Ricordi, sogni, riflessioni (Jung 1961) - V parte
[…] “Ecco il sogno. Ero in una casa sconosciuta, a due piani. Era la “mia casa”. Mi trovavo al piano superiore, dove c’era una specie di salotto ammobiliato con bei mobili antichi stile rococò. Alle pareti erano appesi antichi quadri di valore. Mi sorprendevo che questa dovesse essere la mia casa, e pensavo: “Non è male!”. Ma allora mi veniva in mente di non sapere che aspetto avesse il piano inferiore. Scendevo le scale, e raggiungevo il piano terreno. Tutto era molto più antico, e capivo che questa parte della casa doveva risalire circa al XV o XVI secolo. L’arredamento era medievale, ed i pavimenti erano di mattoni rossi. Tutto era piuttosto buio. Andavo da una stanza all’altra, pensando: “Ora veramente devo esplorare tutta la casa!”. Giungevo davanti ad una pesante porta, e l’aprivo: scoprivo una scala di pietra che conduceva in cantina. Scendevo, e mi trovavo in una stanza con un bel soffitto a volta, eccezionalmente antica. Esaminando le pareti scoprivo, in mezzo ai comuni blocchi di pietra, strati di mattoni e frammenti di mattoni contenuti nella calcina: da questo mi rendevo conto che i muri risalivano all’epoca romana. Ero più che mai interessato. Esaminavo anche il pavimento, che era di lastre di pietra, e su una notavo un anello: lo tiravo su, e la lastra di pietra si sollevava, rivelando un’altra scala, di stretti gradini di pietra, che portava giù in profondità. Scendevo anche questi scalini, e entravo in una bassa caverna scavata nella roccia. Uno spesso strato di polvere ne copriva il pavimento, e nella polvere erano sparpagliati ossa e cocci, come resti di una civiltà primitiva. Scoprivo due teschi umani, evidentemente di epoca remota e mezzo distrutti. A questo punto il sogno finiva (…) Col pianterreno cominciava l’inconscio vero e proprio. Quanto più scendevo in basso, tanto più diveniva estraneo e oscuro. Nella caverna avevo scoperto i resti di una primitiva civiltà, cioè il mondo dell’uomo primitivo in me stesso, un mondo che solo a stento può essere raggiunto o illuminato dalla coscienza. La psiche primitiva dell’uomo confina con la vita dell’anima animale, così come le caverne dei tempi preistorici (…) Il mio sogno pertanto rappresentava una specie di diagramma di struttura della psiche umana, un presupposto di natura affatto impersonale. Questa idea colpiva nel segno” […] (p. 200-03)
[…] “Secondo me i sogni sono natura che non ha intenzioni ingannatrici, ma esprime qualcosa come meglio può, così come una pianta cresce o un animale cerca il suo cibo come meglio possono. Così anche gli occhi non vogliono ingannare, ma forse ci inganniamo perché gli occhi sono miopi. Oppure, sentiamo male perché le nostre orecchie sono piuttosto sorde, ma non sono le orecchie che vogliono ingannarci” […] (p. 203)
Jung C. G. (1961), Ricordi, sogni e riflessioni, a cura di A. Jaffè, tr. It. Rizzoli, Milano, 1978.
Scrivi articoli di psicologia e psicoterapia e ti piacerebbe vederli pubblicati su Psiconline?
per sapere come fare, Clicca qui subito!