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Burrhus Frederik Skinner (1904 – 1990)

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Burrhus SkinnerBurrhus Frederik Skinner è stato uno psicologo Statunitense, nato in Pensylvania nel 1904 e morto in Massachusetts nel 1990. Sin da giovane, fu un ragazzo attivo che amava viaggiare e costruire cose. Tuttavia, la sua vita è stata caratterizzata da eventi drammatici, quali la morte del fratello minore, all’ età di 16 anni, a causa di un aneurisma cerebrale.

Skinner conseguì la laurea in inglese presso l’Hamilton College di New York. Inizialmente lavorò come scrittore e, successivamente si laureò in psicologia.

Divenne Professore di psicologia presso le università del Minnesota, dell’Indiana e di Harvard e nel 1958 fondò il “Journal for the experimental Analysis of Behavior”, che ospita esclusivamente contributi di carattere sperimentale.

Fra le sue opere principali ricordiamo: il comportamento degli organismi (1938); la scienza e il comportamento umano (1953); il comportamento verbale (1957); Analisi del comportamento (in collaborazione con Holland, 1961); La tecnologia dell’insegnamento (1967)

L’autore ha incarnato, attraverso le sue teorie, l’anima più radicale del comportamentismo, aderendo alle teorie di Watson e contrapponendosi al “neo – comportamentismo”.

Skinner sostenne, infatti, la necessità di impostare la ricerca in campo psicologico sulla base di criteri rigorosamente sperimentali e oggettivi, evitando il ricorso a parametri soggettivi e all’introspezione. L’autore, infatti, ritenne che solo il metodo sperimentale, al contrario del metodo clinico e dell’osservazione empirica, presentasse il criterio di scientificità. La soggettività e l’introspezione, sia come metodo che come oggetto di indagine, non vennero prese in considerazione da Skinner, che preferì analizzare il “comportamento direttamente osservabile dall’esterno”.

Tale “behviorismo metodologico”, ha lasciato però insoluta la questione relativa a quei processi mentali che non possono essere studiati attraverso criteri oggettivi, ma non per questo possono essere esclusi dall’indagine. Skinner ha cercato di dare una spiegazione alternativa anche a questi fenomeni, riducendo anch’essi a comportamenti da porre in relazione con l’ambiente.

 

Il condizionamento operante: la teoria del rinforzo.

Skinner rielaborò il modello comportamentista originario di Watson, elaborando la teoria del condizionamento operante per spiegare l’apprendimento, in alternativa al condizionamento classico di Pavlov. Mentre secondo Pavlov la risposta condizionata viene indotta da uno stimolo specifico e osservabile, il condizionamento operante avviene in assenza di questo, e la risposta dell’organismo ha luogo spontaneamente.

Per giungere a questa teoria dell’apprendimento, Skinner condusse degli esperimenti con animali, attraverso quella che oggi viene conosciuta come la “Skinner Box”: una scatola di legno, nella quale venne posizionato un dispositivo a leva, dal quale cadeva una pallottola di cibo, mentre si verificava l’apertura di una porta dalla quale l’animale poteva fuggire.

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Nello specifico, questa tipologia di apprendimento vede un ruolo attivo dell’animale, che agisce in modo tale da garantirsi una ricompensa. Infatti, questo tipo di condizionamento viene definito “operante”, proprio perché l’animale da esperimento deve eseguire determinate operazioni (ad esempio, beccare una tavola) prima di avere un rinforzo (in questo caso il cibo).

Skinner introdusse il concetto di “rinforzo positivo”, considerandolo come il principale condizionatore dell’apprendimento, cercando di estendere le teorie elaborate a partire dal mondo animale anche all’essere umano. L’autore stabilì sperimentalmente che il comportamento poteva essere condizionato per mezzo di stimoli o “rinforzi” positivi e negativi, e la sua ricerca portò alla conclusione che fosse possibile condizionare forme di comportamento complesse partendo dalla ricompensa di azioni semplici.

Secondo Skinner, dunque, la possibilità che venga compiuta un’azione dipende dagli effetti che da essa ne conseguono. L’uso più noto del condizionamento operante è probabilmente il cosiddetto “modellaggio” (shaping), ovvero il rinforzo progressivo di comportamenti semplici fino ad ottenere un comportamento complesso finale.

 

Riferimenti

  • Arnold W., Eysenck, H.J., Meili R., (1975), Dizionario di Psicologia, Edizioni Paoline;
  • Benesch, H., (1995)  Atlante di Psicologia, Sperling & Kupfer Editori;
  • Maldonato, M., (a cura di) (2008), Dizionario di Scienze Psicologiche, Edizioni Simone;
  • Troiano, M., Petrone, L., Di Giuseppe, L., (2005) Dizionario di Psicologia in Internet, Edizioni Magi.

 

 


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