Risponderò con ordine, premettendo solo che non penso che a Primula passi nemmeno per la testa di lasciare il marito, ma ciò non vuol dire che io non deva darle il consiglio che reputo più adeguato.
@Oscar/Joker
Sì e no, come anche tu precisi dopo bisogna vedere con quale ottica e aspettative ci si è sposati, e non mi sembra giusto che se le condizioni iniziali sono cambiate drasticamente, un coniuge viva una situazione di estremo disagio a causa dell'altro. Una cosa è infatti affrontare delle difficoltà comuni insieme, ben altra è vedere uno dei due trascinare l'altro in un pozzo di infelicità. Ora, in questo caso è evidente che la povera signora non ha sposato un depresso, ma se lo è ritrovato ad un certo punto della loro vita coniugale. Indipendentemente da quali possano essere i fattori scatenanti di tale patologia, perché ella dovrebbe attraversare un calvario del genere? In nome di una promessa avventata fatta in gioventù e della quale non ha ponderato bene le gravi implicazioni?
Ricordo che ha giurato di stargli accanto in salute e in malattia solo agli occhi di dio, per lo stato italiano ha semplicemente firmato un contratto (in realtà non è proprio così, ma lasciamo perdere questa sottigliezza) che può terminare in qualsiasi momento quando si accorgesse che non è più vantaggioso per lei. Secondo me la sfortunata dovrebbe farsi forza e avere il coraggio di cambiare.
Si è assunta un dovere, è vero, ma possiamo biasimarla se di fronte alla prospettiva di una lunga infelicità decidesse di sottrarsene? A mio parere no, è anzi un gesto che deve a sé stessa. Il matrimonio obbliga ad una scelta lunga un vita, e secondo me ciò è contro natura, la nostra mente è dinamica ed è giusto che si possa cambiare idea. Quanto al fatto che assumersi un dovere darebbe un senso alle nostre vite ti rispondo solo che, per come la vedo io, niente di ciò che facciamo può dare un senso a ciò che non ce l'ha.
Forse sono immaturo, potresti avere ragione, e sicuramente egoista, ma meglio così che fare la fine di coloro che mentono a sé stessi perché non vogliono accettare di avere la naturale esigenza di ricercare la propria felicità e così si convincono di fare le scelte che fanno per mille motivi inutili nessuno dei quali è quello vero. Si raccontano le storielle che nel rapporto c'erano incomprensioni, che mancava il dialogo o altre ragioni che fino al momento prima non esistevano senza scorgere il reale motivo, il bisogno di cambiare. Tu lo chiami egoismo? Anch'io, ma ci aggiungo anche la parola onestà.
@Digi79
No, credo sia una malattia, ma credo anche che a volte venga usata come scusa, pur non soffrendone, per giustificare insoddisfazioni personali e comportamenti negativi (non sto dicendo che è questo il caso).
Se con il tumore l'uomo cambiasse il proprio umore, fosse arrabbiato con lei e con il mondo e la facesse stare male, rendendo così l'ambiente familiare pesante (come nel caso della depressione), allora dovrebbe lasciarlo anche in quel caso.
E' molto probabile, l'altruismo incondizionato è molto raro (oltre che patologico).