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Dopo una relazione tossica: guarire da un abuso che non si vede

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Quando una relazione d'amore finisce dobbiamo elaborare il lutto della perdita. La difficoltà a superare la rottura è direttamente proporzionale alla dipendenza relazionale che si era creata ed è maggiore in caso di abuso narcisistico e di relazione tossica. 

di Mina Rienzo

Dopo una relazione tossica guarire da un abuso che non si vedeLa relazione affettiva è un evento della vita e come tale attua modifiche in noi. Noi siamo la somma delle nostre esperienze e queste sono prevalentemente relazioni.
Il rapporto con un narcisista maligno o perverso è un trauma e come tale ci segna.

Tornare a prima di un evento, piacevole o traumatico, non è possibile. L'evento è immortalato nei ricordi e ciò che è avvenuto ha determinato un cambiamento.

Nel caso in cui la relazione sia stata particolarmente lunga ha determinato una serie infinita di mutamenti in noi e nella nostra quotidianità, impossibile pensare di tornare a prima. La domanda che molti mi fanno è se dopo la relazione con un soggetto manipolatore si torni come prima. La risposta è NO.

Come tutte le esperienze, il rapporto con un narcisista ci segna e ci insegna.

Quello che voglio trasmettere è che il trauma è superato quando si torna ad avere una propria vita, quando le decisioni non hanno più nulla a che vedere con il soggetto disturbato.
Quando, nonostante l'abuso subito, si torna a guardare avanti ed il trauma è integrato nel nostro psichismo, una parte di vita, come tante altre, allora possiamo dire di essere guariti.

COME USCIRNE

  • INFORMAZIONE/EDUCARSI
  • NO CONTACT
  • Rivolgersi a un TERAPEUTA preparato sul tema
  • “PERDONARSI”
  • Accettare di RINUNCIARE
  • Stabilire e rafforzare i CONFINI personali
  • WRITING THERAPY: Tenere un diario per esprimere le emozioni,
  • Individuare le frasi interne demotivanti, (pensieri negativi)

EDUCAZIONE

Dare un nome a ciò che è accaduto è il primo passo nel percorso di guarigione.

Occorre informarsi sul tipo di abuso, sulle tecniche di manipolazione e sulle conseguenze fisiche e psicologiche.

La persona traumatizzata spesso prova sollievo semplicemente imparando il nome esatto della sua condizione: disturbo da stress post traumatico complesso CPTSD, dove il trauma è la relazione d’abuso, la violenza psicologica protratta nel tempo. Accertando la diagnosi, inizia un processo di padronanza. Non essendo più imprigionata in un trauma senza nome, scopre che c’è un linguaggio, una terminologia specifica per la sua esperienza, per ciò che ha subito.
Scopre allora di non essere sola, poiché altri hanno sofferto in modo simile o uguale.
Sa ora di non essere ‘pazza’, ma che c’è una sindrome da abuso relazionale e che i suoi sintomi sono la normale risposta dell’organismo a una condizione estrema, traumatica appunto.
Infine scopre che questa sofferenza non sarà per sempre, può aspettarsi la guarigione così come è successo ad altre. Il primo passo è sapere, dare nome alla realtà dei fatti, il secondo è accettare ciò che è accaduto inglobandolo nell’insieme dei propri vissuti.

  • DIPENDENZA DALLA RICERCA SUL NARCISISMO

Leggere sull'abuso narcisistico e sulle ferite emotive altrui può far provare un trauma secondario, il quale,come scrive la psicoterapeuta Saeed, rilascia gli ormoni dello stress e allevia i sintomi di astinenza. Questo tipo di comportamento non è inusuale quando si elabora qualcosa di emotivamente importante come una rottura. L'educazione su ciò che è accaduto è una fase naturale e necessaria del processo di guarigione, ma se inizia ad invadere altri aspetti della vita e non si riesce a progredire verso gli stadi più elevati di recupero dal trauma, questa ricerca diventa un problema. Diventa dipendenza essa stessa.. Ad esempio, se sei uscita da una relazione da anni e stai ancora ricercando sul narcisismo e frequentando i forum di abuso, questo è un grave indicatore che sei bloccato nel tuo recupero.

Se stai lottando con la rottura di una relazione e ti ritrovi a eseguire una ricerca ossessiva, fai una pausa. Rifletti su ciò che sta accadendo.

La ricerca continua blocca ed è caratterizzata, come scrive Kim Saeed, da questi aspetti.

  1. OSSESSIONI sono pensieri, idee o immagini mentali persistenti che non vanno via, non importa quanto duramente ci si provi. Non sono pensieri normali e possono essere debilitanti.
  2. COMPULSIONI Una compulsione è un comportamento ripetitivo eseguito per ridurre lo stress e l'ansia. Le compulsioni vanno spesso di pari passo con le ossessioni perché diventano un  modo per affrontarle. Ad esempio cercare informazioni online sull’ex per bloccare i pensieri ossessivi su di lui.
    Ironia della sorte, le compulsioni non eliminano i pensieri ossessivi, sono solo un sollievo temporaneo. Inoltre, le continue abitudini compulsive fortificano i percorsi neuronali associati a quegli impulsi, causando un impegno nei comportamenti negativi senza pensare a quello che si sta facendo.
  3. CONTAMINAZIONE MENTALE Questa è una sensazione interna di impurità causata da interazioni sociali negative. A forza di essere sminuita, svalutata, umiliata, colpevolizzata, queste critiche possono essere interiorizzate e dare adito a valutazioni negative su se stesse, per contaminazione appunto.
    La ricerca compulsiva sul narcisismo si acuisce nel tentativo di trovare spiegazioni e sollievo.
  4. RIMUGINAZIONI Si tratta di pensare ancora e ancora a ciò che è successo, in modo ripetitivo e per molto tempo. Come se si andasse in “trance” persi nel pensiero.
    La ricerca sul narcisismo sembra aiutare, in realtà porta via tempo alle altre attività quotidiane, causando danni anche gravi (come la perdita del lavoro)
  5. PENSIERI INTRUSIVI I pensieri intrusivi sono pensieri che spuntano improvvisamente riguardo idee angoscianti e preoccupanti. sgradite. Disturbano ciò che si sta facendo, in quanto appunto, invadenti, improvvisi. Sono involontari e, alla lunga, possono diventare ossessioni.

Guarire significa anche rendersi conto che queste “anomalie” hanno luogo per trovare il modo di bloccarle e sostituirle con nuove connessioni neuronali positive.

NO COTACT/CONTATTO ZERO

Il violento va tagliato fuori dalla propria vita COMPLETAMENTE.

Cancellare tutti i contatti, i social, nessun rapporto con amici comuni.

Nessun contatto significa anche non cercarlo sui social, non controllare profili suoi e di altri a lui vicini.

Avere zero contatti con un abusante significa però in primis deciderlo, l’assenza di contatto deve essere una decisione ferma, che parte dalla volontà, dalla mente.

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Solo in caso di impossibilità ad allontanarsi totalmente dall’abusante (come ad esempio un famigliare) si può attuare il cosiddetto “sasso grigio” che consiste nel difficile compito di non rispondere alle provocazioni del manipolatore, assumendo un atteggiamento il più neutro possibile.

Quando una relazione d'amore finisce dobbiamo elaborare il lutto della perdita. La difficoltà a superare la rottura è direttamente proporzionale alla dipendenza relazionale biochimica che si era creata. Tale legame è sempre presente, ma, come ho più volte detto, è maggiore in caso di abuso narcisistico. 
Il nostro cervello, come per qualsiasi sostanza a cui si sia assuefatto, va in astinenza.

L'astinenza causa sofferenza. Il cervello cerca di trovare qualcosa che sostituisca l'assenza della persona (=droga) con qualcosa che riattivi le molecole carenti. Per questo esso ci propone i ricordi belli, cerca di utilizzarli come metadone.

È importante,quindi,non indulgere nel bello della relazione, nel ricordo struggente, perché ciò non aiuta il cervello a disintossicarsi e a ritrovare l'equilibrio.
Fate un elenco degli abusi, dei momenti orribili e accedetevi al posto di indugiare negli aspetti romantici (per lo più recitati) del rapporto.

Il cervello istintivamente cerca di ottenere la sostanza mancante se è in astinenza.

Il nostro cervello produce le sostanze che gli mancano con metodi sostitutivi effetto metadone. Tra questi innanzitutto i ricordi edulcorati, poi il rileggere messaggi e rivedere foto e video. 
Il primo passo è smettere di fare questo. Non di colpo se non ci si riesce, ma poco per volta, fino a zero.

AIUTO TERAPEUTICO

Occorre accertarsi che il terapeuta abbia conoscenza. Della manipolazione affettiva, delle caratteristiche dell’abusante, e soprattutto della sindrome (NAS) dovuta alla violenza psicologica. (vedi articolo mio ‘SINDROME DA ABUSO NARCISISTICO’)

La terapia non è psicoterapia classica, ma aiuto nel percorso di guarigione, come scrive una vittima “piu' che altro, in terapia si apre il cuore, ti liberi dicendo cose, che non racconti a nessuna, perche' tanto non capirebbero... La terapeuta e' una buona ascoltatrice”.

Il modo in cui lo stress colpisce il nostro corpo e il nostro cervello ci ricorda le connessioni spesso dimenticate tra la nostra salute mentale e la nostra salute fisica. 
Lo stress cronico deteriora il corpo e la mente e influisce sulla vita quotidiana e sul futuro.
La violenza psicologica e l'abuso narcisistico sono causa di stress elevato. Continuare a cercare la responsabilità della vittima appartiene  ad un vecchio modo di fare psicoterapia, retaggio della vecchia scuola psicoanalitica.
Non si deve guardare al passato della persona offesa, ma al presente del trauma.

Come scrive lo psichiatra argentino Hugo Marietan, la terapia con un terapeuta formato sull’abuso psicologico è incredibilmente utile alle vittime. Sfortunatamente, a causa della mancanza di attenzione data all’abuso narcisistico tra i professionisti della salute, non tutti i terapeuti sono in grado di dare un aiuto valido alle vittime. Il risultato è che possono esserci alcuni professionisti che involontariamente ri-vittimizzano i loro clienti quando svalutano la loro esperienza e chiedono alla vittima di cercare la loro parte di responsabilità nell’abuso. Ciò può far sentire la vittima come se l’abuso di cui ha fatto esperienza  non sia vero e questo la rimanda dal manipolatore nel tentativo di far funzionare le cose.

Ci sono terapeuti che non comprendono quanto traumatico sia questo tipo di abuso psicologico, L.H. Lucario ha scritto un eccellente articolo su come un professionista di salute mentale possa ferire e ritraumatizzare una vittima.

Ci sono terapeuti che giudicano la reazione del proprio paziente abusato senza conoscere aspetti come la triangolazione, il gaslighting, il silenzio punitivo, ecc. Troppi terapeuti non conoscono abbastanza il trauma e i suoi effetti e sono inclini a giudicare la vittima per essere rimasta troppo a lungo in un certo stato.

Un terapeuta preparato, aggiunge Marietan, sa che non è facile uscire da una relazione d’abuso e che ragioni psicologiche come il trauma bonding e la dipendenza chmica interferiscono nella decisione di allontanarsi. Molti fraintendono quanto nascosti e insidiosi siano questi comportamenti e pensano che la vittima stia “proiettando” o sia troppo sensibile. Come risultato cercano di focalizzare il cliente sulla reazione all’abuso piuttosto che comprendere che tipo di abuso sia. La terapia migliore è quella con un professionista formato sul trauma che dimostri empatia per il dolore del paziente e lo guidi attraverso la compassione per se stesso che è la base per il cambiamento, senza giudizio.

Un paziente si allontana da una situazione tossica quando si sente avvalorato nella sua sofferenza e sicuro del fatto che ci sia qualcuno in grado di comprenderlo.

Il rischio dopo aver scoperto l’abuso è , infatti, la VITTIMIZZAZIONE SECONDARIA, ossia la sofferenza e il malessere derivanti dal fatto di:

  • essere indotti a rivivere più volte il trauma, ripetendo particolari imbarazzanti e dolorosi; -essere esaminati troppe volte, da troppe figure o in maniera troppo invasiva;
  • essere trattati con indifferenza, freddezza e/o sospetto, con l’impressione che la propria credibilità, o addirittura la propria moralità, siano messe in dubbio.

RINUNCIARE

Uno degli aspetti più importanti della guarigione, ma anche più difficile è la rinuncia.

Per uscire dalla sofferenza è necessario esser pronti a rinunciare: rinunciare a dimostrare di avere ragione, rinunciare alla pretesa di cambiare le cose, rinunciare al proprio ruolo di vittima, rinunciare al lieto fine, rinunciare alla vendetta. Solo quando si è pronti a rinunciare si può fare il passo successivo, quello di comprendere e prendere le distanze.

La rinuncia è dolorosa poiché implica la totale presa di coscienza che la persona amata era una finzione e che assolutamente nulla è recuperabile.

Di certo con questo non si intende rinunciare ad avere giustizia, a denunciare un violento nelle sedi opportune.

CONFINI PERSONALI

Stabilire confini personali significa aumentare la distanza emozionale e/o fisica dall'abusante.

I confini personali sono limiti che mettiamo per proteggere la nostra integrità, la nostra energia, la nostra salute, le nostre relazioni, i nostri propositi, le nostre opinioni e credenze, in una parola la nostra vita.

I confini proteggono la nostra salute emotiva e fisica, proteggono dal comportamento e dalle richieste degli altri, permettono di esprimere con fiducia chi siamo e che cosa vogliamo e soprattutto non vogliamo. Essi aiutano a vivere la vita nel modo in cui si desidera viverla. (rimando al mio articolo Stabilire confini personali)

Se temiamo di avere confini, ciò significa che teniamo di più a ciò che gli altri pensano di noi che a ciò che noi stessi pensiamo. Facendolo perdiamo il rispetto di noi stessi e la nostra autostima ne soffre. Inoltre gli altri perdono la stima di noi, ci mostriamo deboli, manipolabili, insicuri.

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Avere confini personali non significa essere egoisti e non empatici, poiché siamo noi stessi il nostro interesse principale, dobbiamo avere a cuore noi stessi prima di tutto.

Soprattutto se usciamo da una relazione d’abuso, occorre comprendere che rinforzare un confine personale non significa discuterne o dare spiegazioni per ottenere la conferma della sua validità da chi lo vuole trasgredire. Non dobbiamo giustificarci con nessuno. Un confine è un confine, ed è tuo e tuo soltanto. Non necessita l’approvazione di nessuno.

Se qualcuno viola un nostro confine personale e non lo allontaniamo, ci sentiremo arrabbiati, fraintesi, frustrati, ignorati, impotenti o infastiditi.

Se non tolleriamo le violazioni ai nostri confini e siamo convinti e determinati nel difenderli, i manipolatori o altre persone malsane si allontaneranno da noi e la selezione di relazioni adatte, empatiche, basate sul rispetto sarà automatica.

CRESCITA POST TRAUMATICA

Quando si è state vittime di un trauma (e mi riferisco in specifico all' abuso psicologico) una delle possibilità, finita la sofferenza, è non tornare come prima, ma migliorare. Si parla di crescita post traumatica. Da quando mi occupo di violenza, ho potuto constatare questo miglioramento in molte donne. Perché essere sopravvissute a un mostro rende più forti! Dopo la disperazione, il dolore, i sintomi della sindrome da manipolazione affettiva, sono letteralmente risorte con la consapevolezza di chi ce l'ha fatta, di chi non è stata piegata e tanto meno spezzata. Come all'eroe sopravvissuto a mille disavventure, ci si riconosce l'immensa forza d'animo e resilienza. Alcune sono diventate scrittrici, mettendo su carta la loro esperienza, altre hanno aperto blog e pagine per aiutare le donne che ci sono ancora dentro fino al collo, altre ancora (tra cui me) hanno utilizzato la loro professione per approfondire il problema e dedicarsi alla diffusione della conoscenza dello stesso e all'aiuto delle vittime. 
Si è comunque constatato che molte ex abusate hanno aumentato le proprie capacità d' insight, hanno sviluppato capacità di comprensione e aiuto del prossimo. Chi sopravvive, fa della sua esperienza dolorosa una medaglia a partire dal riconoscimento della quale si è più forti, più belle dentro e fuori. Guardatele queste donne meravigliose, che proprio perché speciali, sono state scelte da chi ha fatto della loro manipolazione una sfida.  

Il trauma può rendere le persone più sagge, nel senso del termine inglese ’thriving :

  • di un maggiore apprezzamento per la vita,
  • di una maggiore considerazione delle priorità,
  • di un migliore rapporto con gli altri,
  • di una più efficace gestione delle difficoltà 
  • di un aumentato senso di spiritualità

QUANDO possiamo dire di essere liberi?

Certamente si è fuori da una relazione tossica quando non si hanno più contatti con l'abusante da parecchio tempo, quando di lui non si sa più nulla e la vita è altrove.
Questa è la situazione migliore, certo, ma non sempre è possibile.

Allora quali sono i segnali della ritrovata libertà?

Si è fuori dal tunnel quando:

  • i sintomi fisici conseguenti al trauma sono guariti, - mangi volentieri e dormi bene,
  • passano ore/giorni senza che l'abuso ti torni in mente, - ti godi il silenzio
  • non hai più flashback, - ritrovi la gioia di uscire con gli amici,
  • non ti importa di chi sia la nuova vittima, - ridi di gusto, - sei pronta a nuove avventure, - la relazione tossica è diventata una delle tante esperienze della tua vita

Non eravamo perfette prima, non torneremo come prima, ma non resteremo danneggiate.

GUARIGIONE

Dopo il riconoscimento del tipo di abuso a cui si è stati sottoposti, dopo -o insieme- la ricerca di informazioni circa l’abusante e le tecniche di manipolazione (quella che Shannon Thomas definisce la fase dell’educazione) ci sono alcuni aspetti della guarigione che vanno affrontati:

  • LA RABBIA. Provare rabbia nei confronti di una persona crudele, che ci ha manipolato, mentito, tradito, usato violenza non solo è legittimo, ma anche salutare. La rabbia va assecondata. Poi lasciatela andare.
  • All’opposto LIBERARSI DALLA COLPA. Qualsiasi tipo di persona voi siate non siete colpevoli di nulla. Non avete responsabilità nell’aver incontrato una persona disturbata, che ha mentito, truffato per farvi innamorare.
  • Avevate una vita prima dell’abuso, il manipolatore non vi definisce. Se eravate chi eravate, potete tornare ad esserlo.
  • RINUNCIARE A VENDICARSI. Non perdete energie ulteriori. Non c’è modo di causare danno (a meno di incorrere in un reato). Voi siete migliori, questo vi basti. Chi crede in un aldilà, nel karma, vite future, ecc sarà aiutato nel superare il desiderio di rivalsa. Per le altre deve giungere la certezza che dal male ci si libera.
  • Comprendere che anche questa è stata un’ESPERIENZA di vita, altri hanno avuto dolori differenti, a noi è toccato questo. La vita porta con sé insegnamenti, superare la violenza subita ci insegna molto.
  • NON SIETE PIU’ VITTIME. Siate consapevoli che da ora si parla al passato. Siete state abusate allora, ora non siete più vittime di nessuno. E’ finita.
  • LIBERTA’. Avete riottenuto la libertà, siatene consapevoli. Energie a disposizione per nuovi obiettivi.
  • Siete MERITEVOLI. Essere state all’inferno non vi ha rese demoni. Meritate l’amore. Lo avete.

IMPARARE DALLE RELAZIONI

Il modo in cui gli esseri umani apprendono è attraverso le relazioni, i rapporti umani ci aiutano a crescere ed evolvere. Ogni persona che abbia avuto un ruolo importante nella nostra vita, ha svolto il ruolo (inconsapevole) di insegnarci un aspetto di noi.

Le relazioni aiutano a comprendere nostri pregi e difetti, tutte sono occasione di apprendimento.

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Anche un rapporto nocivo come quello con una personalità disturbata, porta con sé un insegnamento. Spesso dopo un rapporto così crudele, dopo tanto dolore arriva la comprensione di noi stessi. A forza di farci domande sul perché, perché proprio a noi, iniziamo a darci le risposte. A questo punto chi sia la persona con cui abbiamo avuto il legame, non è più così importante. Ciò che conta è quello che di noi abbiamo scoperto. Dopo simili rapporti d’abuso non poche persone hanno un notevole miglioramento, si conoscono di più e hanno maggiore comprensione e capacità di insight.

Ricordiamo che è la mente che deve guarire, non il cuore. È della mente che ci si deve preoccupare. La mente dove sono chiusi i ricordi, gli aspetti di chi ci ha ferito e che ancora tagliano come schegge di vetro. La mente è stata condizionata, modificata chimicamente. È lei a tenerci svegli la notte, a far tremare, piangere, gridare.

È la mente in dissonanza, ambivalente, esausta. Il cuore, l’intuito sa già, sa da molto tempo la verità, sa che deve guarire e sa anche come.

La mente va guidata, convinta a poco a poco, con pazienza, forza di volontà. La mente deve essere convinta a lasciar andare, a ricominciare. Il cuore sa già come fare, sa ripartire.

 

(articolo di Dott.ssa Mina Rienzo, psicologa e psicoterapeuta)

 

BIBLIOGRAFIA

 

 

 

 


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