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Sono solo ipotesi, ma potrebbe c'entrare anche questo (oppure uno sforzo del tipo di prevenirlo evitando di parlarne troppo

in famiglia, sforzo che a un certo punto diventa insostenibile):

Doppio mobbing:

L’energia distruttiva con cui la vittima è caricata e che trova in famiglia la possibilità di scaricarsi, può giungere ad un livello

tale da comportare la saturazione delle riserve familiari. La famiglia latina, protettrice e geneosa, improvvisamente cambia

atteggiamento, cessando di sostenere la vittima e cominciando invece a proteggere se stessa dalla forza distruttiva del

mobbing. Ciò significa che la famiglia si richiude in se stessa, per istinto di sopravvivenza, e passa sulla difensiva.

La vittima infatti è diventata una minaccia per l’integrità e la salute del nucleo familiare, che ora pensa a proteggersi prima,

ed a contrattaccare poi.

Si tratta naturalmente di un processo inconscio: nessun componente sarà mai consapevole di aver cessato di aiutare il

proprio caro. E’ in questi casi che parla di doppio mobbing, il mobbizzato perde la valvola di sfogo rappresentata dalla famiglia

e quindi è praticamente accerchiato. Sono questi infatti i momenti di maggiore pericolasità per una vittima, quando cioè si sente

veramente abbandonato da tutti.

http://www.stopmobbing.org/article.php3?id_article=10

E un pochino anche la disinformazione.

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capisco il meccanismo... ma mi sembra azzardato ipotizzarlo in questo esempio. se ho capito bene nel "doppio mobbing" la famiglia é consapevole del mobbing subito dal familiare, ma a un certo punto (per le motivazioni inconscie spiegate lì) smette di sostenere il mobbizzato, magari (immagino) non dando più troppo peso alle sue "lamentele"...

però in una situazione del genere arrivare poi ad affermare "non ci eravamo accorti di nulla", beh, mi sembrerebbe ipocrisia , altro che inconscio...

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va be' ... questo non possiamo stabilirlo ma piuttosto credo sia giusto riconoscerlo come un fenomeno sociale da inquadrare come tale e affrontarlo in maniera anche preventiva, qualcosa di cui le istituzioni dovrebbero farsi carico e intervenire con delle leggi atte soprattutto alla prevenzione, no?

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ecco, ad esempio in questo caso la famiglia non ha detto "non ce ne eravamo accorti"

Altre notizie dalla matrice d'oltralpe, dove la Renault è stata condannata per il suicidio (non isolato) di un

ingegnere che lavorava per essa. Interessante il paragone tra ciò su cui viene puntato il dito in Francia:

Sotto accusa i ritmi di lavoro di quello che è un centro d'eccellenza di Renault e il perseguimento di determinati obiettivi.

Tutto ciò avrebbe contribuito a mettere sotto pressione l'ingegnere, come emerge anche dalla rievocazione della moglie:

«Mio marito, per raggiungere gli obiettivi che gli erano stati assegnati lavorava tutte le sere, tutte le notti e tutti i fine

settimane negli ultimi mesi. Dormiva solo due ore al giorno ed era talmente stanco che mi diceva che non ce l'avrebbe mai fatta».

(Fonte: IlSole24Ore.com, 18 dicembre 2009)

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va be' ... questo non possiamo stabilirlo ma piuttosto credo sia giusto riconoscerlo come un fenomeno sociale da inquadrare come tale e affrontarlo in maniera anche preventiva, qualcosa di cui le istituzioni dovrebbero farsi carico e intervenire con delle leggi atte soprattutto alla prevenzione, no?

questo sicuramente!

quello che indendo dire è che quell'altro isolamento, quello familiare, può lasciare solo l'individuo davanti a qualsivoglia evento, anche per niente attinente al mobbing. e non è qualcosa risolvibile con delle "leggi".

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sì ma qua si parlava del fatto che fosse una conseguenza del mobbing da lavoro abbinato probabilmente a quello che nell' articolo veniva definito come "doppio mobbing"

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l'" abbinato probabilmente al doppio mobbing" .... è una ipotesi uscita negli ultimissimi messaggi. ho solo commentato rispetto a questo aspetto.

...che potete divagare solo voi?

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quello che indendo dire è che quell'altro isolamento, quello familiare, può lasciare solo l'individuo davanti a qualsivoglia evento, anche per niente attinente al mobbing. e non è qualcosa risolvibile con delle "leggi".

ma io non sto dicendo che bisogna ascrivere quelle che dovrebbero essere responsabilità personali alle istituzioni e questo vale per qualunque argomento... però è giusto a mio parere che esista una presa di coscienza oltre che individuale anche istituzionale... il che è diverso

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e vabbè si...ho fatto una mia mini-riflessione, che non esclude in nessun modo il fatto che andrebbe preso in considerazione dalle istituzioni il problema del mobbing. non capisco perchè me l'hai dovuto precisare in ben due messaggi.

ho capito. :huh:

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capisco il meccanismo... ma mi sembra azzardato ipotizzarlo in questo esempio. se ho capito bene nel "doppio mobbing" la famiglia é consapevole del mobbing subito dal familiare, ma a un certo punto (per le motivazioni inconscie spiegate lì) smette di sostenere il mobbizzato, magari (immagino) non dando più troppo peso alle sue "lamentele"...

però in una situazione del genere arrivare poi ad affermare "non ci eravamo accorti di nulla", beh, mi sembrerebbe ipocrisia , altro che inconscio...

In quel caso, se non sbaglio, si tratta di un "nato professionalmente" in altri tempi e quindi è verosimile che abbia cercato

lui di non far ricadere sulla famiglia i problemi che viveva sul lavoro, pensando inizialmente che fossero passeggeri.

Comunque guarda che il difendersi in modo inconscio da qualcosa passa anche attraverso cose come il razionalizzare

i segnali (anche macroscopici) che potrebbero farsene accorgere Razionalizzandoli, nel senso di attribuire loro spiegazioni

rassicuranti, si tende a minimizzare fino al punto di non accorgersi di quello che indicano (o che potrebbero indicare).

Un processo che in qualche grado suppongo sia insito nella nostra natura, altrimenti ci si suiciderebbe tutti...

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... problemi di comunicazione... :D:

non so, non è che ti abbia attaccato..Il mio parere scaturito dal tuo post, probabilmente teneva in considerazione ciò che credevo volessi dire magari, sbagliandomi ma niente di grave, spero. Un giorno o l' altro aprirò un topic sui "problemi comunicativi" del forum... :D:

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In quel caso, se non sbaglio, si tratta di un "nato professionalmente" in altri tempi e quindi è verosimile che abbia cercato

lui di non far ricadere sulla famiglia i problemi che viveva sul lavoro, pensando inizialmente che fossero passeggeri.

Comunque guarda che il difendersi in modo inconscio da qualcosa passa anche attraverso cose come il razionalizzare

i segnali (anche macroscopici) che potrebbero farsene accorgere Razionalizzandoli, nel senso di attribuire loro spiegazioni

rassicuranti, si tende a minimizzare fino al punto di non accorgersi di quello che indicano (o che potrebbero indicare).

Un processo che in qualche grado suppongo sia insito nella nostra natura, altrimenti ci si suiciderebbe tutti...

boh, lo so... però sinceramente, se mi calo nella mia realtà: io mi accorgo del malessere del mio compagno, anche quando lui cerca di nasconderlo...poi posso non essere in grado di sostenterlo ed aiutarlo...

se penso a me stessa, anche se per motivi diversi, prima di arrivare a sucidicarmi sono andata dal mio compagno e gli ho detto "ho bisogno di aiuto. sono disperata". quasi testuali parole... poi avrebbe potuto succedere lo stesso, l'aiuto psicologico avrebbe potuto non aiutarmi abbastanza, è possibile.

è che non riesce a non farmi impressione che qualcuno si suicidi senza prima provare a dire al proprio compagno "aiuto. sono disperato".

chiudo qui perchè non voglio andare ot.

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boh, lo so... però sinceramente, se mi calo nella mia realtà: io mi accorgo del malessere del mio compagno, anche quando lui cerca di nasconderlo...poi posso non essere in grado di sostenterlo ed aiutarlo...

se penso a me stessa, anche se per motivi diversi, prima di arrivare a sucidicarmi sono andata dal mio compagno e gli ho detto "ho bisogno di aiuto. sono disperata". quasi testuali parole... poi avrebbe potuto succedere lo stesso, l'aiuto psicologico avrebbe potuto non aiutarmi abbastanza, è possibile.

è che non riesce a non farmi impressione che qualcuno si suicidi senza prima provare a dire al proprio compagno "aiuto. sono disperato".

chiudo qui perchè non voglio andare ot.

Non sei affatto OT, non preoccuparti.

Qui potrebbero entrare in gioco fattori soggettivi culturali che magari rendono più forti in determinate situazioni e più fragili in altri...

magari per un padre di famiglia cinquantenne che ha da tempo consolidato un'immagine di se stesso e del suo ruolo nei confronti

dei propri cari è più difficile trovare la forza di dir loro "aiuto sono disperato", che per un giovane... senza contare che potrebbe

temere (magari a ragione) che così facendo trasmetterebbe solo la propria disperazione a loro, se dipendono da lui.

Poi c'è anche un rischio che molti conoscono bene e che cercano di evitare proprio astenendosi dal mandare messaggi del genere:

potrebbe far diventare quello che è un problema grave sul lavoro, un problema psicologico proprio e confinarlo lì (che è una delle

prime strategie mobbizzanti, a volte consapevoli, a volte meno).

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O peggio, a cercare qualcuno che lo faccia perconto tuo?

ieri , se solo avessi avuto pazienza aspettando di comprendere dove andava a finire il mio discorso , non è detto che io condividevo quella posizione, comunque il risultato era il considerare e far reagire gli strati emarginati e sfruttati della societa', ma siccome parti dai preconcetti che la cultura televisiva e giornalistica instilla tutti i giorni nella mente degli Italiani finisci per non voler comprendere certi discorsi e poi non ci stupiamo se l Italia è conosciuta nel mondo per mandolini, vino e pallone......................poi Ransie facendo appello ai ricordi del liceo pensava che parlassi di marxismo , invece il mio discorso era di molti anni avanti pero' a scuola queste cose non te le insegnano, almeno di non avere avuto prof in gamba

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Non sei affatto OT, non preoccuparti.

Qui potrebbero entrare in gioco fattori soggettivi culturali che magari rendono più forti in determinate situazioni e più fragili in altri...

magari per un padre di famiglia cinquantenne che ha da tempo consolidato un'immagine di se stesso e del suo ruolo nei confronti

dei propri cari è più difficile trovare la forza di dir loro "aiuto sono disperato", che per un giovane... senza contare che potrebbe

temere (magari a ragione) che così facendo trasmetterebbe solo la propria disperazione a loro, se dipendono da lui.

Poi c'è anche un rischio che molti conoscono bene e che cercano di evitare proprio astenendosi dal mandare messaggi del genere:

potrebbe far diventare quello che è un problema grave sul lavoro, un problema psicologico proprio e confinarlo lì (che è una delle

prime strategie mobbizzanti, a volte consapevoli, a volte meno).

sull'ultima parte del tuo discorso... beh, messaggi del genere di solito rimangono confinati al nucleo dei fidati (per me il mio compagno) ovviamente manco io avrei lasciato emergere al lavoro questioni del genere...

la prima parte della tua risposta mi fa venire in mente una cosa che più di una volta mi è capitato di pensare: anche per me il lavoro è causa di "problemi", contribuisce al mio malessere... però essendo un lavoro di livello molto basso, da un certo punto di vista lascia quella libertà mentale di dire "in fondo non ho niente da perdere. un lavoro del cavolo sottopagato lo posso sempre trovare". mi rendo conto che psicologicamente è molto più dura per chi ha lavorato e studiato duro per trovarsi in una certa posizione...che poi si rivela un'incubo! avendo per di più il timore di non poter trovare un'altro lavoro "equivalente". li divenda davvero dura da affrontare psicologicamente...

aggiungo quello che probabilmente direbbe il mio psi: che non bisognerebbe costruire la propria identità unicamente sul lavoro che si fa...

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O peggio, a cercare qualcuno che lo faccia perconto tuo?

spiegami un po' in cosa consiste il tuo attivismo, da quella azienda te ne sei uscito almeno mandandoli al diavolo.....................cosa hai fatto spiegamelo, io ieri ti stavo per spiegare un tipo di reazione a quel sistema , poi ti potevo dire se ha o non ha funzionato e tu invece quale sistema proponi? quello che mi fa girare le scatole e il fatto che non proponete nulla, accusate di essere ignavi gli altri e voi vi esponete mettendo la foto di Berlusconi che si incipria il naso e altre cavolate...............io invece gli emarginati li osservo forse meglio di te e spesso mi girano le balle perche' non ci posso fare niente, tu o bene o male una laurea ce l' hai, non so come tu stia di salute ma credo che sia difficile che tu finisca completamente con il culo per terra perche' hai avuto la possibilita' di farti una certa cultura e quando ti andranno veramente strette un impiego lo troverai..........e vedo pure quelli che sono stati esclusi per motivi che fanno veramente venire voglia di mettere una bomba a tutta questa societa' di merda...........................e una cosa che non mi piace, non mi riferisco a te, sono le persone che se la prendono con il sistema solo perche' non riescono a prenderne parte altrimenti farebbero parte dei ''poveri arricchiti''..................vorrei sapere in cosa consiste il tuo attivismo?

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sull'ultima parte del tuo discorso... beh, messaggi del genere di solito rimangono confinati al nucleo dei fidati (per me il mio compagno) ovviamente manco io avrei lasciato emergere al lavoro questioni del genere...

la prima parte della tua risposta mi fa venire in mente una cosa che più di una volta mi è capitato di pensare: anche per me il lavoro è causa di "problemi", contribuisce al mio malessere... però essendo un lavoro di livello molto basso, da un certo punto di vista lascia quella libertà mentale di dire "in fondo non ho niente da perdere. un lavoro del cavolo sottopagato lo posso sempre trovare". mi rendo conto che psicologicamente è molto più dura per chi ha lavorato e studiato duro per trovarsi in una certa posizione...che poi si rivela un'incubo! avendo per di più il timore di non poter trovare un'altro lavoro "equivalente". li divenda davvero dura da affrontare psicologicamente...

aggiungo quello che probabilmente direbbe il mio psi: che non bisognerebbe costruire la propria identità unicamente sul lavoro che si fa...
sono d'accordo l' uomo non è fatto solo per lavorare e chi non ha studiato per vari motivi non perche' ha voluto solo divertirsi, si è rotta la schiena in altro modo e magari sentirsi classificato per un pezzo di carta fa stare male, avendo avuto le stesse possibilità , non dico solo economiche , avrebbe preso quel pezzo di carta meglio di lui.....purtroppo siamo nell Italia dell' ingegnere , dell' avvocato tal dei tali.............................non della persona onesta ........................... e poi a prescindere dal sistema se uno è portato veramente per una cosa ,almeno che non abbia blocchi personali , la fa lo stesso

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spiegami un po' in cosa consiste il tuo attivismo, da quella azienda te ne sei uscito almeno mandandoli al diavolo.....................

Prima mi spieghi dove hai letto questa cosa. E cerca di essere convincente.

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sull'ultima parte del tuo discorso... beh, messaggi del genere di solito rimangono confinati al nucleo dei fidati (per me il mio compagno) ovviamente manco io avrei lasciato emergere al lavoro questioni del genere...

Purtroppo essere fidati non vuol dire essere esenti dal compiere errori di valutazione di quel tipo.

sull'ultima parte del tuo discorso... beh, messaggi del genere di solito rimangono confinati al nucleo dei fidati (per me il mio compagno) ovviamente manco io avrei lasciato emergere al lavoro questioni del genere...

la prima parte della tua risposta mi fa venire in mente una cosa che più di una volta mi è capitato di pensare: anche per me il lavoro è causa di "problemi", contribuisce al mio malessere... però essendo un lavoro di livello molto basso, da un certo punto di vista lascia quella libertà mentale di dire "in fondo non ho niente da perdere. un lavoro del cavolo sottopagato lo posso sempre trovare". mi rendo conto che psicologicamente è molto più dura per chi ha lavorato e studiato duro per trovarsi in una certa posizione...che poi si rivela un'incubo! avendo per di più il timore di non poter trovare un'altro lavoro "equivalente". li divenda davvero dura da affrontare psicologicamente...

aggiungo quello che probabilmente direbbe il mio psi: che non bisognerebbe costruire la propria identità unicamente sul lavoro che si fa...

No, guarda: quando sei in quelle situazioni la scelta non è tra un lavoro equivalente o uno peggiore, ma tra dentro e fuori.

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