Marketing e comunicazione nel Web 3.0
I social media ed internet hanno modificato il modo di comunicare di milioni di persone. Di conseguenza è cambiato anche il modo di fare marketing ed è importante riuscire adattarsi al nuovo modo di gestire le informazioni.
di Francesca Di Girolamo
Se solo pensiamo che fino a non molto tempo fa gli strumenti di comunicazione di massa erano sostanzialmente due, ovvero la televisione e la radio, possiamo farci un'idea della misura di questo cambiamento.
A tale proposito Castells scrive: "negli Stati Uniti la radio ha impiegato trent’anni per raggiungere sessanta milioni di persone, la televisione ha raggiunto questo livello di diffusione in quindici anni; internet lo ha fatto in soli tre anni dalla nascita del World Wide Web" (Castells 1996)
Verso la fine degli anni 90 è arrivata la prima generazione di internet e la comunicazione ha trovato un altro mezzo per esprimersi. Si tratta però sempre di un messaggio unidirezionale che vede in scena un mittente e tanti riceventi.
Nei primi anni del 2000 nel web è aumentato il livello di interazione con gli utenti grazie alla creazione dei social network come Facebook, Google+, Linkedin, Myspace, Twitter e altri, di tutte le piattaforme di condivisione di media come Flickr, YouTube, Vimeo, per non parlare poi dei vari blog, forum, chat, e wiki. Tutti possono condividere i propri pensieri, le proprie riflessioni, le proprie esperienze e lo possono fare potenzialmente con tutti.
Il web allora da statico diventa dinamico e la comunicazione subisce la prima trasformazione importante: l'utente, da semplice fruitore di contenuti diventa attore e ha la possibilità di contribuire, popolando e alimentando il Web, con i propri contenuti. Siamo in quella che, da molti, è stata definita "l’epoca del Web 2.0", della dimensione sociale del web, della condivisione.
Molti strumenti della rete come forum, chat e blog ovviamente esistevano già prima ma, come abbiamo detto, è la modalità di utilizzo di tali strumenti ad aprire nuovi e complessi scenari.
Il successo in termini di visibilità di un contenuto, ma anche di chi lo pubblica, è determinato, ovviamente, dal modo in cui gli utenti rispondono, socialmente parlando, al contenuto stesso. La chiave per capire questa risposta risiede nei concetti di fiducia e credibilità.
Secondo la definizione classica di Fogg (Fogg et al., 2002; Fogg et al., 2001; Fogg e Tseng, 1999), la credibilità è una qualità percepita, cioè una valutazione che si basa su molteplici dimensioni, tra cui l’affidabilità e l’esperienza:
- Affidabilità: si riferisce al fatto che il soggetto che pubblica venga o meno percepito come benintenzionato e sincero;
- Esperienza: si riferisce alle conoscenze e competenze possedute dal soggetto.
Perché un contenuto, e quindi anche la persona, sia considerata credibile, deve ottenere una valutazione positiva rispetto a entrambe queste dimensioni.
La possibilità offerta agli utenti da molti servizi Web 2.0 di aggiungere, ai contenuti proposti, un feedback (commenti, valutazioni, o anche semplici tag) contribuisce a rinforzare la credibilità del contenuto (servizio o informazione che sia). Parliamo allora di Web Reputation, ovvero livello di credibilità attribuito ad un certo oggetto sulla base delle valutazioni di attori terzi ritenuti “autorevoli”.
Un esempio può aiutare a inquadrare bene il fenomeno. Pensiamo a qualche anno fa: se si aveva necessità di contattare un professionista, un avvocato, un architetto, uno psicoterapeuta, si chiedeva consiglio agli amici, ai conoscenti. Oggi “si chiede alla rete”. Se prima, un professionista voleva affermarsi professionalmente doveva scrivere libri, conquistare un ruolo accademico, fare interviste in tv o in radio; oggi può semplicemente aprire un blog, fare corsi in streaming, postare un video su YouTube o un podcast su iTunes. E' l'epoca dei contenuti.
“Content is King” diceva l’allora profetico Bill Gates in un suo articolo del 1996 in cui sottolineava come uno degli aspetti più importanti di internet fosse la possibilità che veniva data potenzialmente a tutti, di creare e pubblicare contenuti.
Dopo il 2010 si parla di Web 3.0 e da allora i servizi web, di terza generazione appunto, si focalizzano su un punto essenziale, l’intelligenza artificiale applicata alle risorse del web. Si parla in questo caso di web semantico, termine coniato da Tim Berners-Lee e si intende la trasformazione del Web in un ambiente dove i contenuti on line sono associati ad informazioni e dati che lo rendono adatto all'interrogazione e l'interpretazione (es. tramite motori di ricerca) e, più in generale, all'elaborazione automatica. In altri termini, magari più semplicistici ma più comprensibili, si tratta di una versione del web in cui sistemi automatici possono interagire con l’uomo in maniera evoluta, in cui i dati sono disponibili a tutti e "linkabili" come se fossero pagine Web.
Con l'interpretazione del contenuto dei documenti che il Web semantico impone, saranno possibili ricerche sempre più evolute, basate sulla presenza, nel documento, di parole chiave e altre operazioni specialistiche come la costruzione di reti di relazioni e connessioni tra documenti, secondo logiche più elaborate del semplice collegamento ipertestuale.
Ora vediamo brevemente come, in modo parallelo, il marketing si sia trasformato. Divideremo, esemplificando molto ovviamente, questo percorso in tre fasi:
Marketing 1.0 (centrato sul prodotto): ci riferiamo all’era industriale del dopoguerra. In questa fase le aziende dovevano soddisfare i bisogni di una massa di persone che si trovava ad aver necessità di tutto. Qui il compito di chi faceva marketing era quello di facilitare l'assorbimento, da parte del mercato, di questi prodotti;
Marketing 2.0 (centrato sul cliente): siamo nell’era dell’informazione e di internet, il mercato si espande in maniera esponenziale, diventa più complesso e il consumatore più informato e quindi più esigente. Chi fa marketing deve allora comprendere e soddisfare questo consumatore e centra su di lui le proprie azioni e le proprie strategie.
Marketing 3.0 (orientato all'anima del cliente): è questa la fase della globalizzazione e della grande trasformazione del marketing. Adesso gli apprezzamenti negativi di un blogger o di un utente di Twitter con un ampio pubblico sono potenzialmente in grado di dissuadere molti consumatori dall’avere a che fare con una determinata Azienda. Chi fa marketing deve cercare creare esperienze di acquisto che coinvolgano, o non siano in contraddizione, con i valori profondi del consumatore.
(a cura della Dottoressa Francesca Di Girolamo)
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