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Generazione né-né


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Beh, il capitano, o meglio quel che fa assieme alla sua ciurma, determina l'habitat al quale un né-né dovrebbe

prepararsi o nel qual dovrebbe entrare se decidesse di muovere il cu.lo e cambiare almeno uno dei due "né" in un

"mo' faccio questo". A meno che non sia davvero un deficiente, o che non si prepari per andare a vivere su Marte o

che non faccia le cose solo per far oontenta mammà facendole vedere che s'impegna, una sbirciatina all'habitat

per capire a cosa deve prepararsi suppongo che anche un né-né la dia.

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mah... io vivo in una situazione lavorativa pessima nonostante abbia studiato tanto... la mia laurea con tanto di master e dottorato non è servita a farmi trovare un lavoro che io reputo 'decente' (ma la colpa è sicuramente mia) e non ti nego che se non avessi una famiglia e un figlio ma vivessi ancora con mamma e papà sarei con piacere nonostante i miei 33 anni un ne'-ne'.

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Hai detto niente.

Vuoi dire la possibilità di creare associazioni educative, tipo boyscout, che creino compiti, ecc.ecc.

Prepararsi al lavoro?

non so, si simula il lavoro..

che vogliamo fare?

Condividiamo un obiettivo..

Ariparto per la tangente..

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mah... io vivo in una situazione lavorativa pessima nonostante abbia studiato tanto... la mia laurea con tanto di master e dottorato non è servita a farmi trovare un lavoro che io reputo 'decente' (ma la colpa è sicuramente mia) e non ti nego che se non avessi una famiglia e un figlio ma vivessi ancora con mamma e papà sarei con piacere nonostante i miei 33 anni un ne'-ne'.

Una cosa che sbirciando noterebbe subito, probabilmente, è che si lamentano tutti o quasi, ma che di rado fanno qualcosa

per migliorare l'habitat, e si lanciano in autoritratti quasi eroici e invidiosi di condizioni che probabilmente si immaginano

molto diverse da come sono in realtà. Sarebbe un punto a favore della decisione "nè questo né quello", direi.

Oh, comunque il né-né è una figura mitologica, eh. Quell'articolo è un mezzo imbroglio, mette nello stesso calderone

adolescenti (che da che mondo è mondo sono in una fase di vita interlocutoria), con persone con seri problemi lavorativi ed

economici in un periodo di piena recessione che viene dopo una decina d'anni di precarizzazione del lavoro. Ad esempio il

tipo in fondo all'articolo, quello che ha depositato il pargolo da mammà, dice "faccio quello che viene", non "non faccio niente"...

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Il lavoro precario ti impedisce di programmare il futuro, perchè magari non puoi prendere il mutuo perchè corri il rischio di trovarti senza nulla.

E siamo d'accordo.

Ma ti dà la motivazione a farti apprezzare, a girarti intorno per vedere se trovi di meglio, ti costringe sicuramente a uno sforzo maggiore.

Non è che col lavoro fisso, le condizioni di lavoro siano idilliache, eh?

Il lavoro è lavoro.

Certo poi se si parla di aspirazioni personali, allora si entra in un campo completamente diverso, tenendo ben conto che è giusto averle, è positivo.

Quando si lavora, si fatica per definizione, e le soddisfazioni te le devi cercare col lanternino e in più devi avere anche fortuna, perchè non sempre bastano una per volta.

Anch'io se ne potessi fare a meno, lo farei di corsa, io punto allo stipendio.

Purtroppo è la parte negativa questa:

sarebbe meglio dire voglio fare il barista perchè mi piace preparare i cocktail, il cuoco perchè mi piace cucinare..

Si può scoprire, e succede a molti, che quello che ci piace poi, non ha niente a che vedere con quello che si è studiato.

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Il lavoro precario ti impedisce di programmare il futuro, perchè magari non puoi prendere il mutuo perchè corri il rischio di trovarti senza nulla.

E siamo d'accordo.

Ma ti dà la motivazione a farti apprezzare, a girarti intorno per vedere se trovi di meglio, ti costringe sicuramente a uno sforzo maggiore.

Sea, ma quanto anni hai? :blink:

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Dicevo, è un mezzo imbroglio perché fornisce dei dati e una chiave di lettura, e l'imbroglio sta nella seconda.

Abituandosi a ragionare con la propria testa (cosa per la quale dicono ci vuole molto studio e molto lavoro) uno

potrebbe ad esempio prendere la parte che descrive gli adolescenti:

Nella fascia di età tra i 15 e i 19 anni ci sono 270 mila ragazzi che non studiano e non lavorano (il 9%): la maggior

parte perché un lavoro non lo trova; 50 mila perché della loro inattività ne fanno una scelta; 11 mila, poi, proprio

perché di lavorare o studiare non ne vogliono sapere («non mi interessa», «non ne ho bisogno»).

... fare due conti e scoprire che tutto sommato i ragazzi di questa fascia che si dichiarano "né-né" sono davvero

pochi, circa 60.000 su 3.000.000, 2 su 100. Probabilmente quanti ce n'erano quando avevo quest'età io quasi

vent'anni fa, che studiavo e d'estate lavoravo, cosa che non mi rende più capace o intraprendente dei ragazzi di

adesso che non lavorano, perché io non ho dovuto far tutta la fatica che si fa adesso per trovare lavoretti da

studenti, a causa concorrenza di adulti in ripiego e di stranieri a basso costo.

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Pochi più di te.

Infatti mi sembrava. Non ti sembrano ragionamenti un po' ingenui, e, diciamocela tutta, anche un tantino ricattatori?

Tra l'altro, visto che non sei più giovanissima forse ti ricordi che una volta si parlava di "flessibilità" decantandone le

lodi (forse non senza ragioni) e c'erano grossi scontri quando qualcuno diceva che sarebbe diventata precariato.

Ora siamo cresciuti così tanto che abbiamo perso anche questo pudore e lo diciamo esplicitamente che serve per

costringere le persone a farsi apprezzare di più? Biagi l'hanno ammazzato per molto meno.

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Tra l'altro il precariato, che è una minaccia, non un incentivo e per questo ne veniva negata l'eventualità

da chi era in malafede o semplicemente ottimista col cu.lo degli altri, ma era visto e indicato come un

pericolo concreto da studiosi seri come Biagi (che infatti insisteva sul rinforzo degli ammortizzatori sociali),

è una minaccia che funziona non solo secondo lo schema "fatti apprezzare sempre di più o finisci in strada",

ma anche secondo lo schema "colpirne uno per educarne cento". Cioè.. ha effetti di tipo diverso ma molto

forti anche sulla maggioranza che non ne è colpita direttamente.

Sempre per il discorso dell'habitat...

Ho provato a mostrarlo nel topic della matrix dando voce a quelli che non ne sono colpiti e mostrando

qual'è il loro atteggiamento conseguente a questa minaccia (che è palpabile, anche se non sempre reale,

ma una minaccia basta che sia percepita per avere effetti...).

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lui fa fare il suo lavoro agli altri quasi senza che gli altri se ne accorgano... è difficile dirgli di no perchè ha un modo così affabile ed affascinante di chiedere che sembra in realtà non stia chiedendo nulla.

e scordavo di dire che poi il merito è suo... scarica il peso da portare e si prende solo il bello

mentre leggevo pensavo che Stanca stesse facendo una descrizione ironica di Berlu e parte del suo elettorato....

Se la domanda era rivolta a me, non lo so come dev'essere... io parlavo di una figura di "capitano" (in senso lato) caratterizzato

dal cosa fa e cosa evita di fare.

Tipo, per capirsi con un esempio forse più riconoscibile, il classico politico politicante. Quello che non appena si ritrova in mano

qualcosa (fondi, strumenti decisionali, legislativi ecc) che gli viene messo in mano per fare determinate cose, evita di farle e

e usa quel qualcosa per garantirsi consenso. Per compiacere, insomma, foraggiando.

a questo ho pensato immediatamente quando hai parlato di capitano foraggioso

Ho usato il termine "capitano" per il gioco di parole ma sono stato fuorviante e chiedo scusa.

per me non sei stato fuorviante ma forse è perché certe cose cose le pensavo già dall'inizio

Beh, il capitano, o meglio quel che fa assieme alla sua ciurma, determina l'habitat al quale un né-né dovrebbe

prepararsi o nel qual dovrebbe entrare se decidesse di muovere il cu.lo e cambiare almeno uno dei due "né" in un

"mo' faccio questo". A meno che non sia davvero un deficiente, o che non si prepari per andare a vivere su Marte o

che non faccia le cose solo per far oontenta mammà facendole vedere che s'impegna, una sbirciatina all'habitat

per capire a cosa deve prepararsi suppongo che anche un né-né la dia.

Per me il discorso principale resta sempre lo stesso, non importa se i né-né siano una minoranza o meno, potrebbe anche essere una minoranza dallo sguardo acuto, sa cosa non l'aspetta e ha deciso che è meglio morire da piccoli.

Lo stato è vissuto da troppo tempo come una mucca da mungere all'infinito senza foraggiarla (una volta tanto nel modo giusto e sano) quasi mai (non ci dimentichiamo il debito pubblico che ha raggiunto nuovamente record storici negativi).

Sta mammona non è Gesù Cristo che può fare la moltiplicazione di pani e pesci, ma semmai sta già da tempo fagocitando sé stessa, ipotecando sempre di più il futuro di tutti.

Qui si continua a parlare ogni tanto di aspetti caratteriali di una generazione, valori da trasmettere ai figli, ecc.

Beh, io non ho figli, ma se ne avessi li farei studiare per quanto posso e poi farei di tutto per spedirli all'estero il prima possibile, col chiaro messaggio che se restano qui rischiano seriamente di morire di fame o di fare una vita da quattro soldi.

Non è il lavoro precario che spinge a farsi apprezzare ma i sistemi meritocratici.

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Mettiamo una cosa bene in chiaro:

è fin troppo evidente che il precariato serve a chi lo utilizza per sfruttare la gente, ma Biagi non è stato ammazzato per quello.

Detto questo, però, si tratta di guardare le cose come stanno, senza prosopopea, ma cercando di affrontare i problemi e cercando delle soluzioni.

E' un tantino ingenua l'idea di costringere i figli a studiare al massimo possibile e spedirli poi all'estero, dove.

Per due ovvi motivi:

1) Perchè una persona dovrebbe fare quello che gli piace, per poter riuscire dignitosamente

E quello dello studio è un mito che ci portiamo dietro dal cinquanta.

2) Il mondo è rotondo, e bisogna saper cosa fare e dove andare.

Il capitalismo è un fenomeno mondiale, e la sua crisi è altrettanto globale, con le dovute differenze paese per paese.

Altra vergognosa menzogna è quella della meritocrazia che si risolve in una guerra tra poveri esattamente come il precariato

Altra cosa, e questa non è ingenuità, è cercare di raggiungere qualche risultato, invece di esser convinti che il proprio destino sia fare prima il disoccupato e poi il precario, o tutti e due, sarebbe meglio impegnarsi per modificare la situazione di fatto, in tutti i modi possibili, anche cercando di raccogliere firme per un referendum per abrogare la legge Biagi.

In quanto ai figli, credo che il dovere di un genitore sia quello di dar loro incoraggiamento e modelli.

Non imporre situazioni o mestieri, e nemmeno GONFIARLI troppo fino a far sentire poco dignitosa qualunque loro iniziativa.

Non c'è nessun lavoro che non è dignitoso, purchè sia onesto, e il figlio d'un medico può benissimo fare il fornaio o il cameriere, anche tutta la vita, se gli piace.

Ai figli preferisco riuscire a trasmettere una visione ottimistica della vita, accettando che ognuno di loro si becchi la sua brava dose di delusioni e fregature, che non scaricargli addosso una visione negativa e frustrante, magari frutto di esperienze mie o di altri, e lasciarli inebetiti e abulici, già morti settant'anni prima.

E qui chiudo.

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mentre leggevo pensavo che Stanca stesse facendo una descrizione ironica di Berlu e parte del suo elettorato....

Beh, Berlusconi ha un'estrazione ben precisa.

E' un modello. L'unico modello che si può ragionevolmente pensare di riuscire a trasmettere è quello che si adotta (o al quale ci si adatta).

Poi ci si può anche scervellare e industriare per escogitare modelli diversi e metodi educativi a base di bastoni e carote per inculcarli, ma...

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è fin troppo evidente che il precariato serve a chi lo utilizza per sfruttare la gente,

Mah... a me sembra uno strumento di controllo, più che di sfruttamento. Non produce tanto sfruttamento... anche perché

a parte settori particolari il mondo economico di adesso non è quello di una volta dove più producevi più guadagnavi,

ma è quello dell'economia di carta dove più controlli più ti puoi attribuire, quindi di sfruttare c'è poco bisogno (di dire di

essere sfruttati, un po' di più).

Del resto, ad essere colpiti dal precariato sono relativamente pochi, ma ad esserne controllati sono tanti. E a molti piace

anche perché oggettivamente ha i suoi bei vantaggi.

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Detto questo, però, si tratta di guardare le cose come stanno, senza prosopopea, ma cercando di affrontare i problemi e cercando delle soluzioni.

E' un tantino ingenua l'idea di costringere i figli a studiare al massimo possibile e spedirli poi all'estero, dove.

Per due ovvi motivi:

1) Perchè una persona dovrebbe fare quello che gli piace, per poter riuscire dignitosamente

E quello dello studio è un mito che ci portiamo dietro dal cinquanta.

2) Il mondo è rotondo, e bisogna saper cosa fare e dove andare.

Il capitalismo è un fenomeno mondiale, e la sua crisi è altrettanto globale, con le dovute differenze paese per paese.

Altra vergognosa menzogna è quella della meritocrazia che si risolve in una guerra tra poveri esattamente come il precariato

Altra cosa, e questa non è ingenuità, è cercare di raggiungere qualche risultato, invece di esser convinti che il proprio destino sia fare prima il disoccupato e poi il precario, o tutti e due, sarebbe meglio impegnarsi per modificare la situazione di fatto, in tutti i modi possibili, anche cercando di raccogliere firme per un referendum per abrogare la legge Biagi.

In quanto ai figli, credo che il dovere di un genitore sia quello di dar loro incoraggiamento e modelli.

Non imporre situazioni o mestieri, e nemmeno GONFIARLI troppo fino a far sentire poco dignitosa qualunque loro iniziativa.

Non c'è nessun lavoro che non è dignitoso, purchè sia onesto, e il figlio d'un medico può benissimo fare il fornaio o il cameriere, anche tutta la vita, se gli piace.

Ai figli preferisco riuscire a trasmettere una visione ottimistica della vita, accettando che ognuno di loro si becchi la sua brava dose di delusioni e fregature, che non scaricargli addosso una visione negativa e frustrante, magari frutto di esperienze mie o di altri, e lasciarli inebetiti e abulici, già morti settant'anni prima.

E qui chiudo.

Tu dici che la mia idea è ingenua, io trovo che la tua sia idealistica perché quando scrivi "una persona dovrebbe fare quello che gli piace, per poter riuscire dignitosamente

E quello dello studio è un mito che ci portiamo dietro dal cinquanta" hai ragione in linea generale ma secondo me queste idee si devono scontrare con la realtà italiana attuale.

Per quanto riguarda lo studio e l'attività professionale conseguente, io trovo riscontro tra quello che si legge sui giornali (almeno su certi giornali) e ciò che accade a vari individui che conosco di persona. è verissimo che l'università sta diventando sempre di più un cesso-azienda, fondamentalmente un imbroglio, ed è verissimo che chi va all'estero ha maggiori opportunità di farsi una carriera per ciò che vale e non per le raccomandazioni che ha. I sistemi di verifica sono più seri e complessi, il posto non è garantito, te lo devi meritare giorno per giorno, ma non si tratta di precariato! A questo mi riferivo quando parlavo di meritocrazia, che in alcuni Stati e in alcuni settori, non è una vergognosa menzogna.....mi dispiace solo non poter raccontare per filo e per segno di situazioni che conosco.

Ma solo io conosco un sacco di laureati che si sono trasferiti? è anche vero che oggi molti si stanno ritrovando comunque con le pacche nell'acqua perchè la crisi è a livello internazionale, però resta il fatto che fuori dall'Italia hanno trovato più possibilità.

Anch'io penso che "Non c'è nessun lavoro che non è dignitoso, purchè sia onesto, e il figlio d'un medico può benissimo fare il fornaio o il cameriere, anche tutta la vita, se gli piace".

Ma anche qui mi chiedo quante speranze ci sono in Italia di campare decentemente.

Non me la sento di parlare della situazione delle aziende, potrei solo ripetere ciò che leggo in giro, ma mi viene in mente la situazione delle piccole attività commerciali....proprio qualche giorno fa leggevo che, finalmente, si è capito che gli studi di settore sono stati un fallimento, oh che bravi!!

Ma intanto c'è qualcuno che ha dovuto pagare per questo errore.....ho avuto la possibilità di osservare abbastanza da vicino questa faccenda e già anni fa ho capito che gli studi di settore erano tarati presupponendo l'imbroglio, l'evasione fiscale. E per rientrare in sti caxxi di studi si era obbligati a barare (tipo gonfiando il magazzino) altrimenti, facendo tutto onestamente, risultavi evasore!! scusate, ma non è diabolico?!?!?!

Io mi chiedo, sul serio, se ho una visone negativa e frustrante o non ho, invece, una visione realistica di un paese che offre sempre meno, perchè lo stanno governando in modo scriteriato.

Nome, io non sto parlando di educazione dei figli ma di una situazione particolare, perché temo che sia questa che produca un certo tipo di generazione e anche se i né-né non esistessero, per me resta il problema. Francamente preferirei fare due discorsi distinti e separati.

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Tu dici che la mia idea è ingenua, io trovo che la tua sia idealistica perché quando scrivi "una persona dovrebbe fare quello che gli piace, per poter riuscire dignitosamente

E quello dello studio è un mito che ci portiamo dietro dal cinquanta" hai ragione in linea generale ma secondo me queste idee si devono scontrare con la realtà italiana attuale.

Per quanto riguarda lo studio e l'attività professionale conseguente, io trovo riscontro tra quello che si legge sui giornali (almeno su certi giornali) e ciò che accade a vari individui che conosco di persona. è verissimo che l'università sta diventando sempre di più un cesso-azienda, fondamentalmente un imbroglio, ed è verissimo che chi va all'estero ha maggiori opportunità di farsi una carriera per ciò che vale e non per le raccomandazioni che ha. I sistemi di verifica sono più seri e complessi, il posto non è garantito, te lo devi meritare giorno per giorno, ma non si tratta di precariato! A questo mi riferivo quando parlavo di meritocrazia, che in alcuni Stati e in alcuni settori, non è una vergognosa menzogna.....mi dispiace solo non poter raccontare per filo e per segno di situazioni che conosco.

Ma solo io conosco un sacco di laureati che si sono trasferiti? è anche vero che oggi molti si stanno ritrovando comunque con le pacche nell'acqua perchè la crisi è a livello internazionale, però resta il fatto che fuori dall'Italia hanno trovato più possibilità.

Anch'io penso che "Non c'è nessun lavoro che non è dignitoso, purchè sia onesto, e il figlio d'un medico può benissimo fare il fornaio o il cameriere, anche tutta la vita, se gli piace".

Ma anche qui mi chiedo quante speranze ci sono in Italia di campare decentemente.

Non me la sento di parlare della situazione delle aziende, potrei solo ripetere ciò che leggo in giro, ma mi viene in mente la situazione delle piccole attività commerciali....proprio qualche giorno fa leggevo che, finalmente, si è capito che gli studi di settore sono stati un fallimento, oh che bravi!!

Ma intanto c'è qualcuno che ha dovuto pagare per questo errore.....ho avuto la possibilità di osservare abbastanza da vicino questa faccenda e già anni fa ho capito che gli studi di settore erano tarati presupponendo l'imbroglio, l'evasione fiscale. E per rientrare in sti caxxi di studi si era obbligati a barare (tipo gonfiando il magazzino) altrimenti, facendo tutto onestamente, risultavi evasore!! scusate, ma non è diabolico?!?!?!

Io mi chiedo, sul serio, se ho una visone negativa e frustrante o non ho, invece, una visione realistica di un paese che offre sempre meno, perchè lo stanno governando in modo scriteriato.

Nome, io non sto parlando di educazione dei figli ma di una situazione particolare, perché temo che sia questa che produca un certo tipo di generazione e anche se i né-né non esistessero, per me resta il problema. Francamente preferirei fare due discorsi distinti e separati.

sono assolutamente d'accordo... guardiamoci in giro, quali opportunità lavorative ci sono? non ce ne sono e quelle poche che si trovano sono destinate ai figli di... sul fatto che ogni lavoro è dignitoso sono pienamente d'accordo ma se permetti dopo aver studiato per anni non ne ho proprio voglia di andare a pulire le scale e non perchè non lo consideri dignitoso ma perchè a questo punto avrei potuto iniziare a 16 anni senza spendere tutti quei soldi di università ecc ecc. ora magari mi troverei con quasi 20 anni di contributi pagati. I miei studi, il mio sapere hanno tutto il diritto di essere ripagati anche economicamente. Diamo un'occhiata ai cognomi che girano nelle università, sono geneticamente modificati per cui TUTTI più capaci degli altri o ci sono altri motivi? In Italia la meritocrazia non esiste, non è mai esistita e a nessuno frega niente che inizi ad esistere perchè siamo tutti legati al nostro orticello, dall'operaio che conserva il posto in fabbrica per il figlio al cattedratico che scambia favori con altri cattedratici per infilare parenti nelle università. Questo sistema è catastrofico, ci tiene chiusi in caste e determina l'impoverimento culturale di tutti.

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Generazione né-né...Nè carne né pesce. Noi invece, i baby boomers, ne abbiamo combinate di cotte e di crude... :Whistle:

http://www.scaruffi.com/feltri/us5.html

Interessante, anche il link ai "baby-busters" (non sapevo che la generazione X fosse chiamata anche così).

Però parla delle generazioni americane... non so fino a che punto è corretto identificarci... molte tendenze magari

sono simili ma ci mettono un po' a passare da un punto all'altro del globo. Oggi forse meno ma prima...

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Io sulla meritocrazia sono d'accordo con Sea quando dice che:

Altra vergognosa menzogna è quella della meritocrazia che si risolve in una guerra tra poveri esattamente come il precariato

Anche se magari bisognerebbe intendersi con cosa si intende per "meritocrazia"... se si intende che il merito va premiato

e non punito come spesso accade in Italia, allora mi sta bene, se invece si intende quello che significa letteralmente, cioè

"potere a chi è più meritevole", beh... no... in ogni caso penso che il problema, per quel che riguarda il mondo del lavoro

e annessi e connessi, non sia tanto l'assenza di meritocrazia bensì l'assenza di democrazia.

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Anche se magari bisognerebbe intendersi con cosa si intende per "meritocrazia"... se si intende che il merito va premiato

e non punito come spesso accade in Italia, allora mi sta bene, se invece si intende quello che significa letteralmente, cioè

"potere a chi è più meritevole", beh... no... in ogni caso penso che il problema, per quel che riguarda il mondo del lavoro

e annessi e connessi, non sia tanto l'assenza di meritocrazia bensì l'assenza di democrazia.

allora spiegami cosa intendi per assenza di democrazia...

i concorsi con clausole ad hoc per escludere qualcuno con 'titoli ed esami' migliori di qualche altro è assenza di democrazia o di meritocrazia?

a me è capitato di non aver potuto partecipare ad un concorso per una clausoletta sul 'tempo' messa lì apposta per escludermi perchè il classico 'figlio di' aveva meno ' titoli' di me... così l'aver vinto il concorso è diventato assolutamente legale, nessuno si sarebbe potutto opporre.

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sono assolutamente d'accordo... guardiamoci in giro, quali opportunità lavorative ci sono? non ce ne sono e quelle poche che si trovano sono destinate ai figli di... sul fatto che ogni lavoro è dignitoso sono pienamente d'accordo ma se permetti dopo aver studiato per anni non ne ho proprio voglia di andare a pulire le scale e non perchè non lo consideri dignitoso ma perchè a questo punto avrei potuto iniziare a 16 anni senza spendere tutti quei soldi di università ecc ecc. ora magari mi troverei con quasi 20 anni di contributi pagati. I miei studi, il mio sapere hanno tutto il diritto di essere ripagati anche economicamente. Diamo un'occhiata ai cognomi che girano nelle università, sono geneticamente modificati per cui TUTTI più capaci degli altri o ci sono altri motivi? In Italia la meritocrazia non esiste, non è mai esistita e a nessuno frega niente che inizi ad esistere perchè siamo tutti legati al nostro orticello, dall'operaio che conserva il posto in fabbrica per il figlio al cattedratico che scambia favori con altri cattedratici per infilare parenti nelle università. Questo sistema è catastrofico, ci tiene chiusi in caste e determina l'impoverimento culturale di tutti.

E tra l'altro molti di questi non se la passano nemmeno bene come una volta, con tutti i tagli che ci sono stati. vanno bene solo quelli che hanno usato l'università come tramite per altri affari.

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allora spiegami cosa intendi per assenza di democrazia...

i concorsi con clausole ad hoc per escludere qualcuno con 'titoli ed esami' migliori di qualche altro è assenza di democrazia o di meritocrazia?

a me è capitato di non aver potuto partecipare ad un concorso per una clausoletta sul 'tempo' messa lì apposta per escludermi perchè il classico 'figlio di' aveva meno ' titoli' di me... così l'aver vinto il concorso è diventato assolutamente legale, nessuno si sarebbe potutto opporre.

E' assenza di democrazia.

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Il "merito" va bene, di solito a non andare bene sono gli organismi deputati ad attribuirlo. Quasi mai competenti e disinteressati...

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a volte è anche più "subdola" la cosa... lo stesso lavoro di psicanalista, prevede studi talmente lunghi e dispendiosi...che praticamente chi non è benestante di famiglia ne è tagliato fuori.

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