Su me stesso (per quel che ne sò) (1468339575304 )
Henri de Toulouse, 19
Credo di averne scritte davvero tante di lettere di
questo tipo, comunque devo scrivere, devo farlo ed anzi è l'unica cosa che mi resta realmente da fare.
Gentili Psicologi vi scrivo nella speranza che possa ricevere un consiglio utile per superare il mio tremendo immobilismo e ricevere dei consigli che mi permettano di iniziare a fare davvero qualcosa per aiutarmi .
Avrei davvero tanto da scrivere ma credo che il cuore del mio problema sia una totale incapacità di comunicare.
Credo poi di condividere questa sorte con la stragrande maggioranza degli uomini anzi penso che l'incapacità di discutere realmente ed a cuore aperto sia il più grande problema del 21 secolo.
Ma aldilà che sia un problema individuale o non la mia incapacità di comunicare ("a voce" e non a "carta" , vi è un abisso che separa la persona reale in se da chi scrive ) ha raggiunto un punto in cui mi trovo totalmente dissociato tra mondo reale e mondo pensiero , così che le mie riflessioni siano solo uno specchio opaco e senza connessioni con me stesso.
Io non so se sono in grado di restituire almeno in parte un immagine di cosa questo significhi per me.
Ormai questa condizione dura da moltissimo tempo e sembra un ergastolo senza fine ed una solitudine tremenda. Il volere , l'immenso desiderio di vivere , di parlare e di agire, di muovermi , di far qualcosa e di essere realmente sublimato in un ozio ottuso , nel dire qualcosa solo dopo aver constatato di non dire niente di niente.
A me pare che di questa vita io sia solo uno spettatore , è come se pensando gridassi allo schermo di un cinema "Non lo fare! Non vedi il pericolo lì di fronte?"
È essere impotenti agli eventi, è guardare da lontano, disperarsi per non riuscire a far nulla.
Forse potrebbe sembrare a qualcuno che io stia esagerando, ma la realtà è che davvero io non so chi sono, per questo spesso ho pensato di essere borderline, di vivere
straniero (ho di recente letto il romanzo di Camus, mai nulla fu più drammatico e reale) , di essere al confine.
Spesso , quando vedo in modo
netto questa condizione (di solito quando sto con i miei "amici"). Mi si gela il cuore e mi sento un essere sé rispetto all'universo, in quei momenti penso al suicidio e al suicidio soltanto , ma cos'altro è il suicidio se non un disperato gesto di comunicazione?
Ed è per lo stesso assurdo motivo che ancora io non l'abbia finita , che non riesca né a vivere nè a morire .
Ma. forse tutto questo sarebbe sopportabile se non avessi una sorta di dislessia latente , che mi fa leggere e scrivere con molta difficoltà (sebbene io non desideri altro).
So benissimo di dover andare da uno psicologo, ma se davvero avete compreso quanto ho scritto capirete perché ancora non l'abbia fatto , inoltre ho solo 19 anni e non
sono libero di muovermi senza che mi si chieda dove sto andando (non vivo a Milano ma in una piccola città vicino Catania) e senza che mi si chieda come ho speso tutti quei soldi .
Grazie infinitamente
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Caro Henri,
le sue parole descrivono in modo articolato e approfondito il suo stato interiore e questo, considerata la sua giovanissima età, indica una notevole capacità di analisi e di introspezione.
L’auto-esplorazione dei suoi stati d’animo evidenzia una percezione di scissione rispetto all’esterno, identificando l’incapacità di comunicare che sarebbe alla base del suo attuale problema.
Nello stesso tempo sembra essere combattuto tra un desiderio di “muoversi” e lo stato reale di immobilismo in cui sente di trovarsi.
Nel suo racconto si focalizza principalmente sui suoi stati interni ma nel contempo mancano riferimenti relativi alla sua esperienza e ambiente di vita, che sarebbero molto utili per poter esplorare le dinamiche alla base del suo attuale disagio.
Quello che mi sentirei di suggerirle è di iniziare a riflettere e ad analizzare con l’aiuto di uno psicologo quali sono gli elementi di vita che potrebbero essere collegati a tale stato.
La sua capacità introspettiva potrebbe sicuramente favorire un percorso di analisi di questo tipo.
Il fatto stesso di parlarne con qualcuno potrebbe costituire un primo passo da compiere per uscire fuori da questo suo senso di immobilismo, da questo “ozio ottuso” come lo definisce lei stesso, andando ad assecondare quella parte di sè che invece ha un immenso desiderio di muoversi e reagire con molta forza.
E’ proprio tale “spinta” che probabilmente l’ha indirizzata a rivolgersi alla nostra rubrica per iniziare davvero a fare qualcosa per aiutarsi, come lei stesso afferma.
Scrivendo lei ha già iniziato a comunicare, quindi un passo l’ha già compiuto, ora si tratta di proseguire su questa nuova strada.
Molti professionisti (devono essere iscritti all’Albo) offrono l’opportunità di una prima consulenza gratuita. Questo le potrebbe consentire di valutare la ricerca del professionista più adeguato con cui instaurare un rapporto empatico e funzionale alla risoluzione del suo attuale stato di disagio.
Un caro augurio per il pieno recupero del suo stato di benessere. Restiamo a disposizione per qualsiasi chiarimento/approfondimento.
dott.ssa Arianna Grazzini
(A Cura della Dottoressa Anna Grazzini)
Pubblicato in data 25/07/2016
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Tags: speranza immobilismo stato interiore ambiente di vita introspezione ozio ottuso