La Psicosi secondo Jung
“Anche le persone abbastanza normali devono fare i conti con la forte irrazionalità del proprio inconscio”
Carl Gustav Jung si dedicò, fin dall’inizio della sua carriera, allo studio delle psicosi. Condusse una serie di esperimenti, su pazienti gravi, attraverso i quali sviluppò la sua interpretazione della patologia psicotica (De Coro, Iberni, 2010).
Secondo Jung alla base della psicosi ci sarebbe una rottura del meccanismo di compensazione che mette in relazione la coscienza con l’inconscio, garantendo l’unità della psiche (Gazzilo, Lingiardi, 2004).
Jung concepiva la psiche come un insieme di complessi tra loro differenti, cioè di nuclei dotati di significato, costituiti da pensieri e affetti.
La mente, secondo Jung, ha di per sé una natura dissociabile.
L’Io ha il compito di mantenere integrati i vari complessi e garantire un’esperienza di coerenza nel soggetto, di continuità del senso del sé (De Coro, Iberni, 2010).
La sua attività può però essere disturbata dall’azione di complessi autonomi inconsci. Infatti laddove entrino in conflitto con i contenuti consci, possono aumentare la loro intensità e condurre ad azioni impulsive automatiche, come avviene nella schizofrenia.
Nelle psicosi, a seguito della rottura del meccanismo di compensazione, l’inconscio emerge in modo dirompente e s’impadronisce dell’Io, e poiché l’inconscio è privo di organizzazione, l’intera personalità risulta disorganizzata (De Coro, Iberni, 2010).
L’inconscio che emerge in modo dirompente, per Jung, non è solo quello personale ma è anche quello collettivo.
Mentre l’inconscio personale è formato essenzialmente da contenuti che sono stati un tempo consci, ma sono poi scomparsi dalla coscienza perché dimenticati o rimossi, i contenuti dell’inconscio collettivo non sono mai stati acquistati individualmente, ma devono la loro esistenza esclusivamente all’ereditarietà.
L’inconscio personale consiste soprattutto in “complessi”, mentre il contenuto dell’inconscio collettivo è formato essenzialmente da “archetipi” […] forme determinate che sembrano essere presenti sempre e dovunque (Jung, in Galimberti, 2005).
L’inconscio collettivo è quindi una dimensione psichica ereditata, il patrimonio arcaico della specie, comune a tutta l’umanità.
Per Jung la psicosi risulta quindi da un indebolimento dell’Io, un sprofondamento dello stesso nell’inconscio collettivo, da cui ne risulta sopraffatto e da un’invasione dell’intera personalità da parte dei “complessi” (Gazzilo, Lingiardi, 2004).
Inoltre Jung ha parlato di psicosi latente, sottolineando come tutti gli individui, anche quelli “abbastanza normali” devono fare i conti con la forte irrazionalità del proprio inconscio (Gazzilo, Lingiardi, 2004; Benedetti, 1973).
Considerando l’inconscio come un linguaggio per immagini e sfruttandone questa caratteristica, Jung mirava a rafforzare l’Io del paziente e a ristabilire l’unitarietà della vita psichica (Gazzilo, Lingiardi, 2004).
(a cura del Dottor Giovanni Madeddu)
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