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Mangio o non mangio? I disordini alimentari e i bambini

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Mangio o non mangio

Il cibo è metafora dell'amore. Il disagio alimentare di un bambino, perfino di un lattante, cela sempre un messaggio: esprime un malessere, una richiesta di attenzione, talvolta anche solo un dubbio sul posto che il bambino occupa all'interno della famiglia.

Ascoltare, osservare con attenzione consente al genitore di cogliere questo messaggio. Forti di una pluriennale esperienza sul campo, Pamela Pace e Aurora Mastroleo dimostrano che i disordini del comportamento alimentare - inappetenza, selettività, fino ai casi più estremi che sfociano nel rigetto o nell'ossessione del cibo - risalgono molto spesso alla prima infanzia.

Affrontando il tema per fasce di età, le autrici accompagnano il lettore dalla vita intrauterina, che pone le basi di una relazione equilibrata con la nutrizione, per tutta l'età evolutiva e fino alla pubertà, il momento di passaggio in cui emergono le maggiori fragilità.

L'adolescente tende a compensare la propria inadeguatezza, solitudine, frustrazione attraverso il rapporto con il cibo: il rifiuto o l'eccesso. Le storie di anoressia mostrano sempre che c'è stata, fin dall'infanzia, una tendenza a rispondere alla domanda d'amore con l'offerta di cibo e/o oggetti.

Porsi in atteggiamento di ascolto e di dialogo nei confronti dei figli aiuta a riconoscere e tenere ben distinti il piano dei bisogni fisiologici, come la fame e la sete, e quello delle richieste affettive. La chiave, dunque, è la prevenzione.

 


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