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Mi uccidi il padre e la madre?

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Una completa analisi di natura psicodinamica dei fatti svoltisi recentemente in provincia di Ferrara. Possono il parricidio e il matricidio essere compresi? Oppure l'unica risposta è l'orrore?

Mi uccidi il padre e la madreIl teatro della tragedia è un paesino della provincia di Ferrara.

Gli attori sono due minorenni. Il figlio contratta mille e ottanta euro per far uccidere il padre e la madre, ottanta subito e mille a lavoro compiuto. Questa è la richiesta di un diciassettenne all’amico diciottenne, amico del cuore e complice di pratiche insane.

Motivazione: liberarsi da due figure troppo pesanti per la realizzazione personale. Sono due genitori che esigono moderazione e studio, specialmente la madre. “La odio”: dice di lei in giro il figlio.

Affare fatto!

Le prove sono state fatte e tutto è pronto per la macabra esecuzione: l’ascia per colpire la nuca all’altezza del cervelletto, la cocaina da sniffare prima e dopo, l’oppio da fumare, sempre prima e dopo, con i dovuti condimenti di pastiglie e alcool.  

Il tragico accordo diventa orribile realtà.

Il figlio vive la morte immediata della madre nella stanza accanto e ascolta il padre che, tramortito dal primo fendente, invoca il suo aiuto. Il gioco viene eseguito alla perfezione: “rien ne va plus!” Dopo lo spietato assassinio i due si fanno vedere in giro dai coetanei frequentatori della notte e prima dell’alba giocano con la “play station” e con i videogiochi.

Questi sono i fatti.

LE DOMANDE

Com’è possibile?  Esiste una spiegazione a questa crudele liquidazione del padre e della madre tramite la “forza lavoro” altrui? 

Chi è “più” colpevole, l’ordinante o l’esecutore?

Esistono tante spiegazioni, dalle più semplici alle più complesse, dalle più popolari alle più tecniche, semplicemente perché il fatto tragico è successo ed è successo all’interno del consorzio umano e in un paese civile.

La “Psicologia dei processi culturali” parla della “tanatocrazia”, potere della morte, imperante nei reportage dei “media”, nelle culture a prevalente schema emotivo, nelle religioni a forte pulsione fideistica, nelle politiche populistiche ad alta suggestione.     

La “Psicologia” discute delle motivazioni, dei sentimenti, delle pulsioni, delle dinamiche relazionali che possono spingere un figlio a far uccidere il padre e la madre.

La “Psichiatria” dice della grave patologia in cui s’iscrive il caso efferato e lo classificherà adeguatamente in base alle sue griglie nosografiche: esecuzione di un lucido delirio paranoico, una lucida ma occulta psicosi.

La “Sociologia” approfondisce l’emulazione suggestiva e la condivisione nelle dinamiche di gruppo, il “branco”, oltre al “valore” della vita e della morte nella società contemporanea e soprattutto nelle nuove generazioni.

Gli “apparecchi televisivi” risuonano delle tante tesi di tanti sedicenti opinionisti e d’infallibili tuttologi. Ognuno dice la sua, ognuno tenta di sparare la teoria più originale o obsoleta, ognuno “proietterà” sui personaggi i suoi fantasmi più recessi. La tragedia diventa spettacolo presso gli “show” parlati e agiti secondo le linee di un bieco e mercenario indice di gradimento, quella  cronaca nera che tanto più nera è, tanto più ascolto procura in ossequio alla componente sadomasochistica degli spettatori.

La “carta stampata” si sbizzarrisce in base alla specializzazione, per l’appunto, in cronaca nera o cronaca vera, in giornale del mattino o della sera. Qualche seria diagnosi si trova nelle varie interviste agli specialisti del settore Mente e Psiche. 

E la “Psicologia dinamica”?
La “Psicoanalisi” è deputata a spiegare la tragica psicodinamica “edipica”, un padre, una madre e un figlio, una relazione irrisolta da parte di un figlio rimasto dipendente e irretito nelle spire dell’odio verso il padre e la madre, soprattutto verso quella madre non più suadente, ma tralignata nel blocco e nel divieto alla sua filosofia di vita. I ruoli psichici dei genitori si erano invertiti.   
Quest’argomentazione vale anche per l’esecutore del crimine.

Ma la “posizione edipica” irrisolta può portare il figlio ad agire la follia omicida? La risposta è negativa.

La sacralità delle figure genitoriali esclude il parricidio e il matricidio, anche se i miti e le religioni sono pieni di queste simbologie: Kronos evira il padre Ouranos, Oreste uccide la madre Clitemnestra, Edipo uccide il padre, l’orda primitiva uccide il padre in “Totem e tabù” di Freud.

La “Psicologia dinamica” valuta la “posizione edipica” come estremamente formativa e addita il “riconoscimento del padre e della madre” come la soluzione della dipendenza e della minorità psichiche del figlio.

Guai a quel figlio che non riconosce amorevolmente il padre e la madre come i simboli sacri delle sue origini!  

“Uccidere psicologicamente il padre e la madre”, come soluzione della “posizione edipica”, significa restare soli e in balia dei sensi di colpa di aver riversato tanto odio verso le figure enigmatiche delle nostre origini.

“Onora il padre e la madre” prescrive il decalogo ebraico nel suo quarto comandamento. A livello psichico tale ingiunzione rafforza la dipendenza del figlio dai genitori rendendolo schiavo di un’amara realtà di soccombenza.

Questa è la diagnosi della “Psicologia dinamica” e degli psicoterapeuti, gli operatori della Mente che lavorano clinicamente e quotidianamente nel segreto del loro studio per aiutare la gente a capirsi e a risolvere i più tremendi conflitti dell’essere uomini e donne, padri e madri, figli e figlie, compagni e compagne, amici e amiche.

Questo importante resoconto clinico è quello che evidenzia la realtà dei fatti senza proiezioni e moralismi, senza remore clericali e nostalgie giustizialiste.     

LA PSICODINAMICA

Di questo tragico evento, che oscilla tra la follia pura e la delinquenza criminale, io voglio approfondire i seguenti fattori: la necessità di variare lo stato di coscienza e la dipendenza da videogioco, da internet, da droghe.

Dopo gli atroci delitti, i due compari, il mandante e l’esecutore, sono andati a giocare con la “play station” rispettando pienamente il vizio assurdo di sorbire sostanze stupefacenti per alienarsi. Risponde a ovvietà l’esecuzione del tragico misfatto in piena alterazione dello stato psichico.    

Quali psicodinamiche sono alla base di questa dipendenza psicofisica?

La necessità di variare lo stato di coscienza attraverso sostanze stupefacenti, più o meno perniciose ma tutte deleterie, si attesta nella psicopatologia depressiva più o meno grave. Nella “formazione psichica reattiva” tutti incameriamo un tratto depressivo nella primissima infanzia, un dato che si può esaltare nel corso della vita grazie a cause scatenanti fortuite come la morte di una persona cara o un evento caratterizzato da un processo di perdita che evoca il “fantasma” collegato. Questa è la “psiconevrosi depressiva” legata alla “angoscia di castrazione”. La “depressione patologica”, quella pericolosissima che può portare all’autoannientamento, invece, s’inquadra in una “organizzazione psichica reattiva” di sostanza e qualità depressive.   

La sostanza stupefacente funge da terapia farmacologica in risoluzione temporanea dell’angoscia di base che contraddistingue il depresso nevrotico, borderline e psicotico.

L’angoscia è lo struggimento psicofisico che non ha l’oggetto fuori ma dentro. Il soggetto sente la sofferenza nella Mente e nel Corpo, ma non sa in che cosa si attesta questo stato psicofisico, non sa collegarlo ad alcun evento, non sa dargli alcuna giustificazione.

L’angoscia nevrotica è legata al “fantasma di castrazione”, un vissuto specifico di limite e di perdita che non fa smarrire il contatto con la realtà o “principio di realtà”. Le persone che soffrono di angoscia nevrotica possono uscire dalla dipendenza psicofisica della droga, dal momento che la pratica insana non trova radice profonda e terreno fertile, per cui non attecchisce in maniera irreversibile.

Le persone che psicologicamente si trovano ai “bordi” tra nevrosi e psicosi, riescono a risolvere la dipendenza psicofisica rigettandola nella psiconevrosi. Quest’angoscia è legata alla “perdita d’oggetto”, al mancato riconoscimento di vissuti interiori e di energie da investire nella realtà. Nel caso contrario lo “stato limite” travalica nella psicosi e nella depressione conclamata con la perdita del contatto con la realtà e con l’istruzione di un delirio riparatore.

L’angoscia psicotica o di “frammentazione” si lega a impulsi distruttivi in riguardo a oggetti d’amore interni ed esterni e si basa sul delirio. Quest’angoscia ha trovato nella droga la medicina sbagliata, ammesso che esista medicina, per cui, non essendo risolta, ristagna e si dirige verso esiti infausti. La persona non ne viene fuori sballandosi con tutto e del tutto. La psicoterapia e la comunità terapeutica si prospettano come l’ultima frontiera.     

Ritornando al doloroso caso in questione, i due malefici compari facevano uso di sostanze stupefacenti leggere e pesanti, un concentrato chimico che produce dipendenza psicofisica, e arrivano al delirio del duplice assassinio di figure sacre, uno pensandolo ed essendo coinvolto in prima persona in quanto figlio, l’altro eseguendolo e traslando la sua mortifera aggressività verso i suoi genitori nei genitori dell’amico. Quest’ultimo punto è da tenere in grande considerazione: il figlio architetta e l’estraneo esegue. Sono diverse le responsabilità penali, ma si avvicinano le motivazioni e le organizzazioni psichiche reattive in riguardo alla “posizione edipica”. Il primo ha una fantasia omicida e criminale e si può anche ascrivere nelle pulsioni estreme
dell’evoluzione psichica, il secondo non ha coinvolgimenti diretti e giustificazioni personali, per cui si deve parlare di “traslazione” nei genitori dell’amico dei suoi fantasmi nei riguardi dei suoi genitori. Si evidenziano in entrambi i giovani una concordanza e una corrispondenza di micidiali fantasmi edipici ad alta intensità aggressiva e mortifera.   

Ritornerò su questo importantissimo punto anche per i risvolti giudiziari che comporta.
Passiamo alla “sindrome da dipendenza” dalla micidiale “play station” e dal famigerato “videogioco”. Se, di poi, il videogioco verte sulla guerra di un gruppo contro un altro gruppo e si attesta nell’uccidere spietatamente i nemici o in altre forme virtuali di truce violenza, come schiacciare i nemici con un “tir” o con un carro armato o con una gigantesca ruspa, il quadro psichico diventa veramente complicato e drammatico. 

Procedo con la spiegazione della psicodinamica esaminando i meccanismi psichici di difesa dello “sdoppiamento dell’imago”, dello “sdoppiamento dell’Io”, della “traslazione dell’orgasmo”. Di poi, considererò la stimolazione e l’eccitazione psico-sensoriale del Cervello e nello specifico del tronco encefalico.

Nell’abuso di videogiochi e nella dipendenza da “play station” in primo luogo è chiamato in causa il “fantasma della realtà”, la rappresentazione psichica della realtà nel suo versante fortemente emotivo. Il meccanismo di difesa usato è lo “splitting” o “scissione della rappresentazione della realtà”, un meccanismo primario e grezzo di difesa dall’angoscia che si attesta nel dividere la rappresentazione della realtà in due, quella “virtuale” o realtà non reale, e quella “reale” o “realtà reale”: quella vissuta e agita virtualmente e quella vissuta e agita con un diretto coinvolgimento.

L’invasione psicofisica del “fantasma” e la sua prevalenza porta al recupero del “narcisismo” tramite una difensiva “regressione” alla modalità di vissuto che si attesta nell’affermazione effimera di sé di fronte a uno schermo e a un cimento fittizio. Siamo in un conflitto fortemente nevrotico e quasi limite per la presenza e la dominanza di una convinzione erronea della realtà, un conflitto che può tralignare nel delirio psicotico.

Non esiste affettività nel distacco dalla vita reale e nella ricerca di liberarsi di tutti coloro che fungono da limite alla realizzazione della propria falsa autonomia.
L’affettività è scissa dal “concetto di appartenenza” al gruppo familiare.

Il gioco esonera dalle responsabilità nella realtà e consente di evadere in un mondo di relazioni intessute di realtà virtuale.

Oltre allo “sdoppiamento dell’imago”, una modalità psichica dell’età infantile ma usata anche da adulti, intercorre lo “sdoppiamento dell’Io”, un meccanismo psicotico che consiste nella scissione della “organizzazione psichica reattiva” in due individualità o persone che si oppongono l’una all’altra nel bene e nel male.

Lo “sdoppiamento dell’Io” è un meccanismo di difesa psicotico contro “l’angoscia di frammentazione e di morte”. Si attesta in un primo momento di scompenso in cui l’Io ancora lotta con efficacia contro la frammentazione effettiva impedita dal narcisismo primario. Un’integrazione psichica primitiva incompleta non permette un’integrazione dell’Io intero e produce una disarmonia evolutiva con un rischio di “regressione” verso la psicosi. L’Io ha difficoltà a costituirsi in maniera autonoma, cosi come incontra difficoltà a dissociarsi.

Lo “sdoppiamento dell’Io” provoca un’amputazione più seria: una parte dell’Io resta in contatto con la realtà non disturbante, mentre l’altra parte dello stesso “Io” perde ogni contatto con la realtà per ciò che essa rappresenta di angosciante e in caso di necessità ricostituisce per compensazione una “neo-realtà” più rassicurante e desiderata attraverso il delirio. Lo “sdoppiamento dell’Io” è l’ultimo baluardo contro l’esplosione psicotica; esso utilizza il meccanismo della “negazione” che verte su qualsiasi aspetto della realtà con investimenti spostati e con valore di compensazione.

Passiamo alla “traslazione” dell’orgasmo legata all’eccitazione del videogioco. La “libido” si scarica in maniera deforme e difforme non a livello genitale, ma a livello nervoso o meglio neurofisiologico. Le problematiche conflittuali in riguardo alla sessualità, i sensi di colpa parossistici, la fuga dall’impegno del fare e la paura dell’altro, questi sono i principali fattori che portano a traslare l’orgasmo e la sessualità nella tensione nervosa e nell’eccitazione del videogioco. Ancora: la visione di pornografie esaltano il “voyerismo” e la virtualità del coito, attecchendo in una convinzione rassodata che la vita è quella virtuale e non comporta fatica d’investimento di “libido” ed esercizio affettivo. Il bello della vita si può ridurre alla masturbazione narcisistica isolata e traslata nell’eccitazione del sistema nervoso.

Non di poco conto è, infatti, l’aspetto neurofisiologico, la stimolazione e l’eccitazione psico-sensoriale del Cervello e nello specifico del tronco encefalico, specialmente nell’evoluzione psicofisica dei bambini e dei giovani. 

L’eccitazione inutile e la stimolazione psicosensoriale del Cervello porta a stati alterati di Coscienza e a improvvide reazioni nelle relazioni e nella realtà: confusione mentale e azione delirante.

APPROFONDIMENTI

Il concetto di “virtualità” merita il seguente approfondimento.
Il “virtuale” si attesta aristotelicamente in ciò che è in potenza e non è in atto, fisicamente in tutto ciò che può avere ma non ha manifestazione e realizzazione concrete, psicoanaliticamente si attesta in tutto ciò che ha una manifestazione e una realtà psichiche interne ma non si traduce in una manifestazione e una realtà psichiche esterne.
Si può stabilire analogia con il sogno, un prodotto psichico reale e interiore che manifesta in maniera allucinatoria pulsioni profonde, bisogni reconditi, vissuti intimi, parti di sé.    
Il fattore allucinatorio rientra nella “virtualità” psichica, un modo di pilotare in piena vigilanza la Fantasia, per l’appunto in maniera allucinatoria. Quest’operazione segna di fronte alla realtà una compensazione psichica. A furia di usare la Fantasia e la virtualità si fatica a rientrare nella dimensione reale.
Nel videogioco la “virtualità” diventa la realtà reale a vari livelli, da quello
psico-emotivo a quello psico-affettivo. La consapevolezza si altera, le emozioni e i sentimenti perdono la connotazione umana e tralignano nel metallico e nel meccanico, oltre al fatto che si scatena la possibilità di riversare nella trama del gioco gli istinti più ferini e le pulsioni più truci, la “libido anale” e il corredo sadomasochistico. L’esercizio continuo e continuato di questo cumulo neurovegetativo porta alla riduzione dello spirito critico e al raffreddamento dei valori con la conseguente oscillazione dei valori personali e sociali tra il lecito e l’illecito, tra il giusto e l’ingiusto: una gran confusione mentale.   
La compensazione virtuale oscilla tra l’onnipotenza e l’impotenza, tra la vittoria e la sconfitta, ma è sempre una relazione meccanica con una intelligenza programmata. Trattasi di meccanismi psichici di difesa pericolosi perché intesi a disconoscere il “principio di realtà” e a costruire  
“neo-realtà” deliranti.  
Ancora: l’aggressività traslata nel videogioco s’imbeve della possibilità di essere messa in atto nel consorzio umano e quasi di normalizzarsi.      
A livello di sistema psichico si rileva la traslazione del “Super-Io” dalla figura paterna, a suo tempo introiettata, alla fredda e glaciale video-macchina. Da essa vengono e vigono i limiti e i divieti, le frustrazioni e le castrazioni.
Per quanto riguarda l’istanza psichica pulsionale “Es” si rileva che il sistema neurovegetativo viene fortemente sollecitato e messo a dura prova a causa dell’oscillazione tra l’appagamento e la frustrazione della “libido”, tra la vittoria affermativa e la sconfitta depressiva.
Tra “Es” e “Super-Io” l’istanza determinante “Io” viene tiranneggiato ed entra inevitabilmente in grande e seria crisi in quanto non riesce a controllare e distribuire le gratificazioni e le inibizioni e non può esercitare lo spirito critico, la deliberazione e la decisione, facoltà determinanti che gli competono.     
Ancora: si rileva anche l’assenza della funzione nobilitante del processo di difesa dall’angoscia della “sublimazione della libido” nella solidarietà sociale. Nel videogioco la “libido” degenera e non si nobilita. Le “organizzazioni psichiche reattive” sono “anali” e a forte connotazione sadomasochistica. Esse si lasciano coinvolgere nella psicodinamica del videogioco e hanno difficoltà a “sublimare” gli istinti più bassi; all’incontrario, hanno disposizione ad agire la “libido” anale e narcisistica nelle mille forme maniacali e nelle formule eccentriche dell’egoismo egocentrico.

PROGNOSI E TERAPIA

“Est modus in rebus. Sunt certi, denique, fines quos ultra citraque nequit consistere rectum”. Esiste una modalità o misura nella realtà delle cose. Alla fine ci sono precisi confini al di là e al di qua dei quali non può attestarsi la rettitudine.

Così diceva l’epicureo e stoico Quinto Orazio Flacco nella sua Satira. Limitare l’uso del videogioco significa limitare la degenerazione psichica implicita. Si deve spingere il soggetto verso la “realtà reale” e non verso la “realtà virtuale”.

Bisogna rafforzare l’Io ed evitare che l’“organizzazione psichica reattiva” venga sollecitata in maniera abnorme verso il recupero della “posizione anale” con le sue pulsioni sadomasochistiche. E’ necessario che i meccanismi psichici di difesa, quelli giusti e non quelli pericolosi, vengano richiamati per ripristinare l’equilibrio turbato.

Bisogna assolutamente evitare che si esalti il nucleo depressivo implicito in ogni formazione psichica, al fine di evitare la perdita di contatto con la realtà e la caduta nel lucido delirio.

La psicoterapia è necessaria in tanto marasma psicofisico.

CONSIDERAZIONI FINALI

Due persone sono state macabramente uccise. Erano i genitori di chi ha ideato la loro morte per la mano violenta dell’amico. Adesso restano le colpe di un giovane orfano e di un giovane omicida.

La Legge punirà e distribuirà le pene secondo sentenza nei vari gradi di processo. La Legge è chiamata a valutare oggettivamente l’orribile reato secondo i suoi principi e criteri. Si baserà sui fatti e sulle intenzioni. Farà uso immancabilmente di perizie psicologiche, ma darà prevalenza nel suo giudizio allo sviluppo oggettivo dei fatti e delle sequenze.

Si prevede che sarà condannato a lungo termine l’esecutore del reato rispetto all’ideatore.

E’ degna d’interesse un’ulteriore riflessione teorica.

La “sindrome da dipendenza da videogioco” condivide con il “sogno” notturno i seguenti fattori: l’autorielaborazione allucinatoria dei vissuti psichici, l’alterazione dello schema temporale, la distorsione della categoria spaziale, il declino etico e morale, il mancato riconoscimento della realtà, l’eccesso della fantasia, il principio del piacere.
 

Articolo a cura del Dottor Salvatore Vallone

 

 


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Tags: matricidio psicodinamica

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