: hai mai sentito parlare di Stanley Milgram?

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cmq tutte possono coesistere tra loro e con la loro assenza

Vero. Ma le persone che si comportano allo stesso modo ovunque si trovino sono rare, se non inesistenti.

Se poi ci aggiungiamo la distanza più o meno grande che c'è sempre tra come le persone si comportano, e

come noi percepiamo il loro comportamento... il ginepraio è servito.

no

Wiki! :p:

Stanley Milgram (New York, 15 agosto 1933 – New York, 20 dicembre 1984) è stato uno psicologo statunitense che trascorse la

sua carriera di ricercatore e professore presso le università di Yale e di Harvard, per poi trasferirsi alla City University di New York.

Ideatore di raffinate tecniche di ricerca, è autore di vari contributi che riguardano la vita nelle grandi metropoli, la relazione tra il

potere di condizionamento esercitato dalla televisione e i comportamenti antisociali. Ma il suo nome è soprattutto legato agli studi

riguardanti la determinazione del comportamento individuale, da parte di un sistema gerarchico e autoritario che impone obbedienza.

Nel 1961 egli condusse un celebre esperimento della durata di un'ora, presso i locali dell'Interaction Laboratory dell'Università di Yale,

teso a verificare il livello di aderenza agli ordini impartiti da un'autorità, nel momento in cui tali ordini entrano in conflitto con la

coscienza e la dimensione morale dell'individuo. Tale esperimento è noto come esperimento Milgram.

L'esperimento di Milgram è utile per capire la "matrix": http://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_Milgram

L'ha usato anche Alex Gibney nel suo documentario "The smartest guys in the room", sulla matrix americana Enron.

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e che c'entra con la matrix?

c'entra perché la matrix è il contesto del gioco, ha le stesse caratteristiche del contesto dell'esperimento di Milgram, che ha lo scopo di ...

Lo scopo dell'esperimento era quello di studiare il comportamento di soggetti a cui un'autorità (nel caso specifico uno scienziato)

ordina di eseguire delle azioni che confliggono con i valori etici e morali dei soggetti stessi.

... cioè di vedere se in un tale contesto le persone reagiscono con comportamenti 6 o non-6, e se il contesto influisce in qualche modo.

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non è un problema insormontabile... è raccontata indietro nel topic, dai suoi abitanti :acute:

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in quali punti?

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Torno ai miei pensieri a scrittura alta.

Dicevo... tutto ciò mi fa pensare a un'altra cosa: http://it.wikipedia.org/wiki/Omeostasi

L'omeostasi è la condizione di stabilità interna degli organismi che deve mantenersi anche al variare delle condizioni esterne attraverso meccanismi autoregolatori.

... mi sa che ci siamo ... :Thinking:

L'omeostasi designa pertanto la stabilità delle funzioni;

... cioè, colloquialmente, l'"Equilibrio" ... :Nerd:

le "condizioni omeostatiche" rappresentano gli elementi della stabilità;

... da identificare meglio ... :Money Eyes::Nail Biting:

le "reazioni omeostatiche" indicano i mezzi per mantenere la stabilità.

... da identificare meglio ... :angry::Monkey: :Monkey: :Monkey:

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No... c'è qualcosa fuori posto... :Thinking:

L'omeostasi designa pertanto la stabilità delle funzioni;

... da identificare meglio ... :Money Eyes::Nail Biting:

le "condizioni omeostatiche" rappresentano gli elementi della stabilità;

... cioè, colloquialmente, l'"Equilibrio" ... :Nerd:

le "reazioni omeostatiche" indicano i mezzi per mantenere la stabilità.

... da identificare meglio ... :Talking Ear Off::Monkey: :Monkey: :Monkey:

Così mi sembra più azzeccato. :good:

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  • 3 weeks later...

"Michelangelo diventò un grande artista perché aveva un muro da affrescare, e io in Italia non avevo un muro",

così, amaro, Riccardo Giacconi, premio Nobel 2002 per la Fisica, italiano all'anagrafe, americano per obbligo.

http://www.repubblica.it/2008/04/sezioni/s...i-sprecati.html

^_^ Ma che sta addì, questo?!?

Se c'è una cosa che non manca in Italia sono i muri!! :huh:

Sempre i soliti, 'sti cervelli in fuga... climb.gif

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Nuove testimonianze dalla Matrix... :(:

Ciao,

Sono stato un po’ assente, tra [paese estero] e altri guai ... mi dispiace !

Alimento un pochino la tua passione con i dati di bilancio 2007, il cui riassunto di

[amministratore] è il seguente "abbiamo fatto un milione meno di fatturato [su ca. 7]

e metà degli utili, ma non è andata male!"

Totale dividendi 0,0!

Colgo ironia in uscita...

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  • 4 weeks later...

Ancora... (stessa fonte). :D:

M::" Carissimo!

Quando le cose vanno bene, quando si vendono macchine su macchine .... Arriva un nuovo manager (francese)

ed in un mese chiude tutto il progetto! L'AAA e il BBB [apparati] erano 2 gioiellini in cui ho perso molti dei pochi

capelli che mi rimangono... ed ora sono xxxx! [segue link, interno aziendale...]

Ste: Non riesco a vedere il link (forse è meglio così). Ma non capisco cosa mi vuoi dire di diverso da ciò che sto

dicendo io. Dettagli a parte...

M: Ciao,

Forse non hai capito, era un'intervento sull'onda dell'incazzatura ! Il sito di [località italiana] (per ora) perde il

GGG [tecnologia], chiudono il progetto in cui sono impegnati una ventina di consulenti e che per anni ha foraggiato la

Aziendina con decine di CCC [apparati; "foraggiati" nel senso che li acquistava da essa... molti meno in realtà].

Chettedevodì... ? :Thinking: ... vi farò spazio sulla panchina al parco...

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Cambiamo argomento, da oggi si parla di mucche! :):

Spezzatino aziendale

(prima parte)

Un'azienda può essere paragonata ad una mucca: come una mucca, può essere usata per produrre latte e distribuire latte,

può essere usata per fare le corride, può essere usata come soprammobile o come animale da compagnia, eccetera ... e

infine può essere usata per farla a pezzi (bistecche) e distribuirli ai soggetti interessati alla mucca (azionisti, dipendenti,

fornitori, clienti, finanziatori, concorrenti, Stato, amici e parenti vari...).

E' una questione di scelte, ma anche di azioni, nel senso che uno può scegliere come obiettivo quello di farle produrre il latte,

ma poi agire in modo tale da ottenere uno spezzatino o un animale da compagnia: non sempre ciò che si fa è congruente con

gli obiettivi che ci si pone.

muccatl0.jpg

Lasciando da parte gli usi ludici della mucca, e limitandosi agli usi di produzione alimentare, è evidente che la produzione di latte

e la produzione di bistecche sono obiettivi almeno in parte inconciliabili, e che hanno entrambi qualche pro e qualche contro.

Si tratta appunto di scelte.

Una volta scelto l'uso che se ne vuole fare, è poi utile verificare periodicamente se la gestione della mucca è congruente con la

scelta fatta, e in caso contrario rivedere gli obiettivi o le azioni. La verifica è semplice: basta guardare il prodotto, o al limite

assaggiarlo, e si capisce subito se si sta producendo latte o se si stanno facendo bistecche, perché latte e bistecche hanno aspetto

e sapore immediatamente percepibili come diversi.

Uscendo dall'analogia, e passando dal dominio delle mucche al dominio delle aziende, diventa un po' più difficile capire se un'azienda

sta producendo latte o se dell'azienda si stanno facendo bistecche, per il semplice motivo che fuor d'analogia latte e bistecche hanno

lo stesso aspetto e lo stesso sapore: quello degli euri.

E allora come si fa a distinguere il latte dalle bistecche? (continua...)

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(...continua) E allora come si fa a distinguere il latte dalle bistecche? Non è immediato e non è sempre facile capirlo, e questo è uno

dei motivi per cui capita anche di far spezzatini credendo di produrre latte, e ci si accorge del sapore delle bistecche solo quando si vede

che della mucca è rimasta solo la carcassa. Ma non è nemmeno impossibile capirlo prima e correggere il tiro: basta sapere dove andare

a guardare e cosa cercare (e farlo in tempo utile). Ad esempio:

Le "rimanenze", o "stock", sono costituite da:

- materie prime;

- semi-lavorati;

- prodotti finiti;

- lavori in corso.

La valutazione delle rimanenze influenza, certe volte in modo determinante, il bilancio, poiché una valutazione ottimistica dello stock

comporta un effetto benefico, che può essere illusorio, sia sul valore patrimoniale dell'azienda, sia sul risultato gestionale (sul conto

economico) espresso dall'utile (con la conseguenza, anche, di aumentare le imposte sul reddito), con il rischio di distribuire agli azionisti

non veri utili, bensì pezzi d'azienda; per contro una valutazione pessimistica può essere un mascheramento dell'utile, con danno per

gli azionisti e per il fisco." ("Il bilancio delle aziende private e pubbliche", Luigi Di Stasi (*), FrancoAngeli, 1999)

Naturalmente questo non è l'unico modo per fare bistecche e quindi non è l'unico punto dove guardare per fare le periodiche verifiche

del caso. Sicuramente è uno dei più importanti.

(*) Luigi Di Stasi, ingegnere, è dirigente industriale, è stato Direttore di stabilimento, Direttore Generale e Amministratore Delegato di

Industrie Ottiche Riunite (Galileo e Salmoiraighi). Ha insegnato Elettrotermia alla Facoltà di Ingegneria di Padova. E' stato Presidente

dell'Ordine degli Ingegneri. E' stato Presidente del Fondo Assistenza Sanitaria dei Dirigenti Industriali e Vicepresidente INPDAI. E' autore

di molte pubblicazioni nel campo del management, della valutazione delle aziende e della gestione di impresa.

(fine prima parte) :redface:

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Ci vuole... tolleranza!

(seconda umana parte) :Waiting:

Questa parte racconta solo uno dei possibili fattori che si occupano della mucca, nello Stivale di inizio millennio.

Dal momento che errare è umano, nessuno è perfetto, e gestire un'impresa non è certo una cosa facile, non è detto che ci sia sempre

malizia dietro gli errori di valutazione di cui parla Di Stasi nel brano riportato in precedenza. Per questo motivo nel 2002 il legislatore ha

introdotto una certa tolleranza su questo tipo di errori, che se intenzionali si configurano in un reato noto come “false comunicazioni sociali”:

"La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio al lordo delle

imposte, non superiore al 5% o una variazione del patrimonio netto non superiore all'1 per cento.”

(Art. 2621 c.c. dopo la modifica del D. Lgs. n. 61/2002)

Per farsi un'idea di quanto errore è tollerato sulla valutazione delle rimanenze, e quindi sulla decisione più o meno consapevole tra latte e

bistecche, basta fare alcuni conti recuperando un po' di numeri. Ad esempio qui si possono trovare i dati cumulativi di 2015 società italiane,

costituenti una discreta fetta del totale: http://www.mbres.it/ita/mb_pubblicazioni/d...vi_edizioni.htm

In base a questi dati, nel solo 2006, le imprese considerate hanno conseguito tutte assieme un risultato lordo di circa 43 miliardi di euro, con

una tolleranza d'errore di circa 2 miliardi (5%); il loro patrimonio netto complessivo risultava pari a 345 miliardi di euro, con una tolleranza

di circa 3 miliardi (1%). Mediamente, ad ognuna di queste società è stato tollerato un errore di 1 milione di euro sul risultato economico lordo

(pari in media a 21 milioni) e di 2 milioni di euro sul patrimonio netto (pari a 171 milioni).

Tutto latte che volendo, o per errore, potrebbe potenzialmente esser stato tramutato in bistecche, o viceversa, senza grossi rischi dal punto

di vista della legge (che è umana e tollerante con gli esseri umani, a maggior ragione se sa che sono impegnati nella conduzione di una dura

impresa). Ciò non significa che tutte hanno fatto l'errore, naturalmente.

Ma i rischi teorici di un errore di valutazione non sono solo quelli di tipo legale... e non ricadono solo su chi lo fa e quando lo si fa. I conti servono

anche e soprattutto per amministrare l'azienda, per valutare la bontà delle decisioni passate, fare previsioni e prendere decisioni sul presente

e sul futuro e quindi per controllare che l'impresa evolva nella direzione desiderata. E' necessario perciò che siano affidabili, anche per evitare

di andare alla cieca, o peggio, di essere male indirizzati ed incorrere in incresciosi e dolorosi incidenti. Per questo motivo, se per puro caso un

addetto di un'azienda con un risultato economico di una ventina di milioni di euro, dovesse fare un errore tale da provocare uno scostamento

fittizio dell'ordine di un milione sul conto economico, probabilmente verrebbe cacciato a pedate e gli si chiederebbero pure i danni. A lui e al suo

diretto responsabile. E forse non a torto, indipendentemente dall'intenzionalità o meno dell'errore, perché si tratta di un errore fatto in un punto

nevralgico dell'impresa. Per capirsi con un'analogia, su un aereo è diverso l'impatto di un errore del 5% sull'inclinazione di un sedile, piuttosto che

sulla taratura dell'altimetro: nel primo caso si rischia di star scomodi, nel secondo di schiantarsi.

Da tenere conto anche del fatto che un errore sui conti di un'impresa e sulle conseguenti indotte decisioni, può innescare meccanismi che si

ripercuoteranno in tempi e modi diversi sui soggetti economici collegati all'impresa stessa (investitori, clienti e fornitori, dipendenti, collettività).

Se invece la svista la fa l'impresa in quanto tale, della quale responsabile è l'amministrazione... poco male: lo Stato la considera errore e non la

punisce più di tanto. L'amministrazione dal canto suo deciderà come comportarsi internamente: se considerare l'errore qualcosa di grave, di poco

grave o addirittura di positivo, se punire o meno se stessa o premiarsi, se individuare o meno le cause dell'errore ed attuare le correzioni del caso.

(fine seconda parte)

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Ci vuole ottimismo!!

(terza rosea parte; avvertenza: contiene sarcasmo in dosi al limite della tolleranza)

Alcune considerazioni:

– con la soglia di tolleranza a percentuale, più l'impresa è grossa, più alta è la cifra assoluta di errore tollerato.

– le imprese hanno, tra i loro clienti e fornitori, anche altre imprese.

– le rimanenze, soprattutto quelle dei lavori in corso, sono valutate anche sulla base di accordi tra fornitore e cliente (tra impresa e impresa,

nel caso....). Tradotto in parole povere, quando si parla di lavori in corso, “valutare le rimanenze” significa rispondere alle domande “quanto

serve per fare tutto il lavoro?” e “a che punto siamo?”.

– sottovalutazioni e sopravvalutazioni delle rimanenze relative a un lavoro possono (...) essere accordate in modo da venire incontro a

esigenze varie di cliente e fornitore. Possono ma non per legge, a meno di fisiologiche discrezionalità di stima di tollerati errori.

Quando si spezzetta e si distribuisce un'azienda dotata di un patrimonio tangibile (immobili, magazzino, ecc...) è naturale immaginarsi cosa

viene spezzettato.

Domanda: chi/cosa viene spezzettato quando si sopravvaluta e si sottovaluta di continuo lo stato di avanzamento di un lavoro, a seconda

delle convenienze del momento e della stanza in cui ci si trova (cioè a seconda che ci si trovi a discutere con l'ingegnere o l'operaio che sta

eseguendo il lavoro per vedere a che punto è, oppure con il cliente per concordare il pagamento, che dipende da che punto è il lavoro, oppure

con il fiscalista per redigere il bilancio, che dipende da che punto è il lavoro, il tutto con dipendenze contrastanti tra loro)?

Risposta: si potrebbe osservare fatti e dati della realtà, e ragionarci un po' su (un po' di metodo aiuta).

Configurazione di interesse: impresa grossa con fornitori piccoli, ansiosi di allacciare e mantenere rapporti con essa, scarsamente propensi

a ragionare su bilanci e dinamiche a medio lungo termine, e disposti, pur di non perdere l'occasione di una commessa o addirittura un cliente,

ad andare incontro alle sue esigenze concedendogli un certo grado di elasticità sulle valutazioni. A sua volta il piccolo fornitore si avvale, per

l'esecuzione dei lavori, di collaboratori (dipendenti o altro) che altro non sono che fornitori suoi. L'elasticità nelle valutazioni concessa al cliente

si ripercuoterà sulle loro attività, per cui il fornitore potrà sopperire ricorrendo ad una diversa organizzazione in grado di ammortizzare gli

effetti delle concessioni, cosa che però comporta costi e rischi (incluso quello di perdere l'equilibrio) oppure richiedendo elasticità anche a loro.

Che però non sempre e non tutti avranno la convenienza e/o la possibilità e/o la disponibilità a concederla. A volte la negheranno perché

vincolati da leggi, da codici di condotta, dalla capacità di comprendere le conseguenze del proprio agire, unita a quel minimo di forza di volontà

necessaria per assumersi le proprie responsabilità di dire “no” argomentati anziché essere “ottimisti” di posa. Altre volte la negheranno perché

impossibilitati dalle contingenze e dalle condizioni al contorno create dalle decisioni del richiedente stesso e dalla collaborazione attiva e passiva

dei suoi interlocutori interni ed esterni.

A volte, narra la leggenda, la negheranno per il solo gusto di scontrarsi di continuo con chi li paga e con colleghi, clienti e tutti gli altri soggetti

dell'ambiente professionale in cui operano anche per guadagnarsi da vivere (pazzi suicidi al mondo ce ne sono sempre stati e sempre ce ne

saranno). Ma al limite, se non si vuole pretendere elasticità da un collaboratore o se non ci si riesce, le valutazioni elastiche sul lavoro (o sui

lavori) nei quali è impegnato le si può richiedere ai collaboratori che ha a fianco, che le concederanno in vece sua, e poi lo si metterà di fronte

alla valutazione compiuta e alla scelta tra accettarla e fare il lavoro a condizioni concordate da altri in vece sua, oppure essere espulso con un

marchio che si porterà dietro e che gli renderà sempre più difficile lavorare e vivere. Gli altri collaboratori lo faranno sollecitamente e volentieri,

dimostrando così una certa sensibilità professionale incentrata sul rispetto del clima aziendale e del comune committente (customer care), che

accetterà la valutazione che riterrà migliore in base alle sue esigenze e a quelle del cliente finale (c'è chi le valutazioni le fa a tempo pieno e con

un solo cenno della testa, da tanta abilità ha maturato nel corso di un'onorata carriera).

Con questo gioco, che assomiglia al gioco delle sedie, accadrà anche che non tutti i lavori andranno a buon fine e che qualcuno verrà lasciato

cadere nel vuoto, probabilmente sempre di più. Nel contempo però altri andranno a buon fine con picchi di rendimento eccelsi. Entrambi gli effetti

avranno i loro riflessi positivi e negativi sui conti, che si vedranno con un ritardo più o meno grande. I riflessi ed il loro ritardo li si potranno valutare

agevolmente guardando con una certa attenzione critica i conti (ovvio...) ma vari fattori – sempre scelti tra quelli che si occupano della mucca –

faranno sì che si tenderà a valutarli guardando la busta paga, la cedola dei dividendi, l'ammontare degli emolumenti, la qualità della propria vita

all'interno dell'impresa. Finché la mucca va, lasciala andare. :air_kiss:

(fine terza parte)

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Noi siamo piccoli, ma... salteremo!!!

(quarta parte, qui siamo quasi alla psicostoriografia di Asimov... che in fondo era fallace!)

Effetti dinamici dell'interazione tra cliente grosso e fornitore medio/piccolo, e collaboratori, tutti (o quasi) ottimisti, euforici e ben adeguati.

Inizialmente l'euforia e l'ottimismo alimenteranno sogni collettivi ed intensificheranno le pressioni sulle persone più efficaci: tutto ciò aumenterà

nell'immediato l'efficienza complessiva media, ma non in maniera uniforme: localizzerà gli sforzi maggiori in poche persone che, se non riusciranno

ad arginare la cosa (il modo migliore è fare quadrato ma bisogna essere almeno in 2...) e ad ottenere un riequilibrio, saranno riassorbite nella media,

se ne andranno o saranno fatte fuori. Questo provocherà una diminuzione progressiva dell'efficienza interna dell'impresa dovuta a una naturale

tendenza delle persone a migrare verso posizioni più ottimiste (di posa) e quindi più adeguate/adattate al clima della crescita ma un po' meno alle

esigenze reali del sistema produttivo e della sua fase di crescita.

Si avrà quindi una crescita spinta - in termini percentuali - di fatturato e utili, in parte dovuta alla valutazione ottimistica ed in parte ad una crescita reale.

Tale crescita invoglierà un aumento di investimenti, assunzioni (sempre più ottimiste), e quindi un ingrossarsi della struttura dei costi più o meno fissi (a

seconda di come si considera il personale).

La crescita, e l'euforia che l'accompagnerà, infonderanno coraggio e invoglieranno l'iniziativa e l'espandersi sul mercato, così come la distribuzione di

dividendi, retribuzioni e incentivi vari, che a loro volta avranno un effetto sull'ottimismo dell'ambiente, tramutando quello che magari inizialmente era un

ottimismo strategico, di posa, in una ferrea convinzione diffusa.

Notare che, come spiegato da Di Stasi, la parte di crescita dovuta alle valutazioni ottimistiche non è reale bensì illusoria: equivale, di fatto, ad anticipare

ricavi futuri, e quindi ad ingrossare utili e patrimonio netto attuali a scapito di quelli futuri (cosa che in questi anni ha goduto di tolleranza da parte della

legge e ancor più della gente, e che presenta forti analogie con il noto mark-to-market dell'americana Enron e con le fatturazioni inventate

dell'italiana Parmalat, in quanto a ben vedere sono tutte pratiche finalizzate ad anticipare ricavi futuri più o meno certi).

Ad un certo punto la crescita rallenterà fino a fermarsi, sia per via del rallentare fisiologico di ogni crescita (una crescita infinita è impossibile anche in

teoria), sia per via del fatto che parte degli utili futuri non ci saranno in quanto già anticipati, e infine anche per via della diminuzione progressiva

dell'efficienza dell'impresa e del contemporaneo aumento della complessità correlato all'aumento dimensionale ed all'espansione sul mercato.

Con il terminare della crescita, il circolo virtuoso si tramuterà in vizioso (virtuoso e vizioso vanno qui intesi solo per quel che riguarda i guadagni): costi

ed espansione sono inerziali e tenderanno a continuare a crescere perché è più facile investire, assumere, e sottoscrivere accordi e impegni, che

disinvestire, licenziare e rompere accordi (nel primo caso basta una decisione, nel secondo bisogna convincere la controparte).

Il cessare della crescita dei ricavi, o addirittura la loro diminuzione farà diminuire i margini, fino a portarli anche a valori negativi, e l'impresa si troverà

nella necessità di trovare finanziamenti per sopperire al venir meno dell'autofinanziamento. Contestualmente, è verosimile che appena dovessero

accorgersene, banche ed investitori inizieranno ad essere più restii a mettere o lasciare capitale nell'impresa, e anche gli altri soggetti (creditori, debitori,

finanziatori) adegueranno i loro atteggiamenti al mutare delle condizioni o, se non altro, al veder mutare gli atteggiamenti dei soggetti “terzi” considerati

più autorevoli e quindi in grado di fiutare in anticipo sugli altri i cambiamenti che si prospettano.

E' altresì verosimile, se non altro per un'intuitiva inerzia di ogni sistema umano, che più spinta è stata la fase di crescita, più vorticosa e rapida, se non

addirittura drastica sarà questa successiva delicata fase. E che, come nella fase di crescita, anche in questa fase si riveleranno determinanti i comportamenti

e le reazioni dei protagonisti, presi singolarmente e collettivamente.

A questo punto, forse (ma poco probabile), ci sarà di nuovo spazio per le persone fatte “fuori”, se nel frattempo saranno riuscite a sopravvivere alla lunga

fase di euforia generale e di (strettamente correlata) disgrazia personale, e se ci saranno, da “dentro”, persone con abbastanza forza da rileggere gli eventi

e riconoscerli per quello che sono stati davvero. E da agire di conseguenza. Difficile che accada, perché le persone con questo profilo vanno tendenzialmente

ad ingrossare le fila dei "fatti fuori". In ogni caso rimarrà un po' di esperienza di valore facilmente rivendibile sul mercato bovino ottimista. :Yawn:

Comunque sia, ad ogni mutamento di condizioni si aprono vari scenari.

(fine quarta parte)

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  • 2 weeks later...
E' altresì verosimile, se non altro per un'intuitiva inerzia di ogni sistema umano...

I tabù possono avere varie funzioni, e spesso accade che essi rimangano in effetto anche quando i motivi originali che

li avevano ispirati non sussistono più. Per questo motivo alcuni sostengono che i tabù aiutano a scoprire la storia di una

società quando non ci sono altri documenti a testimoniarla. (Wikipedia, alla voce "Tabù")

:rolleyes:

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  • 2 weeks later...

Ed ora, qualcosa di completamente diverso... :ola (4):

La grande impresa come burocrazia

(Da “L'economia della truffa”, di John Kenneth Galbraith 41.gif )

L'uomo, o più raramente la donna, che è al vertice di una grande impresa – il direttore generale o chief executive – è il

prodotto di una riuscita scalata della gerarchia societaria; una scalata che richiede tutta la preparazione, l'esperienza, l'acume

intellettuale e l'agilità burocratica necessari a una brillante carriera. Tuttavia, il compito fondamentale di chi guida uno degli

attuali colossi della produzione di beni e di servizi – cioè assicurarne il successo – supera ampiamente le energie, la competenza,

l'esperienza e la tenacia di qualunque persona singola. L'impegno, il coordinamento, l'intelligenza e la specializzazione di più

persone sono indispensabili. Il successo dipende dall'energia, dal sapere generale e specialistico, dall'ambizione, dal desiderio

di guadagno e da una superiore capacità di sopravvivere, guidare e prevalere, non del singolo ma del gruppo. Questo le scuole

di business administration lo sanno bene, e cercano di insegnarlo. Il ruolo della burocrazia d'impresa è decisivo, anche se di rado

è chiamata così e i suoi successi tendono a venire passati sotto silenzio. Nel linguaggio comune, la burocrazia e i suoi meriti e

demeriti riguardano il settore pubblico; l'impresa privata non è il suo habitat.

Anche su un'altra caratteristica c'è reticenza. Come tutte le burocrazie, anche quella delle grandi società ha una spiccata tendenza

all'espansione. Le retribuzioni dipendono in misura significativa dal numero di sottoposti; la vita è più piacevole, e dà più risultati,

quando una parte delle preoccupazioni e delle incombenze sono affidati a funzionari di livello inferiore. E' una via di uscita dal sapere

parcellizzato e dalle attività meccaniche, ripetitive. Il rispetto dei superiori è proporzionale al numero dei sottoposti. Quante persone

controlla il signor tale, la signora talaltra? La conseguente tendenza all'ampliamento è così forte, e così indifferente alle necessità reali,

che vere e proprie operazioni chirurgiche – i cosiddetti downsizings, ridimensionamenti – sono spesso necessarie, e anzi sono diventate

poco meno di un passaggio obbligato per l'aumento di efficienza e guadagni. Questa consolidata tendenza burocratica, comune a tutte

le grandi organizzazioni, produce inevitabilmente personale in eccesso, che il mutare delle circostanze e gli errori non corretti in tempo

mettono in evidenza. [...]

... ok, vecio ... ma... e se 'sta "produzione" c'è nella piccola impresa.. ? :teasin1125tc:

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  • 4 weeks later...

Troppe iniziative sono fallite perché le numerose decisioni gestionali, che tutti gli imprenditori sono costretti a prendere

quotidianamente, non sono state sufficientemente supportate da un minimo di basi economiche. [...]

Innanzitutto è essenziale conoscere la distinzione tra costi fissi e costi variabili.

I costi fissi sono quelli che non variano al variare della quantità prodotta o acquistata. [...]

I costi variabili sono, invece, quei costi che variano al variare della quantità acquistata.

Esempi di costi fissi sono, per esempio:

* gli affitti, che si sostengono anche per acquisti zero

* le utenze (telefoniche ed elettriche)

* i salari e gli stipendi del personale

Esempi di costi variabili sono, per esempio:

* i costi d’acquisto della merce con tutti i costi accessori (trasporto, ecc…)

* i costi legati allo stoccaggio (immagazzinamento) della merce (assicurazione, ecc…)

* tutti gli altri costi che non si sosterrebbero se non si acquistasse merce da vendere

Avendo chiara questa distinzione vediamo ora come un imprenditore accorto deve programmare la sua futura attività commerciale...

( http://www.studiamo.it/dispense/diritto-co...even-point.html )

<_< ... si fa aiutare dal go-go-go governo: se non riesce a raggiungere il break-even-point, il governo lo aiuta

ad abbattere i costi fissi. Come nella barzelletta... quella dove un'orologio vien gettato da una torre e si fa a gara a

chi lo prende prima ch'esso tocchi terra spaccandosi. E allora l'Italiano cosa fa te lo porta un'ora indietro, poi raggiunge

il marciapiede sottostante in largo anticipo, raccoglie al volo l'orologio ed in sostanza vince, vince, si, l'Italiano vince,

e con lui vince l'Italia intera. E se uno svizzero ti dice:"Italiano pizza spaghetti mandolino mamma, mamma lo sai chi

c'e'? E' arrivato il merendero , tu non arrossire, e non abbassare il capo, ma digli: primo tu non prendi parte neanche

ad una barzelletta. Due eee eeehehe. Treno dell'amore portami con te. Qua trovi la gioia, cinquinate il fiume, seeei .

Questo era un'esempio dell'arguzia che ci permette di spopolare nelle barzellette. Non e' soltanto l'amor che regna nella

nostra splendida terra, ma torniamo nel bosco. -_-

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