Il Confine di sé: tra bisogno di protezione e rischio di isolamento
Il confine, elemento fondamentale della struttura psichica (e di quella cellulare?)
"La membrana è la prima invenzione della vita", sia sul piano biologico che sul piano psichico: così ha scritto Didier Anzieu (“L’epidermide nomade e la pelle psichica”, Ed. Cortina, Milano 1992) immaginando il “confine” della struttura psichica come un involucro che permette alla psiche di costituirsi in "un apparato per pensare i pensieri, per contenere gli affetti, per trasformare l'economia pulsionale", per l’appunto attraverso la delimitazione di una superficie chiusa e la conseguente suddivisione dello spazio psichico in due porzioni: il mondo interno ed il mondo esterno.
Questa operazione deve considerarsi preliminare a qualunque successivo processo di sviluppo dello psichismo, proprio come, in una prospettiva biologica evoluzionistica, la struttura unicellulare anucleata (composta dunque di una sola cellula senza nucleo, cioè di una massa citoplasmatica rivestita da una membrana) costituisce l'essere vivente primordiale.
E’ innanzitutto dalle caratteristiche dell’involucro, continua Anzieu, che dipende il funzionamento generale della psiche, e conseguentemente il lavoro analitico.
La pratica psicanalitica ha infatti ampiamente mostrato come il funzionamento della psiche, e conseguentemente il lavoro analitico, non dipende semplicemente dai contenuti psichici, ma innanzitutto dall'involucro che li contiene: "Ci si può risparmiare lo studio dei contenitori quando il contenitore contiene adeguatamente, e consacrarsi allora all'analisi dei contenuti, ma quando il contenitore contiene male o addirittura funziona al contrario, è necessario procedere a un lavoro analitico sul contenitore stesso" (Idem, 1992); del tutto inefficaci risulterebbero in questi casi le interpretazioni del contenuto, proprio per l'incapacità della psiche di lasciarle entrare e/o di "tenerle" in sé per elaborarle.
In suggestiva corrispondenza con la visione di Anzieu, le ricerche pionieristiche di epigenetica del biologo cellulare statunitense Bruce Lipton ("The Biology of Belief: Unleashing the Power of Consciousness, Matter and Mirades", 2005, Mountain of Love/Eli-te Books) ci mostrano che “il vero ‘cervello’ della cellula è la sua membrana, che reagisce e risponde alle influenze esterne, adattandosi dinamicamente ad un ambiente in perpetuo cambiamento -e non, come si credeva, il suo nucleo contenente il DNA; dunque- ... piuttosto che controllarci, i nostri geni sono sotto il controllo di influenze ambientali al di fuori delle cellule, inclusi i pensieri e le nostre credenze. Questo prova che non siamo degli "automi genetici” vittimizzati dalle eredità biologiche dei nostri antenati. Siamo, invece, i co-creatori della nostra vita e della nostra biologia ... Man mano che incrociamo le diverse influenze ambientali, siamo noi a suggerire ai nostri geni cosa fare, di solito inconsciamente” (Barbara Stahura intervista Lipton, News Letter di For Mother Earth del giugno 2006).
Dott.ssa Loretta Sapora
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