Il ruolo del sistema immunitario durante la gravidanza
Una recente ricerca ha evidenziato che una maggiore attivazione del sistema immunitario della mamma durante la gravidanza può avere un impatto negativo sul cervello del feto in via di sviluppo.
Precedenti studi epidemiologici hanno rivelato un legame tra l'infiammazione materna, cioè l'attivazione del sistema immunitario della madre, ed un aumento della probabilità del bambino di sviluppare una malattia psichiatrica, come ad esempio la schizofrenia o l'autismo.
La ricerca in altri sistemi animali suggeriva anche un collegamento tra la risposta immunitaria di una madre e le conseguenze cognitive negative per la prole.
La risposta immunitaria è stata, a lungo, pensata per riferirsi specificamente ad infezioni ed infiammazioni, indicando l'infiltrazione di un virus o di un ceppo batterico.
A quanto pare, l'infezione è solo uno dei colpevoli alla base della risposta immunitaria; l'influenza costante del sistema immunitario, in questo caso, su un feto in crescita, è maggiore di quanto si pensasse in precedenza.
I ricercatori della Oregon Health & Science University hanno cercato di ampliare le conoscenze attuali sul campo eseguendo uno studio longitudinale sugli effetti dell'infiammazione materna durante la gravidanza sula formazione di reti neurali neonatali e la memoria di lavoro a due anni di età.
Il gruppo di ricerca, guidato da Marc D. Rudolph, ha utilizzato un approccio su più fronti: hanno inizialmente valutato l'attività immunitaria materna testando l'interluchina-6, utilizzando quindi una combinazione di risonanza magnetica funzionale sui neonati e metodologie di apprendimento automatico per valutare la sua rilevanza nella creazione di reti neurali.
Hanno successivamente valutato la memoria di lavoro di questi bambini all'età di due anni.
L'interleuchina-6, o IL-6, è un citochina che può essere trovata in tutto il cervello fetale.
Le citochine sono marcatori di infiammazione che hanno dimostrato di essere importanti per vari processi cerebrali, tra cui la crescita di assoni e la formazione di sinapsi.
Queste proprietà rendono attraente lo studio delle citochine e dei loro recettori, poiché hanno il potenziale di influenzare il decorso della neurogenesi.
Di conseguenza, Rudolph et al., hanno scelto di usare l'IL-6 come indicatore di infiammazione sistemica nelle donne in gravidanza che hanno partecipato allo studio.
La risonanza magnetica funzionale (fMRI) è stata utilizzata per raccogliere dati sull'attività cerebrale neonatale al fine di creare un modello che consentisse ai ricercatori di prevedere le concentrazioni di IL-6 materna.
La fMRI è una tecnica utilizzata per rilevare il flusso di sangue e trarre conclusioni sull'attivazione neuronale. In altre parole, l'ipotesi è che l'aumento del flusso sanguigno sia un indicatore di un aumento dell'attività cerebrale.
Hanno combinato questa tecnica con metodologie di apprendimento automatico per stimare l'effetto dell'attività immunitaria materna sullo sviluppo di reti neurali nella prole.
Il gruppo di ricerca ha quindi testato la memoria di lavoro di questi bambini a due anni di età.
La memoria di lavoro rientra nell'ampia categoria della “funzione esecutiva”.
La funzione esecutiva si riferisce ai processi cognitivi che supportano il comportamento diretto agli obiettivi, e la memoria di lavoro richiede più specificamente la capacità di conservare le informazioni per elaborarle - tenendo conto del processo decisionale - , e può iniziare ad essere valutato intorno ai due anni.
Una memoria di lavoro funzionale è fondamentale in giovane età perchè getta le basi per una cognizione di ordine superiore più tardi nella vita.
Basandosi sui livelli di IL-6 ed i risultati della fMRI, Rudolph e colleghi hanno scoperto che la connettività funzionale all'interno e tra le reti cerebrali neonatali potrebbe essere utilizzata per creare un modello atto a stimare le concentrazioni di IL-6 della madre nel corso della sua gravidanza e corrispondere a regioni cerebrali che sono successivamente coinvolte nella memoria di lavoro.
Hanno anche scoperto che le misurazioni di IL-6 nel corso della gravidanza hanno di fatto predetto che l'attivazione immunitaria sistemica materna era significativamente associata ad una riduzione della memoria di lavoro nella prole.
In media, i livelli di IL-6 nel terzo trimestre di gravidanza hanno riportato il peso maggiore quando si prevedeva la memoria di lavoro di un bambino a due anni di età.
Questa ricerca ha quindi stabilito una linea di base per dissociare le influenze pre-postnatali sullo sviluppo del cervello.
Apre quindi la strada alla possibilità di intervenire precocemente e di ottenere migliori risultati in futuro.
(a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)
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