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Dipendenza affettiva


Ospite filotea

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allora...ho trovato questo articolo sulla dipendenza affettiva. mi ha fatto accendere varie lampadine...

La problematica della dipendenza affettiva è recente: nasce sull'onda del successo, negli anni '70,di un libro della psicologa americana Robin Norwood "Donne che amano troppo". Tracce di tale tipo di dipendenza si possono rinvenire anche prima, ad opera di altri studiosi. Lo psicanalista Fenichel nel 1945 nel libro Trattato di psicanalisi delle nevrosi e psicosi introduceva il termine amoredipendenti ad indicare persone che necessitano dell'amore come altri necessitano del cibo o della droga.

Nella dipendenza affettiva, l'amore verso l'altro presenta diverse caratteristiche delle dipendenze in generale, pur presentando, rispetto a quest'ultime una differenza sostanziale: essa si sviluppa nei confronti di una persona e ciò la rende più difficile da riconoscere e da contrastare.

Una premessa è d'obbligo: è normale che in una relazione, in particolare durante la fase dell'innamoramento, ci sia un certo grado di dipendenza, il desiderio di "fondersi coll'altro", ma questo desiderio "fusionale" collo stabilizzarsi della relazione tende a scemare. Nella dipendenza affettiva, invece, il desiderio fusionale perdura inalterato nel tempo ed anzi ci si tende a "fondersi nell'altro".

Il dipendente dedica completamente tutto sé stesso all’altro, al fine di perseguire esclusivamente il suo benessere e non anche il proprio, come dovrebbe essere in una relazione "sana". I dipendenti affettivi, solitamente donne, nell’amore vedono la risoluzione dei propri problemi, che spesso hanno origini profonde quali "vuoti affettivi" dell'infanzia. Il partner assume il ruolo di un salvatore , egli diventa lo scopo della loro esistenza, la sua assenza anche temporanea da la sensazione al soggetto di non esistere (DuPont, 1998). Chi è affetto da dipendenza affettiva non riese a cogliere ed a beneficiare dell'amore nella sua profondità ed intimità. A causa della paura dell’abbandono, della separazione, della solitudine, si tende a negare i propri desideri e bisogni, ci si "maschera" replicando antichi copioni passati, gli stessi che hanno ostacolato la propria crescita personale.

Proprio per questi motivi spesso questo tipo di personalità dipendente si sceglie partner "problematici", portatori a loro volta di altri tipi di dipendenza (droghe, alcol, gioco d'azzardo, ecc...). Ciò sempre al fine di negare i propri bisogni, perchè l'altro ha bisogno di essere aiutato. Ma è un'aiuto "malato" in cui si diventa "codipendenti", anzi si rafforza la dipendenza dell'altro, perchè possa essere sempre "nostro". In questi casi la persona non è assolutamente in grado di uscire da una relazione che egli stesso ammette essere senza speranza, insoddisfacente, umiliante e spesso autodistruttiva. Inoltre sviluppa una vera e propria sintomatologia come ansia generalizzata, depressione, insonnia, inappetenza, maliconia, idee ossessive. Quasi sempre c'e incompatibilità d'anima, mancanza di rispetto, progetti di vita diversi se non opposti, bisogni e desideri che non possono essere condivisi, oltre ad essere poco presenti momenti di unione profonda e di soddisfazione reciproca.

Chi è affetto da tale tipo di dipendenza s'identifica con la persona amata. La caratteristica che accomuna tutti i rapporti dei dipendenti da amore è la paura di cambiare. Pieni di timore per ogni cambiamento, essi impediscono lo sviluppo delle capacità individuali e soffocano ogni desiderio e ogni interesse.I dipendenti affettivi sono ossessionati da bisogni irrealizzabili e da aspettative non realistiche. Ritengono che occupandosi sempre dell'altro la loro relazione diventi stabile e durataura. Ma, immancabilmente, le situazioni di delusione e risentimento che si possono verificare li precipitano nella paura che il rapporto non possa essere stabile e duraturo, ed il circolo vizioso riparte, a volte addirittura "amplificato". Non ci si rende conto che l’amore richiede onesta e integrità personale perché l’amore è un accrescimento reciproco, uno scambio reciproco tra persone che si amano.Gli affetti che comportano paura e dipendenza, tipici della dipendenza affettiva, sono invece destinati a distruggere l’amore. Chi soffre di tale dipendenza è così attento a non ferire l'altro, da non rendersi conto che in questo modo finisce col ferire gravemente sé stesso.

Spesso, anche se non sempre e necessariamente, la persona amata è irraggiungibile per colui o colei che ne dipende. Anzi, in questi casi si può affermare che la dipendenza si fonda sul rifiuto, anzi, se non ci fosse, paradossalmente, il presunto amore non durerebbe. Infatti la dipendenza si alimenta dal rifiuto, dalla negazione di sè, dal dolore implicito nelle difficoltà e cresce in proporzione inversa alla loro irrisolvibilità. A questo riguardo Interessanti sono anche le considerazioni della psichiatria Marta Selvini Palazzoli. A suo parere quello che incatena nella dipendenza affettiva è l'Hybris, vale a dire la ingiustificata, assurda, sconsiderata presunzione di farcela. La presunzione di riuscire prima o poi a farsi amare da chi proprio non vuole saperne di amarci o di amarci nel modo in cui noi pretendiamo

Il già citato psicanalista Fenichel è del parere che gli amoredipendenti necessitano enormemente di essere amati nonostante abbiano scarse capicità di amare. Essi elemosinano continuamente dal aprtner maggior amore ottenendo, però il risultato opposto. Si legano a partner che considerano non adatti a loro, ma nonostante ciò li renda arrabbiati ed infelici non riescon a liberarsi di quest'ultimi.

La dipendenza affettiva colpisce, sopratutto il sesso femminile, in tutte le fascie d'età . Sono donne fragili che, alla continua ricerca di un amore che le gratifichi, si sentono inadeguate.Esse hanno difficoltà a prendere coscienza di loro stesse e del loro diritto al proprio benessere che non hanno ancora imparato che amarsi è non amare troppo, che amarsi è poter stare in una relazione senza dipendere e senza elemosinare attenzioni e continue richieste di conferme.

Attualmente, la dipendenza affettiva, non è stata classificata come patologia nei vari sistemi diagnostici psichiatrici, come il DSM IV e si cerca di farla rientrare nei vari disturbi contemplati in essi, anche se ricerche svolte in questo campo, come quelle di Giddens, la considerano come un disturbo autonomo. Secondo quest'ultimo la dipendenza presenta alcune specifiche caratteristiche: L’"ebbrezza" (il soggetto affettivamente dipendente prova una sensazione di ebbrezza dalla relazione dei partner, che gli è indispensabile per stare bene). La “dose” - il soggetto affettivamente cerca “dosi” sempre maggiori di presenza e di tempo da spendere insieme al partner. La sua mancanza lo getta in uno stato di prostrazione. Il soggetto esiste solo quando c’è l’altro e non basta il suo pensiero a rassicurarlo, ha bisogno di manifestazioni continue e concrete. L’aumento di questa “dose”non di rado esclude la coppia dal resto del mondo. Se la dipendenza è reciproca la coppia si alimenta di se stessa. L’altro è visto come un’ evasione, come l’unica forma di gratificazione della vita. Le normali attività quotidiane sono trascurate quotidianamente. L’unica cosa importante è il tempo trascorso con l’altro perché è la prova della propria esistenza, senza di lui non si esiste, diventa inimmaginabile pensare la propria vita senza l'altro. Tutto ciò rivela un basso grado di autostima, seguito da sentimenti di vergogna e di rimorso. In alcuni momenti si è "lucidi" su questo tipo di relazione con l’altro, s'intuisce che la dipendenza è dannosa ed è necessario farne a meno. Ma subentra la considerazione di essere dipendenti e ciò rafforza il basso livello d'autostima personale e quindi spinge ancora di più verso l’altro che accoglie e perdona, ben felice, talvolta, di possedere. Quindi ogni tentativo di riscatto dalla propria dipendenza muore sul nascere.

A queste caratteristiche comune a tutte le dipendenze, elaborate da Giddens, nè aggiungerei, un'altra, non presente nelle altre dipendenze: la PAURA. Paura ossessiva e fobica di perdere la persona amata, che s'alimenta a dismisura ad ogni piccolo segnale negativo che si percepisce. A volte basta rimanere inaspettatamente soli o non ricevere una telefonata per avere paura di un'abbandono definitivo.

Inoltre nel soggetto affetto da tale tipo di dipendenza è possibile rintracciare una sorta di ambivalenza affettiva che è riassumibile nella massima del poeta latino Ovidio: "Non posso stare nè con tè, nè senza di tè". "Non posso stare con tè" per il dolore che si prova in seguito alle umiliazioni, maltrattamenti, tradimenti e quant'altro si subisce. "Non posso stare senza di tè" perchè è indicibile la paura e l'angoscia che si prova al solo pensiero di perdere la persona amata.

Riepilogando i sintomi della dipendenza affettiva sono (l'elenco è lungi dall'essere esaustivo):

* Paura di perdere l’amore

* Paura dell’abbandono, della separazione

* Paura della solitudine e della distanza

* Paura di mostrarsi per quello che si è

* Senso di colpa

* Senso d'inferiorità nei confronti del partner

* Rancore e Rabbia

* Coinvolgimento totale e vita sociale limitata

* Gelosia e possessività

Concludere con una considerazione:

Un'amore autentico nasce dall'incontro fra due unità e non due metà.

Dott. Roberto Cavaliere

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questo articolo mi ha fatto riflettere su quanto nella mia vita sia stata e sia ancora affettivamente dipendente.

in entrambi i modi.

sia amando qualcuno che ha bisogno di me...sapere che luo ha bisogno di me mi fa sentire sicura dall'abbandono. "non mi lascerà perchè gli sono necessaria..." (che modo meschino d'amare il mio...)

sia amando qualcuno che mi rifiutava. io do una mia lettura a questo seconda situazione: c'entra sempre la paura dell'abbandono. il rifiuto mi "rassicura " (in una maniera contortissima lo so) non posso essere abbandonata da qualcuno che mi rifiuta... credo di essermi messa in questa situazione per paura della dipendenza stessa. per paura della sofferenza.

"meglio soffrire per il fatto di non poterti avere...che soffrire la paura di perderti." anzi "che perderti sicuramente"

una specie di difesa dall'amore. dal troppo amore. dall'amore sbagliato.

questa dinamica la sto "ricreando" col mio psi: dipendenza, paura della dipendenza che mi porta ad allontanarmi da lui, rassicurazione per il fatto che non mi può "rifiutare" veramente, ma lo DEVE fare per deontologia...ma anche rassicurazione per il fatto che non posso averlo e successivamente perderlo.

lo so che è difficile seguire il discorso. sto facendo mente locale per me stessa...

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Bellissimo articolo, mi ritrovo in molti punti. Me lo ricordo benissimo come mi comportavo e cosa provavo e pensavo.

Ora però posta un articolo con la soluzione per le dipendenze affettive ihihhi.

Io sono cambiata tantissimo nel corso degli anni, sono diventata più indipendente, autonoma, non sento il bisogno di un uomo.

Ma so per certo di provare una dipendenza da un ragazzo. E' una storia troppo triste e delicata e non la racconterei qui, però il punto è che io cerco ancora conferme da lui anche se non c'è più nulla ormai tra noi e quel che è peggio razionalmente non lo reputo la persona giusta per me.

Mi ha ferita e offesa e anche molto. Forse è dovuto a questo. Non riesco ad accettare di non essere entrata nelle grazie di qualcuno e che mi abbia solo usata.

Vorrei cancellarlo dalla mia vita, ma proprio quando guarisco da lui, si fa presente con un messaggio ma niente di che, mi aggiorna su qualcosa perchè gli sevre un commento o che ne so. E allora io mi illudo che possa rinascere un rapporto basato sulla stima reciproca, ma niente, sparisce di nuovo. Forse devo cancellarlo da tutto, cambiare anche numero di telefono, perchè lui ha questo potere ancora di farmi soffrire, nonostante io non lo cerchi.

Non è nemmeno una persona comunicativa, o almeno il dialogo con me non ha mai funzionato.

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ecco allora la paura che avevo io fino al 2008 era quella,paura dell'abbandono....non dico che ora farei i salti di gioia,il dolore di staccarsi da chi ami rimane ma il terrore e il rifiuto di poterlo anche pensare no.Devo dire grazie a Stella per questo....lo shock di riviverlo è stato un'antidoto per me....

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"meglio soffrire per il fatto di non poterti avere...che soffrire la paura di perderti." anzi "che perderti sicuramente"

una specie di difesa dall'amore. dal troppo amore. dall'amore sbagliato.

questa dinamica la sto "ricreando" col mio psi: dipendenza, paura della dipendenza che mi porta ad allontanarmi da lui, rassicurazione per il fatto che non mi può "rifiutare" veramente, ma lo DEVE fare per deontologia...ma anche rassicurazione per il fatto che non posso averlo e successivamente perderlo.

lo so che è difficile seguire il discorso. sto facendo mente locale per me stessa...

Bello l'articolo, tutti i dipendenti troveranno qualche aspetto in cui rispecchiarsi.

Io sono stata certamente una drogata di amore, ma me ne sono accorta pienamente solo dopo qualche anno di terapia (e dopo una storia che mi aveva fatto regredire notevolmente), in famiglia ci sono state storie di droga vere (eroina) per fortuna risolte egregiamente, se non ci sono caduta anch'io è solo perchè ho avuto un ottimo lavaggio del cervello a scuola al riguardo e forse anche l'aver assistito da vicino alla quasi distruzione di una persona amata (con conseguente senso di colpa immenso perchè ti senti impotente davanti a una cosa tanto più grande di te)

Judi....tanto per romperti il c....hehehe....la rassicurazione che non ti può rifiutare.....vabbè la deontologia....però, sai, mai dire mai....ci sono pure casi in cui poi paziente e analista si sono sposati....mi pare che Eric Fromm si sposò con la sua analista....hahaha

.....scusa :blush: , mi andava di sdrammatizzare, tu lo sai che ti capisco benissimo, siamo sulla stessa barca.

ahò però diciamolo che in ogni caso, dipendenti o no, innamorarsi di qualcuno e non essere corrisposti è sempre 'na bella mazzata!

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