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Droghe, traumi e malattie psicologiche (163056)

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on . Postato in Dipendenze e Abusi | Letto 1376 volte

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Mario, 30

Gentile Dottoressa,
mi chiamo Mario ho 30 anni ed ho un dubbio che mi perseguita. Sono di buona famiglia, non ho mai avuto problemi economici, ma ho incontrato una serie di acciacchi durante il mio percorso. Intorno ai miei 18 anni ho utilizzato droghe leggere e per una singola settimana, dopo una delusione amorosa anche alcune droghe pesanti di svariato tipo in una vacanza "per dimenticare" ad Ibiza. Da quell'età ad ora ho avuto dei traumi, ho perso prima mio nonno paterno che mi ha cresciuto in infanzia, poi mia nonna materna che viveva con noi ed anche lei un punto di riferimento della mia adolescenza ed in fine mia madre un anno e mezzo fa. Ora sono in cura da uno psichiatra, un ex collega di mia madre, che mi ha diagnosticato attacchi di panico e sono sotto cura preventiva con l'Haldol (in quantità lievi) per più episodi di manie persecutorie dovuti al troppo stress avuti in passato. Oggi il psichiatra mi ha chiesto se avessi fatto usi di "pasticche" o altre droghe pesanti in passato ed io non ho avuto coraggio di dirgli di si. Sono passati circa 10 anni da quando successe ed ora questo dubbio mi perseguita. Spero possiate chiarirmi questa questione. Grazie.

 


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Caro Mario,
se non capisco male il dubbio che lei ha, si riferisce al legame fra il suo malessere attuale e l'uso di droghe, avvenuto 10 anni fa. Il fatto che il suo psichiatra le abbia formulato questa domanda, non significa che vi sia necessariamente un legame. Teniamo conto che ogni persona ha una reazione tutta sua ai farmaci, alle droghe e agli eventi. In linea generale le sostanze hanno il potere di agire anche a lungo termine, ma nel suo caso c'è stato un uso e abuso molto ristretto nel tempo, per pensare che vi sia stato un legame a così lunga gittata. Talvolta capita che l'uso di droghe scatena dei disturbi emotivi sottostanti, sveli problematiche e insicurezze fino ad allora rimaste nascoste, che poi permangono anche se non viene più utilizzata alcuna sostanza. Ma da quanto dice, mi sembra non sia questo il suo caso. Il suo malessere, sembra invece chiaramente e anche ben riconosciuto da lei, derivato dai tanti lutti, ma soprattutto dalla perdita di sua madre, che ha scatenato una serie di paure e angosce importanti. E' però importante valutare questa condotta (l'uso di sostanze) e il suo psichiatra giustamente glielo ha chiesto. E' importante prendere nota di tutti i suoi modi di reagire di fronte allo stress e all'abbandono. In quel caso (in vacanza ad Ibiza), lei ha abusato per dimenticare la perdita della relazione. Per cui è importante prendere in considerazione il fatto che lei potrebbe essere nuovamente predisposto a questa condotta. Predisposto, non significa che lo farà, ma che potrebbe farlo. Penso ci siano vari fattori da valutare del suo mondo interno e di quello esterno, per fare un bilancio delle risorse e delle fragilità, per mettere a punto un piano di intervento più appropriato possibile. Mi chiedo invece perché mai abbia negato al suo psichiatro tale uso e perché non si fida di lui. Perché questa domanda non l'ha fatta a lui/lei? Che paura ha? Sembra quasi che debba mantenere una "buona immagine" di fronte a lui o lei. Intanto avere una buona immagine non significa essersi comportanti sempre in modo ineccepibile, anzi gli errori aiutano proprio a comprendere cosa è più corretto per noi. Inoltre, il suo curante non è un giudice, bensì un esperto che le offre la sua competenza per aiutarla. Questo suo timore quindi mi sembra che vada al di là della realtà. Mi chiedo se non sia legato in qualche modo a sua madre e al fatto che lo psichiatra sia un suo collega. Mi chiedo anche che tipo di rapporto avesse con sua madre e in che modo è morta, come vi siete lasciati, ecc. Sono solo piccoli spunti, ma soprattutto il suggerimento a prendere in considerazione l'ipotesi di lavorare anche su queste tematiche, che insieme ai farmaci ottimizzino il suo processo di guarigione. Mi sembra, che nel suo caso Mario, non è tanto importante la sua condotta passata, quanto il giudizio che lei offre a sé stesso e che la ostacola nel processo di cura e di fiducia.

 

(Risponde la Dott.ssa Sabrina Costantini )

 

Pubblicato in data 29/08/2013

 


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