Gli psicologi e l'informazione
La disponibilità costante di informazioni ci pone davanti all'esigenza di decriptare le notizie che ci vengono proposte e di scegliere, ad esempio, fra news e fakenews. La Psicologia e gli psicologi sono chiamati perciò ad un ruolo particolarmente significativo grazie alle loro conoscenze e ai loro punti di vista.
La fine del XX secolo e l'inizio di questo nuovo millennio stanno assistendo all'avvento della rivoluzione connettiva, una rivoluzione paragonabile alla stampa di Gutenberg.
Attraverso l'azione combinata di internet e dei social network, le informazioni di tutte le forme hanno fatto irruzione prepotentemente nelle vite della maggior parte della popolazione.
Giornali, radio, televisione e web, attraverso la vendita di informazioni, competono per produrre profitti o, più drasticamente, per non fallire. Chi fa informazione, giornalista o meno, si trova tra l'incudine e il martello, ovvero tra il dover portare uno stipendio accettabile a casa e un contratto etico implicito con il pubblico. Ma non è solo la competizione economica a determinare il prodotto finale che viene offerto al pubblico. La pervasività dei media nella vita delle persone influisce direttamente sulla percezione della realtà. Lo testimoniano le strategie degli spin doctor che sono ampiamente pubblicizzate in vari saggi che suggeriscono non trasformare i fatti in una storia a proprio vantaggio.
Cosa ne pensano gli psicologi di questo? Attraverso i post dei tanti colleghi di cui mi onoro di avere l'amicizia proprio su uno dei social network in questione, spesso è espresso sdegno e riprovazione per alcune azioni giornalistiche che, nei toni e nei modi, evidenziano un cinismo poco utile alla società. Oppure, come afferma la collega Simonetta Putti, "se l'informazione viene trasformata in strumento di svago, inizia a diventare prevalente il giornalismo, un tempo marginale e quasi clandestino, quello che si nutriva di scandalo, di malaffare, pettegolezzo e violazione della privacy, se non addirittura di diffamazione, calunnia, menzogna" [Putti, in Psiche Arte e Società n.4, apr 2016]. Christian Giordano, psicoterapeuta di Roma, da me intervistato, pensa che l'informazione in Italia sia sciatta, tanto nella forma quanto nei contenuti. Per Maria Pina Pesce, anch'essa psicoterapeuta romana, alla scarsa qualità di somma l'eccesso di informazione che non permette alle persone una buona comprensione dei fenomeni.
Un quadro complessivo di deriva qualitativa che lo stesso mondo del giornalismo ha più volte evidenziato. A più riprese si sono potuti notare vari segnali di questa sofferenza informativa. La nascita e la diffusione di blog d'informazione, curati da persone che non sono giornalisti di professione, sono un primo esempio perché, se nascono tali iniziative, è segno che l'informazione diffusa dai media mainstream non era più sufficiente. Un altro segnale è la progressiva precarizzazione ed esternalizzazione dei giovani giornalisti. Sottopagati ed a partita iva, questi giornalisti non godono più dell'ombrello giuridico della testata e si guarderanno bene di fare informazione scomoda. Ancora è possibile citare l'informazione fatta dai robot, da software che sostituiscono gli umani, come accadde alle ultime olimpiadi di Rio de Janeiro.
Sembra evidente che, se vogliamo mantenere viva ed efficiente la funzione sociale del giornalismo si debba, tutti, contribuire a sostenerla. Gli psicologi possono sicuramente contribuire con le loro conoscenze e con il loro peculiare punto di vista. Per esempio, possono aiutare a costruire una cornice di senso all'enorme massa di informazione che il mondo del web e dei social network ci riversano addosso, spesso senza veri filtri e, quindi, preda delle manipolazioni o delle paure da stereotipi. Oppure gli psicologi possono sicuramente collaborare con i professionisti del settore per migliorare sia i processi di lavoro interni al giornalismo, sia la confezione dell'offerta a misura etica del pubblico. Estrema ratio, possono anch'essi fare informazione, come del resto fanno già tanti blogger in Italia e all'estero.
Come parte integrante ed essenziale della società, dunque, gli psicologi possono fare la loro parte andando oltre la banale lamentazione e la comprensibile riprovazione di chi non fa un buon giornalismo ed una buona informazione.
(Articolo a cura del Dottor Stefano Paolillo, autore del volume Psicologia dell'informazione e del giornalismo)
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